mercoledì 17 marzo 2021

Abitudine al silenzio.

 

"Eccoci qua nuovamente", fa Umberto nel tentativo di mostrarsi simpatico ai suoi amici di sempre, anche se sembra che in questo momento non ci sia proprio niente nell'aria che incoraggi la voglia di essere allegri. In ogni caso gli altri due, al solo vederlo, gli fanno un piccolo cenno di saluto, come sempre peraltro, e poi in silenzio riprendono a camminare insieme a lui lungo la strada che scende lentamente dal caseggiato e porta verso il fiumiciattolo che scorre tra due file di alberi. Sono ormai molto anziani, hanno tutt'e tre quasi la medesima età, ed ogni giorno, durante le ore del primo pomeriggio di ogni bella giornata, si ritrovano in piazza per concedersi una passeggiata tranquilla un po’ fuori dal loro paese, giusto per tenere in forma le gambe e scambiare quattro parole. Si conoscono da sempre, un tempo si vedevano spesso anche al circolino, ma adesso che quello è stato chiuso, purtroppo devono arrangiarsi così. “Ho fatto un sogno”, dice per ridere Umberto, che è quello normalmente più arzillo dei tre; “eravamo molto più giovani di adesso, e si andava tutti sul prato oltre il fiume, insieme alle nostre donne, e là ad aspettarci c’era già mezzo paese coi vestiti da festa, e qualcuno in mezzo a quelle persone suonava la chitarra, e un altro anche la fisarmonica, mentre gli altri cantavano, e allora si ballava e ci si divertiva parecchio, meno voi due che restavi in disparte col muso lungo come vi avessero fatto un dispetto”.

Gli altri due vecchi sorridono leggermente a queste storielle che spesso racconta Umberto soltanto per prenderli in giro, ma il fatto è che loro non hanno mai troppa voglia di essere allegri, e anche quando si mettono a parlare di qualcosa, scelgono sempre degli argomenti di grande serietà, come se tutto dovesse mostrare sempre e soltanto un aspetto buio e privo di gioia. Umberto sa benissimo che certe volte le condizioni e gli acciacchi dati dall’età portano tutti ad essere più tristi e scontrosi, ma secondo lui è proprio questo il male da curare ogni giorno: scacciare dalla mente i pensieri peggiori per sostituirli con altri decisamente più leggeri e sereni. Il loro stesso vedersi ogni giorno, secondo il proprio modesto parere, dovrebbe essere qualcosa di spensierato, di piacevole, privo di malinconia, ed è questo che lo incoraggia con i suoi due amici a parlare sempre di cose frivole capaci di spingere il morale più in alto. “Ci sarà tutto il tempo più avanti per essere tristi”, dice loro certe volte. Poi ricomincia a raccontare qualche storiella che inventa di sana pianta, giusto per vedere gli altri due ombrosi almeno sorridere un po’.

Hanno fatto il servizio militare da ragazzi, tutt’e tre, ed ogni tanto si sentono presi dalla voglia di ripensare a qualche particolare che nei loro ricordi sembra sempre successo appena ieri. Poi arrivano al fiume, dove c’è un ponticello e un paio di panchine dove ci si può riposare un momento. Si piazzano lì e parlano di tutto, anche se rimangono sempre tra loro ad una certa distanza, proprio come vogliono le regole imposte dalle autorità che guidano la nazione. Ma Umberto ad un tratto si tocca la fronte, dice che non sta tanto bene, ed è meglio se tornano indietro. Gli altri due non lo prendono molto sul serio agli inizi, ma dopo poco si mostrano più preoccupati, ed anche se non si potrebbe, prendono l’amico sottobraccio per cercare di sorreggerlo, come facevano una volta quando qualcuno beveva un po’ troppo. Tornano indietro naturalmente, con calma e attenzione, ed in questo breve viaggio Umberto sembra peggiorare rapidamente, tanto che giunti alle prime case del loro paese, sembra quasi non farcela più, fino al punto di fermarsi continuamente a prendere aria e a far riposare le gambe. Infine giungono alla sua casa, e c’è sua figlia che subito si prodiga, sia per farlo sdraiare sul letto, che per chiamare il dottore. Loro due restano in attesa fuori dall’abitazione, e si grattano la testa dalla preoccupazione che provano per il loro amico, ma dopo poco viene fuori la donna a dire che Umberto si sente già meglio, e quel malessere di poco fa gli è quasi passato. “Ci ha voluto fare un altro scherzo dei suoi”, dicono allora quei due; ma mentre tornano anch’essi alle loro abitazioni, pur tranquillizzati come si sentono adesso, meno che mai provano la voglia di ridere, ed anzi una volta tanto forse piacerebbe a tutt’e due persino abbracciarsi e piangere un po’, e dire ad Umberto che hanno avuto davvero paura, e che gli vogliono bene, tanto che è meglio divertirsi davvero, come dice lui, finché ce n’è il tempo; ma infine anche loro si salutano con il solito cenno, restando come sempre in silenzio.

