mercoledì 29 dicembre 2021

Ultimi preparativi.


            <<L’idea iniziale, a dire il vero, è stata tutta di mio marito>>, spiega Sandra sorridendo al negoziante di quel piccolo emporio di quartiere, mentre con calma sta acquistando alcune cose che indubbiamente serviranno durante quel loro viaggio. <<Da tempo volevamo trascorrere una vacanza fuori stagione assieme a questi nostri amici di sempre, e mettendo insieme la spesa da sostenere per gli alberghi e per i ristoranti, abbiamo compreso subito che ci sarebbe sicuramente convenuto noleggiare un camper grande e ben accessoriato, divertendoci così a cucinare e a trascorrere le serate chiusi all’interno, anche perché c’è pure il cane Ettore che sicuramente è più contento di venire insieme a noi piuttosto che trascorrere un periodo in una pensione per animali>>. Mentre lei prosegue a parlare in questo modo, gli altri tre infatti, durante quello stesso pomeriggio, sono andati in periferia a ritirare il mezzo già prenotato ormai da qualche giorno, ed intanto Sandra è rimasta da sola ad accumulare poco alla volta tutte le cose che hanno messo in lista per quel loro viaggio, comprese le scorte alimentari che almeno nel corso del primo paio di giorni, gli permetteranno così di non fare troppe soste. <<Allora buona vacanza, signora Lenzi>>, dice il bottegaio mentre lei esce in strada e si avvia verso la propria abitazione, trascinando con sé il suo carrello per la spesa, praticamente colmo di acquisti di ogni genere.

            Sandra però, senza confessarlo a nessuno, prova una strana agitazione per l’esperienza che si troverà ad affrontare nelle prossime due settimane. Le cose con suo marito non stanno andando benissimo ultimamente, mostrando tra loro un certo nervosismo, e quella vacanza a suo parere potrebbe essere la giusta maniera per ritrovare un maggiore equilibrio ed una certa serenità, soprattutto per mezzo del confronto inevitabile con una coppia affiatata e solida come quella dei loro amici. La propria idea principale resta comunque quella, per quanto sia possibile, di starsene almeno in parte per proprio conto, leggendo qualcuno dei libri che si sta portando, e poi occupandosi soprattutto delle attività all’interno di quel loro autocaravan, anche se non intenderà certo mostrarsi con gli altri isolata ed asociale. Per dire tutta la verità, non sa neppure lei che cosa attendersi da quel viaggio, anche se si sente aperta ad affrontare le piccole sfide e le inevitabili difficoltà che magari potranno presentarsi. Tutto sommato si sente su di giri come gli altri per l’inizio della loro piccola avventura, e proprio per questo ha deciso di tenere aggiornato già da domani una specie di diario di bordo, descrivendo, sopra le pagine di un grosso quaderno, ogni propria sensazione, oltre ad annotare naturalmente tutti i luoghi da dove si troveranno a transitare.

            Infine tornano gli altri con il mezzo già noleggiato, e lo parcheggiano subito nel giardino dell'abitazione di Sandra e di Antonio, non senza una certa difficoltà di manovra, e poi iniziano immediatamente a sistemarlo e a prendere confidenza con le varie attrezzature di bordo, caricando dentro gli scomparti tutto ciò che hanno stabilito di portare. La partenza è prevista per la mattina seguente, ma considerato che tutti e quattro vogliono lasciarsi velocemente alle spalle le loro normali attività ordinarie, l’idea è quella di far subito una tappa molto lunga, ed almeno avvicinarsi il più possibile al confine con la Francia. <<Non so cosa aspettarmi da questo bel viaggio>>, ripete lei allora alla sua amica Lina, una volta rimaste un po' in disparte. <<Forse una specie di rivelazione per il prossimo futuro, non saprei>>. L'altra si mette subito a ridere, come non fosse da prendere proprio sul serio un'affermazione di quel genere. Ma poi, tornando ad essere un po’ meno ironica, le spiega in due parole che per lei, al contrario, quella vorrebbe essere soltanto una parentesi dalla monotonia dell'ultimo periodo, e che personalmente si propone di affrontare ogni momento di quella loro vacanza con il massimo possibile di leggerezza.

