domenica 30 dicembre 2018

Uomo centrico.



L'uomo guarda la strada. Nel caffè dove si trova ci sono rimasti ormai pochi individui, qualcuno di loro gioca a carte, altri si limitano ad osservare il gioco che si svolge sopra ai tavolini, e nessuno sembra interessarsi a qualcosa di diverso, a parte lui. Sulla piazza, fuori dai vetri del locale, ci sono adesso i soliti ragazzi di ogni giorno: parlano, ridono, si fanno cenni in genere comprensibili solamente a loro, e dei quali paiono snodare continuamente un grande campionario.
L'uomo lì osserva, forse tenta di decifrare senza impegno qualcuno di quei loro messaggi, anche se a tratti sembra poco attento a quanto va avanti sulla piazza. Poi accade qualcosa: un tizio si stacca dal gruppo e si avvicina lentamente ad un altro che se ne sta da solo, e in un attimo gli sferra un pugno in pieno viso, tanto da farlo cadere a terra. Resta fermo qualche momento, come a controllare che il lavoro sia stato eseguito bene, quindi lentamente torna sui suoi passi.
L'uomo sul momento vorrebbe quasi intervenire, ma in fondo sono cose che non lo riguardano, così resta immobile dentro al bar, nella stessa posizione di prima. Il ragazzo caduto a terra peraltro si rialza poco dopo, nessuno sembra dire niente, le cose paiono proseguire come se nulla di rilevante fosse accaduto. Il ragazzo che le ha prese si guarda attorno, ma non sembra neppure troppo contrariato, forse si aspettava già un atteggiamento violento di quel genere, probabilmente c’era qualcosa rimasto insoluto da tempo tra quei due.
L’uomo immagina che certe scaramucce magari siano all’ordine del giorno tra quei giovanotti che se ne stanno tutto il giorno a bighellonare sopra alle panchine; forse non hanno niente di cui occuparsi veramente, e quindi ogni tanto la loro noia sfocia in qualcosa che non ha nulla di razionale, qualcosa che permette loro di sfogare con pochi mezzi tutto il proprio rancore represso. Il ragazzo si tocca la faccia, gli altri lo guardano senza dire nulla, poi lui entra dentro il bar, si fa servire dal cameriere qualcosa da bere, e poi chiede del bagno, probabilmente per controllare meglio quanto sia successo o meno sopra al suo viso.
L’uomo aspetta che accada qualcosa, forse si attende una reazione, ma dopo poco il ragazzo ritorna, beve al bancone la sua ordinazione, si guarda attorno e sembra proprio non abbia maturato alcun rancore in quei pochi minuti. Poi se ne va, uscendo dal locale con molta calma e senza dare alcuna soddisfazione al gruppo dei ragazzi che sono rimasti là di fronte, sopra le panchine, quasi immobili, lasciando che quello che ha sferrato il pugno prosegua a darsi forza del proprio stare immerso in quella compagnia.
L’uomo forse vorrebbe aver detto qualcosa al ragazzo che le ha prese, ma probabilmente il suo intervento sarebbe stato preso soltanto per una sciocca curiosità, così alla fine gli pare che tutto vada bene in questo modo: non ci sono ragioni importanti che spingono l’uno contro l’altro, sembra pensare; anzi, spesso sono soltanto dei pretesti quelli che fanno montare la rabbia nella testa di qualche facinoroso. Lui se ne frega, questo è il punto: non c’è niente di fondamentale in ciò che avviene, tanto vale reputare ininfluente qualsiasi cosa non riguardi direttamente ciascuno di noi. Così possiamo proseguire senza indugio nei nostri compiti, pensa, scansando gli altri quando questi sembrano mostrare troppo interesse anche per delle emerite sciocchezze.


Bruno Magnolfi 



martedì 25 dicembre 2018

Domani, forse.




Dopo la mezzanotte in piazza non rimane generalmente più nessuno, almeno durante le giornate invernali maggiormente fredde. Quelli che hanno stazionato qui anche stasera hanno lasciato soltanto qualche carta in giro, ed una bottiglia rovesciata sopra al marciapiede, perciò queste panchine adesso appaiono vuote, mentre il bar Soldini di fronte ormai ha tirato giù le sue serrande. Soltanto due ragazzi con le mani nelle tasche sembra abbiano ancora voglia di tirare tardi, e gironzolano senza meta lungo la strada parlando tra loro a bassa voce.
Non so cosa pensare, dice uno; a volte le cose sono così complicate che la soluzione migliore sembra proprio quella di non prendere alcuna decisione. Con i miei non riesco più neanche a parlare, c’è una distanza siderale tra di noi, e d’altra parte qui in paese non si trova neanche uno straccio di lavoro. Perciò vorrei andarmene, prendere tutto e trasferirmi in città, per poi mettermi lì a fare qualsiasi cosa possa capitare, anche il manovale o il lavapiatti se necessario, mi basterebbe giusto qualcosa per tirare avanti, magari trovare una stanza d’affitto e poi guardarmi attorno. Però, così da solo, mi risulta un po’ difficile.
L’altro lo guarda un attimo, annuisce. Poi dice che lui avrebbe in mente qualcosa di diverso: vorrebbe iniziare a lavorare con il suo fratello più grande che fa l’idraulico, imparare il suo mestiere e poi, poco per volta, mettere su un’attività per conto proprio. Il problema è che mio fratello almeno fino a questo momento mi tratta con superiorità, e non mi ha preso mai troppo sul serio, e poi dice che almeno in questi quattro o cinque centri abitati qua d’attorno sono già fin troppi gli idraulici in circolazione, probabilmente non ci sarebbe del lavoro sufficiente anche per un altro. Per questo attendo, fa ancora il ragazzo: aspetto con pazienza che qualcosa succeda.
Forse l’unica cosa da fare è proprio quella di aspettare, fa annuendo con la testa il primo: qualcosa prima o dopo dovrà pur accadere, preoccuparsi troppo, avanti che il tempo sia maturo, non mi pare neppure una buona idea. Sarà, fa l’altro, però anche strascicarsi tutti i giorni così, senza uno scopo, a me è venuto piuttosto a noia: vorrei impegnarmi almeno in qualcosa, mettere a punto una strategia per tirarmi fuori da questa pausa infinita.
Potremmo fare i ladri, dice subito l’altro tanto per ridere: mettere a punto un bel colpo magari in una banca di uno dei paesi qui vicino per non farci riconoscere, e poi mettersi fermi per un po’, magari utilizzare la grana per impiantare con calma qualcosa e sistemarci. Magari fossimo capaci di una cosa di quel genere, fa l’altro; il fatto è che mi sembra troppo complicato perfino mettere a punto un piano che mostri un suo senso compiuto.
Bé, allora non ci resta proprio altro che star qui a guardare, farci quattro chiacchiere ogni sera con tutti gli altri ragazzi, fingere di essere soddisfatti di quello che già abbiamo, e poi buttare giù qualche birra fresca fintanto che i nostri genitori ci passano ancora qualche soldo. No, vorrei un’occasione, niente di più, una semplice possibilità almeno per darmi un’occhiata attorno, tirarmi fuori da questo posto così vuoto di tutto. D’accordo, fa l’altro, qualcosa prima o poi capiterà; per adesso andiamocene a dormire, come sempre, domani poi vedremo.

Bruno Magnolfi  

mercoledì 19 dicembre 2018

Sfida triste.



