sabato 30 ottobre 2021

Occasioni.


            Giungono, dopo circa un’ora di macchina, presso il grande agriturismo “la Pietraia”, durante la tarda mattinata di quel giorno festivo. Insolita una gita in campagna per loro tre, in ogni caso la benvenuta, anche grazie alla stupenda giornata di sole. Il signor Carlo mostra subito di avere qualcosa a che fare con il proprietario del luogo, un certo Pasquale, che si dimostra cortese e accogliente quasi oltre il dovuto, e ciò non toglie che tutto comunque sembra procedere bene. Anche la moglie di Carlo sembra sentirsi immediatamente a suo agio, divertita e curiosa anche durante la breve visita agli scorci caratteristici dello splendido agriturismo, mentre Franca come suo solito sta in disparte e in silenzio, anche se sembra osservare con una certa attenzione tutto ciò da cui è circondata. In giro naturalmente ci sono parecchi altri clienti della struttura, ma loro tre sembrano proprio meritarsi un trattamento di assoluto favore. Si allestisce subito un tavolo di aperitivi e stuzzichini a bordo piscina, si aprono bottiglie di vini pregiati, e si cerca di evidenziare comunque l’aspetto ancora rustico dell’antico borgo collinare. La mattinata procede così, fino all’ora di pranzo, al momento in cui loro tre vengono sistemati dai camerieri, insieme al sempre presente Pasquale, ad un tavolo all’esterno, proprio sotto ad un enorme loggiato.

            Si scopre, ascoltando alcuni discorsi, mentre vengono serviti vari vassoi di specialità, che Carlo è il vero proprietario di maggioranza tra i soci della struttura ricettiva, e che questo Pasquale alla fine è soltanto il gestore, niente di più. Il pranzo va avanti, la signora Rosa sembra sostanzialmente molto tranquilla, mentre Franca pare non sopportare poi molto tutti quei sorrisini e i quei complimenti che dalla servitù vengono rivolti a lei e alla propria famiglia. C’è un pianoforte verticale all’interno, e questo tutto sommato è forse l’unico elemento di vera attrattiva per i suoi gusti. Si servono naturalmente delle carni arrostite e delle verdure grigliate, e Franca scusandosi si alza da tavola, come per andarsene in bagno. Si sofferma invece nell'ampio salone principale, poi senza chiedere il permesso a nessuno, si siede ed inizia a suonare quel pianoforte di legno chiaro, forse solo leggermente scordato, mentre all'interno dell'ampio locale al momento non c'è proprio nessuno. Attacca con un blues lento e accattivante che le pare molto adatto a quel luogo, poi qualcuno si avvicina in silenzio, insieme a due o tre bambini curiosi.

Si aggiungono altri, poi molte persone, ed una ragazza chiede di poter cantare una canzone, ovviamente accompagnata dal piano. Franca sorride, gli accordi giusti si trovano in fretta, così tutto quanto procede con gran divertimento di tutti. Infine lei sostiene timidamente che adesso deve proprio tornare al suo tavolo, tra gli applausi e i complimenti di chi era presente. In fondo ci vuole ben poco a fare contente delle persone a caccia di semplicità, ed anche se forse avrebbe desiderato suonare ancora, Franca sa perfettamente quando è il momento di smettere. Così torna a sedersi al tavolo imbandito insieme alla sua famiglia, a cui adesso si sono aggiunti anche altri individui che parlano di margini, di utili, di spese vive. A lei forse disgustano un po’ questi argomenti, ma sua madre la guarda in maniera piuttosto ammiccante, come per dire che è doveroso sopportare: in fondo sono gli affari di papà, per cui assolutamente non ci si può opporre. Poi accanto a Franca passa qualche persona tra quelle che prima si erano fermate per ascoltarla, ed adesso la ringraziano sottovoce, le dicono che è brava, che è stato un grande piacere sentire la sua musica. Pasquale coglie subito la situazione: <<non sarebbe male poter avere ogni tanto qualcuno che suona il pianoforte, almeno in certe serate; fino adesso quello strumento è stato solo un mobile inusato>>.

              Franca dice che lei ha un gruppo di jazz, che per pochi soldi quella sua formazione potrebbe anche venire fin lì qualche volta a suonare. Segue una specie di pausa leggera, Pasquale dice immediatamente che l'idea gli pare magnifica, Carlo e sua moglie non capiscono neppure esattamente di che cosa gli altri stiano parlando, però restano in silenzio, come per cercare di comprendere meglio la situazione. <<È grande tua figlia>>, dirà più tardi la moglie di Carlo a suo marito. <<Non puoi certo pensare di poter controllare tutto di lei>>.

 

            Bruno Magnolfi

          

martedì 26 ottobre 2021

Musica in testa.

            

            La batteria sembra quasi smuovere il mondo con le sue cascate di suoni, che pur mostrandosi consueti, contemporaneamente sono sempre anche un po' nuovi, mentre i due fiati, che sembrano voler a tratti imitare, nei loro lamenti intonati, la sofferenza di qualche essere umano, appaiono meravigliosi persino mentre scaldano semplicemente la voce e anche il metallo, subito vicino alle imboccature. Franca è entusiasta di quel trovarsi finalmente in sala prove. Ha acceso quel pianoforte elettrico quasi con la mano tremante, poi l'amplificatore di marca le ha rinviato i suoni forti e colorati della tastiera, quasi inusuali per lei, ma appena un attimo dopo però già abbastanza familiari. I ragazzi sembrano tutti alla mano, si sono mostrati subito seri e simpatici, andando immediatamente diritti allo scopo per cui si trovano lì. Hanno messo insieme un sacco di appunti, hanno tutti nella testa la musica buona da riprodurre e provare, però devono anche ottenere rapidamente il giusto affiatamento con lei, ed il perfetto coordinamento dei suoni e della volontà di ognuno là dentro, nei suoi confronti. Si parte con un pezzo semplice, in cui Franca è chiamata a trovare la migliore maniera per introdurre i suoi accordi, e lei ci riesce, dopo qualche incertezza, mostrando di avere senz’altro una notevole capacità, e di conoscere bene la scala modale su cui si stanno muovendo i suoni di base del basso. Quindi tutti improvvisano qualcosa con molta scioltezza, e lei naturalmente propone il suo apporto all’insieme.

