lunedì 29 novembre 2021

Nessun seguito.


            Quando suona la prima campanella, tutti i ragazzi entrano nel loro liceo senza troppa fretta, scorrendo il vasto corridoio fino ad infilarsi in piccoli gruppi nella propria classe. Qualcuno ha già battuto una mano sulla spalla di Lorenzo: si è saputo in giro del suo acclamato concerto tenuto al jazz club quel fine settimana, e in diversi hanno anche scoperto che di quella formazione, di cui lui è il batterista, fa parte persino Franca Neri, quella ragazza della loro classe, di poche parole, sempre un po’ per conto proprio, che fino ad oggi non ha mai rivelato a nessuno di suonare il pianoforte. Ancora qualche frase di compiacimento, poi ognuno raggiunge il proprio banco, appoggia i libri, si siede, in attesa dell’insegnante della prima ora. Franca non c’è oggi in classe: forse è ancora lì a godersi il successo della musica suonata nel locale, oppure le è venuta un po’ di febbre per l’intensità delle emozioni che ha provato. Lorenzo ne è dispiaciuto, desiderava molto parlare con lei questa mattina, magari durante la pausa tra una lezione e l'altra, e dirle così che era felice dei risultati della loro musica, che gli piaceva molto stare insieme a lei, che non riusciva a stancarsi mai di quei suoi modi. "Più tardi le farò una telefonata", pensa adesso istintivamente, ma come per alleggerire quell'assenza inaspettata; "o magari le invierò un messaggio con il cellulare".

            Poi arriva l’insegnante di letteratura italiana, la signora Sarti, ed osserva per un attimo tutti i ragazzi della classe; quindi sorridendo si rivolge subito a Lorenzo, con maniere e parole semplici, per annunciargli, casomai non lo sapesse, che è appena uscito sul quotidiano cittadino un articolo sulla loro recente esecuzione musicale: <<molto incoraggiante>>, gli dice; <<sembra quasi, per il giornalista, che in giro ultimamente non si trovasse più nessuno disposto a suonare della musica come quella che riuscite a portare avanti voi col vostro gruppo>>. Lorenzo la ringrazia, in parte si sente intimidito dai tanti complimenti, così osserva di sfuggita gli altri ragazzi che lo guardano, e gli pare di poter raccogliere improvvisamente i frutti dei suoi diciotto anni dedicati a quella musica. I complimenti naturalmente sono rivolti adesso anche alla pianista, oggi sfortunatamente assente, visto che il giornale riporta in calce i nomi di tutti i componenti del quintetto. Lorenzo si sente maggiormente dispiaciuto, adesso che la mattinata poteva rivelarsi il giusto coronamento del sacrificio, suo e di Franca, di suonare e credere in quella loro musica, quasi da non sentirsi degno di quelle parole che comunque apprezza. Poi si passa subito ad esaminare i temi scolastici, ma lui, nel chiuso del suo banco, scrive immediatamente un messaggio a Franca: <<Come stai? Qui stanno tutti dalla nostra parte. Ed io sto dalla tua. Fammi sapere presto come va>>.

            Lontano da lì Simone invece si sente disperato, anche se non può far altro che aspettare l’arrivo di qualche notizia su di sé. Ha telefonato a sua madre, che non chiedendogli niente di particolare, ha dimostrato subito di non essere al corrente del suo maldestro tentativo di sequestrare Franca. Quindi la ragazza non ha fatto il suo nome, almeno per adesso. In ogni caso, più trascorre del tempo e più le sue speranze di appianare tutto quanto si fanno probabili. Però lui comunque si sente male nei confronti della ragazza, che non avrebbe proprio voluto spaventare, come invece è successo, e che gli era stupidamente parso potesse addirittura stare al suo gioco, almeno per una serata, e fargli avere, tramite suo padre, qualche soldo di cui sente forte la necessità. “Idee da idiota”, pensa adesso, “che non avrebbero mai potuto avere un seguito positivo, neppure se avessi preparato le cose con una maggiore cura”. La sua fortuna, comunque, è stata soltanto quella di avere avuto, con estrema rapidità, un ripensamento totale, e poi l’abbandono di quel suo progetto.