I ragazzi ne hanno discusso a lungo. Nei loro pareri sembravano quasi tutti divisi su due fronti, ma appena qualcuno ha iniziato a sbuffare mostrando una certa insofferenza, l'argomento è velocemente decaduto, lasciando ognuno ad esercitarsi sulle solite battute di sempre trangugiando qualche bottiglia di birra pagata sempre dagli stessi. Nei momenti iniziali alcuni c'erano rimasti male, non sembrava proprio che quella ragazza fosse un motivo plausibile per prendersela tanto. In ogni caso l'amico di sempre per tutti era Renato, non certo quel cervellone tutto studio che non si sapeva neppure cosa ci venisse a fare alle panchine insieme a loro.
Renato si è invaghito troppo di quella merciaia, avevano detto immediatamente; lei non vale quasi niente, lavora tutto il giorno in quella bottega per vecchi, non può minimamente sapere cosa ci gira in mente a noi che abbiamo il polso della situazione tutti i giorni, stazionando in questa piazza, al centro delle cose. Poi avevano smesso, perché era chiaro come Renato si fosse sentito forte dell'appoggio morale dei suoi amici, e forse anche per loro aveva voluto affrontare la questione proprio in quel modo. Aveva agito d’istinto, è vero, però quel gesto era stata una soddisfazione che certo si voleva togliere da tempo. Tommaso probabilmente non si sarebbe fatto più vedere davanti al bar Soldini, la faccenda si poteva dichiarare praticamente chiusa, anche se probabilmente neppure Clara sarebbe facilmente tornata nella piazza.
Invece no, giusto qualche giorno dopo, eccola con Tommaso che entra con indifferenza dentro al bar Soldini. Nessuno dei ragazzi naturalmente si azzarda a dire niente, e Renato volta subito le spalle alla scena per non dare importanza a quanto sta avvenendo. Qualcuno dei ragazzi fa presente la cosa, quasi per stuzzicare una reazione, ma Renato sembra di pietra, non si muove, guarda a terra, sembra non voler fare proprio niente, neanche pensare. Non ci sono molti argomenti da affrontare sopra quelle panchine del giardinetto in mezzo alla piazza, così ognuno cerca di immaginare dentro se stesso quale possa essere il proseguo per Renato di tutta la faccenda. Dopo un po’ i due escono dal bar, Tommaso lancia un lieve cenno di saluto verso i ragazzi, come a mostrare di non coltivare alcun risentimento, mentre Renato resta bloccato nella medesima posizione, anche se poi tutto sfuma lentamente.
La cosa ha preso una brutta piega, dice uno dei ragazzi. A me non frega niente, sbotta un altro. Renato cerca di mettere a punto un atteggiamento di strafottente indifferenza, ma si vede che è nervoso, che non si sente a posto. Infine, dopo una certa riflessione, riesce a dire soltanto: non vale niente quella stupida, quasi bisbigliando dentro se stesso, ma lasciando comprendere a tutti gli altri che per lui oramai si è conclusa completamente la vicenda, non ci sarà più alcun seguito, proprio perché l’oggetto del contendere tra lui e quel Tommaso ha perso talmente tanto senso, da non suscitare in lui neanche una briciola di ulteriore volontà nello sfidarlo ancora. Gli altri lo guardano, nessuno dice nulla, forse nessuno trova niente da ridire, poi uno si alza con indifferenza, per andare a prendersi soltanto un'altra birra.


Bruno Magnolfi 


martedì 11 dicembre 2018

Problema perfetto.


       

            Anche riflettendoci sopra con molta particolare attenzione, lei si sente praticamente sicura del fatto che fin da quando era piccola non abbia mai avuto una vera e propria amicizia femminile. Certo, nel suo percorso ci sono state delle compagne di scuola, naturalmente anche di giochi, e poi alcune vicine di casa, persino una simpatica compagna di banco degli ultimi anni, fino agli esami di maturità; ma nemmeno una di queste è stata tale da definirsi, a suo parere, una vera e propria amica intima. Niente e nessuna a cui sentirsi particolarmente vicina. Forse lei non si è mai concessa abbastanza, pensa adesso; magari il suo carattere è apparso sempre un po’ troppo duro o scostante a tutte le ragazze che ha conosciuto fino ad oggi in tutti questi anni; però, in ogni caso, se deve essere del tutto sincera, lei non ha mai avvertito l’assenza bruciante di una vera amica del cuore, perciò si può anche sostenere che non l'abbia mai veramente desiderata.
Forse, nella sua infanzia non precisamente spensierata, c'era semplicemente sua madre onnipresente come figura femminile, pronta a riempire eventuali vuoti che si potessero manifestare durante la sua crescita ed in tutto quel lungo periodo della vita; però è anche vero che la presenza di uno spiccato senso critico sostanzialmente innato dentro di lei, non le ha mai permesso di accettare pienamente nelle sue giornate una sua semplice coetanea. Anche con i maschi peraltro non è certo andata meglio: troppo giocherelloni, secondo il suo parere, con la testa perennemente in aria, incapaci di quella serietà che lei al contrario ha sempre cercato in se stessa e anche attorno alla sua persona, inadatti forse a piegarsi verso una logica di impegno e di attenzione maggiori nei confronti della realtà; incapaci di essere davvero affidabili, riservati, composti.
Soltanto adesso sembra quasi mancarle qualcosa di quella leggerezza che pur inconsciamente non ha mai voluto prendere realmente in esame, ed il rendersi conto all’improvviso di una carenza del genere dentro di sé, non sembra comunque procurarle molto di più che qualche piccolo superabile problema. Si riconosce incapace di sentirsi come le altre, e forse non vuole neppure cercare di esserlo; si guarda attorno certe volte cercando dei riferimenti che difficilmente ha preso davvero in esame. Perciò qualche volta si sente inadatta a stare con gli altri, ed anche se cerca di addomesticare il più possibile la propria personalità, alla fine non è quasi capace di mostrare un comportamento naturale e spontaneo. Sto scoprendo qualcosa per la prima volta, dice stasera a Tommaso mentre lui sembra prendersi cura con attenzione della sua incapacità di lasciarsi un po’ andare. Non sono mai stata così poco razionale, dice ancora, ma forse ho perso qualcosa.
Lui la guarda a lungo mentre lasciano scorrere il tempo nella sua macchina immobile. Vorrei recuperare qualcosa di quello che ho lasciato per strada, dice Clara in un soffio, senza quasi riferirsi esattamente a lui, ma quasi parlando a se stessa. Tommaso la guarda, pesa con attenzione le parole che gli vengono a mente, ritiene che tutto si stia complicando al punto da sfuggirgli quasi di mano, però vuole stare ancora a quel gioco, ritiene che non ci sia niente di così importante quanto porsi degli obiettivi attuabili, e lui in questo momento è sicuro di non sentirsi a posto da solo. Lo dice in fretta, come in risposta a quanto ha appena ascoltato, ma lei risponde che in questo periodo non è più sicura di niente, le pare che il suo apparente equilibrio si stia rapidamente perdendo, anche se è dentro di lei che tutto deve essere risistemato, e che forse non avrebbe alcuna importanza confessargli in questo momento di volergli davvero bene, senza prima aver considerato tutti gli aspetti che una frase del genere comporta. Tommaso annuisce, anche se non è del tutto sicuro di aver compreso perfettamente il problema.  

Bruno Magnolfi

sabato 8 dicembre 2018

Sbagli evidenti.