 

Bruno Magnolfi      



lunedì 15 marzo 2021

Subire gli eventi.


Dicono tutti che non c'è da fidarsi. Lei ascolta sempre la poca gente che incontra per strada, o quando si mette in fila alle casse del piccolo supermercato vicino casa sua. Spesso scuotono la testa, quelle persone che in generale conosce soltanto di vista, e che in fondo scambiano poche parole tra di loro, come se avessero ormai pochi argomenti e non sapessero più di cosa parlare, se non fare i medesimi discorsi di sempre; quindi annuiscono, condividono, e poi soprattutto aspettano. Già, perché ci vuole tanta pazienza, pensa lei; perché dovrà pur passare prima o dopo questo tempo così privo di tutto, che nessuno credeva neppure possibile, e che invece ha mostrato con evidenza le nostre profonde debolezze. Anche lei aspetta, proprio come gli altri, perché è certo che ne ha di pazienza, che ne ha sempre avuta, fin da quando era piccola. Forse non è servito a molto essere così: sempre pacata, anche timida, del tutto rispettosa dei rapporti con i suoi familiari e con le poche persone che ha frequentato per tutto questo tempo fino ad oggi; però questa è la sua natura, e poi ha sempre sentito come un freno dentro di sé, qualcosa pronto a trattenere qualsiasi diverso stato d'animo. Qualche volta le è sembrato persino di essere senza caratteristiche, una donna qualsiasi, addirittura soltanto una sempliciotta, però ogni cosa da fare ha sempre cercato di meditarla a lungo per non sbagliare, e quando ogni volta ha preso una decisione, si è comunque mostrata subito pronta a cambiarla, al solo accorgersi che non era quella giusta. Adesso raccoglie le piccole informazioni che circolano nel suo quartiere, e intanto attende, come tutti.

La sua vicina sottovoce le dice dalla finestra che tutto sembra incerto, si può soltanto vivere alla giornata, perché non c'è rimasta alcuna sicurezza su cui contare, e lei annuisce: "ha ragione, dobbiamo sopportare", le risponde per dare sostegno alle parole dell'altra. Poi rientra nel suo appartamento per impegnarsi come sempre nelle cose che le piacciono: riassettare le stanze, occuparsi della cucina, mettere ordine negli armadi e sopra ai mobili, ma non sente di avere più lo spirito giusto per far fronte a queste semplici attività, perché quel poco di entusiasmo che ha quasi sempre avuto fino ad oggi, utile peraltro a far scorrere bene ogni giornata, in questi ultimi tempi si è come esaurito, dissolto, svanito. Tutto adesso sembra improvvisamente un po’ ostico, poco lineare, come qualcosa che non si lasci più addomesticare facilmente, e che spesso si mette di traverso, generando in chiunque un senso continuo di fatica ed anche di oppressione, senza lasciare a chi si impegna, il piacere di fare le cose, per semplici e persino ordinarie che possono essere. Viene voglia di non fare più niente, pensa lei qualche volta negli ultimi giorni, riflettendoci sempre più spesso.

In fondo la sensazione è quella di un tempo sospeso, come se fosse possibile, alla fine di tutto, riprendere ogni cosa precedente e d’improvviso portarla in avanti, annullando tutto un periodo, azzerando in questo modo ogni aspetto negativo di un momento come quello finalmente lasciato alle spalle, ed è proprio questo che sembra emergere sempre più spesso nei sentimenti di tutti in questo preciso intervallo di tempo. "Signora mia", le dice ancora la vicina di casa; "dobbiamo pur vivere"; come se anche questa non fosse vita, quasi che per davvero le cose si fossero fermate sul serio. "Si aspetta", risponde lei allargando le braccia e senza aggiungere altro, come se l'opinione imperante fosse quella descritta da tutti, e nessuno si potesse permettere di metterla minimamente in discussione. Poi lei riprende con le proprie faccende, dopo aver chiuso la finestra dopo tutti i commenti che non servono a niente. L’attesa comunque fa parte della nostra natura, pensa adesso, dopo averci pensato un momento. Però dovremmo cercare la forza di cambiare le cose, invece di subirle.