            <<Sto bene>>, risponde subito Franca a Lorenzo; <<ho avuto solo un piccolo problema, per questo oggi non sono venuta a scuola. Però mi fa molto piacere tutto quello che mi hai scritto. Domani ci sarò>>. “Forse dovrei dirgli tutto quello che è successo”, pensa però un attimo dopo; “anche per mettermi al riparo da ulteriori problemi che forse potrebbero anche insorgere. Ma è difficile, e poi devo riuscire a ripensare tutto quanto senza l’appannamento che mi provoca la paura che ho provato”. Quindi scende dall’auto di sua madre, e camminando insieme a lei entra dentro la Stazione della Polizia, per rispondere ad alcune domande generiche sui fatti, nella maniera esatta come si sono svolti, e per firmare una regolare denuncia contro ignoti, che probabilmente, così almeno le è stato detto, non avrà comunque alcun seguito.

 

            Bruno Magnolfi

             

mercoledì 24 novembre 2021

Evidente sofferenza.


Come un improvviso flusso d'aria, che forma una debole corrente tra due aperture opposte di un appartamento, qualcosa trascina le giornate quasi non fossero costituite da tanti piccoli, diversi, spesso insignificanti avvenimenti, e mostrassero invece un'unica natura, quasi un vincolo di collegamento tra di loro, più o meno un medesimo procedere. Non ci sono fratture, nessuna interruzione, ogni elemento costituisce nell’insieme un plasma omogeneo che sembra disegnare tutto il percorso, come una lumaca mentre striscia lungo il muro. Tanti elementi che si saldano, perdendo, nel procedere, la propria unicità. Poi, in tutto questo muoversi e agitarsi quasi senza uno scopo concreto, e questo ridere sguaiatamente, come si fossero comprese d’improvviso delle ragioni nascoste per comportarsi in questo modo, giunge qualcuno che sostiene di aver individuato l’errore di base del sistema, per cui nulla, di ciò che è stato accolto fino adesso come vero, si possa ora considerare effettivamente come la realtà; piuttosto, sembra d’improvviso come una foto ritoccata, un’immagine falsa, anche se realistica; un disegno ben fatto, ecco tutto; una finta prospettiva, insomma, una facciata che copre una natura differente.

Non è possibile, si dice in certi ambienti; non voglio neppure crederlo. Eppure qualcosa si è strappato, e l’apertura ha mostrato subito a tutti la carne viva, tanto che ricomporre adesso quella struttura per cercare di ripararla, non sembra neppure più fattibile. Si mostrano espressioni serie, facce tirate sopra a dei pensieri tetri, quelli di chi deve progettare di nuovo tutto il percorso, perché la strada seguita fino ad ora, purtroppo, sembra proprio non portasse in nessun luogo. Che importa, tirare avanti senza avere un vero senso che muove ogni nostra azione, dice qualcuno; ci possiamo abituare, si vive alla giornata, forse è persino sufficiente dare la colpa di tutto a qualche tizio molto in vista, ed abbracciare così una causa semplice, che intenda attaccare finalmente il nostro grande nemico, qualsiasi esso sia, per sentirsi in questo modo realizzati, delle vittime costrette a soccombere sotto al tallone del potere, individuato in qualche modo con i nostri semplici mezzi. Importante adesso è reagire, indipendentemente dalle motivazioni. Così dimentichiamo tutto e diamo addosso al primo che ci capita, perché già soltanto una riflessione più profonda pare immediatamente una qualsiasi debolezza, e così è bene evitarla.

Questo pensa Franca, ormai da sola dentro la sua stanza; e ad un comportamento ordinario, che in condizioni più normali le sarebbe stato direttamente suggerito dalla situazione stessa che si è creata attorno a lei, lei si è opposta, appena pochi minuti fa: prendendo tempo, minimizzando quanto è accaduto, descrivendolo, ai propri spaventati genitori, come uno scherzo venuto male e basta. Nessun nome, almeno non adesso, soltanto un gran bisogno di dimenticare in fretta tutto quanto. Ma dentro se stessa, lei riflette meglio e bene su come Simone abbia voluto amareggiare la sua bellissima serata. C’era la necessità, dentro quel ragazzo, come di sporcare ai propri occhi qualcosa quasi di perfetto, pensa Franca ora. Quindi il restringere tutto quanto dentro un gesto solo, per mostrare così tutta la sua forte sofferenza e il proprio folle disagio, nello stridore, tra quel se stesso spettatore di un successo e quel successo stesso, di un ragazzo in evidente difficoltà, messo di fronte ad una ragazza che suona il pianoforte in un meraviglioso gruppo jazz, esprimendo se stessa con i suoni, in faccia a lui che, tutto al contrario, non riesce ad esprimere assolutamente niente.