Buongiorno signora Marisa, fa Remo alzando appena sufficientemente la voce, giusto quello che serve per farsi sentire. Lui si è sempre riferito a questa donna mantenendo una certa distanza, anche se la conosce da sempre, d’altronde lei non ha mai fatto un bel niente per concedere al suo vicino una maggiore confidenza. Forse gradisce un cesto di lattuga che ho appena colto, le chiede. La signora Carraresi si muove leggermente mostrando oltre la siepe del suo giardinetto soltanto la parte superiore del corpo. Ha come al solito un'espressione piuttosto seria, quella di chi sta forse riflettendo intorno a delle cose lontane, chissà, trattenendo nella mente magari alcuni pensieri remoti, però all’improvviso sembra tornare velocemente al presente, e guarda l’uomo per un solo attimo ma con una certa attenzione, quasi fissandolo, per poi sorridergli leggermente, con una vaga spontaneità, ed al contrario di quanto ci si potesse aspettare, alla fine allunga verso di lui un cenno decisamente affermativo, con il suo capo fasciato, così come è solita addobbarsi, con un grande fazzoletto a colori.
Remo allora apre il cancelletto della sua proprietà, e con le mani ingombre da una cesta colma di diverse verdure, attraversa la polverosa strada statale in quel momento deserta nella località del Platano, osservando bene se non stiano sopraggiungendo proprio in quel momento delle automobili. Marisa apre a sua volta il cancello del suo giardino, allarga maggiormente il sorriso al vicino che sta raggiungendola, accoglie con le mani i prodotti dell’orto che lui le sta offrendo, e poi, mentre lo ringrazia con un complimento di poche parole, lascia che Remo le dica a sua volta qualcosa, come una specie di confidenza: sono preoccupato, le fa lui adombrando per un attimo la propria espressione; ho visto sua figlia correre, qualche giorno addietro, poco prima di sera, come se le stesse per accadere qualcosa. E con lei c’era un ragazzo, uno forse della sua stessa età, che le diceva qualcosa mentre andavano da qualche parte, di fretta, in mezzo al paese, come se non avessero proprio più tempo per ponderare meglio le cose.
Niente, fa subito la signora Marisa; sono soltanto delle sciocchezze di due ragazzi, niente che abbia una minima importanza. Non si deve affatto preoccupare, continua, va tutto bene adesso che Clara ha acquisito il negozio di merceria della signora Martini. Bene, fa Remo, allora complimenti per la carriera che sta facendo la sua ragazza: così fa felice la mamma, immagino; d’altra parte la signora Martini era ormai troppo anziana per occuparsi ancora di un negozio che sembra sempre pieno di tanti clienti. Questo è vero, fa lei, gli affari sembrano andare piuttosto bene. Così lui si volta su un fianco, guarda per un momento la strada, riflette, poi saluta inchinando anche la testa mentre sorride alla signora Carraresi, quindi torna rapidamente sul suo cammino, raggiungendo il cancelletto rimasto aperto e richiudendolo con cura alle sue spalle. Marisa invece rientra nella sua casa senza tentennamenti, appoggia sul tavolo di cucina i prodotti dell’orto, poi si siede nervosamente, in preda ad una certa agitazione della quale conosce bene il motivo. Non le piace che Clara sia sulla bocca di qualche conoscente qualsiasi, tutto qua; anche se in fondo sembra proprio che poco per volta stia giungendo anche per lei il tempo in cui fare delle inevitabili scelte; nonostante, a suo modo di vedere, siano quasi del tutto sbagliate.


Bruno Magnolfi 


mercoledì 5 dicembre 2018

Pugno inspiegabile.



Lui sta fermo sul marciapiede. Finge di leggere qualcosa che tiene con apparente interesse tra le sue mani, anche se in realtà, non sapendo prendere una decisione, cerca soltanto di perdere tempo e di concentrarsi su come sia meglio comportarsi nei prossimi minuti. Ciao, gli dice un ragazzo che lo conosce da sempre mentre passa sopra al marciapiede di fronte. Lui gli risponde di malavoglia soltanto con un cenno, quasi scacciando da sé quell’incontro casuale, forse anche senza importanza, ma che infine gli fa decidere di non andare per niente davanti al negozio di Clara. Lei non è stata precisa l’ultima volta che loro due si sono visti, e non gli ha dato nessun appuntamento per farsi rivedere, forse immaginando che in qualsiasi momento per lui sia possibile arrivare facilmente fino alla merceria, piazzarsi là davanti, magari poco prima dell’orario di chiusura, ed attendere la sua uscita inevitabile. Ma Tommaso non vuole certo mostrarsi a tutto il paese mentre staziona come un fesso là davanti a quella bottega, quasi non riuscisse più a vivere senza incontrarsi con quella ragazza, come se non fosse capace di gestire le cose in un’altra maniera, come una stupida forzatura, quasi un obbligo quell’aspettarla all’uscita, che peraltro non lascia alcuna libertà di scelta neanche per lei, ed è per questo che se anche gironzola per le strade pensando solo a Clara, cerca di evitare il passaggio da quelle parti.
Perciò svolta per le vie minori che circondano tutto quel quartiere centrale, osserva attentamente ogni cosa che incontra nel suo camminare, riflette cercando di ponderare al meglio tutti i dettagli che devono essere presi in considerazione, ed alla fine, proprio all’angolo con la strada principale del centro abitato, avvista parcheggiata proprio la macchina di Clara. Non è sicurissimo che sia proprio la sua, però gli sembra impossibile che possa essercene una così uguale a quella che lui già conosce, così strappa velocemente un foglietto tra quelle quasi inutili carte che tiene regolarmente dentro le tasche, e scrive un saluto indirizzato a lei con una matita, lasciando il messaggio piegato sotto ad un tergicristallo. Poi se ne va, anche se gli pare di non aver completato perfettamente l’opera come vorrebbe: domani sarà la medesima cosa riflette, mi dovrò inventare ancora qualcosa; così dopo pochi passi torna subito indietro, riprende lo stesso foglietto e scrive sul retro che il giorno seguente l’aspetterà proprio a quell’angolo, lì dove adesso staziona l’automobile, perché deve dirle qualcosa di estremamente importante.
Non c’è qualcosa di così fondamentale da dirle ad essere sinceri, però nello spazio temporale di un’intera giornata qualcosa si farà pur venire alla mente. Quindi se ne va verso la piazza: può fermarsi dai soliti ragazzi a fare due chiacchiere, bere una birra con calma, ed infine rincasare senza problemi. Ma quando arriva proprio nei pressi delle panchine dove tutti stanno seduti, si accorge che c’è Renato che gli sta andando incontro con passo minaccioso. Gli si para davanti, lo guarda, e senza neppure aprire la bocca per dirgli qualcosa, gli sferra un pugno in piena faccia, facendolo cadere a terra indolenzito e con un rivolo di sangue sopra le labbra. Tommaso incredulo si rialza con calma, gli altri lo guardano senza aiutarlo, quindi si asciuga lentamente la bocca con il suo fazzoletto; poi se ne va, senza trovarci niente da dire.


Bruno Magnolfi



giovedì 29 novembre 2018

Distanza di affetti.



Domani dovremo fare per forza degli acquisti, dice nervosamente ma sottovoce la signora Marisa Carraresi; nel frigorifero ormai non c'è quasi più niente da mangiare. La figlia prosegue con indifferenza a sparecchiare la tavola presso la quale le due donne hanno appena finito di cenare, evitando di guardarla e sistemando piatti posate e pentole dentro la lavastoviglie aperta. Va bene, risponde lei senza smettere un attimo di occuparsi in quella sua ordinaria attività: posso passare dal negozio di Cesare, appena chiusa la merceria per la pausa del pranzo, preparami intanto una lista delle cose da acquistare, per favore.
Marisa toglie intanto la tovaglia, la scuote e quindi la piega per riporla dentro uno dei cassetti del mobile, poi rallentando i suoi movimenti mostra una specie d’inquietudine. Forse mi piacerebbe stare più tranquilla, dice quasi dando voce ai suoi pensieri; non perché non ce ne siano i presupposti, quanto perché provo costantemente dentro di me un indefinibile senso di precario, come un bisogno di arrivare da qualche parte che non so neppure io dove sia, né perché dovrei mai andare verso quel luogo. Adesso non so neppure spiegare il motivo per cui ti dico queste cose, prosegue, e forse alla fine sto soltanto invecchiando, come è giusto che sia.
No, dice Clara; queste cose mi paiono al contrario delle riflessioni importanti, che non c’entrano per niente con l’età, qualcosa che evidentemente mette subito in gioco anche il mio ruolo, almeno quello che tu credi dovrei rivestire come compito principale in questa casa e nei tuoi confronti. Probabilmente senti come tuo il processo che ultimamente mi sono accollata, e forse ti sembra che le cose che sto tentando di fare siano addirittura superiori alle mie forze, ed in questo sentirti quasi sicura della mia debolezza, vai indagando dentro di te quali possono essere le componenti del tuo modo di essere che generandomi sei riuscita a trasmettermi, magari anche durante questa frequentazione a volte esasperante tra di noi, da quando papà non c’è più.
Mi dispiace alterare così la tua sensibilità, risponde la signora Carraresi mentre prende la scopa per spazzare il pavimento della cucina. Però le sensazioni vanno sempre oltre ciò che noi si vorrebbe, per cui indipendentemente dalla mia volontà si sta manifestando qualcosa capace di farmi sentire non propriamente tranquilla, tutto qua. In fondo tu ormai sei una donna con un futuro avviato, e con una personalità che probabilmente riuscirebbe a tener testa a molte delle difficoltà che sfortunatamente potresti incontrare, e poi, alla fine, sarà la tua vita a decidere.
Non mi sembra così, dice Clara; conosco il mio lavoro e prendermi adesso delle responsabilità aggiuntive per quanto riguarda il negozio non mi spaventa. Nel tuo preoccuparti invece, c’è qualcosa fondamentalmente di egoistico da parte tua, qualcosa che mostra il bivio di fronte a cui probabilmente ti senti in questo momento: farti carico di una parte dei miei problemi come fossero tuoi, oppure abbandonare completamente il pensiero di me, lasciando che io prosegua nelle mie cose senza interessartene minimamente. Capisco il tuo punto di vista, anche pur definito da un vago malessere, come dici tu, in ogni caso non riesco a capire il motivo per sottrarmi un sostegno di cui adesso sento avrei davvero tutta la necessità.
Non so, risponde la mamma, forse non riesco a sentirmi propriamente dalla tua parte, forse le differenze tra i nostri caratteri hanno segnato un discrimine in tutti questi anni che per me sembra ormai qualcosa di insormontabile. Però non devi mai credere che manchi il mio sostegno a qualsiasi cosa deciderai del tuo futuro. Sono tua mamma, alla fine, e voglio dimostrarti fino a che punto so esserlo, anche se tu forse continuerai come sempre hai fatto nel tenermi a distanza.


