giovedì 28 settembre 2017

Positive finzioni.

        

Quei suoi passi leggermente affrettati riescono ad essere sempre identici l’uno all’altro, così cadenzati e precisi da apparire del tutto indistinguibili tra loro. Il rumore delle scarpe sulle pietre del marciapiede per chi lo ascolta può forse apparire monotono, come una macchina che segna costantemente un ritmo invariabile dall’inizio alla fine, ma non si può proprio dirne niente di brutto, e forse lasciarsi accompagnare da questa specie di musica è come stare insieme ad un compagno fidato, come passeggiare con un conoscente a cui si concede volentieri il proprio braccio, e che cammina insieme con  noi, fedele e garbato, almeno fino a quando non decidiamo di fermarci e di terminare il nostro percorso. Ma se la camminata del primo mattino esprime un certo valore, quasi in sintonia con l’aria frizzante e la voglia di fare che spesso prende in quell’ora la testa e le mani, quella invece che si manifesta a fine mattinata ha un sapore completamente diverso, tanto da apparire del tutto imparagonabile all’altra.
Anna, le dicono a lei sorridendo quando arriva nel piccolo capannone ricavato nei fondi di una vecchia casa a tre piani: buongiorno. Le portano grande rispetto questi ragazzoni che lavorano nella carrozzeria, a cominciare dal capofficina che quando lei arriva ha già iniziato con grande fermezza ad indicare a tutti gli altri quali siano i lavori da affrontare subito e portare avanti per primi. Lei in generale mentre gli altri stanno cominciando le loro occupazioni entra nel suo piccolo ufficio, getta un’occhiata per focalizzare le urgenze, quindi si siede, e comincia subito ad esaminare le fatture, i conti ai clienti, i documenti di trasporto per  i materiali, le richieste alle assicurazioni, e poi tutte le altre carte che si accumulano ogni giorno sopra al piano della scrivania. Non le ci vuole molto a sistemare le cose, normalmente in due o tre ore fa tutto, ma le piace ad Anna lasciare tutto molto ordinato, rimettere tutti quei fogli una volta registrati nei contenitori sopra gli scaffali allineati alle sue spalle.
Un’ora prima di mezzogiorno è già il momento di andarsene, non ci vuole poi molto a tenere la contabilità di una piccola azienda artigiana, e in fondo Anna deve anche occuparsi della propria famiglia. Magari tutto fosse così semplice a casa sua come registrare dei nomi, delle date e dei numeri; ma lei è ottimista, le cose si aggiusteranno pensa, torneranno le risate e i momenti allegri anche in famiglia prima o dopo, e tutto sarà più leggero e piacevole. Poi, una volta sulla via del ritorno, Anna si ferma in un negozio poco lontano dove si vendono oggetti di cartoleria. Osserva un momento dalla vetrina se ci sono clienti, ma se all’interno non c’è proprio nessuno allora entra senz’altro, e si ferma a parlare per qualche minuto con Chiara, l’amica di vecchia data con la quale scambia spesso le proprie opinioni.
Quattro chiacchiere, qualche saluto, e poi via, verso la sua abitazione, dove ci sono le cose da rimettere a posto, preparare il pranzo a suo figlio che tra poco esce da scuola e mostrare come si può essere efficienti e positivi, valori che vorrebbe tanto trasmettergli. Ed anche se a volte non avrebbe voglia per niente di essere in questa maniera, si sforza, fino a far diventare quasi un’abitudine essere proprio così. Devo fingere, pensa certe volte: evidenziando quanto si può essere anche migliori di come si è; perché è sufficiente desiderarlo con tutte le forze, e far vedere che è facile, semplicemente a portata di mano.


Bruno Magnolfi

mercoledì 27 settembre 2017

Scelte importanti.