“Non posso condannarlo”, pensa ancora Franca, “anche se non desidero certo rivederlo. Si tratta adesso di non dire niente a mio padre di quanto è accaduto, e soprattutto di non fargli capire chi sia stato a fare quella deprecabile telefonata minatoria, anche se lui tornerà ogni giorno a chiedere quel nome ed una spiegazione più esauriente di quei fatti”. Le cose poi, fortunatamente, sono rientrate in fretta a casa sua, e anche le forze dell’ordine, immediatamente intervenute, non hanno più insistito, accogliendo la spiegazione dell’amico ubriaco e dello scherzo. Ma adesso è dentro di lei il problema, all’interno di Franca e della sua coscienza: perché non è certo troppo facile restare del tutto distanti e indifferenti, di fronte alla dimostrazione di una simile evidente sofferenza.

 

Bruno Magnolfi           


sabato 20 novembre 2021

Nessun'altra possibilità.


            I ragazzi sono contenti. Adesso hanno mille idee che continuano a girare nelle loro teste, anche se la preoccupazione più importante rimane quella di non farsi prendere stupidamente dal piccolo successo riscontrato in questa serata fortunata, di fronte ad un pubblico particolare, composto persino da qualche giornalista, e poi da molte persone attente e competenti, e magari scordare in fretta così i propri veri scopi. Gli elementi giusti per questo piccolo concerto si sono allineati bene proprio da subito, ancora prima di iniziare a suonare dentro al locale, forse per una serie di combinazioni favorevoli, forse per il nuovo assetto della loro formazione, ma essenzialmente perché il calore della gente, stipata in questa piccola sala, si è mostrata come la molla più efficace, capace di spingere fin dall’inizio il loro jazz difficile proprio verso i territori che tutti sembravano desiderosi di ascoltare. Adesso che ormai è tardi, e quasi tutti sono andati via, loro rimangono piacevolmente in silenzio, mentre continuano a riavvolgere i cavi dell’amplificazione e a rimettere al loro posto gli strumenti; anche perché sarà soltanto la riflessione attenta di ogni dettaglio sonoro che hanno proposto sulla piccola pedana di questo club, che potrà permettere loro di spingersi in avanti, di maturare i suoni giusti, di trovare i fraseggi più adeguati, ed elaborare i pezzi ancora meglio di come li hanno suonati questa sera.

            In diversi tra i presenti, una volta terminato di esibirsi, hanno sentito il dovere di complimentarsi con questi ragazzi per la buona qualità della musica che hanno fatto ascoltare, e tutto è sembrato comunque piuttosto spontaneo e naturale, proprio come il loro genere, che in fondo tenta di coniugare in modo semplice due realtà distanti come il free jazz e il funcky. Alcuni hanno poi apprezzato particolarmente la pianista, una ragazza giovane ma già determinata e tecnicamente molto forte, assolutamente affiatata e in linea con i suoi compagni. “Un tempo continuo e uniforme di percussioni, una linea di basso con pochi fronzoli, degli interventi di tastiere su scale minori, e poi fraseggi delicati di suoni tra i due fiati”, questo verrà scritto domani in una recensione. “Una musica semplice e anche complessa, che mescola tante cose diverse, conservando però una matrice propria, un’idea di fondo personale, insomma un proprio stile”.