Bruno Magnolfi


lunedì 26 novembre 2018

Troppo lavoro.



Che cos'hai stasera, dice uno dei ragazzi. Niente, fa lui. Forse soltanto un po’di sonno. Si, fa l'altro, tanto lo sappiamo che hai perso la testa dietro alla merciaia. Non dire stupidaggini, dice Renato senza dare troppa importanza alla cosa. Quella è soltanto una cretinetta, non vale neppure la pena di perdere del tempo con una come lei. Ma se ti hanno visto tutti, fa un altro ancora tenendo gli occhi verso la piazza e sorridendo, che girellavi sempre davanti al suo negozio; e magari lei adesso per ringraziamento non ti guarda più neppure in faccia. Questo non è vero, dice lui; casomai ho cercato di farle un favore invitandola a venire qualche volta qui con noi. Mi avrebbe fatto piacere se ci avesse frequentato, se fosse stata un po’ qui a chiacchierare al nostro solito posto di ritrovo. Però lei è sempre troppo impegnata con il suo negozio. Oppure con Tommaso, fa quello di prima.
Nessuno aggiunge niente, Renato si volta verso la strada, come a cercare altri argomenti, uno di loro si alza dalla panchina per annunciare di andare a farsi dare una birra al bar Soldini. Non è il caso di insistere troppo, pensano tutti; si vede che Renato ci sta male. Ma è proprio in quel momento che qualcuno avvista proprio Clara, da sola, che sta camminando dall’altro lato della piazza, mentre si avvicina a loro senza mostrare alcuna fretta. Lei solleva una mano per salutare chi la sta guardando, evidenziando con il gesto un significato che appare con chiarezza, mostrando cioè quanto non stia recandosi propriamente verso di loro, ma soltanto che si trova a passare per casualità proprio da quelle parti. Renato sembra paralizzato, non se la sente di muovere neppure un passo verso la merciaia, anche se vorrebbe. Gli altri lo guardano, in attesa.
Ma nel momento in cui lei sembra proseguire come se nulla fosse verso la sua strada, lui si stacca dal gruppo, le va incontro da un fianco alla stessa velocità in cui si muove Clara, e dopo alcuni passi ne richiama l’attenzione con un semplice saluto a voce bassa. Lei si ferma, gli sorride, scambia con lui qualche parola, muove una mano in un gesto che vorrebbe forse convincerlo anche maggiormente di quello che gli sta dicendo con la voce, cioè che sta recandosi da qualche altra parte, e che ha qualcos’altro da fare che non starsene con lui o con loro in quella piazza. Per questo Renato impercettibilmente abbassa lo sguardo, lascia trascorrere appena un secondo, e quindi la saluta, tanto che anche ad osservarlo non sembra proprio ci sia altro da fare. Naturalmente nessuno tra i ragazzi sopra le panchine ha perso una sola virgola di tutta questa scena, ma quando Renato si volta per tornare verso di loro, nessuno sembra aver dato la minima importanza a quella cosa, ed ognuno immediatamente riprende la propria ordinaria espressione volgendo la testa in direzioni diverse e casuali. Renato adesso non ha più voglia di star lì in quella piazza ad incassare battutine spiritose, però andandosene subito il suo comportamento sarebbe anche troppo sospetto, per questo si costringe a restare ancora un po’, almeno per un'altra decina di minuti, quando poi dice che se ne deve proprio andare verso casa, ha bisogno di riposo spiega: ultimamente forse ho lavorato troppo con mio padre, dice come tra sé.


Bruno Magnolfi



lunedì 12 novembre 2018

Strenua difesa.


            

            C’è una strada che attraversa il paese, e mentre scorre tranquilla in mezzo alle case, sembra a volte che parli o sussurri con una voce bassa, timorosa, come quella di chi non può darsi un’importanza superiore a quella che riesce a dimostrare la realtà evidente delle cose. Ci sono alcuni tra gli abitanti di quel luogo che si muovono avanti e indietro lungo la medesima strada, e cercano nelle parole che scambiano tra loro qualcosa che purtroppo la maggior parte delle volte non riescono proprio ad evidenziare. C’è una serenità diffusa, in quasi tutti, un sentimento che spesso assomiglia ad una tristezza profonda, qualcosa che però si potrebbe allontanare con una grande facilità, basterebbe modificare quel sentimento attraverso qualche semplice battuta di spirito, oppure mitigarlo in qualche modo ritrovandosi ad un angolo con qualche amico più svincolato da certe esperienze, o anche costringersi, pur restando nella propria solitudine, a pensare semplicemente ad un diverso argomento, almeno per una porzione sufficiente di tempo.
            Ci sono in giro certe volte i soliti personaggi di sempre, quelli che scivolano lungo i marciapiedi senza una meta precisa, che camminano in avanti con le mani dentro le tasche, senza trovare almeno in apparenza uno scopo preciso, come stessero cercando un sorriso dentro se stessi che spesso non trovano, e quindi lasciando il tempo trascorrere come qualcosa di inevitabile, pur dispiacendosene spesso quando parlano a piccole frasi con chi li conosce. Procede la strada, porta i suoi detriti in giro lungo il paese, perfino sulla soglia di quei portoni dove ciascuno trova il proprio rifugio,  mettendosi in salvo ogni volta che giunge ad aprire la serratura di casa con la sua chiave, come un naufrago che forse non sente tutta l’appartenenza che vorrebbe avere per quel luogo preciso, ma che sa riconoscere nell’edificio che abita l’unica zattera di salvataggio, almeno per sé.
            E poi c’è chi si perde lungo la via, magari si sente anche troppo osservato dagli altri, sempre con gli sguardi di tutti un po’addosso, forse giudicato superficialmente senza aver fatto nulla per attirare un minima attenzione sulla sua persona, e così nauseato che tenta talvolta di cambiare maschera, e modificare per quanto gli appaia possibile, ogni ordinario comportamento, ed in questo processo immedesimandosi dentro un modello, in qualcun altro, fino al punto di non ritrovarsi più ad essere esattamente lui stesso, ma rivestendo però qualcosa che ha sempre pensato, forse un personaggio che senz’altro ora sfugge ad una comprensione di stampo più generale, ma che racchiude in sé almeno qualcosa di quelle sue idee, delle sue voglie, addirittura delle sue capacità.   
            La strada prosegue a ritagliare a metà un lato dall’altro, quasi due fazioni della stessa cittadinanza nel disputarsi qualcosa che è anche difficile da comprendere. Alcuni vedono un segno preciso in quella divisione evidente, altri sono disposti magari per gioco a contendersi il predominio su quella piazza che si apre là in fondo, come un terreno neutrale, e che non sembra mostrare un’appartenenza precisa. Ci sarà una battaglia, dice qualcuno, è normale che si trovi un nemico verso cui scagliarsi in questa pesante carenza di motivazioni per mandare avanti le cose. Alcuni già si preparano, altri sono da sempre pronti a difendersi, forse perché proprio nella difesa resta il segreto migliore per vivere qui.