 

Bruno Magnolfi 



giovedì 11 marzo 2021

Non condivisibile.


"La sola cosa positiva che riesco ad avvertire ultimamente è il tempo che trascorre, e fa  comunque sentire più vicini anche i miglioramenti che sono sicura dovranno per forza arrivare prima o dopo. Quando una giornata volge al termine ad esempio, è come se immaginassi ormai prossimo lo scopo finale di tutto quanto, lasciando scendere dentro di me la sensazione di completezza che in fondo sembra sempre spaziare sopra tutto. Mi perdo certe volte nelle riflessioni che faccio da sola attorno a quello che avrei potuto scegliere di diverso in tutti questi anni, ed adesso che le cose sembrano indirizzate proprio verso il peggio, ecco che diventano ogni volta più brucianti le mie possibilità mancate, ed anche le tante occasioni perse, spesso perfino per ragioni insulse". Camminano, loro due, tenendosi sempre a distanza di sicurezza, scambiandosi i pensieri e definendo in qualche modo i diversi punti di arrivo delle differenti giornate, poi si salutano come sempre ad un certo incrocio tra due strade, dandosi appuntamento per l’indomani alla medesima ora, proprio per compiere insieme e di nuovo quell’identico percorso, sia pedonale che riflessivo. Un'abitudine, oramai, niente di più. Eppure anche una delle poche possibilità che hanno loro due per scambiare una parola pacata e giudiziosa con qualcuno. Lei quasi non si rassegna ad aver deciso tanto tempo fa di abitare da sola, e lo pensa certe volte, con la consapevolezza chiara che almeno in altri momenti avrebbe potuto fare senz’altro delle scelte differenti. Ma questo non lo dice alla sua amica, è un altro cruccio tra molti che ritiene però del tutto intimo, non condivisibile.

L’altra invece abita con la sorella, con cui peraltro non va neppure troppo d’accordo, ed infatti la maggior parte delle volte tende a parlare e a sfogarsi con l’amica di quel cattivo rapporto di cui soffre, sostenendo sempre alla fine, forse anche per riuscire a sopportare meglio quella situazione, di essersi formata negli anni con una personalità e delle idee completamente diverse da quelle di sua sorella, tanto da essere indotta costantemente a comportamenti differenti da lei, anche e soprattutto a riguardo delle ordinarie sciocchezze casalinghe. “Stare chiuse in casa poi, anche per intere settimane, è diventato spesso complicatissimo”, conferma qualche volta cercando una spiegazione al suo nervosismo piuttosto evidente. Comunque le due donne si impegnano a camminare ogni volta con costanza, anche nella convinzione che questo muoversi nell’aria pomeridiana del quartiere sia per ambedue di grande beneficio, oltre che al fisico, anche e soprattutto al proprio morale. Perciò non ci rinunciano, e nonostante qualche acciacco dato dalla loro età di ultra cinquantenni, proseguono ad incontrarsi tutti i giorni.

  “Anche io ho l’impressione, al termine di ogni giornata, che l’unica cosa positiva da salvare sia soltanto la consapevolezza che tra poche ore stia comunque per sopraggiungere una pagina completamente nuova, forse anche migliore di quella precedente, ed in questa convinzione trovo conforto, con la coscienza cioè di riuscire ancora ad essere ottimista”. Hanno preso a scambiarsi un bacio loro due, quando si salutano per tornarsene alle rispettive abitazioni; non uno vero, naturalmente, soltanto un piccolo schiocco lanciato con la mano, come se da quel gesto si potesse così trasferire tutto l’affetto che provano l’una verso l’altra. Forse hanno anche avuto dei pensieri reciproci più intimi qualche volta, ma ormai non c’è più neppure l’età a rendere tutto facile e possibile. Va bene così, sembrano dirsi con quel bacio figurato, nella speranza che il loro arrivederci al giorno che segue, sia portatore di buone novità, che nel loro caso forse vuol dire almeno una maggiore vicinanza, magari uno stringersi a braccetto mentre proseguono come sempre a camminare, forse uno sfiorare il viso dell’amica con le mani, fino a parlare tenendo ognuna la bocca vicina all’altra, quasi a respirare così una stessa aria, come per provare le medesime sensazioni, come a scambiare qualcosa che sta dentro, in fondo a loro stesse; quel qualcosa che non si sono dette mai, e forse non potranno dirsi.