            Lorenzo non è rimasto molto contento quando Franca se n’è andata in fretta con quel Simone, subito offerto di accompagnarla a casa. Avrebbe voluto forse che rimanesse qualche altro minuto, magari per poter parlare ancora un po’ di tutto: della musica, del futuro, dei ragazzi del gruppo, forse anche di loro due. In fondo è lei che pur giungendo solo adesso a far parte del quintetto, ha dimostrato di riuscire ad essere subito il baricentro di tutti i loro suoni. Lui è molto soddisfatto di averla presentata agli altri, anche se non sa bene come gestire questi sentimenti che gli nascono dentro all’improvviso, riconoscendo che non si era quasi accorto di Franca al liceo, prima di sapere che suonava il pianoforte. Solo ora si rende conto che lei possiede delle capacità notevoli, non ultima quella di saper ascoltare gli altri. ed intervenire nei momenti più adeguati.

            Sembra che si sia aperta ormai una nuova fase per il loro gruppo: tutti gli altri ragazzi parlano apertamente di come strutturare i nuovi pezzi basandosi sugli accordi del pianoforte, ed anche i momenti più estemporanei, nelle loro parole, sembra che debbano essere sempre sorretti dalle sonorità della tastiera. Fare musica non è una cosa semplice, pensa certe volte Lorenzo mentre è solo. Bisogna sentire dentro di sé la spinta per elaborare ogni dettaglio, e poi metterla a disposizione di tutti gli altri, in maniera che si crei quel tessuto capace di favorire qualsiasi scambio. Suonare il proprio strumento in solitudine è assurdo, riflette ancora. Viene a mancare il senso delle cose, come se qualcuno parlasse a voce alta di se stesso, ma senza riferirsi a niente e a nessuno. Mi manca, pensa ancora Lorenzo. Vorrei sapere tutto di lei; e poi le sue opinioni, i suoi piccoli segreti, la sua maniera di affrontare ogni giornata. Dovrò parlarle, decide d’improvviso; indipendentemente dalla musica e dal nostro gruppo. Devo stare con lei, vicino a lei, anche solo per guardarla respirare. Non vedo per me proprio nessun’altra possibilità.

 

            Bruno Magnolfi    

giovedì 11 novembre 2021

Enormi verità.


            Simone è un bravo ragazzo. La sua mamma da quando è nato lo ha tirato su, anno dopo anno, completamente da sola, con tante rinunce e parecchi sacrifici, e lui soltanto quando ha raggiunto la maggiore età ha iniziato a rendersene conto davvero. Per questo oggi si trova talvolta a disprezzarla, lei e il suo mestiere di cuoca, perché sa di doverle molto, di essere stato per lei anche il motivo principale per cui tirare avanti, in certe giornate. Non vorrebbe sentirsi così, però non ne può fare a meno, tanto che adesso cerca sempre di darle un aiuto, proprio per coprire il suo sentimento nascosto. Ed è anche consapevole di assomigliarle in moltissime cose, e che il tratto di esistenza che lui si trova davanti, ad iniziare da subito, probabilmente non sarà molto diverso da quello compiuto da sua madre fino a questo momento. Simone comunque coltiva dentro di sé un modello di donna molto diverso da lei, anche se riconosce che sua mamma non ha potuto scegliere mai, ed è sempre stata costretta a percorrere le strade che si è trovata di fronte. Così lui prova spesso un'insofferenza a cui non si sente di trovare una motivazione diversa da questo generico e innato malessere che lo accompagna, quasi un dolore esistenziale, ed anche i lavoretti precari che si trova ad accettare come cameriere, secondo il suo parere, sono semplicemente la conseguenza logica di tutti gli aspetti irrisolti che oramai trascina con sé. Si reputa una persona sensibile, sotto quella scorza che cerca di mostrare durissima, e forse per questo non si fa troppe illusioni sul proprio futuro.