            

Mi chiamo Corrado, le aveva detto lui quella volta cercando in qualche modo di farle sentire la sua voce in quella sala da ballo confusionaria e senza troppe pretese. Lei si era limitata a sorridere pallidamente, quasi senza guardarlo, probabilmente per non dare troppa importanza alla cosa, e anche per non far accorgere a nessuno lì intorno che ci teneva davvero a quella semplice presentazione. Lo aveva notato già altre volte, generalmente sperso in mezzo al branco dei suoi amici, ma per lei non c’era davvero mai stata l’occasione giusta per avvicinarsi. Adesso però lui era lì, e le parlava, si interessava di lei, l’occasione era davvero troppo importante per lasciarla decadere fino al rango di una cosa qualsiasi. Non gli aveva detto il suo nome, come per una dimenticanza; non gli aveva stretto la mano come a volte si faceva in quegli anni; non lo aveva neppure sfiorato con un gesto o con un’espressione incoraggiante: era soltanto rimasta lì sulla sua sedia ad attendere che Corrado dicesse ancora qualcosa, semmai avesse avuto voglia ancora di parlarle. E lui le aveva chiesto se le andava di spostarsi con lui per bere qualcosa.
Così lei si era alzata dalla sua poltroncina, ma senza mettersi fretta, conservando il suo atteggiamento un po’ distaccato, e Corrado invece si era mostrato piuttosto risoluto, forse per nascondere semplicemente la propria timidezza, risultando però quasi goffo nelle maniere di chi non è abituato per niente a far cerimonie. Seduti davanti a quel bancone del bar lui aveva continuato a parlarle, le aveva chiesto qualcosa di personale anche se estremamente generico, e poi aveva cercato di capire pur con le proprie limitate capacità che era cosciente di avere, quale fosse il motivo per cui quella ragazza che aveva di fronte, così carina, curata sia nell’abbigliamento che nella pettinatura dei capelli, stesse così tanto sulle sue, lasciandolo quasi senza argomenti, ma contemporaneamente anche padrone di guidare a suo piacimento quella loro semplice e straordinaria conversazione. 
Lei aveva fatto una breve risata, quando Corrado le aveva detto qualcosa di una ragazza che conoscevano ambedue, ed aveva fatto un cenno con il capo, come a mostrare apprezzamento per il giudizio simpatico che lui si era sentito di dare. E’ bella, pensava lui mentre sorseggiava la sua bibita, e forse è meno inarrivabile di quanto dicono tutti. Avevano bevuto, si erano scambiati delle opinioni, e lui aveva scoperto che molte delle sue cose parevano quasi combaciare con quelle di lei, così durante una pausa le aveva detto semplicemente: mi piaci molto, senza aggiungere altro. Lei non aveva abbassato lo sguardo come ci si sarebbe potuti aspettare, ma lo aveva guardato negli occhi, forse per la prima volta in tutta la sera.
Infine si erano salutati, ma già si erano dati un appuntamento, perché tutti e due sapevano bene che le cose non potevano certo essere lasciate al puro caso. Si erano messi insieme, naturalmente, e la loro relazione tra alti e bassi era sfociata nel matrimonio, proprio quando lei aveva scoperto di essere incinta. Forse tutto era precipitato troppo alla svelta, ma Corrado tratteneva ancora dentro di sé l’immagine di una ragazza quasi formidabile, e lei in fondo era contenta che la sua vita finalmente avesse trovato una ragion d’essere davvero importante.


Bruno Magnolfi

lunedì 25 settembre 2017

Famiglia propria.

           

