giovedì 30 marzo 2023

Addirittura insensato.


            <<Per prima cosa dobbiamo far scaldare i piccoli muscoli della nostra maschera facciale; poi muovere la lingua, il collo, le spalle, le braccia, ed infine iniziare a far vibrare il torace e la gola con le cinque vocali, a lungo, una per volta>>. Laura, insieme agli altri, sopra al palco in legno del teatro, segue con attenzione quanto le viene suggerito, muovendosi e cercando di interpretare al meglio le istruzioni dell’insegnante di recitazione. Si ripassano le timbriche di ogni fonema, si lavora con il diaframma, cercando anche un gesto per ogni attività della voce. Infine, ci si esercita a lungo su delle piccole frasi da leggere con voce alta, cercando ogni volta dei significati diversi, nel tentativo di dare anche il massimo di espressività alle parole. Inizialmente torna buffo comportarsi così, ma in seguito ogni cosa assume un suo senso. Quando poi si passa a leggere una pagina intera di qualche libro, per Laura le cose si fanno più semplici: immedesimarsi in un personaggio per lei non è affatto un problema, e provare le stesse sensazioni che cerca di descrivere l’autore in quelle righe, a lei torna piuttosto naturale. Si ripetono quindi tutte le attività, si insiste cercando sempre di migliorare ogni frase, accompagnando le parole con gesti e espressioni, e ci si dilunga nel correggere ogni difetto.

            Poi l’insegnante saluta gli allievi e rimanda la lezione alla settimana seguente, e d’improvviso tutti scendono di malavoglia i gradini del palco, per andare ad attraversare la piccola sala di quel semplice teatro, completamente vuota per il momento, e quindi andarsene, anche se alcuni si trattengono ancora nel corridoio tra le file di poltrone, magari per chiarire qualcosa tra loro. A Laura le piace l’atmosfera che si respira là su quel palcoscenico, e comprende benissimo quanto sia assolutamente importante muoversi e parlare cercando di attrarre al massimo l’attenzione di ogni singolo spettatore, anche se adesso il pubblico è assente. <<Si crea un legame>>, dice spesso ad ognuno del corso il loro insegnante, <<che deve essere mantenuto, magari variando il ritmo delle parole ogni tanto, oppure modificando il registro vocale in funzione naturalmente di ciò che si dice o si cerca di esprimere. In ogni caso il nostro spettatore è lì, proprio davanti a noi, e noi dobbiamo guardarlo negli occhi, senza mai lasciarlo distrarre>>. Ognuno degli allievi ha un proprio motivo per essersi iscritto a quel corso; in qualsiasi caso però alcune sensazioni sono comuni a tutti quanti, e poi l’emozione di recitare di fronte anche soltanto a poche persone, è sempre notevole.

            Laura adesso si sente già più sicura di sé, capisce che con l’esercizio può padroneggiare almeno i testi più semplici, e prova la voglia di spingersi avanti, di non smettere mai, come se l’attività teatrale di questo tipo, una volta provata, fosse quasi un’ebbrezza della quale non si può più fare a meno, sollecitando chi la prova ad andare sempre più oltre. Adesso naturalmente sente pure la necessità di leggere molto, e qualsiasi libro si trovi anche soltanto a sfogliare, le pare come uno scrigno colmo di nuove emozioni, tanto da non riuscire più a far scorrere le frasi e le parole in modo un po’ monotono come una volta, ma soprattutto senza sentire subito dentro di sé quella voce nascosta ed ora quasi autosufficiente che interpreta, che esprime, che indaga con curiosità su ciascun suono che può essere capace di indurre, pur restando nel silenzio nascosto della propria mente. Le viene persino spontaneo rispondere certe volte a sua madre in maniera vagamente espressiva, esercitando i piccoli accorgimenti che impara dall’insegnante o sul suo manuale di recitazione, e poi si sente tranquilla, convinta, assolutamente in stato di grazia. La mamma sorride, le pare impossibile che adesso si sia scatenata nella sua Laura questa passione che fino ad ora era rimasta così inascoltata, però ne è contenta, anche se non sa verso dove porterà tutto l’impegno che vede in sua figlia.

            All’ufficio Postale, quando giunge allo sportello qualche utente che Laura conosce, dice subito: <<buongiorno>>, accogliendo ciascuno con il suo modo affabile, la voce calda, i modi di chi svolge volentieri la propria attività. Si vede subito che lei ci sa stare in mezzo alla gente, che persino le cose complesse diventano semplici con quel suo sorriso, e certe volte anche con un piccolo gesto adeguato. Alberto, sul retro dell’Ufficio Postale, riflette: sta succedendo qualcosa, sembra dire a sé stesso, qualcosa che non potrà rimanere confinato a lungo tra queste mura. Lui ha guardato il programma della stagione teatrale del Verdi di Pisa, ed ha già deciso: accompagnerà Laura tutte le volte che vuole, si farà spiegare ogni volta che cosa di preciso stanno andando ad assistere, ed è disposto a diventare un abitudinario di quei palchi o di quel loggione, se solo questo servirà a rendere complici loro due. Adesso a lui pare di essere sempre più una persona semplice, però senza alcun pregiudizio: quasi un foglio bianco qualsiasi di un taccuino per degli appunti, dove si può scrivere ciò che si vuole. D’altronde tutto il resto, se si osservano bene le cose, non ha molto senso

            Bruno Magnolfi

lunedì 27 marzo 2023

Indipendentemente dalle opinioni degli altri.


I piedi dentro le scarpe sembrano quasi andare avanti da soli. Lei lo sa che oggi è il giorno migliore per arrivare in paese fino all’Ufficio Postale, e quindi pagare la fornitura d'acqua dell’appartamento dove abita da sempre insieme alla propria famiglia; e poi, d’altronde, si è sempre preoccupata lei di queste cose. Ed il bollettino che le hanno spedito è già compilato e quindi pronto, dentro la sua borsa, insieme ai soldi che le servono per regolarizzare la fornitura dei due mesi trascorsi. Ma c'è qualcosa d'altro stamani che la spinge in avanti, oltre ai normali impegni che lei scrupolosamente rispetta. Ed è qualcosa che normalmente non prova, ma che in questo momento non riesce, pur con tutta la sua naturale tranquillità, a dominare perfettamente. È la curiosità quella che sente, anche se non lo dice orami neppure a sé stessa, la medesima che ha iniziato a scivolarle dentro da quando sua figlia le ha spiegato, pur senza dare troppa importanza alla cosa, di essere uscita, qualche sera addietro, con un proprio collega d'ufficio. Laura è cambiata, negli ultimi tempi, lei se n’è subito accorta, e sembra quasi abbia trovato uno scopo più alto per le sue giornate, e forse tutto questo può anche essere dato magari soltanto dal corso di recitazione a cui si è iscritta; oppure, se il suo fiuto di madre non la sta del tutto ingannando, proprio da questo Alberto con cui si è incontrata, forse anche più di una volta sola, anche se in questo momento è difficile per lei stabilirlo. 