 

Bruno Magnolfi



martedì 9 marzo 2021

Divisioni inevitabili.

 

"Ci sono delle cose da bere, se ti va", le fa lui entrando in casa e proseguendo a fumare. La musica casuale a basso volume nella stanza, subito messa in funzione, riempie come può i silenzi e la carenza di argomenti, e lo sguardo sfuggente con cui lui ogni tanto sembra osservare la sua ospite, tende a sottolineare il palpabile leggero imbarazzo dato dalla situazione. Lei si accomoda con titubanza su una poltrona logora e mezza sfondata, ed ancora non sa neanche comprendere cosa ci sia venuta a fare nell'appartamento di un tizio spiantato come questo che si sta trovando davanti, anche se i tempi sono quelli che sono, e per quanto riguarda la compagnia non c'è molto da scegliere. "D'accordo", gli fa con indifferenza, "quello che bevi tu per me va bene". Per strada non circola molta gente in questi periodi, e lei stessa era uscita poco prima giusto per fare due passi da sola attorno all’isolato. Svagarsi dai problemi che assillano tutti non è propriamente semplice, ed anche soltanto mettersi ad ascoltare i guai degli altri certe volte può sembrare momentaneamente liberatorio dai propri. Lui va nell'altra stanza un momento, poi torna con due lattine di birra, e va a sedersi di getto sul divano, cercando di assumere una posizione comoda e studiata.

"Non abito da molto in questa casa", le fa tra due sorsi. "Non posso proprio permettermi di meglio in questo momento". Lei lo guarda con espressione comprensiva, senza neanche chiedergli se ha perso il lavoro o cose del genere, anche perché le sue difficoltà sono tutte piuttosto evidenti. Lui tace su questo argomento, ma dopo un attimo le chiede come si chiama. "Sonni", fa lei, senza aggiungere altro. Lui annuisce, guarda qualcosa senza interesse davanti a sé, poi dice che aveva una ragazza fissa fino a qualche tempo prima, ma che adesso è da solo, non ha più nessuno. Sonni beve a sua volta un po' della propria birra, vorrebbe quasi dirgli di colpo che lei non è assolutamente disponibile per una relazione, se è proprio questo l’argomento che lui sta cercando di portare avanti, e che è venuta fin lì soltanto perché lui ha parecchio insistito, e lei naturalmente  non voleva mostrarsi sgarbata. Lui dice, come spesso succede in questi casi, che vorrebbe ancora credere nel futuro, ma purtroppo la realtà da cui è circondato lo costringe ad un quotidiano pessimismo.

Lei annuisce, non è assolutamente il caso di fare delle domande immagina, e dentro di sé pensa subito che forse se non si mostra curiosa magari lui la smette con questi discorsi. Invece lui inizia a dire che le cose hanno cominciato a girargli proprio per il verso sbagliato nel momento in cui questa ragazza, tutta in una volta, ha preso la sua roba nella casa dove abitavano assieme, ed è tornata a stare dai suoi, intimandogli pure di non cercarla neppure per un buon motivo, e che le cose tra loro erano finite per sempre. “Insomma ha sbattuto la porta”, spiega alla fine con foga, “ed io mi sono sentito perduto, tanto che sono andato ad infilarmi in un periodo nerissimo, da cui sono uscito solo dopo aver messo in mano gli ultimi soldi che avevo ad un centro di disintossicazione, dove sono stato rinchiuso per qualche mese”. Poi lui si ferma, forse gli pare di aver detto anche troppo sulle sue cose, oppure sente il bisogno adesso almeno di una parola da parte di Sonni.

Sonni invece si alza, non dice neppure che le dispiace per tutto quello che gli è capitato, ma solo che adesso lei deve proprio andarsene via, e che magari si potrebbero incontrare di nuovo lungo la strada principale del loro quartiere, senza specificare niente di più preciso. Ma quando è già vicina alla porta di uscita da quelle due stanze così malridotte però, si volta un momento verso di lui, giusto per dirgli: “le cose stanno peggiorando rapidamente per tutti; forse dovremmo cominciare già da adesso ad accontentarci di quello che abbiamo. Perché anche i guai personali in questo momento sembrano fatti soltanto per creare divisioni”.