            Appare persino divertente suonare così: si prova un grande senso di libertà mentre si respira l’aria creativa di una musica fresca, estemporanea, rispettosa dei fraseggi di ogni strumento. Quindi si cambia: si tirano fuori dei pentagrammi, si parla di accordi senza la tonica e di dissonanze, e più avanti anche di un tempo dispari che poi si perde nell’aria, rompendo ogni schema e accompagnando l’insieme in maniera del tutto fuori sincronia. Franca prende poco per volta una maggiore sicurezza di sé, quando è possibile interviene con suoni ed accordi decisi, e prosegue a sostenere con il suo pianoforte tutto ciò che gli altri propongono. Va via più di un’ora in questa maniera, senza che nessuno si senta al di fuori da ciò che viene eseguito, e quando si chiede una pausa, è soltanto per prendere rapidamente gli appunti che servono per rifare in seguito il brano così come è stato appena realizzato.

            “E’ musica viva”, pensa Franca, “in sintonia con la realtà, con il desiderio di spingersi oltre, di lasciare alle spalle qualsiasi materiale semplice e di facile consumo”. Si introduce il concetto di tensione e di distensione nelle varie fasi del loro suonare, e tutti concordano sulla sua applicazione, restando il linea con un sentire comune, come una matrice superiore che lasci avvertire ad ognuno l’importanza di tutto quello che stanno facendo. Infine giunge l’orario in cui termina purtroppo il noleggio della sala e della strumentazione, e i cinque ragazzi riprendono le loro cose, uscendo rapidamente dallo spazio insonorizzato. Lorenzo si era portato solo le bacchette e il rullante; gli altri i propri strumenti; l’unica è Franca a tenere con sé soltanto l’uso sapiente delle proprie dita. Sembrano tutti soddisfatti: il bassista finalmente ha scoperto nella tastiera il giusto prolungamento delle sue linee di suoni, gli altri hanno provato il senso di una musica maggiormente corposa e completa, quasi un insieme tanto profondo quanto esauriente. Ognuno vuole parlare della prossima volta, di che cosa proporre, di quali variazioni apportare; Franca si sente quasi commossa di quell’entusiasmo che tutti i ragazzi adesso desiderano mostrare. Quindi si salutano, lei resta insieme a Lorenzo, che è colui che ha creduto di più nelle sue doti, e così rimangono soltanto loro due a mangiarsi un panino nella birreria di fronte alla strada, a parlare di musica, di futuro, di ciò che magari potrà essere imbastito nei prossimi giorni. Qualcosa si è sciolto, serate così possono fare miracoli. Ed anche se ci sarà ancora molto da lavorare, volendo fare le cose sul serio, sicuramente i risultati sperati meriteranno senz'altro tutta la pena che sarà necessaria in questo percorso, nello sforzo concreto di riuscire adeguatamente a raggiungerli.

 

            Bruno Magnolfi       

         

domenica 24 ottobre 2021

Prospettiva differente.

 

            Lui mastica con lentezza il proprio pranzo, mentre resta seduto da solo davanti al tavolo della cucina, consumando quanto le ha preparato la signora Clara, la sua governante, proprio come succede ogni giorno, e intanto ripensa qualcosa che spesso negli ultimi tempi gli è vorticato dentro la testa, come una malattia che poco per volta riesca a riempire ogni spazio tra le sue cellule attive, quasi un liquido probabilmente persino velenoso, che è capace indisturbato di insinuarsi tra le sinapsi del proprio cervello. Non c’è neanche troppo di cui preoccuparsi, la sua sensazione è facile derivi soltanto dalla sua età parecchio avanzata, dal principio di disfacimento del corpo ormai ineluttabile, dalla coscienza di non avere ancora molte possibilità per sentirsi persona, piuttosto che un semplice organismo, anche se il maestro Bottai non è certo uno che si dà facilmente per vinto. Stamani è passata da lui la sua allieva, la signorina Franca Neri, e gli ha dato la notizia che lui con sincerità si augurava. I suoi sforzi con lei sono stati ripagati, ed avere contribuito a prepararla per l'esame di accesso al Conservatorio cittadino, gli pare adesso una meritata piccola soddisfazione per un vecchio concertista che vive quasi di soli ricordi. Ha ascoltato attentamente dalla voce di Franca i dettagli di tutto il suo esame, e si è mostrato abbastanza d'accordo con la sua scelta di brani e di autori. Però c'è un tarlo all’interno di quel piccolo successo della sua allieva, come una lotta intestina che spinge, in quell'invidiabile entusiasmo che lei mostra, verso i limiti della musica seria.

            La musica deve procedere, lui lo ha sempre ammesso candidamente, il suo senso profondo deve per forza andare più avanti, anche se è difficile ammettere in questo momento una cosa del genere ed accettare persino i risultati negativi che oggi si possono facilmente ascoltare. Il maestro non saprebbe dire quale sia la vera musica contemporanea: a lui pare che nessuno sia riuscito minimamente ad avvicinarsi agli alti livelli delle sinfonie dei grandi dell’ottocento, e forse tutto ciò è solo destinato a cristallizzarsi in un eterno ripercorrere quelle note e quegli spartiti, come non esistesse nient’altro. Ma qualche volta si insinuano anche dentro di lui certi dubbi, e così gli sembra che il miglior atteggiamento possibile sia simile a quello avuto da Stravinski, ad esempio, capace di modificare facilmente le proprie opinioni, e consegnare comunque nel corso della sua esistenza di compositore, dei risultati notevolmente diversi tra loro e d ogni volta sempre di alto livello. Forse si deve abbandonare progressivamente una logica che è rimasta la stessa da così tanti anni, e magari anche le orecchie devono adattarsi a qualcosa di profondamente diverso, anche se è difficile ammettere di conoscere in cosa si sia incarnata oggi l’eredità del passato.