Bruno Magnolfi

venerdì 9 novembre 2018

Sacrificio solenne.




Ogni tanto si concede un giretto a piedi per le vie del suo paese, Tommaso; ma generalmente resta a studiare nella modesta abitazione della sua famiglia per quasi tutto il giorno. Alle lezioni che si svolgono nella facoltà a cui è iscritto si reca solo qualche volta, solamente quando sa che sono davvero importanti, cercando di concentrare tutto quello di cui deve occuparsi in una sola stessa giornata, salendo sopra la corriera che lo porta in città al mattino prestissimo, e tornando con lo stesso mezzo nella medesima serata. Non può permettersi una camera d’affitto nei dintorni dell’ateneo, perciò deve comportarsi così, ottimizzando tutti i tempi delle visite nella biblioteca, in segreteria, ed eventualmente anche negli istituti, per prendere gli inevitabili accordi con gli assistenti o con i docenti delle materie di studio che segue. Ma quando poi torna nella sua cameretta in paese, una volta che ha preso tutte le informazioni, le notizie e le dispense che gli servono, trascorre tutto il tempo davanti ai testi generalmente avuti con il prestito, confrontandoli con gli appunti che gli passano i compagni di corso, per preparare al meglio delle sue possibilità ogni esame universitario che deve ogni volta sostenere.
Devo impegnarmi al massimo, ha pensato spesso fin da ragazzino, e lo ha fatto sempre con una certa determinazione, specialmente negli ultimi anni: nessuno mi tirerà fuori da questo posto se non lo farò da me stesso, con le mie sole forze. Ma da qualche tempo, dopo aver costantemente mal sopportato quella cittadina dove lui è nato e dove ha sempre vissuto, i suoi pensieri hanno iniziato a cambiare, se pur solo a tratti. Difatti, se adesso si guarda attorno, quando cammina sui marciapiedi delle strade principali per esempio, scopre con facilità dei particolari che precedentemente non aveva mai notato. Le stesse persone che incontra, certe volte, - facce già viste, espressioni che conosce da tempo, magari qualche vecchio compagno delle scuole elementari, - gli sembrano tutti più interessanti rispetto al passato. Forse, nel tempo trascorso, ha peccato di una certa superficialità, pensa talvolta; forse non si era mai neppure accorto come, in mezzo alle cose semplici del suo piccolo paese, si annidassero anche elementi che a ben guardare mostravano senza troppo dare prova di sé, anche una certa ricchezza.
E poi adesso c’è Clara Carraresi, questa ragazza che pur mettendo in luce scelte molto diverse dalle sue, dimostra una propria innata sensibilità e anche una spiccata intelligenza, con capacità di analisi e anche di giudizio, tanto che dopo averla conosciuta lui si sente spinto a rivederla tutte le volte che gli risulta possibile. Si è sentito bene qualche sera fa con lei, ha provato una sconosciuta sensazione di completezza, come se i pensieri scambiati tra loro due, pur maturati in ambiti diversi, avessero assunto improvvisamente delle caratteristiche di affinità, tanto da spingerli spontaneamente l'uno verso l'altra. Ci sono adesso molte cose delle quali Tommaso sente l’impellente bisogno di parlare ancora con Clara; ma c'è anche qualcosa che lo spinge verso qualcosa che avverte già come un elemento imprescindibile. Per questo, pur sapendo di non potersi permettere molto tempo da dedicare a lei, all'improvviso gli appare anche persino troppo chiaro che se tiene davvero a questa amicizia tra loro, dovrà prima o dopo sacrificare qualche cosa della propria individualità.


Bruno Magnolfi 


mercoledì 7 novembre 2018

Senza opinione.



La giornata appare nuvolosa, e forse proprio per questo in giro per il centro abitato s’incontrano poche persone in questa grigia mattinata. Annamaria si è presa l'ombrello pieghevole uscendo da casa, anche se al momento lo ha riposto ben chiuso dentro la sua borsa capiente. Così quando spinge la porta vetrata della Merceria Martini, lungo la strada principale del paese, ha ben chiaro che indipendentemente da qualsiasi cosa possa acquistare in quel negozio in cui sta per entrare, non dovrà preoccuparsi troppo per un eventuale scroscio di pioggia al momento di tornarsene verso la sua abitazione.
Ha notato come se ci fosse qualcosa di nuovo là dentro arrivando vicino alle vetrine della merceria, ma siccome per sua natura non desidera farsi vedere disposta a perdere del tempo nell’osservare gli allestimenti, pur sentendosi fortemente incuriosita, è subito entrata, senza fermarsi: vuole arrivare immediatamente al punto, e senza grandi indugi acquistare quello che per cui è venuta fin lì, e  poi casomai dare un'occhiata in giro subito prima di uscire dalla bottega e tornarsene lungo la via. Buongiorno dicono insieme sia Clara, che lei conosce da anni, sia, con voce più bassa, un'altra persona che sembra in apparenza una normale cliente, ma che sta lì in piedi con un’espressione seriosa ad occhieggiare con indifferenza qualcosa fuori dai vetri, praticamente senza fare nient’altro.
Non preoccuparti, dice la negoziante notando nella sua conoscente una leggera perplessità: mia madre è qui solo per farmi una visita. Così Annamaria, che a casa sua ha la macchina per cucire e svolge dei piccoli lavoretti di sartoria per tutto il suo vicinato, si fa mostrare del filo di cotone in vari colori, alcune cerniere di ricambio con diverse lunghezze, ed alcuni bottoni particolari dei quali ha portato con sé gli originali, per verificarne appieno la corrispondenza. Poi, mentre Clara le mette gli acquisti dentro un sacchetto, lei guarda distrattamente gli ultimi arrivi di abiti pronti sui manichini e sopra gli appendiabiti. Quindi esce, dopo essersi informata su alcuni prezzi, ma senza acquistare nient’altro.
Marisa non dice niente, forse avrebbe probabilmente anche alcune opinioni su come portare avanti le sorti di quel negozio, proprio adesso che la signora Martini sembra poco per volta uscire di scena e lasciare molte scelte nelle mani di Clara; però si frena, riflette, cerca il più possibile di non essere invadente. Sua figlia le ha spiegato già molte di quelle cose che intende cambiare dentro la merceria, e lei l’ha ascoltata quasi senza ribattere niente, semplicemente annuendo e lasciandola parlare senza interromperla. Va bene, sembra voler sottolineare adesso con il suo silenzio, rispetto al garbato entusiasmo di Clara; ma a me in fondo tutto questo interessa ben poco: è la tua vita, la tua carriera, le tue capacità che devono uscir fuori in questo momento, ed io, anche se sono sicura del tuo successo nei prossimi anni, non sono più in grado di indicarti la via o di darti come ho sempre fatto la mia opinione. Trovo che non sarebbe neppure giusto che lo facessi, ed è per questo che ti ammiro e sono contenta per te: per tutto l’impegno che sicuramente stai mettendo a buon fine, per il tuo bisogno di realizzarti, anche se a me tutto questo mi appare già come qualcosa che oramai non mi riguarda.


Bruno Magnolfi   



venerdì 2 novembre 2018

Diversi e distanti.