 

Bruno Magnolfi     



giovedì 4 marzo 2021

Visione apocalittica.

 

Lei si muove lentamente nella stanza. Lui sembra osservare con un certo interesse alcune nuvole basse, in quello spicchio di cielo che si può vedere oltre i vetri della finestra che ha di fronte. Fuori, in questo momento, sembra spiri una brezza avvelenata lungo i tetti delle case, come una massa d'aria che si muova con pigrizia, e che indugi a tratti sopra la città, trasportando con sé il sapore inaccettabile di una lenta tragedia. Anche se dalla propria posizione lui non può vedere la strada più in basso, seduto com’è su una poltrona di stoffa del salone, ugualmente la immagina deserta, quasi abbandonata, proprio come le abitazioni tutt’attorno, ed anche i marciapiedi, i giardinetti, e persino i negozi del quartiere. “Dobbiamo purtroppo prepararci ad affrontare dei tempi lunghi di isolamento e di carenza di libertà”, fa lei appoggiando il calice, da cui ha appena bevuto un sorso di vino rosso, sopra al ripiano dello scrittoio parzialmente ingombro con foglietti di appunti e da altre carte. Lui non commenta, conservando anche in questo momento la sua caratteristica principale di persona silenziosa, come spesso viene definito, ma volge ugualmente per un attimo lo sguardo su di lei, come a mostrarle l’allineamento del proprio pensiero alla sua idea.

Lei gli va vicino e gli sfiora una spalla con la mano, con un gesto che appare del tutto consueto e familiare tra loro due, anche se infine, con uno scatto che appare leggermente nervoso, si sposta verso la finestra, e con un gesto deciso ne chiude parzialmente la tenda, come per sottolineare gli aspetti ben più importanti che dovrebbero essere semplicemente ricercati dentro al loro appartamento, secondo il suo parere, piuttosto che permetterne l’offuscamento inevitabile, stando dietro al desiderio di qualcosa che resta solo esterno a ciò che conta. Lui abbassa lo sguardo senza espressione, restando comunque immobile, poi però muove una mano come per cercare qualcosa che probabilmente ha dimenticato in un’altra stanza, oppure sopra qualche mobile. Lei gli porge una rivista ancora aperta, lui la prende, ma si limita ad appoggiarla sopra le gambe. "Il tempo pare dilatarsi", fa lei; "eppure a tratti le giornate sembrano ridursi a poche abitudini".

Lui allora si alza, ripone la rivista sopra al tavolo spazioso, ed ancora senza dire niente torna ad avvicinarsi a quella finestra, scostando leggermente la tenda, come forse per scoprire qualche dettaglio in più, lungo la fila degli alberi che indubbiamente conosce da sempre, sul tratto di viale poco lontano da lì. Una signora, con il suo cane al guinzaglio, si guarda attorno sul largo marciapiede. L'animale la segue, ma appare svogliato, come non ci fosse quasi niente di interessante in quei paraggi, ed il suo impegno fosse volto solamente a fare contenta la sua padrona accanto a sé. Transita un’auto scura, sembra un veliero mentre affronta il mare aperto, e percorrendo la larga curva poco più avanti, potrebbe forse inclinarsi sotto la spinta dell'aria sulla velatura. Lei, semplicemente sfiorando un tasto, rende di nuovo disponibile il suo piccolo elaboratore rimasto acceso sopra al tavolo, quindi si siede con calma e digita qualcosa, disinteressandosi del resto.  

"Dovremo cercare una maniera seria per proteggerci", dice però dopo un momento, senza distogliere lo sguardo dallo schermo. Lui non risponde, prosegue ad osservare il panorama che bene o male si riesce comunque a vedere da quella finestra, come si sentisse già proiettato là, verso la strada più vicina, tra quei giardinetti a fianco, sotto ai lampioni spenti, altrove insomma. Qualche gemma sui rami degli alberi mostra evidente la stagione che avanza, e le foglie sempreverdi paiono occupate a togliersi di dosso la polvere accumulata fino a pochi giorni fa, mentre il colore brillante dei primi fili d'erba sottolinea una rinascita perenne. La signora con il suo cane ora sembra sparita, ma un uomo di mezza età percorre lentamente il camminamento al margine della strada.

 

Bruno Magnolfi



martedì 2 marzo 2021

Confronto.