            Certe volte ha pensato davvero anche lui, come già molti anni fa hanno affermato diversi studiosi della materia, che il futuro della musica è soltanto il silenzio. Ma il silenzio è un’assenza, quindi, anche se non si trova un futuro percorribile per l’organizzazione dei suoni, in ogni caso a qualcosa si deve pur tentare di avvicinarsi. Alcuni poi insistono con l’introduzione del rumore nell’ambito musicale, proprio per sentirsi maggiormente aderenti alla realtà, ma con dei ben scarsi risultati. Il maestro termina il suo pranzo in mezzo a queste riflessioni un po’ inconcludenti, e dopo appena un’oretta ecco che torna nel suo appartamento la governante. Lo saluta, sistema qualcosa che le è rimasto da fare, si prende cura della cucina, poi va a preoccuparsi di altro nelle stanze di casa. <<Signora Clara>>, le dice con leggerezza dopo un’altra buona mezz’ora il Bottai; <<potremmo uscire per una passeggiata, oggi pomeriggio, proprio io e lei>>. La donna lo guarda per un attimo con perplessità: in tanti anni di servizio è la prima volta che al maestro viene a mente un’idea di quel genere, però non le dispiace, anzi; e così, dopo un momento, senza mutare espressione, acconsente ad accompagnare l’anziano musicista là dove desidera andare.

            Lui le sorride, mostra di essere contento di questa piccola novità, e così indossa la sua giacca migliore, quasi fosse un giorno di festa, e lascia che sia Clara a chiudere la porta dell’appartamento dietro di loro, mostrando ancora nei gesti e nei modi la sua evidente soddisfazione per quanto stanno facendo tutt’e due: <<bisogna pur cambiare qualcosa>> le dice mentre scendono le scale; <<e se non altro, almeno le abitudini più cristallizzate. Forse è proprio in questa maniera che si potranno vedere le cose, prima o dopo, da una prospettiva diversa>>.

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 22 ottobre 2021

Vicenda inspiegabile.


            <<Stasera ceniamo più tardi>>, dice la signora Rosa affacciandosi per un attimo nella spaziosa cucina dove cuoca e cameriera stanno già preparando i piatti previsti; <<mio marito purtroppo non è rientrato, anche se non tarderà ancora molto>>. Carlo in effetti le ha telefonato da poco: <<le riunioni con i collaboratori sembrano sempre più lunghe>>, si è scusato; <<in ogni caso tra un’ora al massimo sarò finalmente fuori da questi uffici>>. Franca invece sta come sempre nella sua stanza, ripassando di nuovo qualche aspetto della letteratura italiana risorgimentale, ma deve addirittura sforzarsi per restare china sullo scrittoio, soprattutto per non indossare le cuffie ed accendere il suo pianoforte elettronico. Adesso si sente a suo agio quando si siede davanti a quella tastiera, non tanto per l’importante riconoscimento della propria preparazione, -giudizio appena ricevuto dalla commissione d’esame al Conservatorio-, quanto perché avverte come ridotta ulteriormente la sottile divisione che persisteva fino adesso tra i suoi pensieri musicali e le proprie dita. Si sente bene quando suona, perfettamente a suo agio, convinta di sé e di ciò che può fare, e questa è una fase che può portare nei suoi programmi solamente degli sviluppi positivi.      

            Arriva il signor Neri, qualcuno bussa alla porta di Franca, e dopo dieci minuti la famiglia si riunisce davanti alla tavola, anche se è sera inoltrata. C’è un silenzio rotto appena dalle stoviglie e dai piccoli movimenti della cameriera. La signora Rosa cerca di non fare domande, probabilmente per non appesantire ulteriormente la giornata del marito, e lui sembra ombroso, come se qualcosa dei suoi affari non fosse andato per il verso giusto. Franca mangia lentamente, a piccoli bocconi, osservando qualcosa sopra la tovaglia o vicino al suo piatto. Improvvisamente dice a voce bassa che domani pomeriggio andrà a studiare con alcuni tra i suoi compagni di classe, probabilmente non ci sarà da aspettarla per cena. <<Si ripassa l’Alfieri e anche il Foscolo, prima della verifica>>. Nessuno sembra trovi da ridire qualcosa, anche se la mamma chiede dove si riuniscono. <<A casa della Colletti, una mia compagna, comunque tengo acceso il cellulare, nel caso volessi cercarmi>>. Non saprebbe neppure spiegare il motivo per cui inventarsi una cosa del genere, Franca; però le piace improvvisamente fare qualcosa di segreto, e almeno quell’andare a suonare il suo pianoforte senza che nessuno lo sappia, le sembra quasi come tenere un diario personale.

            Di fatto, le ha spiegato stamani Lorenzo mentre ancora erano in classe al liceo, dentro la sala per le prove dove si ritrovano di solito lui con il suo gruppo, c’è un buon pianoforte con i tasti pesati, una tastiera professionale insomma, proprio dello stesso tipo che ha lei, altrimenti tutto sarebbe apparso più complicato. A Franca domani non resta altro quindi che portare con sé il proprio entusiasmo e la voglia di confrontare e amalgamare la sua musica con quella degli altri. Sta già pensando ad un altro brano, oltre quello che ha già appuntato sul pentagramma, e le sembra proprio, nonostante ancora non conosca neppure gli altri ragazzi della formazione di jazz, che la musica d’insieme possa scivolare sui loro diversi strumenti come qualcosa di fluido, di spontaneo, di perfettamente inteso, e dare un risultato ancora più entusiasmante di ogni previsione.