Si verificano in certi casi alcune giornate in cui il cielo appare particolarmente nuvoloso sopra queste colline, e si mostrano qualche volta anche degli interi periodi durante i quali tutta Borgo San Carlo, con l’intero suo agglomerato urbano formato anche da viuzze e da piccole abitazioni addossate le une alle altre, appare un luogo decisamente triste, poco attrattivo, quasi scostante, come se le stesse condizioni meteorologiche di qualche serata un po’ uggiosa, riuscisse ad avere un impatto diretto, oltre che nell’umore e nel temperamento stesso degli abitanti, anche proprio sulle case e sulle strade di tutto quanto il paese. I campi agricoli poi, appena lasciate indietro le abitazioni ed una volta usciti dal centro abitato, mostrano facilmente nelle settimane e nei mesi che passano, il susseguirsi monotono delle diverse stagioni, sopportando in certi periodi giusto qualche trattore rumoroso che si può notare con facilità dalla strada mentre si muove lentamente tra i solchi o in mezzo alle stoppie, quasi cercando, insieme agli attrezzi che ogni mezzo agricolo trascina dietro di sé, di dare una logica ed un senso a quei pezzi di terra sotto le nuvole, confinati da lunghe file di alberi e da qualche fossato.
Ci sono persone che quasi ogni giorno, dalla fermata presente nella piazza principale in mezzo al paese, salgono sopra una delle corriere in partenza, e percorrono tutto il tratto di strada necessario per arrivare alla fine nella città più vicina, ed i mezzi pubblici che si intravedono allontanarsi svogliatamente dai muri intonacati del paese di partenza, rispettando certi orari invariabili che quasi sempre sono conosciuti a menadito da tutti, mostrano per assurdo quasi un senso di vitalità per tutta quella strada statale che serpeggia nella natura, lasciando allontanare pur momentaneamente dalla comunità che abita quei caseggiati, i viaggiatori, che quasi sempre sono soltanto dei pendolari, come per dare più circolarità all'ossigeno stesso disciolto nell'aria, rassicurando in qualche maniera perfino le persone rimaste, che forse appaiono perfino contente di non essere andate con gli altri. Qualcuno osserva con una certa invidia le facce dei viaggiatori incorniciate dai finestrini dei mezzi pubblici, altri invece ascoltano soltanto il lieve rombare profondo di quei motori fumanti, quasi come fosse il respiro stesso di qualcosa che continua a produrre una qualità di esistenza altrimenti impossibile.
L'invidia in un caso o nell'altro è sempre presente in mezzo ai pensieri di tutti, e solo parlando del più e del meno con altri paesani delle cose usuali, a voce magari un po’ alta, ciascuno si mostra soddisfatto e meritevole proprio di quello che è, scansando velocemente almeno con le parole qualsiasi variazione possibile nella propria giornata e in quella lineare esistenza, accontentandosi facilmente di ciò che è riuscito a raggiungere senza aver mai dovuto sopportare compromessi a dir poco infamanti. La forma autocritica è chiaro come sia difficilmente praticata tra questi, e chi se ne addossa la responsabilità generalmente viene additato quasi come diverso, qualche rara volta con degli apprezzamenti anche positivi da parte degli altri, ma in altri casi permettendo commenti ordinari con un uso della stessa parola a mo’ di disprezzo, quasi fosse un vero strumento per tenersi alla larga da simili distanti personalità.


Bruno Magnolfi

lunedì 29 ottobre 2018

Gestione impeccabile.


         

            La signora Martini non abita troppo lontano dalla merceria dove ha trascorso così tanti anni: a lei basta fare quattro passi una volta uscita dal suo negozio ed è già dentro casa, al primo piano di una palazzina elegante lungo la via principale di quel centro urbano. Non si è mai sposata: forse non ne ha avuto il tempo necessario, oppure la voglia, o magari non le si è mai presentata l’occasione più adatta. Però ha avuto delle storie importanti quando era più giovane: tutti in città prima o dopo avevano saputo di una sua lunga relazione con un uomo sposato piuttosto in vista, tanto che qualche paesano a quel tempo strizzava gli occhi parlando di lei, anche se a nessuno era mai davvero venuto in mente di mancarle minimamente di rispetto. Si diceva che da ragazza volesse aprire una casa di moda mettendo a frutto le sue buone conoscenze di sarta, ma che i suoi genitori si erano rifiutati di darle una mano. Altri dicevano che era rimasta incinta ad un certo punto, ma che aveva abortito spontaneamente, e nessuno era riuscito a sapere chi avrebbe potuto essere il padre dell’eventuale nascituro. Però, chissà come, ad un tratto una mano amica le aveva trovato i soldi necessari per rilevare quel negozio di merceria, dove lei aveva iniziato quasi subito a vendere anche abbigliamento di classe, a volte anche di marche importanti.
Nessuno in seguito aveva più avuto niente da ridire sulla sua condotta morale, e la signora Martini nel giro di un attimo era diventata colei che vestiva quasi tutte le donne della sua cittadina, ed il suo buon gusto nei consigli da elargire alle clienti in tema di abbigliamento, un fatto indiscutibile. La madre di Clara, in tutto quel periodo, non si era mai creata alcun problema con lei: erano andate a scuola assieme da piccole, e per Marisa da allora non era mai cambiato un bel niente. Non erano amiche, pur essendo della medesima età, ma tra loro c’era comunque rispetto e anche stima. Proprio per questo quando era giunto il momento di trovare un lavoro per Clara, sua mamma non aveva provato alcuna perplessità nel rivolgersi a lei. Tutto si era svolto quasi con normalità, semplicemente, e la signora Martini, anche durante il lungo periodo di prova a cui aveva sottoposto la ragazza, non si era mai lamentata della scelta fatta, neppure una volta.
Gli affari avevano proseguito ad andare bene, e Clara, divenuta ormai esperta nel ramo, presto era riuscita già soltanto con la sua presenza a portare dentro a quella bottega una ventata di novità, per cui le cose avevano iniziato ad andare anche meglio. Visti gli affari erano poi iniziate a girare dentro al negozio delle ragazzine assunte per brevi periodi come aiutanti, ma nessuna di loro aveva brillato fino al punto di poter essere impiegata là dentro in pianta stabile. Non è tanto facile questo mestiere, aveva detto l’anziana proprietaria qualche volta, perché contando sulle discrete dimensioni del suo esercizio, la signora Martini aveva sempre puntato nel lasciare la sua clientela ad attendere i suoi pareri, magari facendo osservare i capi di abbigliamento già esposti all’interno, piuttosto che servire tutti in gran fretta, tanto che c’erano stati alcuni momenti, per esempio al sabato pomeriggio, in cui sembrava il suo negozio un vero e proprio ritrovo per le donne di quasi tutto il paese. Questo era sempre stato il suo trucco migliore: mostrare che certe cose potevi farle solo là dentro, come incontrare altra gente con cui dopo i saluti scambiare anche delle opinioni, ed avere così notizie fresche di qualsiasi tipo. Forse adesso quel tempo è acqua passata, pensa lei qualche volta, ma la bottega di merceria è sempre la stessa, e niente vieta a chi la gestisce in questo momento di andare avanti ancora così, nella stessa esatta maniera.

Bruno Magnolfi


mercoledì 24 ottobre 2018

Festa a sorpresa.