Generalmente, quando lui termina il suo orario di lavoro, gli occorre più di mezz’ora di macchina per rientrare nel suo appartamento, e in ogni caso, anche se sa benissimo di essere atteso dalla sua famiglia, qualche volta non prova dentro di sé tutta questa fretta che forse qualcuno tra i suoi colleghi al suo posto potrebbe anche ostentare. Proprio per questo certe sere si ferma in un posto, un locale non molto lontano dalla sua abitazione, un ambiente un po’ anonimo e oscuro dove si ritrovano persone proprio come lui, a giocare a carte, fare scommesse, bere una birra e magari fare quattro chiacchiere senza darsi troppa importanza. Tra quei tavolini e il bancone si raccontano soprattutto delle storielle semplici e divertenti cercando di essere sempre spiritosi, e di conseguenza spesso davanti a quei bicchieri si fanno molte risate quasi liberatorie, cosa questa che poi scompare repentinamente quando lui infine rientra a casa sua verso l’ora della cena. C'è un’amarezza evidente che sente di trascinare dentro di sé, qualcosa a cui non riesce a dare un senso vero, ma che lo lavora giorno dopo giorno e non scompare quasi mai.
Sua moglie forse non si accorge troppo di questo suo disagio, e normalmente cerca di tranquillizzarlo soprattutto con la sua presenza, con le sue maniere forse sempre uguali ma mai monotone, comportandosi in modo che le cose almeno quando stanno insieme scorrano soprattutto con il massimo di calma. Perché lui spesso è nervoso, a volte sembra agitarsi soltanto nel vederla accanto a sé, nel ritrovare in lei quella tranquillità che non riesce quasi mai a trovare dentro sé, e forse non si sente capace neppure di comprendere il motivo vero del proprio stare male, anche se comprende bene in ogni caso che le cose stanno proprio in questo modo, e che lui non potrà mai essere diverso. Suo figlio poi non conta, la maggior parte delle volte resta in un angolo in silenzio, probabilmente proprio perché non ha niente da dire, e nonostante i suoi quindici anni non riesce ancora ad avere delle vere opinioni personali. Qualche volta lui l’ha portato con sé, in qualche bar, ad assistere a qualche partita, anche in giro senza darsi neanche una meta, e in tutti quei casi il ragazzo non ha mai detto niente, come se non gli interessasse affatto essere insieme a suo padre oppure con altri e in altro luogo.
Sono a casa, dice quando rientra, ed immediatamente sente il suo spirito che cambia, come una lumaca che sta rinchiudendosi lentamente nel suo guscio. Suo figlio si trova come sempre in camera sua, ma esce subito, lo saluta a voce bassa, si mette in un angolo senza guardarlo, e se lui chiede come vadano le cose con la scuola, gli risponde in fretta che tutto va bene, che non ci sono dei problemi. Lui allora racconta qualcosa della sua giornata, sui suoi colleghi, sulle difficoltà che ha affrontato come ogni giorno svolgendo il suo lavoro. Vorrebbe forse sfogarsi di qualcosa, ma generalmente si trattiene: in fondo questa è la sua famiglia, e se ci pensa bene non vorrebbe neppure averne una diversa.


Bruno Magnolfi

giovedì 21 settembre 2017

Risultati migliori.

         

L’espressione del ragazzo è quasi sempre la stessa quando si trova nella propria abitazione insieme ai suoi genitori. Si limita ad osservare qualche volta la faccia della mamma, proprio perché dalle espressioni che assume riesce a comprendere meglio le opinioni che certe volte lei trattiene per sé, almeno secondo il suo parere, nei confronti di quanto per abitudine è costretta ad ascoltare; mentre verso suo padre lui non si rivolge quasi mai, ed anche quando tutta la famiglia composta da loro tre è seduta intorno alla tavola per il pranzo oppure per la cena, il ragazzo resta quasi sempre in silenzio, limitandosi appena a rispondere in modo stringato quando gli viene rivolta qualche domanda. Disegna, quando è da solo in camera sua, cercando di riprodurre con la matita proprio quelle facce, le espressioni che ha visto o che ha immaginato.
Spesso però il silenzio che si forma nella sala da pranzo è ancora più pesante di qualsiasi argomento venga affrontato, e secondo il suo parere la mancanza più forte che si avverte tra quelle mura è il divertimento, l’assenza completa di qualsiasi pur piccolo accenno di una risata. Quest’aria non mi piace, potrebbe dire ad alta voce il ragazzo, ma poi, al contrario di quanto sarebbe facile immaginare, con estrema attenzione ed in completo silenzio si mette volentieri in ascolto di quegli argomenti portati avanti generalmente da suo padre: diatribe di lavoro, lamentele e discussioni su competenze di organico, preoccupazioni di ordine economico spesso, e scaramucce per antipatie reciproche con alcuni colleghi.
Per questo le maniere che usa sua madre sono spesso tese soltanto a tranquillizzare le cose, ed il tentativo che lei compie generalmente è quello di porre una sponda di calma ragionata ad ogni argomento, risultando però in questo modo poco incisiva. A lui sembra di subire costantemente le situazioni che ogni giorno si creano in casa, anche se poi ascolta tutto ciò che viene detto sempre con grande interesse, pur se in apparenza sembra ai genitori assente o distratto. Sa che potrà disegnare ogni cosa che ha sentito, una volta da solo nella sua stanza, e questo gli pare alla fine l’elemento più importante di tutti.
Una sera non rientra: un gesto stupido, lo sa benissimo, fare più tardi in giro da solo apposta per far rendere conto ai suoi genitori semplicemente che lui esiste, che ha dei pensieri propri, e che forse qualcuno in casa dovrebbe cominciare a trattarlo in maniera diversa da come sempre è stato fatto. Quando poi torna, fuori è già buio, ed i suoi scaricano in un attimo ogni loro preoccupazione, anche se lui resta fermo, in silenzio, con lo sguardo basso, proprio perché non ha praticamente niente da dire. Ci sono i suoi disegni a matita che parlano per lui, li ha raccolti con molta pazienza anche se loro li ignorano. Così dopo essere stato sgridato va in camera sua, li tira fuori dalla cartella e poi strappa in tanti pezzi minuti tutti quei cartoncini disegnati, non perché adesso gli sembrano sciocchi o poco importanti, quanto perché sa benissimo che oramai potrebbe rifarli in qualsiasi momento, e forse con risultati anche migliori. 