            Si sente allegra e leggera pensando a questi elementi, nonostante la cena con i suoi genitori proceda in maniera non del tutto calorosa. Sua madre ha iniziato a lamentarsi per qualcosa di cui si dovrà occupare nel giardino sul retro della villa, e suo padre ha bofonchiato tra sé delle cose come se i suoi problemi fossero distanti chilometri da stupidaggini del genere. Potrebbero forse bisticciarsi, come qualche volta è già anche accaduto, pensa Franca mentre prosegue con il suo atteggiamento un po’ sottomesso, e questo le dispiacerebbe parecchio. Oppure potrebbero restare ognuno sulla propria posizione, persa dietro ai propri distanti pensieri, e questo però potrebbe essere ancora peggio. Troverà lei il momento più adatto per rivelare d’un fiato ai suoi genitori di avere iniziato a suonare con un gruppo di jazz, perché non si sente di portare troppo avanti delle cose segrete; però lo farà dopodomani oramai, o fra qualche giorno, chissà. Per adesso il suo sogno, comunque vada, deve essere in lei, dentro di lei, come dentro uno scrigno, celato, come qualcosa senza nessuna chiarezza, come un elemento privato; quasi una vicenda del tutto inspiegabile.

 

            Bruno Magnolfi 

lunedì 18 ottobre 2021

Confuso sentire.

 

            Infine, il giorno assegnato per il previsto esame di ammissione al Conservatorio, arriva proprio come qualsiasi altra scadenza, anche se Franca sembra quasi trovarsi sorpresa che sia proprio oggi la data fissata per sostenere la prova. Però si sente tranquilla, esce da casa con i suoi spartiti ordinati dentro una semplice cartella, un vestito piuttosto appropriato, i capelli ben pettinati, e la certezza che il maestro Bottai sia riuscito a preparare adeguatamente il suo bagaglio musicale, almeno per non sfigurare. Entra timidamente, si siede da sola in attesa per una buona mezz’ora, infine viene fatta accomodare di fronte alla commissione che dovrà giudicare le capacità che ha riservato per loro. Davanti agli occhi hanno già la sua domanda ben scritta, corredata di tutto ciò che le era stato richiesto, ed adesso ogni sviluppo dipende soltanto da lei. Le vengono poste delle domande, poi si tratta di eseguire tre pezzi a sua scelta tra una rosa di una ventina di brani. Franca, seduta ad un pianoforte per i concerti, esegue subito, senza interrompere mai la propria concentrazione, prima Chopin, poi Lizst, e infine Debussy. Quindi si passa ad uno dei Preludi e Fuga di Bach, e poi alla presentazione di un movimento per ogni autore, in tutto non inferiore a quindici minuti di tempo, e lei opta per Schubert, Schumann e infine Ravel.

            Seguono le prove di solfeggio, solfeggio cantato, lettura a prima vista di autore sconosciuto, e notazione su pentagramma di un brano appena ascoltato. Poi si passa al colloquio di carattere motivazionale. Franca dice persino che è interessata alla musica contemporanea, ma la commissione non sembra dare molto peso a questo argomento. Infine le si chiede di uscire dall’aula: l’eventuale idoneità all’ammissione per i corsi sarà pubblicata in seguito tramite affissione, anche se il Presidente si alza e si congratula subito con lei per la preparazione mostrata. Franca esce dal Conservatorio, non crede di aver fatto qualcosa di particolare, soltanto quello che le ha insegnato il maestro con le sue lezioni pacate, pazienti, leggermente pignole, però adesso potrà studiare sul serio, confrontarsi con diversi insegnanti autorevoli, proporre il suo modo personale di vivere e sentire la musica. Il ritorno decide di farselo a piedi, camminando lentamente sui marciapiedi fino alla sua abitazione, mentre la propria testa le sembra piena di pensieri e di riflessioni: le piacerebbe tantissimo avere vicino Lorenzo, ad esempio, giusto per abbracciarlo con slancio, e dirgli che adesso va tutto benissimo, e che non devono più mostrarsi distanti quando stanno seduti nel banco del loro liceo, anche se lui in questo momento si trova a scuola, e quindi è impossibile.

            Però da una persona potrebbe fermarsi: dal suo caro maestro Bottai, giusto per ringraziarlo e dirgli quali pezzi le hanno fatto suonare, e come sono andate le cose davanti alla commissione. Ma alla fine, scorrendo lungo le strade e in mezzo alla gente, le monta sempre di più la necessità di starsene sola, e di assaporare tra sé quelle preziose congratulazioni, almeno per oggi, senza scambiarle con anima viva, come se fossero una piccola cosa, poco importante, quasi una sciocchezza qualsiasi, però molto intima, solamente una sua stretta prerogativa. In fondo non c’è niente di più esauriente che gustare a fondo qualcosa che si è sempre desiderato, e Franca adesso vuole spingersi lì, in quel piccolo anfratto, anche se tutto questo alla fine non riesce a mostrarsi del tutto sufficiente. C’è altro che si agita dentro di lei, ed il solo contenimento di questo entusiasmo, è già qualcosa di poco spiegabile, quasi un istinto del cuore che sembra trascinarla.

            Poi arriva a casa, sorride a sua madre, dice semplicemente che le cose per lei sembra proprio siano andate a buon fine; quindi, dopo un attimo, si rifugia nella sua stanza, a rinfrescarsi, cambiarsi d’abito, legare i capelli dietro la nuca, guardarsi a lungo davanti allo specchio del suo vano armadio, ed iniziare infine a piangere forte e in silenzio, forse soltanto per lo scioglimento progressivo della tensione accumulata, o magari per una valutazione errata delle sue stesse emozioni, oppure ancora per qualche sensazione scomposta, ed infine per qualcosa che ora non riesce del tutto a comprendere neppure lei. E’ un periodo confuso, penserà poi più tardi per giustificarsi così con se stessa. Un momento di quelli che forse contano maggiormente di qualsiasi altro momento, ma del quale non si sente capace di godere appieno, forse per alcuni risvolti ancora sconosciuti, tanto questo appare mescolato e confuso con tanti altri elementi, quasi un sentire pressoché indecifrabile.