       

            "Ci sarà circa un metro e mezzo tra la mia scarpa con stringhe in fondo alla gamba che tengo accavallata sopra l'altra, e la sua calzatura elegante, devo anche dire con un tacco poco vistoso, proprio come piace a me", pensa lui con leggerezza mentre rimane seduto e quasi immobile nella spaziosa sala d'attesa degli uffici per i tributi. Lei, accomodata compostamente proprio di fronte alla sua seggiola, praticamente senza mai alzare gli occhi, continua a spulciare con grande interesse le carte che tiene nelle mani, estratte ogni volta da una cartella di pelle rossiccia, come cercando di comprendere qualcosa di più in ciò che probabilmente dovrà presentare allo sportello, appena verrà il turno scandito dal suo numero di prenotazione. Qualcuno poco fa ha alzato la voce da qualche parte imprecisabile dietro alle grandi pareti mobili dove gli impiegati ricevono il pubblico, ma tutto è durato solo qualche secondo, il tempo giusto per far voltare appena dietro di sé la testa di quella donna, quando poi, nonostante le diverse persone presenti, è tornata la solita calma sonnacchiosa, riempita vagamente da un leggero ronzio, forse prodotto dall'impianto di aerazione dell'edificio. "Avrà giusto qualche anno in meno della mia stessa età", pensa lui adesso. "Potremmo addirittura esserci già conosciuti in precedenza, in un ambiente magari meno noioso di questo".

            Il tabellone elettronico in alto domina l’ampia sala, ed adesso segnala che ci sono ancora diversi utenti numerati da chiamare, prima che arrivi il suo turno, mentre il codice della donna, stampato su un foglietto appoggiato con indifferenza insieme ad alcune altre cose sulla seduta della poltroncina imbottita al suo fianco, indica addirittura un numero di poco superiore. Lui tossisce, si muove, appoggia tutt’e due i piedi a terra mostrando come una certa impazienza, ma lei sembra del tutto indifferente a quel suo armeggiare. Così lui estrae alcuni fogli, piegati più volte, dalla tasca della sua giacca, e ne osserva distrattamente qualcosa che mostrano nella loro scrittura stampata. Prosegue a muoversi, a stendere e a ripiegare la carta, fino a quando ne fa cadere proprio un foglio, vicino alla scarpa di lei. Lui si china in avanti a raccoglierla, e lei a quel punto non può fare a meno di notare quel gesto e di volgere lo sguardo verso la sua direzione. “Buongiorno”, fa subito lui; “mi scusi”. Lei sorride e saluta a sua volta, ma sottovoce, come tra sé. Infine appoggia di fianco tutte le sue cose, come a voler liberarsi per parlare proprio con lui, che intanto si è nuovamente seduto guardandola direttamente, ma dopo un secondo invece si alza, osserva il contatore elettronico, consulta l’orologio, ed infine torna a sedersi, riprendendo nelle mani tutte le sue carte.   

Lui vorrebbe dire: "ma non ci siamo già visti?", dando fiato alla sua prima impressione, ma la frase è talmente scontata da non concedergli alcuna possibilità di pronunciarla. I minuti intanto procedono, e l'effetto positivo che ci poteva esser stato un attimo prima sembra ormai svanire senza rimedio poco alla volta. Lui vorrebbe adesso essere già lontano da lì, sgombro da quelle insopportabili incombenze, ma cerca di resistere ancora pensando qualcosa che magari gli possa venire in aiuto. Si concentra su ciò che dovrà chiedere tra poco agli impiegati in quegli uffici, e poi ad esempio, se sarà ricevuto da una donna oppure da un uomo, se sarà giovane o magari già con una forte esperienza, se con gli occhiali oppure senza, ma questo gioco in pochi attimi lo riporta a misurare di nuovo la distanza che improvvisamente gli appare infinita tra la sua scarpa e quella di lei. Adesso però non si perde neppure a contare un’altra volta i centimetri di separazione, e in ogni caso si rende conto soltanto in questo momento di non aver fatto caso a nessun altro tra coloro che si sono seduti o si sono alzati dalla fila di poltroncine dove si trova, come se questa presenza femminile di fronte gli avesse attratto ogni interesse. Trascorrono altri minuti, e d'improvviso è proprio il suo turno, lo schermo elettronico lo dimostra con chiarezza. Allora si alza, guarda attorno per sincerarsi di non aver perduto qualcosa, e proprio in quell'attimo lei gli fa: "arrivederci signor Bertani", mostrandogli di colpo che l’impressione iniziale che aveva avuto forse era fondata.

 

Bruno Magnolfi