La serata è sempre più frizzante al sabato sera, rispetto agli altri giorni, ed i ragazzi attorno al bar Soldini stanno sempre in movimento, mostrandosi costantemente sul punto di andarsene in gruppo da qualche altra parte, anche se poi in turni di due o tre si infilano semplicemente dentro al locale di fronte per prendersi un’altra bottiglia di birra, e poi rimanersene lì davanti, a bere con brevi e rade sorsate, oltre naturalmente a scherzare, e a perdere ancora del tempo. Renato è tra loro, parla con gli altri, si guarda intorno; nel pomeriggio è passato davanti alla merceria dove Clara lavora, ma lei in quel momento era impegnata a spiegare chissà cosa a certe clienti, ed anche se probabilmente lo ha visto fuori dai vetri del suo negozio, non ha potuto interrompere le sue occupazioni, neppure per lanciargli un frettoloso saluto. Adesso lui sta lì in mezzo agli altri, e per un po’ ha anche sperato che lei si facesse vedere, almeno per dieci minuti, magari per dirgli qualcosa, per rendergli il saluto di prima, ma non è stato così, ed adesso ne è un po’ dispiaciuto.
Poi arriva Tommaso invece, con la sua aria sempre svagata, come uno che sembra starsene in giro per un puro caso, senza mostrare quell’interesse specifico per essere proprio in quel posto, lasciando immaginare ai presenti di essere almeno con la mente in qualche altro luogo. C’è un altrove dentro ai suoi occhi, ed ogni espressione, così come i gesti, sono senza alcun dubbio quelli di una persona curiosa, uno che cerca costantemente qualcosa che forse altri che guardano tutto ciò che hanno attorno non sanno neppure vedere. Saluta i ragazzi, restando comunque in disparte, ascolta un momento quello che gli altri stanno dicendo, sorride, infine dice con voce bassa che c'è una piccola festa privata da qualche parte in paese. Qualcuno si mostra vagamente interessato, nessuno dice di saperne qualcosa, ma lui spiega che probabilmente non ci andrà, lo dice chiaro con due sole parole, nonostante sia stato invitato. Speravo di incontrare qui quella ragazza dell’altra sera, aggiunge quasi con indifferenza, e Renato all’improvviso si sente punto sul vivo.
Perché, c'è forse qualcosa tra voi, dice qualcuno senza interesse. No, fa lui sorridendo, però mi faceva piacere incontrarla. Bisogna anche vedere se a lei faccia ugualmente piacere incontrarti, fa Renato con atteggiamento di sfida. Certo, fa lui con calma, è proprio questo che volevo chiederle. Gli altri guardano i due e qualcuno sorride: mi piace quella ragazza, aggiunge Tommaso come parlando tra sé, indifferente a quello che ha appena detto Renato, o forse proprio per mostrargli con molta chiarezza i suoi intendimenti. Renato sbuffa, si gira per guardare da un’altra parte, in attesa forse della prossima mossa. Poi gli viene a mente qualcosa: io vado a cercarla, dice, avviandosi verso la sua motocicletta appoggiata al bordo di quella piazza.
Tommaso si siede sulla panchina, l’altro sferraglia via con il motore già su di giri, nessuno tra tutti i ragazzi trova niente da dire, ma dopo soltanto qualche minuto arriva proprio Clara, stretta dentro un giaccone che la mostra quasi piccola e quasi indifesa, come fosse ancora una ragazzina. Va verso Tommaso, gli sorride, lui le chiede se le vada di andare alla festa. Va bene, risponde lei, andiamo pure.


Bruno Magnolfi


lunedì 22 ottobre 2018

Come sempre.



Lungo i tre chilometri circa di strada statale che separano Borgo San Carlo dalla località dove abita Clara, costituita in tutto soltanto da cinque abitazioni, all’ora in cui lei rientra con la macchina in genere si incontrano soltanto due o tre automobili in tutto il tragitto, magari qualcuna di più durante il venerdì o il sabato. Lei guida sempre con prudenza, evitando scatti e velocità eccessiva, anche perché le piace osservare quella campagna che fa mostra di sé lungo quel tratto, mutando costantemente in sintonia con le stagioni.
Una volta terminato l’orario di negozio, quando infine giunge, parcheggia l’auto e poi rientra in casa, se sua madre non è ancora immersa nel suo giardino ad occuparsi di qualcosa intorno a qualche pianta, normalmente è lì in cucina a preparare qualcosa per la cena, e quindi per quel suo daffare dedica sempre poco tempo a saluti e convenevoli. Ma stasera non c’è proprio: Clara gira la chiave nella porta e si rende subito conto che la casa è deserta, ed anche se questo non comporta particolari problemi, ciò che le risulta strano è dato dal fatto che a sua memoria non è mai accaduto che a quell’ora Marisa non fosse in qualche modo lì ad attenderla.
Entra, appoggia la sua borsa da qualche parte, toglie il soprabito, annusa con calma il silenzio quasi inquietante che regna tra le tranquille mura domestiche. Entra in cucina con lentezza, accende i lampadari e scopre che le pare addirittura diversa senza sua mamma in giro. Poi torna nel corridoio, toglie le scarpe ed inforca un paio di pantofole, tirandole fuori da un armadietto, poi si dà un’occhiata di sfuggita nello specchio accendendo a volume basso l’apparecchio radio. Sua madre rientra in quel momento, sulla faccia quasi un sorriso che però cerca subito di ricomporre modellandolo nella sua solita severa espressione.
Non è molto che sei rientrata, immagino, le dice. No, fa Clara, giusto il tempo di arrivare e di togliere le scarpe. Ho scoperto che il nostro vicino di casa è una persona gradevole ed anche una buona compagnia, fa lei, tanto che mi ha fatto fare tardi anche per la preparazione della cena. Non importa, dice Clara, non preoccuparti, non ho neppure molta fame, ho soltanto una gran voglia di rilassarmi. Va bene, dice Marisa, se vai sopra a cambiarti ed a metterti un vestito comodo, io sistemo qualcosa e ti faccio trovare pronto qualcosa che ti metterà appetito. Clara sale la scala pensando che era da diverso tempo che non trovava la mamma così in forma, tanto da lasciarle chiedersi se fosse davvero opera del vicino, oppure qualcos’altro da scoprire. Quando invece torna a scendere di sotto le cose sono già cambiate: a Marisa è caduto qualcosa sopra al pavimento che si è subito sporcato tutto, così ha dovuto prendere provvedimenti, ripulire, perdere del tempo, ed il suo umore in questo modo è già cambiato, si è come dimenticata in tutta fretta di come si sentiva poco prima.
Si siedono al tavolo di cucina, le due donne, e nel silenzio rotto soltanto dai rumori delle posate e delle stoviglie, iniziano a mangiare ognuna immersa nei propri pensieri, quasi indifferente a tutto il resto delle cose. Come ogni sera, d’altra parte.


Bruno Magnolfi 



mercoledì 17 ottobre 2018

Passaggio obbligato.



Generalmente non succede mai un bel niente a Borgo San Carlo. Qualcuno in certi casi litiga pubblicamente per strada o nei pressi di uno dei bar più frequentati, ma sono cose normalmente di poco conto, che in fretta vengono lasciate correre e poi dimenticate. Invece si tende a dare una grande rilevanza alle presunte intenzioni di chi è più in vista; così si è sempre pronti a notare qualcosa di diverso nei comportamenti ordinari di alcuni determinati cittadini, quelli che per le loro specifiche attività lavorative, oppure per alcune proprie abitudini, frequentano più di altri le strade principali e la piazza da dove passano tutti, chi prima e chi dopo.
Un nuovo cappello in testa all’avvocato Righetti, per esempio, è già una notizia di cui poter discorrere, anche per le implicazioni che quel copricapo può comportare; oppure il variare di qualche abitudine assodata del ragioniere Santini, potrebbe indicare il segno inequivocabile che le cose gli vadano bene, e questo starebbe a dimostrare che è riuscito ultimamente ad avere un numero più alto di clienti allo studio, e tutti peraltro paganti. Si nota poi, con sicura invidia, chi si fa vedere con un’auto nuova, e per quanto riguarda le donne più conosciute in paese, c’è sempre una punta di malizia da mettere nelle chiacchiere che si fanno nei loro confronti.
Per quanto riguarda la Clara invece, si è già cominciata a diffondere la notizia che presto prenderà lei in mano il negozio della signora Martini, al posto della vecchia proprietaria stanca e senza più volontà, che oramai non ne fa più un gran segreto del suo desiderio di smettere, e naturalmente c’è uno sguardo ed un saluto diverso nei confronti della ragazza quando viene incontrata per strada: è ancora giovane, pensano tutti, forse ancora troppo succube di sua madre, che pare sempre lì pronta a criticarla in ogni momento, però forse lei ha imboccato la via più giusta per riuscire a defilarsi almeno in parte da quella presenza sicuramente opprimente.  Alcuni perciò la salutano con maggiore enfasi rispetto a qualche tempo addietro, e quasi tutti sono propensi a guardare il suo negozio di merceria con nuovi occhi e con la speranza di una positiva trasformazione. Il rinnovamento di qualcosa del genere in paese è sempre stato visto come un elemento importante, degno senz’altro di un certo interesse.
Anche Clara ha già cominciato a riflettere su quali cambiamenti apportare alla sua merceria, e la cosa appare complessa in considerazione del fatto che se è giusto cercare di acquisire nuovi clienti, è sbagliato perderne anche soltanto qualcuno tra quelli più vecchi. Ci sarà sicuramente da scegliere qualche prodotto che più di altri indichi l’inevitabile rinnovamento, ma ciò deve avvenire conservando un costante equilibrio con il passato. Mettere in mostra o proporre degli articoli nuovi, ad esempio; ma che non mettano in ombra quelli di sempre. Un equilibrio difficile insomma, qualcosa a cui lei dovrà riflettere molto, fino al punto di dedicarsi con attenzione nel sostenere ogni scelta, in modo da dare ad ogni singolo interesse di tutta la clientela di quella bottega, l’esatto riconoscimento che merita, tentando così di far diventare sempre di più la sua merceria uno dei punti di passaggio obbligati per ogni suo compaesano.