 

            Bruno Magnolfi

giovedì 14 ottobre 2021

Cene diverse.


            <<La maggior parte delle volte, invece che una figlia, sembra di avere un estraneo a girare per casa>>, dice il signor Cerri, amico da sempre dei Neri, che stasera, insieme a sua moglie, è andato a cena da loro. Elena e Franca, le due ragazze con un’età distante solo un paio di anni, si sono convinte a recarsi per conto proprio in una pizzeria lì vicino, pur di non stare in casa con le rispettive famiglie, anche se non potrebbero avere due caratteri e due personalità più differenti tra loro. Le portate sono tutte a base di pesce, perché Teresa, la loro cuoca di casa, ha lavorato molto per fare una buona figura con il dirigente della Camera di Commercio cittadina, vecchio compagno di studi universitari del signor Carlo, con il quale è sempre rimasto in buoni rapporti, anche se non troppo frequenti. <<Anche per noi è così>>, dice la moglie del signor Neri sorridendo, come a mostrare che non c'è da farsene un problema, e che i ragazzi di oggi sono fatti in questo modo. <<Non è così semplice>>, interviene però Carlo Neri; <<il problema più grosso è questa incomunicabilità che si fa sempre più forte. Le giornate intere di silenzio, in cui spesso sembra che Franca stia immersa, lasciano pensare a chissà quali pensieri attraversino la sua mente>>.

            La cameriera va avanti e indietro tra la sala da pranzo e la cucina, nella ricerca del miglior servizio da offrire, ma nessuno dei quattro commensali pare neanche notarla, tanto i suoi modi appaiono discreti ed oltremodo essenziali. La moglie del Cerri è una bella donna, quasi vistosa stasera, così fasciata in un vestito attillato dalla scollatura generosa. Ride per niente, ma non è affatto una sciocca, tutt’altro: sa stare al gioco su ogni argomento, e sembra anche in grado di parlare ed avere opinioni precise su qualsiasi tema si affronti. <<Certe volte mi porto Elena in giro a fare gli acquisti>>, dice ridendo; <<ed ecco allora che si scioglie e mi spiega cosa le piace e quali siano i suoi interessi. Con suo padre è evidente che non c’è e non ci può essere questa complicità femminile>>. Di fatto la ragazza, adesso davanti alla sua pizza che oramai si sta lentamente freddando, prosegue imperterrita e divertita col rispondere a messaggi e telefonate sul suo cellulare, quasi indifferente all’opportunità di trovarsi insieme ad una ragazza come Franca, che essendo un po’ più grande di lei, magari potrebbe darle qualche consiglio valido, oppure spiegarle qualcosa su certi comportamenti utili da tenere. Quasi nessun dialogo tra le due invece, se non una continua autocelebrazione della più piccola riguardo alle scelte assolute e perfettamente consapevoli di tutto ciò che possa offrire l’attualità ad una ragazza in età scolare come lei.

            Franca in silenzio ogni tanto ascolta la musica disco che viene riprodotta in sottofondo dentro al locale, e riflette su quanto si possa sentire distante da certi comportamenti forse usuali, lei che non mette mai alcun trucco sugli occhi, e che veste sempre in maniera anche troppo ordinaria, quasi senza alcun fronzolo. Segue per un attimo i due accordi di quinta che sostengono il pezzo che viene riprodotto, e le pare quasi impossibile che ci si possa accontentare di una tale elementare struttura. Poi sorride, rinforzata nelle proprie convinzioni dal fatto di essere almeno in grado di analizzare qualcosa del genere, ma infine i suoi pensieri la portano rapidamente verso l’immagine di un gruppo di jazz, con Lorenzo dietro alla sua batteria, ed allora le pare subito che i prossimi giorni, quando potrà finalmente suonare il suo pianoforte con loro, siano davvero i più elettrizzanti.

            Invece le due coppie di mezza età in casa Neri, continuano davanti alla tavola imbandita a scambiarsi opinioni, ed anche se la cena appare perfetta e tutto davvero buonissimo, per Carla la serata sembra persino un po’ troppo lunga, ed il suo riserbo manifestato forse eccessivo, almeno nei confronti della moglie del Cerri, anche se non riesce in nessuna maniera ad avere la stessa capacità di sciogliere il proprio argomentare. <<Non riesco a starle dietro>>, dirà per scusarsi più tardi da sola con suo marito. <<Però lei è una vera fucina, una macchina in pressione che spesso non permette a nessuno nemmeno di rimanerle minimamente alla pari>>. Comunque va tutto bene, si dovrà pur pensare domani: la serata è andata benissimo, ed anche le ragazze si sono divertite senz’altro; tanto più che alla loro età non ci vuole neppure poi molto.

 

            Bruno Magnolfi  

           

martedì 12 ottobre 2021

Semplici problemi di affiatamento.


            L'arredamento è essenziale: scaffali, contenitori, lunghi tavoli su cui sono appoggiati gli scatoloni di legno che contengono soprattutto i preziosi dischi di vinile. Si tratta di uno degli ultimi negozi dove si può trovare la musica di margine, quella che deve essere saggiata con mano prima di essere acquistata, e che non viene trattata quasi mai tramite il commercio elettronico, come fa invece tutta l'altra. Rarità di jazz, di colta contemporanea, registrazioni spesso introvabili, persino fondi di magazzino rimasti invenduti presso le stesse case produttrici. E poi anche libri di saggistica musicale e di recensioni, tutto quello che gira attorno all'argomento, insomma quasi un ritrovo fondamentale per gli appassionati. Emilio ci va spesso, e quando ha tempo si siede su uno degli sgabelli nella saletta a fianco, dove si può bere anche una birra, a parlare con chi c’è, disquisendo senza freni sui titoli degli album e sulle formazioni, nel tentativo di trovare magari un parere consono. E’ stata piazzata persino una bacheca, sopra la quale casomai si può appuntare anche un avviso. In questo modo ha conosciuto gli altri del gruppo, lui che con il suo sassofono soprano suonava jazz ormai da qualche anno, ma non trovava una adeguata collocazione.