Bruno Magnolfi

mercoledì 13 settembre 2017

Nostalgie.

       

            Noi siamo sempre stati così, anche se molti anni sono trascorsi e tanti fatti accaduti. In fondo nessuno ha veramente mai cercato di essere diverso, abbiamo semplicemente lasciato che le cose andassero sempre avanti per proprio conto, senza mettersi in mezzo a desiderare chissà cosa di differente. Adesso si può mormorare che certe variazioni a suo tempo sarebbero state come minimo desiderabili, ma dobbiamo renderci conto una volta per tutte che questa che ci rimane adesso è solo la nostra realtà, ciò che ci siamo meritati.
            Tu piuttosto, con la tua aria svagata, i tuoi modi da personaggio secondario di una commedia comica, non crederai veramente proprio tu di aver fatto tutto quello che avresti potuto. Ti volti mentre attraversi una strada qualsiasi, forse per semplice curiosità, e ti accorgi che non sei dove vorresti, non stai facendo quello che ti eri proposto. È colpa tua, non ci sono scusanti, quando è stato il momento anche tu non hai fatto le scelte che avresti potuto. Noi ti osserviamo, non perdiamo mai di vista il tuo percorso, ed anche se avremmo tante cose da recriminare, ti lasciamo fare ciò che  più desideri, praticamente senza mai ostacolarti.
Tu vai avanti lungo la strada, entri dentro ad un portone, forse hai appena un attimo di incertezza mentre dai un’occhiata sfuggente al nome sul campanello, probabilmente giusto per assicurarti che niente sia cambiato dall’ultima volta che sei arrivato fino qui. Qualcuno è evidente che ti abbia visto da una finestra e ti abbia aperto, ed è quasi certo che sei oramai atteso con trepidazione, e che magari qualcuno sulla soglia dell’appartamento verso dove ti stai recando ti stringerà la mano, ti abbraccerà fraternamente mentre ti fa entrare, ti saluterà con grande trasporto, subito prima di chiederti come te la stai passando, come ti vanno le cose, ponendoti così le solite questioni retoriche. Mi sento invecchiato, potrai subito dire tu, tanto per giustificare le piccole manie che continui a portare sempre con te, quelle deboli fissazioni delle quali ormai dopo tanti anni non riesci più a fare a meno.
Ci sono sicuramente altre persone che ti aspettano tra quelle stanze, tutte insieme ti diranno che non sei cambiato affatto, che sei quello di un tempo, rimasto perfettamente coerente a quell’originale che tutti si ricordano. Tu sorridi, prendi tempo, ti siedi, poi mentre gli altri ti guardano in faccia nell’attesa di un gesto, di una parola, un’espressione qualsiasi che in questo momento puoi riservare loro, tu dirai quasi sottovoce che c’è un errore di fondo: qualcosa non è proprio andato come era stato previsto. Ora smettono di ridere e ti ascoltano immediatamente con molta attenzione, si è quasi creata un’enorme attesa per ciò che stai per dire, e tu sai che non puoi perdere un’occasione di questo genere, così ti guardi le mani, stringi gli occhi, fai una pausa, poi dici: non sono più quello che credete.
Si guardano tra loro, sorridono, fingono quasi di non aver sentito le tue parole. Si sa, tutto è proteso a ritrovare prima o dopo le linee di congiunzione che legano le persone tra di loro, anche questa tua uscita forse può essere compresa, digerita, trattata come una qualsiasi variazione tra le possibilità che tutti hanno. Ma tu vai avanti, e dici: non mi riconosco più in ciò che sono stato. E questo naturalmente è del tutto inaccettabile, proprio perché sostanzialmente falso, non può esistere una cosa di questo genere. Tutti stanno in silenzio perciò, tu assapori il rifiuto che ti viene mostrato, così ti alzi, dici: scusate; come se un fatto di questo tipo potesse mai essere perdonato, ed infine prendi la porta e te ne vai, solo, senza un passato, e senza alcuna possibilità di tornartene indietro.