<<Mi ero dimenticata di chiederti di effettuare il pagamento della bolletta dell'acqua>>, dice a sua figlia una volta entrata nella zona al pubblico dell’Ufficio Postale, dopo essersi accostata allo sportello racchiuso da una bassa vetrata. <<Però dovevo anche uscire per comprare alcune cose>>, le fa, cercando di mostrarsi naturale. Da dietro al bancone dopo un attimo giunge subito il saluto di Lorenza, un’impiegata che lei conosce da tanto tempo, e così allunga il collo quasi con indifferenza, oltre le spalle di Laura, anche per osservare un certo ragazzone che in questo momento sta sistemando alcune buste sopra degli scaffali. Lo guarda soltanto per poco, cercando di non mostrarsi troppo curiosa, ma sua figlia, pur impegnata nell'elaborazione del pagamento relativo alla bolletta, comprende subito a cosa stia mirando lo sguardo indagatore della sua mamma. In ogni caso lei ha quasi trent’anni, e non si sente più nelle condizioni di tenere soltanto per sé le sue cose personali; anzi, partecipando al corso di recitazione a cui si è iscritta, le sembra di poter essere più aperta con gli altri, spiegare ogni volta con sincerità il proprio punto di vista, e forse chiarire bene a tutti anche le proprie scelte. Così sorride, quasi a sottolineare l’evidente curiosità di sua madre, poi le consegna la ricevuta, osservando appena la sua espressione, ma senza aggiungere neppure una parola.

Forse sua madre adesso si sente leggermente sgrammaticata con il proprio comportamento curioso, ma è esattamente in quello stesso attimo che si accorge che nel piccolo ufficio della direttrice, appena di fianco, ci sono due signori che parlano sottovoce con la signora Vanni, come se stesse avvenendo là dentro qualcosa di importante. <<È il vecchio sindaco di Calci>>, le dice subito Laura, seguendo il filo di quei pensieri che le sembrano adesso così evidenti, <<e l’altro è il padre di Alberto, suo fratello>>. C’è quasi un attimo di smarrimento da parte della donna, come se si fosse improvvisamente resa conto di trovarsi esattamente nel punto dove avvengono le cose di una certa importanza, poi però chiede rapida: <<Ma è successo forse qualcosa di nuovo?>>, e Laura alza subito una spalla, mostrando di non sapere di che cosa stiano parlando, anche se con tutti gli avvenimenti degli ultimi tempi si può quasi immaginare, almeno in parte. La madre vorrebbe quasi attardarsi per comprendere qualcosa di più di quanto sta succedendo in ufficio, ma dietro di lei arriva un anziano ad attendere il proprio turno per essere servito, e lei è costretta a scansarsi.

Va verso l’uscita, fruga nella propria borsa riponendo i suoi soldi e la ricevuta, poi si ferma del tutto, girandosi di nuovo verso Laura per gettare un’altra occhiata esauriente verso le persone che soprattutto le interessano. Quindi si accorge che i due uomini, lo zio e il padre di Alberto, stanno stringendo la mano alla Direttrice delle Poste, ed allora si attarda ancora, quasi per osservare bene le loro figure. <<Arrivederci>>, dicono loro uscendo, e quindi, senza neppure salutare o almeno voltarsi verso il loro figlio e nipote, se ne vanno immediatamente, mostrando con evidenza che qualcosa non sta proprio procedendo nella maniera desiderata. Laura allora si fa sostituire un momento dalla collega, e dopo un attimo raggiunge sua madre, anche per farle capire che adesso è proprio il caso anche per lei di uscire da lì. <<Credo che abbiano digerito molto male il fatto che Alberto si sia iscritto al sindacato>>, le dice con voce bassa. <<Ma io penso che ognuno dovrebbe essere libero di fare le proprie scelte; ed anche in modo indipendente dai propri familiari>>.

 

Bruno Magnolfi


giovedì 23 marzo 2023

Senza mai tornare indietro.


            Lui non vorrebbe dare troppo a vedere che ci tiene a passare per un tipo a posto, che sa quello che vuole, che riesce ad usare la testa, anche se ogni tanto però sembra impacciato, come dovesse scegliere con cura ogni gesto, parola, espressione, per essere del tutto a proprio agio. Certe volte resta immobile, come a mostrare che è sempre il pensiero la sua priorità, anche se in qualche altro caso si comporta quasi come uno sciocco. Entra nella tavola calda, sceglie un tavolino, si siede senza fretta, dando sempre priorità in ogni gesto a colei che stasera lo accompagna. Ha compreso perfettamente che se non riuscirà ad essere all'altezza della situazione probabilmente questa sarà l'ultima possibilità che gli è data per uscire insieme con questa ragazza, e forse per questo motivo si sente un po' nervoso, anche se riesce a nascondere abbastanza questo stato d'animo. Lei si siede, appoggia la sua borsetta su una sedia libera, apre subito la carta dei cibi, vi getta un’occhiata senza troppo interesse, ma quasi nel tentativo di non perdere del tempo. Poi, assieme, ordinano del vino bianco, accompagnato da due piatti semplici, di carne con delle verdure. <<Il sindacato, poi, ti ha fornito qualche indicazione utile a proposito del futuro dell’Ufficio Postale?>>, fa lei. Lui si guarda attorno, come per scegliere le parole giuste da pronunciare, poi dice: <<Purtroppo no, solo le cose che già sappiamo tutti>>.

            Lei allora inizia a parlare di un particolare personaggio che sta studiando, e della difficoltà che incontra nel modulare la voce nella maniera adatta. <<Non è facile comprendere bene la psicologia di qualcuno che neppure si conosce>>, dice con convinzione; <<e poi interpretarne la personalità, il carattere, tutte cose che alla fine devono risultare naturali, sovrapponendosi l’una all’altra; però è assolutamente affascinante, mi sento elettrizzata per ciò che sto facendo>>. Lui annuisce con interesse, domandandosi contemporaneamente il significato finale di uno sforzo del genere, ma lei sembra intuire esattamente quella perplessità, così prosegue: <<Naturalmente il mio scopo non è fare l’attrice; mi basta sfiorare questo mondo, comprendere almeno qualcosa di quello che lo caratterizza>>. Lui trova all’improvviso un dettaglio dentro di sé, che forse adesso può tornargli utile, perciò dopo un momento dice: <<Mi piacerebbe comunque andare con te a teatro per assistere ad una commedia, magari dopo aver studiato con te la storia che viene rappresentata>>. Lei sorride, gli dice che pensava addirittura di andarci da sola, perché non ha nessuno che conosce veramente interessato a questo tipo di spettacoli.