            Gli piacque subito l’idea di una formazione che cercava uno strumentista d’ancia, e i progetti musicali da mettere in campo dagli altri componenti sembravano proprio i suoi. Adesso, dopo aver già messo assieme con gli altri ragazzi parecchi brani strutturati, ed aver suonato già diverse volte in certi piccoli jazz club cittadini senza pretese, presentando quella loro musica complicata, gli pare che tornare nel negozio dove tutto è nato, sia come fare un gesto di gratitudine verso un luogo sempre vivo e carico di possibilità. Emilio si sente aperto al nuovo, curioso, capace di cimentarsi volentieri anche con nuove esperienze musicali, nonostante conservi delle idee ben chiare su quello a cui resta maggiormente interessato. Ogni giorno si esercita da solo, in un angolo di casa che ha appositamente insonorizzato, e prova scale, timbri, suoni arditi, sovracuti, tutto ciò che serve per avere il massimo della padronanza dello strumento, ed anche misurando così, tecnicamente, la sua capacità di sentirsi libero di suonare tutto quello che desidera.    

            <<Sono lontani gli anni d’oro>>, gli fa un amico che frequenta quella specie di ritrovo. Emilio gli sorride: è vero che le cose migliori sono state messe insieme cinquant’anni fa, ma questo secondo lui non significa che non sia possibile aggiornare quei modi di suonare senza comunque ricopiare niente. Perché secondo il suo parere tentare di rifare gli stessi pezzi che oramai sono dei classici, è come tentare di fermare il tempo, e questo è sbagliato, e poi non porta da nessuna parte. Si può riprendere lo stile, questo si, e poi inserirci dentro la propria sensibilità contemporanea, quella che adesso è ancora possibile sviluppare con una corretta attenzione. <<Non suona quasi più nessuno dei musicisti di quell’epoca>>, risponde; <<se non ci fosse qualcuno come me a rivitalizzare quelle cose, si potrebbe sistemarle tutte dentro ad un museo>>, spiega ridendo. Forse è così, pensa qualcuno; la musica buona deve andare avanti e misurarsi con la realtà attuale, scansando il più possibile quel circuito schiacciasassi del commercio diffuso, che non esalta certo delle nuove idee. Stare su questa sintesi vuol dire provare a salvare quanto è possibile, e spingere in avanti ciò che magari diverrà importante una volta trascorso almeno un po’ di tempo.

            Poi Emilio esce dal negozio: ha solo acquistato un disco in vinile di cui adesso non vede l’ora di farne un ascolto attento e tranquillo, magari proprio insieme agli altri ragazzi del suo gruppo: alcune tracce a cui inizialmente non è stato dato peso dalla critica al tempo dell’incisione, ma che forse adesso debbono necessariamente essere rivalutate, ricavando da quelle vecchie maniere di affrontare i brani, gli insegnamenti giusti per rielaborare anche il materiale più attuale. Stasera si sentirà con gli altri della formazione per definire almeno l’approccio musicale da portare avanti con la novità della pianista che sembra desideri partecipare alle prossime future prove; a lui piace già molto l’idea in senso generale, gli pare assolutamente interessante mettere in campo nuovi stimoli; perciò non sarà certo Emilio, pensa ancora mentre guarda sorridendo il suo prezioso disco, a creare in qualche modo dei problemi.

 

            Bruno Magnolfi     

venerdì 8 ottobre 2021

Scansare gli equivoci.


            “Tutto sembra muoversi di continuo troppo lentamente, come se ogni desiderio, ogni speranza, o anche qualsiasi tentativo messo in campo, mostrasse senza alcun dubbio la necessità di un tempo a dir poco esagerato, anche soltanto per fornire un semplice e definito esito. Ci sono individui in giro che provano continuamente qualcosa verso cui ripongono molte delle proprie speranze, e l’assenza, con l’andare delle cose, di qualsiasi risultato apprezzabile, almeno in tempi accettabili, rende ogni loro sforzo qualcosa di arido e di inutile. Sicuramente la popolazione spesso è composta anche da spiriti ormai quasi tutti falliti nell’attesa di una positiva conseguenza dei propri sacrifici, persone che risultano praticamente arenate nella spasmodica ricerca di qualcosa in cui forse credevano davvero, almeno inizialmente; qualcosa che negli anni non ha mai trovato per tutti loro neppure uno sviluppo qualsiasi, e verso cui i tempi di risposta alle proprie speranze e alle legittime aspettative si sono talmente allungati da non rivestire oramai più alcuna importanza. Per tutti questi però si profila a un certo punto il momento di accettare anche questa apparente disfatta, e coltivare così almeno in se stessi quanto magari non è risultato apprezzabile da altri”.

            Il pensiero di Caterina, la cameriera attuale di casa Neri, nel momento in cui legge e rilegge con calma queste frasi che per lei appaiono illuminanti, è quasi racchiuso all’interno della semplice realtà tracciata da questo sociologo che è riuscito a scriverne un intero articolo, pubblicandolo sopra una rivista patinata femminile che lei sfoglia certe volte nei suoi momenti di pausa. Caterina non è più una ragazza, e nella sua solitudine non si sente per niente soddisfatta di quel mestiere che si è ritrovata a svolgere, ma nonostante questo non prova neppure ciò che potrebbe sembrare un legittimo e forte desiderio di miglioramento delle proprie condizioni lavorative. Il punto è che per lei il lavoro da portare avanti equivale alla ricerca del sostentamento, e non avendo particolari esperienze, e nemmeno dei titoli di studio, sa che nel futuro non potrà giungere a molto di più del ruolo che già riveste in questa fase. Però quando stava a casa con la sua anziana madre, nei bei momenti che poteva trascorrere assieme a lei, provava il desiderio irrefrenabile di disegnare a matita i propri sogni. Adesso, nella cameretta per la servitù che le hanno concesso da quando è a servizio nella villa dei Neri, sempre di più si ritrova a dare un seguito sopra dei fogli di carta alle immagini che sogna, illustrando tutto ciò che le rimane in memoria appena si sveglia ogni mattina. Certe volte le basta appena un attimo, e allora con due o tre semplici tracce prende nota di ciò che magari più tardi, con calma, torna poi a sviluppare in maniera migliore.