            <<Ci saranno tante cose da fare>>, dice Sandra come per allinearsi e incoraggiare da subito le proprie attività. <<Però non voglio perdermi neppure un attimo delle giornate che da adesso abbiamo di fronte>>. Quindi entrano in casa per le ultime decisioni sull’abbigliamento necessario da portarsi dietro, mentre Antonio e Renato prendono confidenza con le sicurezze e le varie strumentazioni elettroniche a bordo di quel mezzo, compresi i fornelli per cucinare, il frigorifero, e la stufetta riscaldante, tutte alimentate tramite un contenitore posteriore di gas metano. Ogni apparecchio sembra comunque piuttosto intuitivo, ed il sopralluogo generale di ogni dettaglio li fa sentire subito più tranquilli, anche in considerazione del fatto che il mezzo che hanno avuto è praticamente nuovo, assolutamente in perfette condizioni.

 

            Bruno Magnolfi 

venerdì 24 dicembre 2021

Importanza del momento.


            Lei si muove lentamente dentro la sua stanza, circondata come sempre dalle proprie cose. Si è vestita con un abito piuttosto elegante poco fa, ed ha impiegato un po' di tempo per incorniciare con un trucco leggero, ma comunque abbastanza ricercato, i suoi occhi ed il suo sguardo. Adesso Franca però attende. Ci saranno dei collaboratori di suo padre più tardi nella loro casa, e lui gentilmente le ha chiesto, già un paio di giorni addietro, di prendere parte a questa che ha definito come una “cena informale”, e se ne avesse voglia, nel corso della serata, suonare qualcosa per gli ospiti, seduta davanti al pianoforte del loro salone al piano terra. Niente di nuovo, sono cose già viste nella villa dei Neri, anche se a lei non sono mai piaciuti molto i ricevimenti di quel genere. Poco prima si era affacciata per un attimo alla porta di cucina, tanto per curiosare sui preparativi, ed aveva intravisto Teresa e Caterina, le esperte cuoche a servizio della sua famiglia, che stavano già componendo sopra i vassoi la variegata cena fredda prevista, con delle tartine e dei crostini, e poi anche degli assaggi di ogni tipo, con carni, salse, verdure e formaggi, ed almeno per quanto riguarda il tipo di ricevimento previsto, si era sentita subito abbastanza sollevata. Una cena in piedi, durante la quale volendo poter starsene in disparte, cioè senza rispettare delle rigide etichette, magari lasciandosi un po’ andare, con un bicchiere in una mano, a delle argomentazioni leggere e inconcludenti di fronte a qualcuno sorridente e curioso, disposto a parlare e a confrontare i propri anni lontani del liceo, con quelli freschi e attuali della studentessa di casa.

            Qualcuno poi suona all’ingresso del giardino, la cameriera aziona dopo un attimo il cancello automatico, e quindi ci si immagina facilmente gli invitati mentre varcano il portone della casa, si scambiano gli ossequi, entrano a grappolo nell’ingresso elegante della grande abitazione illuminata. Ad attenderli naturalmente ci sono ambedue i genitori di Franca, accoglienti ed allegri come sanno essere sempre in queste circostanze. Lei però cerca di rallentare ancora la sua sortita, e quasi si fa attendere, ma non per un moto di superbia o di altezzosità, ma soltanto per quel filo immancabile di solita ordinaria timidezza. Immagina anche la sua mamma mentre volta già lo sguardo lungo la scala che porta alle camere del piano superiore, nel tentativo di cercare con gli occhi la sua presenza. E le cameriere, che a questo punto avranno di sicuro imbandito il lungo tavolo del salone con tutto quanto è stato preparato, e già si saranno aperte le prime bottiglie dei vini e degli aperitivi. Franca allora entra per un attimo nel bagno, non si sente a proprio agio, è riuscita ad avvertire già alcune espressioni in lontananza degli invitati di stasera, ma torna a riguardare nello specchio la sua faccia, la propria espressione, i capelli trattenuti sulla nuca in una coda semplice.

