lunedì 27 luglio 2015

Silenzio.

            

            Lei cerca qualcosa nella zona buia del palco. Lui, al contrario, apprezza la luce calda di un faretto che gli accarezza leggermente l’espressione. Sono stanca dei nostri continui contrasti, dice lei ad alta voce, come cercando il consenso plateale del pubblico silenzioso presente. Ormai il nostro sembra un perenne disaccordo, qualsiasi sciocchezza è buona per tirare fuori opinioni differenti e contrastanti. Facciamo regolarmente una medesima e monotona figura meschina davanti a tutti loro, proprio come se fossimo due persone che non riescono neppure ad essere una coppia. Silenzio. Ma noi non siamo una coppia, dice lui, modulando un’espressione quasi seria e preoccupata sul proprio viso. Silenzio. Lo so, replica lei, ma non c’è affatto bisogno di far sapere a tutti della nostra distanza. Loro pensano di noi qualcosa che è forse superiore alle loro stesse normali esistenze, si commuovono persino quando noi ci avviciniamo, quando lasciamo vedere che c’è ancora del sentimento che ci tiene uniti.
            Ma è falso, fa lui, è soltanto un artificio del copione, lo sanno benissimo in platea. Non è vero, ribatte lei: loro si immedesimano nelle nostre parti, e come succede a tutti quanti quando sono nelle loro comode case, sperano sempre che qualcosa prima o dopo si appiani, insomma che alla fine di ogni tempesta sia finalmente il sereno a prevalere. Silenzio. Lui continua lentamente a muoversi nel cerchio di luce, lei si limita ad osservarlo, dalla penombra. E poi il nostro passato ha un senso, dice; qualcosa che ci ha pur tenuto uniti per tutto questo tempo. Forse è soltanto l’egoismo di ognuno di noi che adesso ci trascina su altre strade. Certo, una volta c’erano degli ottimi motivi per starcene vicini, per dimostrarci quasi continuamente il nostro affetto…
            Ecco, senti, qualcuno applaude piano in fondo alla platea alla parola affetto; sono forse quelli che hanno seguito la nostra storia fin dall’inizio, che ci hanno sostenuto, che in qualche modo stanno ancora dalla nostra parte, e non desiderano certo vedere adesso il nostro sangue, ci vogliono bene, insomma. Silenzio. Va bene, dice lui quasi con stizza, però possiamo pur continuare ad avere delle opinioni personali, mi pare, anche se queste paiono proprio non assomigliarsi per niente. Certo, fa lei, è naturale; basta però non usarle tra di noi come delle armi, o aggrapparci a queste per mostrare tutta la nostra distanza. Va ancora bene così, lo accetto, fa lui, anche se una maggiore naturalezza mi pareva non guastasse...
Qualcuno d’improvviso, tra le poltroncine del pubblico, inizia a parlare a voce sufficientemente alta da interrompere quasi il dialogo che si sta svolgendo. Dice che è il risultato quello che alla fine conta per davvero, non tutti questi artifici. Poi si fa silenzio. Non è affatto così, rispondono invece quasi contemporaneamente loro due. Anzi, dice lei, noi non potremo mai essere diversi da come siamo ora, e ciò che si vede è soltanto la dimostrazione e il risultato di quanto profondo sia il nostro vero sentire, non un colpo di mestiere. Poi cala di nuovo il silenzio. Forse è solo l’orgoglio a far parlare loro due in questo modo; forse dovrebbero essere più realisti ed affrontare con maggiore slancio l'evidenza delle cose.
Qualsiasi parte ci troveremo mai a rappresentare sopra queste assi, dice lui uscendo leggermente dalla luce, non riusciremo certo a rifarci una verginità: siamo destinati a stare insieme, questo è certo, e a mostrare così poco per volta il nostro lento sacrificarci, questa perenne debolezza umana di non riuscire mai a stare per troppo tempo dalla stessa parte. Silenzio. Sono d'accordo, fa subito lei, anche se la mia adesso appare soltanto come una contraddizione.


Bruno Magnolfi

mercoledì 15 luglio 2015

Segni divini.