            Lui ride, forse pensando ai cittadini di Calci, o almeno a quelli che ogni giorno frequentano il loro Ufficio Postale, poi ribadisce: <<Davvero, le cose spiegate da te prendono subito un significato importante, e sono sicuro sarebbe una serata preziosa, da trascorrere con grande piacere>>. Lei adesso lo guarda con maggiore attenzione, forse nell’intento di scoprire quanto di ciò che sta ascoltando sia esattamente la verità, poi getta un’occhiata intorno al loro tavolino, ma soltanto per raccogliere le forze, e dire di colpo: <<Ti ringrazio, ma non mi va di chiederti un sacrificio>>. Lui non ribatte, lascia che la pausa si allunghi, sorride, prende lentamente un sorso del suo vino, infine dice soltanto: <<Puoi decidere tranquillamente, quello che ti sembra meglio; per me entrare nel tuo mondo è sicuramente qualcosa che desidero fortemente>>. Adesso è lei che non sa come prendere le distanze da un’affermazione così diretta, e forse, all’improvviso, ma con grande naturalezza, con spontaneità, va con le sue dita a sfiorargli quella mano un po’ tozza che sta appoggiando sul piano del tavolo il bicchiere che aveva tenuto stretto per un attimo, come se avesse gradito quel suo atteggiamento e la risposta che le ha dato. Poi proseguono a mangiare.

            Qualcosa è scattato, pensa lui; in fondo è una brava persona, riflette lei; ed improvvisamente si sentono sicuramente più vicini, non tanto per aver messo a punto un comportamento univoco, quanto perché ambedue sembrano voler rompere quell’involucro di monotonia che spesso li sovrasta, ed anche se non esistono dei veri elementi che possono agire da collante per due persone come loro, ugualmente si è costituito adesso un piano comune su cui possono in qualche modo ritrovarsi. <<Starò in un angolo>>, dice ancora lui quasi sottovoce; <<e rispetterò in silenzio il tuo coinvolgimento dentro lo spettacolo. Non chiedo di meglio, se non assaporare il tuo interesse>>. Passa il cameriere, a portare via con professionalità i loro piatti vuoti. Loro si guardano, è una situazione usuale, quasi comune, quella che probabilmente stanno mettendo in atto; eppure, c’è qualcosa che ancora sfugge in mezzo a queste deboli sensazioni, come se fosse doveroso mettere a punto parecchi altri dettagli, prima di potere condividere davvero qualcosa che abbia importanza. Lo sanno, ne hanno piena coscienza, ma ciò non toglie che qualcosa indubbiamente abbia iniziato a dipanarsi, e nessuno dei due da questo punto sembra desideri tornare indietro.

 

            Bruno Magnolfi    

domenica 19 marzo 2023

Usuale orgoglio.


            Lei sta ferma, vicino alla finestra. Non guarda fuori, sa già cosa vedrebbe, però le basta che una lama di luce intensa oltrepassi la tendina e la faccia sentire meno sola, come se un semplice spicchio di quel sole ormai al tramonto, fosse già tutta la compagnia di cui adesso prova la necessità. Difficile riuscire a parlare liberamente con qualcuno dei suoi guai, almeno per una persona come è sempre stata lei. In tanti anni ha fatto l’abitudine nel tenere una posizione sempre un po’ distaccata da tutti gli altri, anche se in questo momento le novità che sembrano raggiungerla proprio così da vicino, forse avrebbero una estrema necessità di essere condivise. Che cosa importa, è giusto che ognuno si preoccupi delle proprie cose, che qualsiasi cruccio lasci sveglio durante la notte un individuo, e che quello sia elaborato dallo stesso fino a quando non riesce a renderlo neutrale. Certo, tutti sono convinti che negli anni passati le cose andassero meglio, e che non ci fosse alcuna necessità di mostrare la peggiore espressione di sé per ottenere qualche risultato. Purtroppo, ogni apparente punto d'arrivo tende inesorabilmente a modificarsi, fino ad evidenziare che oramai non c'è più alcuna umanità in ciò che ogni giorno ci troviamo a dover affrontare.

La signora Vanni adesso mette a scaldare sul fornello un pentolino di minestra che precedentemente aveva messo via nel frigorifero, e con un mestolo di legno ne gira con attenzione il contenuto, quasi con la speranza di trovarci dentro qualche soluzione ai problemi che l'assillano. Però sa già che questo è impossibile, che non esiste una panacea di tutti i mali, e che si deve soltanto fare forza su sé stessi quando si tratta di scoprire che non tutti hanno voglia di mettersi dalla parte di coloro che sono maggiormente esposti. Non è facile trovarsi così da soli quando le cose iniziano a non andare più lungo quel corso che in qualche modo aveva già costituito un'abitudine, e dover scegliere da un momento all’altro quale sia la strada migliore da intraprendere, diventa subito estremamente complicato. Sorbire la minestra è soltanto un gesto automatico, non c'è proprio alcun bisogno di farne una grande riflessione; ma decidere cosa sia meglio fare per il futuro dell'Ufficio Postale di Calci è qualcosa che lei in questi frangenti non riesce a formulare. Suona il telefono, la signora Vanni risponde in fretta, e un suo cugino, l’unico parente che ormai è rimasto, dice che non deve affatto perdersi d'animo, che tutto si sistemerà, si tratta soltanto di avere i nervi giusti per resistere. Non ci sono novità, questo è il fatto, e tutto sembra improvvisamente come cristallizzato in una vecchia fotografia in bianco e nero, che si continua a riguardare cercando di scoprirne qualche dettaglio passato inosservato in precedenza, inutilmente però, e quasi per soddisfare soltanto una consuetudine.

Avrebbe dovuto prendere un cagnolino per farle compagnia, la signora Vanni; ma quando è stata quasi sul punto di farlo, non ha provato dentro di sé quell’entusiasmo che serviva, e per un attimo ha avuto quasi paura che quel legame potesse diventare qualcosa di cui in seguito pentirsi. Lei non ha mai provato una vera e propria preoccupazione per la propria solitudine; anzi, spesso si è sentita di essere sufficientemente forte per riuscire ad affrontare qualsiasi avversità, ed è sempre stata capace di mostrarsi integra, retta, convinta della propria personalità e delle proprie scelte. Ma certe volte si riesce persino a falsificare le proprie convinzioni, scegliendo con la propria mente di essere migliori o più robusti nello scontrarsi con quello che la realtà si appresta a prepararci giorno dopo giorno. Infine, le debolezze vengono alla luce, e allora dei piccoli segnali di depressione iniziano a mostrarsi, chiarendo così la vera fragilità che stava in agguato dietro al paravento. La signora Vanni adesso è solamente una donna sola, una donna che è stata in grado di decidere per molti anni che il proprio mestiere fosse sufficiente ad assorbire tutta la propria personalità, indicandole ogni volta la direzione giusta verso cui spingere le forze, anche se molto in lei sembra rimasto del tutto inappagato.