            A casa di sua madre erano già molti i disegni che era riuscita a collezionare, tutti realizzati a matita sopra dei fogli di carta, tanto che qualche volta in quegli anni aveva anche cercato di farli vedere in giro a qualcuno che volendo avrebbe forse potuto valorizzarli. Ma non c’è stato mai un seguito significativo, e nonostante gli incoraggiamenti effettuati con grandi discorsi su questa sua interessante attività, di fatto le parole che tutti hanno sempre usato, le sono apparse della semplice aria fritta, che non porta certo da alcuna parte. Lei non si sente un’artista, né mira a diventare famosa per quei suoi ghirigori apparentemente forse poco significativi, però sa che c’è lei stessa dietro quelle piccole cose, sostanzialmente tutto ciò che i suoi sogni autonomamente le regalano quasi ogni notte. Forse, il signor Neri, se solo fosse a conoscenza della sua passione, potrebbe chiederle addirittura di lasciare subito il suo lavoro di cameriera alla sua villa. Ma a Caterina non interessa affatto che le venga riconosciuto del talento da qualcuno che probabilmente non riuscirebbe neppure ad apprezzarlo davvero; anche se prendere nota dei propri sogni, tracciando quelle espressioni e tentando certe descrizioni grafiche, forse ad una persona sensibile potrebbe addirittura piacere, riconoscendole magari il dettato, se non lo stile.

            Poi ride in modo amaro tra sé, quando è da sola ed ancora non è il momento per iniziare il servizio a tavola, e riflette sempre più spesso che niente secondo lei avvicina le persone tra loro, neppure la sincerità con cui si cerca di trasmettere l’espressione di noi stessi, ed alla fine l’unica possibilità che rimane è proprio quella di trattenere per sé quegli sviluppi tracciati in qualche modo, ed evitare comunque, anche a scanso di equivoci, di parlarne con altri.     

 

            Bruno Magnolfi

mercoledì 6 ottobre 2021

Orario di punta.


            L’anziano maestro resta seduto davanti al suo pianoforte. La poca luce obliqua di quel pomeriggio, quella che riesce a penetrare in mezzo alle tendine legate in basso, ai fianchi, sopra ai vetri dell’unica finestra della stanza, regala un’immagine vaga di immobilismo, quasi si potesse trovare ogni elemento già presente là dentro, compresa naturalmente la figura del  musicista il quale adesso sembra stia consultando uno spartito tra i tanti, del tutto identico ad oggi anche tornando domani, o il giorno ancora seguente, oppure tra una settimana completa. Fuori dal davanzale, affacciandosi, si potrebbe agilmente osservare la strada principale di quel quartiere scorrere sotto, con la sua ordinaria vivacità, i suoi piccoli negozi aperti ai clienti, ed il normale traffico di macchine e di pedoni, praticamente proprio come in qualsiasi altro momento di ogni serata. Franca Neri si introduce in silenzio dalla porta già aperta, ma poi si ferma sopra la soglia, quasi nel rispetto di quella specie di meditazione in cui sembra raccolto il suo insegnante di pianoforte, quindi fa un leggero colpo di tosse, lui si volta subito verso di lei e le sorride, visibilmente contento.

            Quindi l’uomo si solleva dalla panchetta, stringe con calore la mano della sua allieva, senza avvertire la necessità di pronunciare qualche parola, mentre la signora Clara, la governante del maestro Bottai, osserva loro due restando in disparte nel corridoio dell’appartamento. <<Sono contento>>, si decide a spiegare l’insegnante; <<ci speravo che lei tornasse, soprattutto per aiutarla ancora in vista dell’esame al Conservatorio, ma anche perché in questi giorni ho riflettuto a lungo sul suo modo di affrontare la musica, ed alla fine mi sono convinto che forse è quello giusto>>. Lei prende uno sgabello lì accanto, si siede: ha portato con sé un piccolo manuale di armonia, che subito mostra per evidenziare quali siano i suoi crucci e quanto abbia a cuore lo studio del pianoforte. Lontano da lì la musica in generale appare forse un caleidoscopio di immagini senza criterio, oppure un qualcosa che magari un senso lo ha facilmente trovato, regolandosi nella misura in cui è possibile venderne delle porzioni abbondanti, magari inseguendo con frenesia le mode del momento. Loro due non fanno parte di quella partita, studiano e continuano ad esercitarsi per altro, cioè per qualcosa che possibilmente riesca a delinearne uno scopo più alto.

            <<Ho lavorato molto sulle scale esatonali>>, dice Franca; <<ed alla fine ho scoperto che se lascio scorrere le mie dita sulla tastiera, inseguendo i suoni che immagino spesso nella mia testa, alla fine mi ritrovo fuori dagli accordi consueti, come inseguissi d’istinto qualcosa che non è mai stato scritto su partitura>>. Il Bottai annuisce, lascia il posto alla sua allieva, poi con un gesto la invita a dimostrare immediatamente quello che ha appena sostenuto. Lei si siede, ed infila una serie di accordi ravvicinati al cui ascolto si perde immediatamente ogni centro tonale, mentre con la sua mano destra rincorre una specie di melodia dissonante, laddove la sinistra sottolinea il fraseggio di qualcosa che sembra già pura ricerca. Suona senza impeto, però con la sua calma va scalando i semitoni come se il cromatismo finale della scala diatonica fosse il suo unico scopo. Quindi termina, e senza guardare il maestro dice soltanto: <<è jazz contemporaneo; quello che si è avvicinato tantissimo alla musica colta, tanto da misurarsi con le composizioni più attuali>>.