            Frequenta qualche altro ragazzo scombinato come lui qualche volta, anche se spesso trascorre delle serate in giro da solo, quando risulta libero da impegni di lavoro, anche per non avere mai degli obblighi con nessuno. In certe occasioni intravede Franca, la figlia dei signori Neri, almeno quelle volte in cui lui va a prendere con l’utilitaria la sua mamma, che lavora nella cucina di quella villa, e gli sembra una ragazza invidiabile e fortunata, ma non tanto per essere nata in una famiglia di ricchi, quanto perché vede in lei una persona con la possibilità di scegliere davvero cosa farne della propria vita. Frequenta il liceo con ottimi voti, suona il pianoforte, studia al Conservatorio, adesso sta persino in un gruppo di jazz, tutto quello che per lui semplicemente sarebbe sempre apparso del tutto impossibile. Per questo stasera Simone si è spinto fino in questo piccolo locale da solo, perché là dentro c’è Franca con il suo gruppo di suonatori intellettuali che si esibiscono proprio stasera, e lui vuole ascoltarla, vuole sapere tutto quello che fa, desidera rendersi conto di quali siano i suoi scopi, cosa le passi dentro la testa, quali siano i suoi orizzonti, quali le sue necessità. È difficile per Simone avere chiari i propri intenti, e di fronte ad una domanda di questo genere non saprebbe proprio che dire; però sa che adesso vuole capire, conoscere, immaginare, sentirsi vicino a quello che Franca cerca di essere.

            Resta quasi immobile per tutto il tempo, nel buio in fondo alla sala, ed ascolta con un certo impegno quella musica così difficile; poi, quando loro hanno finito e Franca sembra abbia smesso di ridere e di parlare con tutti, lui l’avvicina con timidezza, le fa i complimenti, e quindi si offre di accompagnarla a casa con la propria utilitaria, lei e la sua custodia rigida con dentro il pianoforte elettronico. Lei adesso sta accanto a Lorenzo, anche perché è la persona che conosce meglio là dentro, ma lui ha soltanto un vecchio motorino, non può accompagnarla. E’ arrivata fino al locale con un tassì, e naturalmente pensava di tornare indietro nella stessa maniera, ma l’offerta di Simone non le dispiace, così può anche sentire da lui un parere obiettivo su ciò che ha ascoltato. Lorenzo appare impacciato, forse non vorrebbe vederla andar via con un tizio più grande, ma non può fare niente, non gli è neppure possibile opporsi, lui è soltanto un amico di Franca, nient’altro. Si offre di portarle la tastiera fino alla macchina, che fortunatamente non è molto distante, poi la saluta, ed infine torna indietro, ad aiutare gli altri del gruppo a rimettere a posto le cose dentro al locale.

            Franca è contenta, tutto sta andando nella maniera migliore per lei: le dispiace vedere Simone sempre con quell’espressione abbattuta, quindi gli spiega il solito concetto che lui conosce a memoria, per cui se le cose si desiderano veramente, a volte è possibile persino vederle realizzate. Lui annuisce, non sopporta le frasi ad effetto, in ogni caso sa che per quanto riguarda la ragazza che gli siede accanto, in questo momento tutto ciò sembra proprio una grande verità.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 9 novembre 2021

Attesa risposta positiva.


            “Iniziano quasi ogni brano con dei suoni distesi, pacati, mescolando piccole frasi strumentali in un’atmosfera completamente atonale, organizzando piccole tensioni che tendono in seguito a distendersi. Poi alcune volte si riconosce una linea di basso che richiama gli altri verso un nucleo armonico, ed alla fine giungono una serie di accordi del pianoforte che tendono come a completare tutti i valori sospesi. Gli altri a quel punto iniziano a muoversi, generalmente senza fretta, su una delle scale modali, ed anche le percussioni strutturano comunque un ritmo più o meno cadenzato. Non dura molto, i fiati sono i primi a rompere il gioco, e tutto confluisce nuovamente nell’alveo dei suoni liberi, ma sempre su dei toni piuttosto smorzati.” Difficile rendere il senso di un’esperienza complessa come quella di ascoltare della musica di chiara provenienza free jazz, però ripensata con maniere gentili, senza urla, senza alcuna ricerca del grido tirato. Pare quasi, in certi momenti, di trovarsi davanti ad un quintetto da camera, una combo gentile e garbata, capace di mescolare con strumenti tradizionali tanti linguaggi diversi, fondendo facilmente tra loro culture e reminiscenze lontane, quasi un elenco completo e disordinato di idee.