Di colpo, però, decide di uscire; che bisogno c’è di starsene da sola ad un angolo di tavolo davanti ad un piatto di minestra, può andare fuori, passeggiare per il suo paese, incontrare qualcuno che la riconosce e la saluta e permettersi una cena come si deve nel piccolo ristorante in piazza. Si cambia d’abito, si ravvia i capelli, indossa le scarpe giuste, apre la porta del suo appartamento al piano terra, con un giardinetto inutile davanti, ed infine è fuori, improvvisamente libera dalle sue convenzioni, senza quel televisore insulso a farle compagnia. Si guarda attorno lungo il marciapiede, sorride, si dà una spinta: era proprio quello che desiderava, forse; una boccata d’aria tra le case semplici di Calci, quattro passi per mostrare a tutti che non ha paura di niente e di nessuno, e che comunque è ancora la Direttrice delle Poste, con tutto l’orgoglio che lei è capace di provarne.

 

Bruno Magnolfi  

venerdì 17 marzo 2023

Differenti estraniamenti.


            Mi devo sforzare, per essere più diretto. Guardare negli occhi chi mi parla, rispondere sempre con il minimo di parole, senza sbagliarne neppure una, e poi accettare uno scambio di opinioni soltanto su argomenti importanti, che davvero ne valgano la pena. Non esco quasi più la sera con i miei amici di un tempo; mi sento diverso adesso, ho altre cose che mi passano dentro la testa. Rifletto, specialmente su tutto quello che sta avvenendo sul mio posto di lavoro, e mi rendo conto che vorrei sapere di più su tutto quanto, almeno al punto di essere in grado, pur con le mie scarse conoscenze, di dipanare quel senso di estraneo che a volte mi prende, specialmente quando sento qualcuno che parla di argomenti di cui ho coscienza di non sapere quasi nulla. Quando Laura mi ha detto che per lei immedesimarsi negli altri è qualcosa che le torna pressoché naturale, ho provato subito un brivido; mi è parsa una cosa bellissima e contemporaneamente complessa, e sono contento che abbia deciso di affrontarla, accettando l’aiuto di qualcuno che può riuscire a far risaltare le sue doti. Se ognuno di noi riesce a trovare il suo filo conduttore, alla fine scopre che basta seguirlo per scoprire molte delle risposte che andava cercando. Sono sempre stato un tipo piuttosto silenzioso, però mi piace la compagnia; anzi, penso che da soli non siamo proprio nulla, e che sono semplicemente gli altri a dare risalto ad ogni tua idea, anche se la metti a punto in completa solitudine. È il confronto che mi interessa adesso, ed il sentire di poter essere utile a chi mi sta vicino.

            <<Alberto>>, dice mia madre quando mi fermo nella casa dei miei a mangiare qualcosa o a scambiare quattro chiacchiere, come sempre. <<Ma cosa sta succedendo giù all’Ufficio postale? Tuo padre e tuo zio sembrano preoccupati della situazione, tanto che vogliono muovere le loro conoscenze per comprendere qualcosa di più>>. La riguardo un momento senza rispondere né replicare. Infine, mi alzo, so che lei nota facilmente la mia attuale espressione, forse più seria del solito, perché sa che è venuto anche per me il momento di sentirmi impegnato in qualcosa, e che in questo lavoro che svolgo voglio mettere tutto me stesso, anche se non sa fino a che punto e verso dove mi stia indirizzando. Si accenderà una discussione con toni accesi quando mio padre scoprirà che ho preso una tessera sindacale avversa alle sue idee: mi farà un sacco di domande senza neanche aspettare le risposte, si arrabbierà, dirà che non è certo questo ciò che si aspettava da me e dalle mie scelte. Ed io dovrò essere pronto, non sono più questi quegli anni in cui alzavo le spalle volgendo lo sguardo da qualche altra parte, e lasciavo che qualsiasi stupidaggine avessi commesso sbollisse piano da sola. <<Non lo so con precisione>>, le rispondo alla fine. <<Certo è che qualcuno ha deciso di mettere in forte difficoltà chi lavora là dentro, ma riusciremo senz'altro a venire a capo di ogni problema>>.

            Ogni tanto mi pare quasi di andare preparando per la mia famiglia una polpetta avvelenata, però devo allontanarmi il più possibile da loro se voglio essere me stesso. Proseguire nel solco dei loro convincimenti era già parso abbastanza fuori luogo da diverso tempo; ultimamente poi tutto è andato a radicalizzarsi, e dietro al mio evidente spaesamento non ci può essere altro che una ricerca autonoma di scelte e di valori. Devo prepararmi per dire questo a mio padre, anche se lui non vorrà comprendere nulla di quanto gli farò ascoltare. Non importa, non faccio male a nessuno. <<Ma tu non hai niente a che vedere con questi sconvolgimenti di cui si sente dire>>, chiede mia madre come per rassicurarsi che non stia scoppiando all’improvviso qualcosa a cui non si sente preparata. La guardo ancora: <<assolutamente no>>, le dico, <<anche se ciò che sta accadendo è forse il motivo che mi costringe a prendere una precisa posizione, e a definire un’idea che possa spiegare almeno qualcosa di quanto mi riguarda così da vicino>>. Adesso lei resta in silenzio, e forse mi osserva in una maniera nuova, ma io so che è pronta ad accettare quasi tutto di me, anche se la mia nuova livrea prepara poco per volta lo scontro con mio padre.

            Poi salgo al piano superiore, dove posso starmene da solo, dentro alle mie stanze, a riflettere con calma tutto quanto. Mi piacerebbe poter telefonare liberamente a Laura, almeno qualche volta, e raccontarle dei miei dubbi, delle mie perplessità, dopo aver ascoltato gli aggiornamenti sul suo sbalorditivo spingersi in avanti, nella sua paziente ricerca di un’identità più autentica. Ma le ho promesso fin da subito di non coinvolgerla neppure per un attimo all’interno di questo mio altrettanto difficile percorso, che peraltro mi appare sempre meno facile seguire, e per nessuna ragione voglio gettare all’aria quanto con sincerità le ho voluto assicurare.

 

            Bruno Magnolfi

mercoledì 15 marzo 2023

Incertezza diffusa.