            Bottai non commenta, ha compreso benissimo l’interesse manifestato dalla sua allieva, e sa che non potrà mai essere la propria opinione a farle cambiare qualcosa di quei suoi propositi. Piuttosto, come se non ci fosse alcuna soluzione di continuità, e tutto quanto si mostrasse ascrivibile nel grande libro della musica seria, sceglie di aprire, come sempre ha fatto con Franca, uno spartito che adora, quello della Sonata n. 13 in la maggiore di Schubert, e con grande serietà e la solita fermezza, le chiede così di eseguirlo. Franca attacca di getto l’allegro moderato del primo movimento, e la lezione va avanti a lungo con qualche interruzione ma senza altri indugi, e quando risulta ormai terminata, la ragazza riprende il suo piccolo manuale di armonia jazz che aveva appoggiato momentaneamente sul mobile di lato, saluta rispettosamente il maestro, e poi va a raggiungere di nuovo la strada chiassosa, la città che si muove, il traffico serale nell’orario di punta.

 

            Bruno Magnolfi  

sabato 2 ottobre 2021

Considerazione non automatica.

 

            Per lei neppure adesso risulta troppo agevole. Certo, i primi tempi presso la casa dei Neri sono stati sicuramente quelli peggiori. C'è da dire che in quei momenti per lei c’era l’assoluta necessità di lavorare, avendo un figlio in giovane età ma non un marito; e poi comunque, gestire da sola la cucina della villa in quel periodo, senza dubbio risultava molto meglio che esercitare il mestiere in qualità di aiuto in un ristorante qualsiasi, dove di nuovo, come in passato, lei non avrebbe mai avuto alcuna considerazione. Quindi doveva resistere. Perciò tutte le volte che il signor Carlo aveva qualcosa da ridire su un piatto oppure sull’altro, cosa che succedeva piuttosto frequentemente, e certe volte magari soltanto per il suo atteggiarsi da gran degustatore, la cuoca in questione doveva immediatamente scusarsi, anche se lei lo faceva senza troppa insistenza, già sospettando il disprezzo di lui per gli atteggiamenti troppo servili. Comunque con l’andare del tempo tutta la famiglia Neri, e soprattutto lui, l’avvocato, assunsero l'abitudine poco per volta di non esagerare con le lamentele riferite a chi stava lavorando in cucina, prendendosela piuttosto con la cameriera di turno, sempre inadatta al mestiere secondo il parere imperante nella casa.

            In ogni caso anche ora, nonostante siano trascorsi già quasi dieci anni, arrivano purtroppo dei giorni particolarmente difficili, quando sembra addirittura che nessuna verdura si abbini degnamente alla carne, ed anche due semplici uova non siano cotte mai al punto giusto. Va anche detto che alla signora Rosa è difficile che qualcosa non vada bene, limitandosi a sostenere le rimostranze del marito e a conservare comunque in generale anche una certa gentilezza con il personale, laddove alla signorina Franca, la loro artistica figlia, non viene da dire mai niente, né in bene né in male. Ma il signor Carlo, quando qualcosa non gli va bene, magari solo per qualche problema irrisolto con i suoi grandi affari lavorativi, tende a rifarsela subito con il primo piatto che viene a trovarsi sotto al suo naso, anche se si tratta della cosa più buona possibile. <<Teresa>>, dice aggressivo talvolta affacciandosi alla cucina con il suo sguardo già giudicante. <<Non posso credere che le sia sfuggita di nuovo la mano con il sale>>. Oppure: <<la pasta a me sembrava scotta; si anticipi di un minuto nella scolatura>>. Ma tutto questo ormai succede sempre meno spesso, tanto che Teresa è portata a pensare che quell’uomo stia proprio rammollendosi con l’andare degli anni.

            Lei in fondo ha trovato nel suo lavoro anche un certo equilibrio, per cui le cose che porta avanti nella cucina dei Neri le procurano persino una certa soddisfazione, perché sa bene quanto addirittura non ricevere alcun apprezzamento per diversi giorni di fila, denota che le cose vanno proprio come dovrebbero, e questo alla fine le basta. Anche con il signor Carlo si è stabilita una specie di tregua armata, forse perché alla fine anche a lui si è mostrato chiaro quanto sostituire Teresa sarebbe adesso un grosso problema per le abitudini e gli orari di tutta la sua famiglia, e che in fondo ciò che viene cucinato, pur non eccelso, non è poi del tutto disprezzabile. Così le cose in qualche modo procedono, anche se il problema principale per Teresa resta suo figlio Simone, che svolge il lavoro di cameriere a chiamata in certi ristoranti alla buona, unico mestiere che sua madre è riuscita a insegnargli, e passa così anche dei periodi in cui nessuno lo cerca, restando a casa o andandosene in giro a perdere le giornate. Diverse volte lei si è fatta venire a prendere a fine orario alla villa dei Neri con la sua utilitaria, sperando che suo figlio si legasse per amicizia con la signorina Franca, in fondo la persona più carina di tutta la casa, ma anche se loro due si sono scambiati a volte qualche parola, in fondo non è sembrato avessero molto altro da dirsi.

            A Teresa dispiace di non essere riuscita fino adesso a dare almeno qualcosa di concreto a suo figlio: lo vede sempre più come un ragazzo qualsiasi, uno mezzo sbandato, senza un vero futuro di fronte, e tutto ciò la porta a soffrirne. Forse potrebbe chiedere al signor Carlo di aiutarla a trovargli un vero lavoro, ma per fare questo ci sarebbe bisogno di una faccia tosta che lei almeno per adesso non si sente di avere. Resta il fatto che prima o dopo può sempre accadere che giunga il momento opportuno per introdurre con il signor Neri un argomento del genere, e intanto, ogni volta che ci sono degli ospiti per pranzo o per cena alla villa, Teresa propone sempre suo figlio per darle una mano, nella speranza che la sua presenza poco per volta porti con sé la possibilità di mostrarne il lato migliore, e così prima o dopo venga visto con una considerazione maggiore. 

 

            Bruno Magnolfi