Bruno Magnolfi

giovedì 7 settembre 2017

Musica e colori.

          

            Probabilmente ci potranno essere ancora delle possibilità fra qualche tempo, le cose oggigiorno non sembrano del tutto immobili: qualcuno gira per strada, altri stanno ad osservare con grande attenzione persino quanto succede intorno a loro. Certo non è facile continuare a lungo in questa maniera, fingere continuamente che tutto sia a posto, sviluppare atteggiamenti personali che non siano completamente diversi da quelli di chiunque. Ci sarebbero anche dei luoghi dove rinchiudersi in isolamento qualche volta, certi piccoli ambienti dove starsene per qualche tempo interamente in propria intimità, ma in genere è meglio evitare dei comportamenti da cui è difficile poi prendere completamente le distanze. Tu non sei normale, questo è l’elemento da cui ripartire in questo momento. Hai sicuramente qualche cosa che non va nella tua testa: e in ogni caso non puoi far altro che seguire con attenzione le indicazioni che possiamo darti, così forse qualcosa di positivo da te riusciremo ancora a tirare fuori.
            Partiamo dai colori: il tuo gusto tende a preferire evidentemente il bianco e nero, ma questo non deve essere un limite, non dobbiamo preoccuparci del fatto che il tuo forse è soltanto un artifizio, qualcosa che con evidenza non esiste neppure in natura, e che da ogni parte le tonalità più diverse di rosso e di azzurro sembrano avere normalmente il sopravvento su tutte le superfici. Ignoriamo questo elemento, non deve essere un inciampo messo lì sulla strada del nostro tentativo di comprensione. Forse hai anche un amico che può rivelare come tu possieda delle doti che stanno alla base delle scelte che ultimamente ti sei trovato ad adottare, ma questo in fondo non farebbe cambiare neppure di una virgola il giudizio finale su di te.
Devi smettere di essere te stesso, questo è il punto; evitare come la peste quello che sei sempre stato, dimenticare qualsiasi elemento della tua formazione, ed un comportamento come la coerenza deve diventare per te qualcosa di cui ignorare persino i fondamenti. Devi diventare poco per volta del tutto simile a coloro che vedi girare per la strada con totale noncuranza, quelli che si fanno vedere semplicemente come alcuni tra tutti, e che non puntano mai ad una propria personalità, ma anzi si mostrano con naturalezza degli individui come sono gli altri.
Poi c’è il problema della musica, queste armonie di suoni che sentiresti soltanto tu, dentro di te, come dei ritornelli che si inseguono senza alcuna interruzione. Non è neppure il caso di parlarne troppo, secondo noi; evidenziano con certezza la malattia mentale, e la necessità di mostrare a tutti in qualche modo la capacità comunque di essere a tuo agio, spensierato, colmo di idee e di soddisfazioni, quando al contrario sappiamo bene che non è affatto così. Insomma questa fissazione di voler passare la musica a qualcun altro tramite la volontà ed il semplice pensiero, è una stupidaggine enorme, un elemento che non porta in sé niente di buono, anche se parte da un principio che si può anche definire condivisibile.
Insomma dobbiamo prendere atto con rammarico che non ci sono margini almeno in questo momento per poter dare un buon giudizio su tutta quanta la faccenda. Comunque cerchiamo di dimenticare velocemente tutto quanto, lasciamo che le cose perdano di peso in modo naturale, e vediamo se alla fine il tempo come sempre possa davvero riuscire a curare ogni ferita. Noi ci speriamo, anzi sollecitiamo chi si è fatto avanti affinché questo possa avvenire, e in ogni caso puoi star certo che fino a quel momento ti terremo accuratamente a debita distanza.