            I Dirigenti delle Poste della Provincia di Pisa erano in tre, ed avevano avvertito telefonicamente con scrupolo della loro visita alla sede di Calci, ma appena una mezz’ora prima del loro arrivo effettivo, dicendo in modo generico alla signora Vanni che sarebbero passati in giornata per rendersi conto personalmente della situazione creatasi in quella struttura. Lei naturalmente aveva subito avvertito gli altri quattro impiegati, pur con una voce un po’ stridula, e tutti così si erano disposti a svolgere il proprio lavoro in sostanza come sempre facevano, però con un’apprensione ed un’incertezza al proprio interno che neppure sapevano bene come spiegarsi. Gli ospiti erano passati dalla porta sul retro, uno dei tre impegnato costantemente in gravi conversazioni al proprio telefono cellulare, gli altri due con dei modi di fare quasi da svagati, come fossero lì per dovere e senza averne minimamente la voglia; poi si erano seduti in una stanza con la Direttrice di Calci e le avevano chiesto quello che tutti quanti in paese sapevano già. Uno di loro aveva scritto qualcosa su una propria enorme agenda foderata di pelle, e tutto si era svolto di fretta, tanto che almeno apparentemente non aveva lasciato alcuna conseguenza. Sulla porta, al momento di andarsene, avevano chiesto di nuovo alla signora Vanni qualcosa che peraltro era appena stato detto, come fossero distratti da altro, e poi uno di loro, quello con l’abito più elegante ed i modi maggiormente decisi, aveva usato la solita frase adeguata ad occasioni del genere: <<le faremo sapere>>, eclissandosi quindi rapidamente verso cose senz’altro molto più importanti di cui occuparsi.    

            Quei pochi minuti avevano assunto per gli impiegati un valore pressoché decisivo, e quando erano rimasti finalmente da soli, la sensazione preponderante nei loro animi aveva subito lasciato il posto ad una assurda voglia di festeggiare, quasi avessero superato una prova il cui risultato sarebbe stato sicuramente migliore, in qualsiasi caso, di quell’incertezza. <<Non è successo niente>>, aveva detto la signora Vanni per tranquillizzare gli altri quattro che adesso le ponevano qualche domanda insistente; <<le cose rimangono esattamente com’erano, ed il nostro lavoro non subisce alcuna variazione>>. Anche in paese qualcuno aveva notato un’auto scura e costosa, con quelle tre figure incravattate che erano entrate alla svelta nel loro Ufficio Postale, e qualche domanda verso Laura, come sempre in attività allo sportello del pubblico, era stata subito formulata, pur senza ricevere da lei, come da accordi, alcuna risposta. Alberto, durante quella visita, avrebbe avuto voglia in qualche maniera di intervenire, ovviamente presentandosi ai dirigenti come tesserato sindacale, ma all’inizio era rimasto un po’ incerto, e poi le cose si erano svolte talmente di fretta che non aveva saputo neanche formulare al momento una propria presentazione adeguata. I Dirigenti comunque erano in contatto continuo con i Carabinieri, che stavano svolgendo in qualche maniera alcune indagini atte a scoprire l’identità di colui che aveva effettuato la telefonata minatoria alla sede postale di Calci, soprattutto per evitare che cose del genere si ripetessero, addirittura con una maggiore gravità di risultati.

            In paese tutti si erano guardati attorno, dando fiato al buon senso che spingeva chiunque a mostrarsi sospettoso di qualsiasi propria conoscenza, ma nulla era venuto fuori, a parte alcune discussioni scoppiate per strada da parte di qualcuno che si era sentito addosso con troppa insistenza gli strani sguardi di più di un proprio paesano, quasi come avessero emesso già una sentenza. Nella sostanza, nessuno aveva la più pallida idea su chi fosse il telefonista, ma soprattutto non si capiva per nulla il motivo che aveva spinto quell’uomo dalla voce roca e biascicata a compiere un gesto del genere. Qualcuno, proprio per esagerare, aveva addirittura sbottato con ironia che forse era meglio chiudere una volta per tutte l’Agenzia Postale di Calci, in maniera da lasciar vivere il paese nella profonda tranquillità di cui aveva potuto vantarsi per un tempo notevole, ma altri pretendevano e ricercavano costantemente la verità, stabilendo, assieme anche al sindaco e agli assessori comunali, che la sede Postale di Calci era necessaria alla cittadinanza, e per nessuna ragione ne avrebbero accettato l’assurda chiusura. A questo proposito era stato anche steso, probabilmente di notte, sopra alla recinzione di un giardino poco distante, un telo bianco, forse un vecchio lenzuolo, con su scritto malamente a vernice: “No alla chiusura”, ed il proprietario di quel piccolo giardino, per paura di eventuali rappresaglie, aveva deciso di lasciarlo sventolare ogni qual volta una macchina passando muoveva un po’ l’aria, piuttosto che rimuoverlo da dove era stato fissato.

            Davanti alla Casa del Popolo già si sapeva come sarebbe andata a finire la faccenda, e tutti mentre bevevano un bicchiere di vino erano pronti a giurare che la soluzione peggiore possibile per Calci sarebbe giunta in paese all’improvviso, come se non ne esistesse nessun’altra possibile. Ridevano comunque, naturalmente anche per un senso ironico innato, le persone che parlavano così, disposte e rassegnate oramai ad accettare anche il peggio possibile, pur di togliere di mezzo una volta per tutte quell’incertezza che sembrava catalizzare qualsiasi conversazione.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 12 marzo 2023

Senza troppi riguardi.


Un uomo, parecchio tempo addietro, era entrato nell'Ufficio Postale di Calci. Laura in quel periodo era stata assunta da poco, e fin dagli inizi lavorava costantemente e con un certo entusiasmo dietro allo sportello dedicato al pubblico, considerato che in paese conosceva praticamente tutti. Così parlava e si intratteneva spesso con gli utenti che giungevano là dentro, sempre che non ce ne fossero altri ad attendere il proprio turno. Ma questo tizio malvestito, con i capelli sporchi e arruffati, un'età indefinibile e l'espressione incattivita sopra una faccia piuttosto scostante, persino riflettendoci decisamente a fondo, lei era proprio sicura di non averlo mai visto. L’uomo si era avvicinato lentamente al vetro divisorio, aveva tirato fuori da una tasca un bollettino precompilato che dimostrava la propria volontà di effettuare un versamento, poi aveva bofonchiato qualcosa, mostrando all'impiegata quella carta, come fosse una tassa che a suo parere comunque non gli spettava, un balzello che in ogni caso avrebbe sicuramente pagato malvolentieri.