Bruno Magnolfi 



martedì 16 ottobre 2018

Opportune misure.



La giornata appare ancora luminosa durante il pomeriggio, per le strade non c'è quasi nessuno, e soltanto lungo la via principale del paese si vedono adesso sfilare alcune persone che la costeggiano a piedi sopra ai marciapiedi più assolati, senza mostrare peraltro alcuna fretta. Clara si sente risoluta, vorrebbe affrontare il prima possibile con la signora Martini l’argomento che le sta più a cuore, e così chiederle senza mezzi termini il motivo esatto per cui abbia parlato della sua volontà di lasciare il negozio prima con sua madre che con la diretta interessata, cioè lei stessa. Si è sentita quasi furiosa nei suoi confronti quando è stata informata dalla mamma durante la serata precedente, ed anche se adesso il nervosismo le è andato scemando grazie al suo carattere piuttosto riflessivo, in ogni caso vorrebbe conoscere esattamente le motivazioni di quella scelta da parte della titolare della merceria.
L’aspetto positivo per lei resta naturalmente il fatto di poter entrare in società con l’anziana proprietaria, ed in questo modo iniziare a decidere sulle scelte del negozio, liberarsi poco per volta di quella donna che ultimamente è diventata quasi per certi versi un peso dentro l’esercizio, e poi poter decidere in piena libertà di assumere qualcuno che possa darle un valido aiuto negli orari di apertura alla clientela. Anche il fatto di poter accedere almeno ad una parte degli utili della merceria non è cosa da poco, pensa mentre guida l’automobile tra le strade del paese, e le potrebbe aprire larghi spazi di autonomia anche nei confronti della vita con sua madre. Insomma tutto bello, tutto positivo, però resta il fatto che a Clara le piacerebbe essere stata informata direttamente dalla signora Martini, e non essere trattata ancora come una sciocca ragazzina che forse non si sa neanche rendere troppo conto delle cose che le accadono.  
Buonasera, dice a voce alta già entrando con la sua chiave dalla porticina che si apre sul retro in faccia ad un cortile interno, ed attraversando poi un vano che funge da vero e proprio magazzino delle scorte, dove quasi tutti gli articoli in vendita sono ancora dentro ai loro scatoloni, pronti in ogni momento per essere disposti sopra agli scaffali della zona aperta al pubblico. La signora Martini è già dietro al bancone, anche se sta aspettando Clara per aprire la serratura della porta a vetri principale. Mancano ancora cinque minuti all’orario che è stato previsto per l’apertura pomeridiana, e si deve essere inflessibili, per evitare certe abitudini da parte dei paesani, che in seguito si mostrerebbero difficilmente rimovibili.  
L’anziana donna sorride nel vederla, la saluta con dolcezza, le dice subito pacatamente che secondo lei sarebbe giunto il momento di rifare la vetrina, perché ci sono delle cose che sono in attesa di essere esposte già da diverso tempo. Clara annuisce, resta perplessa, attende un attimo muovendosi di fretta per sistemare alcuni piccoli dettagli, infine va ad aprire, anche se sa che difficilmente riuscirà a trovare il momento adatto per parlare con la vecchia proprietaria. Forse però non ha troppa importanza, pensa dopo un po’, subito dopo aver ricevuto i primi clienti del pomeriggio; in fondo va bene anche così.  Pur trattenendo una piccola amarezza dentro di sé per come stanno andando le sue cose, Clara sa che per lei adesso si apre comunque una grande opportunità. Proprio come ha detto la sua mamma.


Bruno Magnolfi



giovedì 11 ottobre 2018

Come ogni giorno.



Marisa nel tardo pomeriggio è già nella cucina di casa quando Clara rientra. Ciao mamma, le dice la ragazza mentre toglie il soprabito, e l’altra alza appena per un attimo il suo sguardo severo dalle cose di cui si sta occupando, e le risponde in fretta guardando l’orologio sopra al muro, soltanto per registrare mentalmente un certo ritardo rispetto al suo consueto orario di ritorno. Mi sono fermata a parlare con una persona, fa lei, tutto qua. Va bene, dice Marisa; al negozio le cose filano bene, mi pare di capire. Certo, fa lei che forse a quel punto vorrebbe salire per qualche minuto in camera sua, come fa sempre. Se non hai bisogno di aiuto andrei in bagno e a cambiarmi d’abito, le dice. Va bene, fa Marisa, però non impiegarci troppo tempo, ho bisogno di te per preparare qualcosa per la cena. D’accordo fa la figlia mentre già sale le scale.
La mamma è sempre stata un po’ diretta nelle sue espressioni, non ha mai sentito il bisogno di girare troppo attorno a quello che vuol dire, specialmente in riguardo agli argomenti che maggiormente la interessano, ma in fondo è una persona sincera, una della quale capisci immediatamente le cose che le vanno bene, ed anche tutte le altre che al contrario non riesce assolutamente a digerire. Forse Clara negli anni passati ha avuto persino paura di lei in certe occasioni, di quei suoi modi forti, soprattutto, dei suoi gesti spigolosi, di quegli sguardi che non lasciano alcun dubbio, ma adesso, forse anche per una forzata abitudine, lei sa che non ha più del tutto bisogno del parere della mamma per portare avanti le sue scelte. Magari è proprio questo che alla lunga potrebbe innescare dei risentimenti, riflette mentre si sofferma due minuti dentro la sua camera: la sensazione di sentire sua figlia sempre più adulta e indipendente probabilmente la fa sentire inutile, priva di quel ruolo che ha sempre amato svolgere nei suoi confronti, specialmente dopo che è venuto a mancare suo marito. Ma non è possibile farci niente, le cose possono soltanto andare avanti in questo modo.
Per favore apparecchia la tavola, le dice Marisa appena lei rientra in cucina: sto cucinando qualcosa da cui non posso distrarmi neanche un momento. Va bene, fa Clara sottovoce. Poi restano ambedue in silenzio per qualche minuto, mentre ognuna si trova indaffarata dal proprio compito. Sembra che la signora Martini voglia smettere poco per volta di occuparsi del suo negozio, fa la mamma, e lasciarti praticamente padrona del campo. Ma una persona da sola non può farcela ad occuparsi di tutto, dice Clara alzando la faccia di scatto. Lo sa anche lei, dice Marisa, per questo vorrebbe che tu scegliessi un’aiutante, un apprendista, un ragazzo o una ragazza che stia in negozio durante quelle ore del giorno più impegnative e con maggiore afflusso di clientela. Ne avete già parlato quindi, dice Clara guardandola fissa. Certo, fa la mamma, per te è una grande opportunità, e lei voleva naturalmente sentire il mio parere.
Ho capito, risponde Clara, ci rifletterò nei prossimi giorni prima di decidere. No, fa subito Marisa, non c'è niente da decidere, soltanto da ringraziare la signora Martini per tutta la sua generosità e la fiducia che ripone in te. Torna il silenzio dentro la cucina, ma dopo poco la cena sembra pronta, e non c’è da far altro che mettersi a mangiare come sempre.


Bruno Magnolfi