Bruno Magnolfi  


martedì 5 settembre 2017

Conflitto d'età.

          

Credo non ci sia nulla dietro questo tuo pensiero, dice il papà di Roi; nulla da comprendere se non il fatto stesso che probabilmente secondo il tuo ragionamento noi tutti siamo ormai addirittura privi di una vera volontà, e che non riusciamo neanche più ad esprimere i nostri sentimenti. La mamma osserva la tavola, Roi resta in silenzio, senza capacità di replicare, anche se comprende che forse suo padre sta semplicemente cercando di aiutarlo. Lui vorrebbe chiudere alla svelta quella conversazione, magari andarsene in camera sua e poi rimanere lì, anche senza fare niente, ma non può.
Ci sono delle volte che da persona taciturna e silenziosa come in genere si mostra, suo padre improvvisamente si fa pedante, analizza le cose nel dettaglio e con voce monotona e incalzante insiste nello stabilire catene di elementi che sembra alla fine risultino vere solamente a lui, e siccome dalla sua bocca esce in questi casi un fiume in piena di parole, è del tutto impossibile interromperlo o peggio ancora opporsi a quanto riesce ad affermare.
Certe volte la mamma cerca di disorientarlo con delle sciocchezze messe lì apposta per rompere i suoi schemi e forse in qualche modo provare a dargli il senso della misura, ma nonostante il suo impegno spesso è difficile trovare un vero limite ai suoi ragionamenti. Non si può seriamente mostrarsi convinti che i fatti che ci accadono ogni giorno siano legati più dal caso che da interpretazioni precise della realtà, prosegue guardando verso Roi con convinzione. Il nostro futuro è legato esattamente a ciò che siamo oggi, e niente accadrà più avanti che non si sia costruito con le nostre mani.
Poi inaspettatamente il padre di Roi resta in silenzio per un tempo indefinito, osserva qualcosa davanti a sé con espressione insolita, beve un sorso d’acqua dal suo bicchiere, ed infine reclina lentamente la testa sopra il tavolo, come fosse preda di un mancamento. Ma immediatamente si rialza, guarda sua moglie che aveva detto subito qualcosa avvicinandosi a lui con preoccupazione, e spiega anche con un gesto della mano che sta andando tutto bene, e deve solo andare in bagno un attimo, a gettarsi un po’ d’acqua fresca sulla faccia. Torna poco dopo difatti, ma non riprende il filo del discorso, ed osserva Roi distrattamente, concedendogli di andarsene pure a rinchiudersi nella sua cameretta.
La moglie gli accarezza la faccia appena lui torna a sedersi, gli chiede se vada davvero tutto bene, se ha bisogno di qualcosa, e poi con senso di rimprovero se non sia il caso di evitare qualche volta certi argomenti così spossanti e intensi che lui tende ad affrontare sempre senza mai tirarsi indietro. Roi resta un attimo sulla porta ad osservarlo, preoccupato per ciò che ha visto ma contento per la fine anticipata di tutti quei discorsi. Fermo in silenzio osserva soltanto i suoi genitori che adesso non lo guardano, e immagina il loro futuro con gli acciacchi dell’età, le malattie, la perdita della memoria e tutto il resto, ed improvvisamente prova come un moto di triste tenerezza.
Mi dispiace, dice all’improvviso senza riferirsi a niente ed a nessuno in particolare; ma rifletterò a fondo sugli argomenti che ho ascoltato, e forse troverò la forza per affrontare quanto mi attende con l’energia che secondo voi ci vuole. Ciò che rimane vero è che non cambierò per questo le mie convinzioni, e in ogni caso proverò ad essere migliore proprio per mostrare a me stesso quanto valeva la pena tenere duro, ed evitare così di darla vinta a certi discorsi che fin da subito non mi avevano convinto.


Bruno Magnolfi