"Questi sono tutti nemici", aveva intanto pensato quell'uomo senza neppure guardarsi troppo intorno. "Loro mi osservano, credono di sapere già tutto di me con una semplice occhiata, e invece non hanno proprio capito un bel niente. Non mi interessa nulla di quello che possono immaginarsi di me, e in ogni caso, io sono superiore alle loro stupidaggini, posso averli tutti quanti dentro ad un pugno in un attimo, se soltanto lo voglio". Laura, dopo aver pronunciato un professionale buongiorno, aveva raccolto dalla fessura sopra al bancone il precompilato, lo aveva passato nella macchina che aveva a fianco, ed una volta siglato qualcosa, aveva chiesto al cliente il corrispettivo da incassare. Lui era rimasto immobile, senza neanche guardarla, ma intanto aveva pensato: "dovrebbero pagarmi loro, per l'onore che faccio a questo luogo infame, soltanto per essere giunto fin qui, come fossi un qualsiasi paesano di questo comune stramaledetto".

In quella pausa di incertezza, Laura lo aveva osservato meglio, ma non era riuscita per niente ad immedesimarsi, come spesso faceva, in quella strana personalità che aveva di fronte, al fine di comprendere meglio i suoi guai. "In un posto così vorrei tanto poter tirar fuori una bella pistola", aveva continuato a pensare lui in quel momento, quasi annuendo con il capo a quei propri pensieri. "E invece di pagare mettere una bella paura a tutti quanti, dire a qualsiasi cristo presente, cliente o impiegato che sia, al momento in ufficio anche casualmente, di sdraiarsi per terra e intanto vuotare le tasche. Poi, con maniere dure e dirette, lasciar rovesciare sul banco tutti i contanti che tengono sotto allo sportello, e pure i soldi delle cassette che accumulano dietro, ed infilare rapidamente tutto quanto dentro una borsa, prima di sparire via, con tanti ringraziamenti". Invece aveva tirato fuori da una tasca delle banconote stropicciate e forse anche sporche, che aveva disteso di malavoglia sotto al vetro divisorio, come fossero vere e proprie gocce del suo sangue. Laura aveva preso con calma quei soldi, li aveva distesi a sua volta, contati, poi da un apposito contenitore aveva estratto alcune monete per dare al cliente il resto al suo pagamento, insieme alla ricevuta timbrata.

Ma era stato proprio in quel momento che un ragazzo del paese di Calci, insieme ad un amico, ambedue alle spalle dell'uomo, si era lamentato con voce un po' troppo alta della presenza dentro un ufficio pubblico di una persona brutta e sporca come quella che si era ritrovato davanti, dispiacendosi con qualche risolino anche per le impronte di fango lasciate dalla stessa sul pavimento. L'uomo, dopo aver preso con sé le sue cose, ma senza salutare né ringraziare l'impiegata, si era girato con calma verso i ragazzi, e con la mano libera aveva fatto il gesto di preparare un pugno da assestare contro quei due, anche se loro, ridendo, si erano subito scansati, soprattutto per evitare la sua vicinanza. Poi, strascicando leggermente i propri piedi, si era diretto verso l'uscita, ma non era apparso troppo intenzionato ad andarsene, come se avesse ancora qualcosa da fare là dentro. Nessuno lo aveva trattenuto in ogni caso, ma in questa fase tutti i presenti, compresa una signora di una certa età che probabilmente era lì per ritirare la propria pensione, si erano chiesti di dove giungesse un tipo del genere, e soprattutto quale fosse il motivo della sua presenza all'interno di quell’edificio.

Alla fine, era uscito, e aveva proseguito, in ogni caso, come a studiare le abitazioni e le case vicine all'ufficio postale, poi era andato con tutta calma a riprendere posto a bordo del suo vecchio motorino a tre ruote, ma anche dopo averlo rimesso in moto, aveva continuato a preoccuparsi di tutto ciò che c’era attorno, fino a percorrere la strada principale del paese di Calci molto lentamente, quasi a passo d'uomo, tanto pareva interessato a ciò che vedeva. Sul cassone del mezzo, scrostato e sicuramente riverniciato a mano già più di una volta, si intravedeva ancora una vecchia scritta che recitava: "Piero Calzolaio", e a giudicare anche da tutto il resto, non si riusciva a mettere in dubbio che il suo mestiere fosse esattamente quello indicato, magari portato avanti senza troppi riguardi.

 

Bruno Magnolfi


mercoledì 8 marzo 2023

Accadimenti inspiegabili.


            Davanti alla Casa del Popolo di Calci si è già detto tutto quello che umanamente era possibile dire. Qualcuno, magari più ottimista di altri, ha persino provato a spiegare che la situazione creatasi in paese, per il prossimo impellente futuro, non sarà obbligatoriamente del tutto negativa, e che forse le decisioni da prendere, da parte delle autorità investite da quel genere di problemi, potranno portare persino qualche beneficio alla cittadinanza, e che quindi ci saranno sicuramente degli sviluppi positivi che comunque al momento non si può neppure supporre. All’ufficio postale le cose vanno avanti praticamente come sempre, e sopra le tre o quattro sedie della minuta sala d’attesa riservata al pubblico, le poche persone che frequentano l’agenzia ed attendono il proprio turno, si scambiano qualche parere usando costantemente dei toni pacati, senza mai parlare con voce troppo alta. Laura, dietro allo sportello, chiacchiera con chiunque si trovi davanti, rispondendo con gentilezza alle cose anche personali che le vengono chieste, ma restando in silenzio su tutti gli argomenti che riguardano le indagini peraltro ancora in corso, come pure gli altri risultati emersi in merito alla telefonata di stampo terroristico ed intimidatorio ricevuta nei giorni scorsi. <<Domani saremo chiusi>>, ripete a tutti con semplicità, come se non bastasse il grande avviso affisso sulla parete e sulla porta vetrata dell’ufficio che i sindacati hanno voluto ben evidenziare, quasi a dare una maggiore importanza a quanto tutti forse vorrebbero rapidamente lasciarsi alle spalle. Per lei, comunque, ciò che conta più del resto, è quel primo appuntamento alla scuola di recitazione di Pisa fissato per la serata, e quel manuale di teoria della dizione che in pochi giorni sta quasi divorando, pagina dopo pagina.  

            Lorenza le ha fatto un piccolo accenno, dimostrando di avere vagamente compreso l’intesa che si è formata tra lei e Alberto, ma Laura, assorbita nei pensieri dalla sua nuova carriera che forse le si sta aprendo, si è limitata a sollevare una spalla, come per dimostrare che per lei certe cose non hanno alcuna importanza. Si sente maggiormente sicura di sé, sta uscendo in modo rapido da quel bozzolo inutile in cui era rimasta relegata per un sacco di anni, ed anche con la sua amica Elena ultimamente non trova più quei grandi riscontri di personalità che fino ad oggi aveva sempre avuto. Alberto, invece, prosegue in ufficio a stazionare nel suo angolo dedicato a lui, smistando come sempre la posta in arrivo e in partenza, gettando qualche occhiata verso i colleghi e rispettando un decoroso silenzio, mentre ogni tanto continua ad osservare là davanti quella ragazza che da qualche giorno gli sembra più sfuggente del solito. Ma adesso tutto questo non ha molta importanza: ha deciso di proporsi come rappresentante sindacale della sede postale di Calci, e come tale in questa fase assumere, sempre che ciò sia possibile, tutte le responsabilità che sono inerenti ad un ruolo del genere. Il marito della Lorenza gli ha sottoposto, dentro alla sede del suo sindacato, tutta una serie di cose che in seguito dovrà mostrare di conoscere, e lui si è sentito così già investito del nuovo incarico.