Tutto è iniziato un po' di tempo addietro, senza che lei assolutamente fosse stata capace di spiegarsi il motivo di quelle perdite di sangue intorno alle unghie delle mani, riuscendo comunque con alcune paia di guanti speciali, e naturalmente con la scusa di avere acquisito una tremenda allergia da contatto, a tenere nascosta a tutti la verità su quanto forse le stava realmente accadendo. Quasi ogni giorno sentiva scendere poco per volta nelle sue dita una forza che sostanzialmente non le era propria, un calore ed un'energia praticamente sconosciute, e lei, spontaneamente, nonostante si fosse da sempre reputata quasi atea, volle interpretare fin da subito quanto le stava accadendo come un vero e proprio segno divino, anche se evidentemente pressoché incomprensibile. Il sangue attorno alle unghie era soltanto nell'ordine di qualche goccia che si formava lentamente intorno ai polpastrelli, ma il formicolio che le prendeva ai polsi ed alle mani era forte, anche se tutto si svolgeva senza che in fondo lei avvertisse sul corpo alcun dolore e avesse nessun altro disturbo.
Si confidò con un’amica, dopo qualche tempo, sentendosi subito meglio per essersi almeno finalmente liberata di un segreto che aveva fino a quel momento tenuto celato a tutti, anche se l'altra si fece subito prendere dai brividi, sostenendo immediatamente che quello appariva semplicemente come un vero e proprio segno soprannaturale, e di un tipo sicuramente formidabile. Arrivò a dirle addirittura che pur essendo assolutamente una cosa certa ed incontrovertibile, secondo lei avrebbe dovuto comunque sincerarsene recandosi il prima possibile da qualcuno che si intendeva di eventi divini e di cose di quel genere. Laura, le spiegò, tu sei la prescelta per un messaggio che adesso noi non riusciamo in nessun modo a comprendere, ma che sicuramente scavalca le nostre vite per intensità e per importanza. Lei ebbe paura di quelle parole, così le fece giurare e spergiurare che non avrebbe mai rivelato a nessuno il suo segreto, e naturalmente non disse niente ad altra anima viva, risolvendosi a non frequentare più neanche quella sua amica.
Le cose dopo allora difatto sono andate avanti in questo modo per diverso tempo: lei ha proseguito a fingersi affetta da quella specie di malattia, ed a professare agli altri, certe volte persino a se stessa in una sorta di propria sincera intimità, un'insidia virale che tutti, parenti e amici, hanno sempre riconosciuto come una iattura, la solita sfortuna che a volte la natura lascia cadere su qualcuno scelto a caso. Ad oggi comunque gli episodi si sono fatti molto più radi, anche se non sono mai cessati, e Laura, pur non avendo mai iniziato a professare alcuna religione, forse proprio nella paura di essere scoperta, di fatto svolge una vita piuttosto riservata, ed ogni sera pare rivolgersi al soprannaturale, parlando da sola a voce alta delle sue angustie, ed enumerando quasi sempre ogni sua preoccupazione. Stasera però, su di una semplice rivista illustrata, ha letto casualmente che esiste un’infiammazione quasi con le medesime caratteristiche presenti sopra le sue mani, e che scompare in poco tempo curandosi con una semplice pomata che abbia degli opportuni componenti.
            E’ rimasta perplessa, ha riletto di nuovo tutto l’articolo, poi ha chiuso il giornale: una sciocchezza, niente più di una cosa senza importanza, che può prendere chiunque, senza alcun problema: questo il senso delle cose scritte là sopra. Allora è andata in bagno, si è tolta i guanti, ha osservato le sue mani così bianche e smunte per non averle mai adoperate per tutto quel tempo, e le è venuta forse voglia di piangere, anche se si è trattenuta. Poi è uscita da casa, sempre senza guanti, e le sue mani poco dopo hanno preso a sgocciolare sangue dalle dita, anche se Laura non se ne è affatto preoccupata, neppure quando qualcuno tra i passanti le ha chiesto allarmato che cosa le stesse succedendo. E’ un segno, ha risposto lei, niente di speciale.


            Bruno Magnolfi