            “Il locale è il solito jazz club, come ce ne sono tanti ormai in ogni città; piccolo, disadorno, mal illuminato, dove le prime sedie per il pubblico sono accostate alla pedana dei musicisti, quasi nel tentativo di mescolare quei ruoli. La musica si tocca davvero in luoghi del genere, letteralmente, ed anche se spesso vi si possono incontrare solamente i soliti appassionati, ugualmente stasera si respira un’aria diversa, che non sa di risaputo, e che si inoltra per nuovi sentieri, seppure riconoscibili.” Come spiegare quando qualcosa ti prende, ti stuzzica, ti colpisce, anche se non ne vedi nell’immediato una ragione precisa? Perché chi sta suonando non si permette di fare il virtuoso del proprio strumento, piuttosto sa lasciare continuamente all’altro la possibilità di introdursi, di fraseggiare, di esprimersi, nella ricerca continua di un vero dialogo sonoro. Non si avverte alcuna necessità di primeggiare in una musica del genere, e in questa maniera si apprezzano gli spunti, gli accenni, addirittura le piccole citazioni.

            “La bravura di questi ragazzi sta proprio nel cercare di non scavalcarsi mai l’uno con l’altro, e di evitare continuamente gli assolo sparati a cui qualcuno forse è più abituato, lasciando la contemplazione, per un pubblico attento come questo, di un’atmosfera dipanata, senza sforzi, quasi rarefatta in certi momenti.” La difficoltà di chi suona non sta nello spremere lo strumento per cavarne fuori mille sonorità complesse, ma di lasciare al contrario che la semplicità di ogni suono avvolga una struttura composta da tanti piccoli tasselli, di eguale importanza l’un l’altro, lasciati come un mosaico a galleggiare su una musica spesso libera da ingombranti strutture. “Qui si attinge ad un archivio mentale di elementi diversi, e si elabora in senso creativo strutture melodiche e armoniche in tempo reale, nell’interazione e nel rispetto di ognuno, all’interno di un gioco strumentale  continuo di tutti quanti i componenti del gruppo”.

            <<Mi è proprio piaciuto>>, dice G.M. ad un conoscente che ha incontrato davanti al bancone di legno del jazz club per un’ultima bevuta, prima di andarsene via, per scappare a riscrivere rapidamente gli appunti sul pezzo in pubblicazione domani. <<Forse non siamo neppure più abituati ad ascoltare una musica del genere, anche se è l’alternativa più forte al prodotto di largo consumo>>. L’altro sorride, e quando si volta ci sono proprio due dei ragazzi del gruppo di jazz, quelli che per primi hanno finito di riporre i propri strumenti, ed adesso si sono fermati lì accanto, forse per bere qualcosa anche loro. <<Ci fa molto piacere>>, dicono sottovoce sorridendo la pianista ed il batterista, inarcando la testa in mezzo alle spalle, come a mostrare quasi un infantile moto di timidezza. <<Eppure non ci voleva molto ad inventare una musica così>>, dice ancora il giornalista; <<era sufficiente pensarci>>. Il tono è molto cordiale, i ragazzi spiegano in due parole le loro recenti esperienze fino a stasera; G. M. naturalmente prende appunti, e sembra molto contento di essersi imbattuto in due strumentisti così giovani e freschi per una musica talmente fuori dalle mode come quella che hanno proposto stasera, perciò chiede ancora qualcosa sui ruoli all’interno della loro formazione, ed infine rinnova con enfasi i suoi complimenti.

            <<Se qualcuno ci aiuta, addirittura vorremmo fare a breve una registrazione seria del materiale che abbiamo suonato stasera. Magari per riversarlo poi su un vinile>>, dice Lorenzo, il batterista. G.M. allora si volta mentre sta uscendo: <<Stiamo a vedere che cosa succede dopo la pubblicazione del mio articolo sul giornale di questa città; magari la risposta positiva che adesso cercate potrà giungere proprio da lì>>.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 7 novembre 2021

Altrimenti nulla.