            La vita del paese comunque sta attraversando un brivido che sembra coinvolgere più o meno tutti gli abitanti, ed anche se il desiderio generale è il ritorno rapido alla normalità, ugualmente quello che capita in un piccolo comune come quello di Calci sembra improvvisamente potersi paragonare agli avvenimenti di una grande città. A Gino poi è tornato in mente all’improvviso quell’ammanco di soldi che si era verificato parecchio tempo prima, quando, con rapide indagini dei carabinieri, si era scoperto come l’impiegato che stava al pubblico in quel periodo avesse il vizio di arrotondare qualche piccola cifra da mettersi in tasca. Così lui adesso ha pensato che ci potesse essere una relazione tra quello e gli ultimi avvenimenti, e perciò ne ha parlato, con i suoi modi dimessi e apparentemente distratti, con Alberto, il quale invece si è messo subito in allarme, tanto da telefonare al marito di Lorenza, il sindacalista, giusto per ricordargli quella faccenda. Sono state prontamente informate le forze dell’ordine, ma si è subito capito che le due cose non avevano alcuna relazione. In ogni caso Alberto si è sentito importante, ed in considerazione di tutti questi fatti, il Sindacato Provinciale ha mostrato un certo apprezzamento per avere almeno un tesserato all’interno di un Ufficio Postale da qualche tempo al centro di tante vicissitudini.

            Nella nottata qualcuno ha scritto sul muro delle Poste, usando della vernice indelebile: “tutti innocenti”, ed anche questo ha gettato nuovo discredito su quegli uffici e sugli impiegati che ci lavorano. La Direttrice ha prontamente stigmatizzato il gesto, ha fatto stendere una mano di vernice sopra la scritta, ed ha alzato le spalle quando qualcuno le ha chiesto spiegazioni. <<Non ho niente da dire>>, ha spiegato ad un giovane giornalista di un sito locale, e forse è proprio questa la pura verità, considerato che lei sempre meno riesce a spiegarsi tutti questi accadimenti.

 

            Bruno Magnolfi    

lunedì 6 marzo 2023

Altra maniera.


            Il paese dove è nato e dove ha sempre vissuto, secondo la sua idea, sembra sia il luogo più giusto e più importante di tutti, anche se si tratta di un piccolo centro abitato come tanti altri, e dove ci sono ben pochi svaghi e delle vere attrattive. Ma proprio per questo, forse, tutti gli altri piccoli comuni della provincia di Pisa, secondo il suo parere, sono soltanto da disprezzare, come non ci fosse proprio alcuna ragione anche soltanto per reggere il confronto. Starsene la maggior parte del tempo per conto proprio, indifferente agli altri, pur sostando di domenica mattina nella piazza principale di Vicopisano di fianco a diverse altre persone, vuol dire aspirare a pieni polmoni l’aria che soltanto lì si respira, del tutto differente da quella di Bientina, di Calcinaia, di San Giuliano, di Calci, o di Cascina, paesi dove la gente non ha alcun criterio di sé, dove è assente persino l’anima in quei luoghi, e nessuno degli abitanti merita niente. Questa è sempre stata la sua idea di fondo, e l’odio campanilistico verso gli altri centri abitati che circondano il suo comune è anche qualcosa che supera la ragione, come un’idea fissa, inalienabile in lui. Certe volte si è ritrovato a pensare che sindaci e giunte comunali di quei posti insopportabili, dovrebbero dimettersi in massa, e lasciare semplicemente alla gente di Vicopisano la possibilità di governare su tutti quei loro territori. Poi, naturalmente, ad ogni lungo periodo in cui sembra proprio che questi argomenti siano nella sua mente la fissazione più forte di qualsiasi altra, seguono anche altri momenti più quieti, in cui lui prosegue, come ha sempre fatto, il suo mestiere di ciabattino e di calzolaio, chino sul piccolo banco da lavoro della sua bottega. Tutti lo conoscono, anche se lui non parla mai con nessuno, limitandosi a poco più di qualche grugnito nei momenti in cui un cliente gli porta un paio di scarpe da risuolare, oppure ritira del lavoro già prontamente eseguito, e in genere, a regola d’arte.

            A nessuno è passato mai per la mente che quell’uomo scuro, ombroso, dallo sguardo basso, sempre da solo, potesse fare del male a qualcuno, ed anche quando lo si vede oggi transitare per strada a bordo del suo motorino chiuso a tre ruote, per tutti è una presenza in fondo quasi rassicurante: è uno del paese, fa parte del panorama, come lo era stato suo padre prima di lui, che gli ha insegnato il mestiere, gli ha lasciato due stanze e la bottega, e poi nient’altro; uno che è sempre stato lì, insomma, in mezzo a loro, come uno di loro. Invece lui ha sempre coltivato dentro sé stesso la voglia irrazionale di una vendetta inspiegabile, come un pensiero fisso che ti resta dentro quando arriva, e non riesce più a trovare libero sfogo. Quando qualche cliente, che lui non conosce e non ha mai visto prima, entra nella sua minuta bottega, lui non lo guarda e non gli dimostra né disprezzo né altro, anche se immagina che chi sta trovandosi di fronte giunga senz’altro da qualche altro comune della provincia, limitandosi a svolgere il suo lavoro nella stessa maniera di sempre, come con tutti gli altri. Però l’odio che prova lo avverte profondo dentro di sé, come se fosse impossibile passare sopra ad una differenza così forte tra le persone, differenza che per lui è sempre stata la cosa fondamentale. Annuisce, prende con la mano le scarpe a cui rifare i tacchi, e bofonchia le sue solite parole: <<domani, si, domani>>, e nient’altro, anche se un po’ deve sforzarsi nella piena consapevolezza che quello che sta facendo è soltanto il suo mestiere, e niente di più o di diverso.