<<In fondo sono quasi contenta>>, dice la prima ragazza alla sua amica mentre si stanno accomodando dentro al locale. Si sono date appuntamento proprio là dentro, di sicuro anche per incontrarsi con certi amici che naturalmente adesso sono già in ritardo, ma soprattutto per venire ad ascoltare un nuovo gruppo che suona musica free jazz, del quale negli ultimi giorni si parla molto in giro, in questa specie di buco adibito a club dove comunque si beve, si ascoltano delle sonorità dal vivo, si trascorre forse una serata un po’ diversa da qualsiasi altro posto di tutta la città. <<Certo>>, fa l'altra; <<soltanto in questo modo potevi comprendere>>. Scelgono un tavolino libero, si siedono, si guardano in giro. Per il momento vengono diffuse certe datate registrazioni di Miles Davis tratte dal suo periodo acustico, ma non è detto che la musica rimanga la medesima ancora per molto. Arrivano altri nel locale, e in mezzo a tutti anche gli amici delle due ragazze, così per un attimo si sprecano sorrisi, baci e saluti, fino a quando tutti decidono finalmente di sedersi. <<Difatti, adesso ho capito>>, fa la tizia di prima senza alzare troppo la voce. <<Voi avete sempre dei segreti>>, dice uno dei ragazzi appena giunti, magari soltanto per mostrare che lui sta sempre attento a ciò che gli succede attorno. Le ragazze lo guardano, sorridono, trattengono i loro pensieri dietro a delle maschere di ordinaria socialità, anche se è evidente quanto abbiano in profondo disprezzo i ficcanaso.

La musica per il momento non è ad un volume troppo alto, si può parlare, anche se al loro tavolo, escluse le ordinazioni rivolte ad un giovanotto vestito strano che si occupa di servire quella ventina di clienti già presenti, nessuno sembra abbia troppa voglia di parlare. <<Noi stiamo bene>>, fa dopo un attimo una delle due ragazze di prima, come se qualcuno avesse nutrito dei dubbi in quel senso; ma l'altra le riserva un’occhiataccia con espressione seria, come se quella avesse iniziato a svelare qualcosa di sé o di loro due. <<Se continui in questo modo me ne vado>>, le afferma in un orecchio dopo un attimo, quasi l’avesse offesa. Uno dei ragazzi dice di conoscere il bassista del gruppo che suonerà fra poco, ma questa informazione non sembra interessare molto nessuno dei presenti al tavolo. <<Vado a telefonare>>, dice poi la ragazza senza riferirsi a qualcuno in particolare, e quindi si alza preoccupandosi soltanto del suo cellulare. Dopo un attimo l’altra la segue, quasi ci fosse la necessità di un sostegno morale in ciò che sta facendo la sua amica. Dopo pochissimo però tornano a sedersi tutt’e due, probabilmente senza essere riuscite a parlare con nessuno, anche se adesso sembrano quasi più tranquille.

<<Sono curiosa però>>, dice la ragazza di prima mentre mette via il telefono. Nessuno comprende esattamente a cosa si stia riferendo, e lei aggiunge subito ridendo: <<della musica, è evidente>>, mentre prende un sorso della birra che intanto le hanno portato. Gli altri sembrano leggermente in imbarazzo, a qualcuno piacerebbe addirittura che, chi deve farlo, adesso iniziasse proprio a suonare sopra quella piccola pedana accostata alla parete di fondo, ma giusto per rompere quest’aria un po’ pesante attorno al loro tavolino. <<No, ragazzi, non ci credo; sembra che stasera arrivi anche un importante giornalista proprio qua dentro, un critico musicale, inviato qui per scrivere un articolo su questi che devono suonare>>. Gli altri si guardano attorno come per individuare tra quei due o tre che stanno ancora in piedi, il soggetto in questione, mentre la ragazza prosegue a consultare lo schermo del suo cellulare.

Parte in quell’attimo la suoneria proprio del suo telefono, e lei di colpo si alza, risponde rapidamente mentre sembra scappare via da qualche parte, nello stesso momento in cui i musicisti della formazione in cartellone, giungono infine con gli strumenti sopra al piccolo palco, e le luci si attenuano, lasciando accesi soltanto dei faretti sopra le loro figure. Torna la ragazza: <<scusate>>, dice con un certo imbarazzo. <<Purtroppo le cose non sono mai come vorremmo>>. Gli altri la guardano, anche la sua amica attende la conclusione di quella frase, ma sembra invece non ci sia alcun seguito. <<Non è un momento facile>>, dice l’altra ragazza, quasi per giustificare gli strani atteggiamenti di quella sua amica. Quindi il gruppo sopra la pedana inizia a suonare con una certa decisione. Tutti ascoltano, anche perché non è proprio possibile fare altrimenti.

 

Bruno Magnolfi