            C’è un legno, appoggiato in un angolo dietro di lui; è un bel legno, pesante, robusto, e lui sa che potrebbe sempre usarlo, in qualsiasi momento, perché basterebbe che un tizio, proprio come quello che se n’è appena andato, dicesse qualcosa di poco digeribile, per farglielo prendere svelto. Un colpo alla testa, oppure diritto a una spalla, senza troppi tentennamenti, e le cose sarebbero immediatamente aggiustate. Che cosa gli può mai importare di uno che viene da Navacchio oppure da Pontedera; sono tutti una massa di persone senza spina dorsale, gente da perdere, nemici, forse addirittura differenti, proprio dentro sé stessi, da quelli di Vicopisano. Lui li odia, lo sente, ne è certo, anche se non ha certo bisogno di darlo a vedere, di mostrare a tutti quanti i suoi sentimenti, anche se spera che qualcuno prima o dopo immagini quei suoi pensieri. Lui, se soltanto vuole, è capace di parlare come tutti. Non ha bisogno di strascicare, come invece fa, le parole che dice. Ma quasi nessuno merita che lui si sforzi, e poi non ha nessun interesse a comportarsi in un’altra maniera che non sia quella che tutti conoscono. Li odia, li odia tutti, e salva soltanto quelli del suo paese, ma alla fine forse sa che è la sua stessa solitudine ad averlo reso così, differente, isolato, incapace di essere con gli altri in un’altra maniera.

 

            Bruno Magnolfi

mercoledì 1 marzo 2023

Non per ambizione.


            <<Buongiorno>>, aveva detto semplicemente lei, sedendosi con timidezza di fronte ad una donna oltre la mezza età, con una ciocca di capelli scuri su un lato della fronte, talmente sciolti che ad ogni sorriso, o quando diceva qualcosa anche a bassa voce, quelli si muovevano leggermente, mostrando un’immagine del viso non del tutto definita. <<Forse sono venuta nel luogo sbagliato>>, aveva ripreso lei dopo che si era preparata a lungo quel piccolo discorso, <<però vede, anche se sicuramente capisco bene che ho passato da un pezzo l’età per scegliere una passione a cui dedicarmi, ugualmente sento la voglia di provare>>. L’altra l’aveva osservata con sguardo serio adesso, mentre sembrava riflettere su chissà che cosa, poi le aveva chiesto: <<E come si chiama?>>, dispiegando sullo scrittoio un foglio che doveva rappresentare un modulo, un semplice elenco dei dati necessari per dare seguito all’iscrizione. Lei a quel punto aveva pensato che quella signora dovesse essere soltanto una segretaria, oppure una figura amministrativa là dentro, e quindi si era rilassata dettando in fretta data di nascita e recapiti. Ma la donna d’improvviso aveva posto la domanda cruciale a bruciapelo, con espressione quasi dura, e Laura lentamente aveva risposto: <<non ho mai provato a recitare, però mi viene facile immedesimarmi in qualcuno quando voglio, fino a provare così delle emozioni che non sono neanche le mie>>. La donna si era irrigidita, si vedeva che non le interessava metterla a proprio agio come aveva fatto inizialmente; poi si era alzata.

            <<Laura Saffi>>, aveva detto leggendo il suo modulo; <<e in chi riesce meglio ad immedesimarsi?>>. Lei aveva guardato qualcosa sulla parete, dei disegni e degli acquerelli non incorniciati, poi aveva spiegato: <<lavoro al pubblico; e spesso mi devo frenare, altrimenti proverei continuamente le emozioni presunte di chi mi trovo di fronte>>. L’altra a questo punto aveva sorriso, come per dare anche una punta ironica alle proprie parole: <<ma da qui ad incarnare un personaggio c’è ancora molta strada. Vede, qua dentro si studiano generalmente delle tecniche di recitazione, e con quelle si riesce anche a spersonalizzarsi, per affrontare qualche spettacolo. Occorre sensibilità, naturalmente, ma forse non proprio del tipo di cui lei pare in possesso>>. Poi qualcuno era entrato dalla porta alle spalle di Laura, aveva chiesto qualcosa in fretta, e poi era sparito, tornando subito a chiudere l’uscio dell’ufficio. <<Che cosa direbbe>>, aveva proseguito la donna, <<se per caso fosse al mio posto, ad esempio>>. Lei si era alzata lentamente, sorreggendo la sua borsetta con le due mani e senza staccare lo sguardo da quel ciuffo che adesso le pareva il fulcro di tutto quanto. Poi, dopo una impercettibile mossa repentina, aveva detto, con una voce ben determinata: <<ci vuole impegno, dedizione, quasi una scelta di vita>>, quindi si era girata, appoggiando la borsa sulla sedia, e aveva continuato, con una voce differente dalla propria: <<recitare di fronte a del pubblico, è come mettersi alla prova, per tutto ciò che siamo riusciti a costruire di noi stessi, poco per volta. Conta l’esperienza, indubbiamente; ma ancora più importante è possedere un cuore grande>>.

            L’altra non voleva mostrarsi sbalordita, però adesso restava in silenzio, senza riuscire a staccare gli occhi dalla maschera che riconosceva di fronte a lei. Quindi era tornata a sedersi, quasi commossa di qualcosa che non riusciva neanche a spiegarsi. <<Molto bene, Laura Saffi>>, aveva detto, appuntando uno strano segno sopra al suo modulo. <<Direi che possiamo provare, indubbiamente>>, aveva proseguito, come parlando a sé stessa; <<indubbiamente>>. Lei aveva sorriso leggermente allora, ed aveva atteso che la donna le spiegasse in quali giorni e in quali orari avrebbe dovuto presentarsi lì nel teatro, prima di consigliarle fortemente di acquistare almeno un volume di una serie di metodi che aveva rapidamente elencato sopra un foglio. Le aveva stretto la mano, alla fine, e siccome le era parso che mancasse qualcosa, aveva detto a Laura: <<si eserciti, comunque, anche da sola, davanti ad uno specchio; lei è portata, certo, è portata>>.

            Uscendo, Pisa appariva improvvisamente il raggiungimento di una città lontana, quasi oltre un mare immenso, e le sue strade così piene di storia ed enormemente interessanti, dove tutti i cittadini si muovevano sfoggiando grandi capacità nei settori più svariati, fino a mostrarsi appagati delle loro vite, sicuri di sé, forse felici. Lei adesso non poteva tornare subito a casa, dai suoi genitori, come non fosse accaduto nulla di speciale; perciò, era risalita sulla sua macchina ed aveva compiuto un largo giro, come per scorrere dai centri abitati dei paesi che si incontrano lungo la cintura della provincia, e in uno di questi si era fermata in un caffè, per sedersi ad un tavolino, e farsi servire un aperitivo che sentiva in qualche modo meritato. Le pareva adesso un passo importante quello che era appena riuscita a compiere, anche se sapeva perfettamente come fosse stata semplicemente la sua stessa personalità che era riuscita a reclamarlo per sé, soltanto quella; e non certo la propria ambizione. 

 

            Bruno Magnolfi