            Infine, con un guizzo, decide che deve proprio andare; così, con la fermezza tipica di tutte le sue decisioni improvvise, scende la scala dal primo piano, e poi entra nel salone, riconoscendo con stupore che non sono presenti degli invitati sconosciuti. Al contrario, stanno lì, davanti a lei, i fantastici ragazzi del suo gruppo di jazz, tutti insieme, vestiti con eleganza, e che in un attimo voltano lo sguardo dalla sua parte, sollevando in sincronia ognuno il proprio bicchiere, per lanciare un brindisi architettato soltanto per lei, completamente inedito, proprio in suo onore. Franca è commossa, una bellissima sorpresa questa, perciò saluta i ragazzi con un filo di voce, poi guarda suo padre, quello che l’aveva quasi osteggiata fino a ieri nello studio del pianoforte, e che adesso mostra con evidenza di aver completamente cambiato la propria opinione. Anche la mamma le sorride, e per lei questa cornice è quanto di più bello si sarebbe mai immaginata, tanto da provare il desiderio profondo di abbracciare subito i propri genitori e ringraziarli con un solo gesto per quella fiducia accordata nei confronti dei suoi più forti desideri.

            Poi si siede al pianoforte, come mostrando di non avere sull’immediato le parole adatte per esprimersi, e tutti i ragazzi della formazione in un attimo si schierano attorno a lei e allo strumento, e Franca perciò inizia a suonare, anche se non sa bene neppure lei che cosa, perché forse l’importante adesso è soltanto far vibrare quelle corde metalliche, quel legno stagionato della cassa armonica, insieme a quelle meravigliose orecchie di tutti intorno a quei suoi suoni e a quegli accordi, perché non c’è altro di importante in un momento così; soltanto questo.

 

            Bruno Magnolfi

          

martedì 21 dicembre 2021

Massima sopportazione possibile.


             “C’è la necessità di un grande impegno, e di comprensione, di profondità”, si dice da più parti. Ma lui oggi cammina lentamente lungo il marciapiede, e la propria riflessione su come stiano variando anche gli stessi parametri che a suo parere si sono sempre dimostrati i più importanti nella lettura delle espressioni attuali, lo porta inevitabilmente verso considerazioni sempre più negative. Incontra molte persone, qualcuno del quartiere magari lo saluta, ma la totalità degli altri però si mostra completamente indifferente, impassibile persino davanti all’evidenza di un individuo anziano come lui, malfermo sulle gambe, però rispettabile, anche se pieno di dubbi qual è. L’esperienza che porta sulle spalle non ha quasi alcun peso, pensa; ed anche conoscendo quali siano stati, nella vita di un vecchio quale lui si dimostra, i punti fermi dell’attività impegnativa che ha sempre portato in avanti, probabilmente a nessuno interesserebbe saperne neanche qualcosa di più. “Se non c’è curiosità, non c’è neppure scavo interiore”, riflette. “E questo non può essere certo un bene per la stessa organizzazione sociale, in questi momenti”. Ma non è sempre possibile dire a se stessi soltanto: purtroppo, e poi magari anche vivere di nostalgie d’altri tempi; per questo il maestro Bottai cerca spesso di valutare soprattutto ciò che gli viene proposto come sviluppo, trasformazione, oppure anche come un normale svecchiamento.

            “La musica d’oggi, tragicamente, non si sa più verso dove sia diretta”, pensa spesso: e quindi è chiaro che anche per quelle persone, così come lui, che pensano le sue medesime cose, torna del tutto naturale rivolgersi, per questi semplici motivi, alle grandi sinfonie e ai grandi autori del nostro passato. Adesso poi si parla addirittura di musica liquida, cioè di qualcosa che non venga composto e registrato una volta per tutte, ma di un materiale sonoro che si mostra soggetto, grazie alla tecnologia, a continue e progressive variazioni. Dei brani capaci di sopportare infinite modifiche, magari in funzione del momento, o del temperamento degli autori, oppure addirittura di un algoritmo in grado di cambiare continuamente un primo prodotto messo in rete, semplicemente ad ogni nuovo collegamento. “Non so”, pensa lui mentre prosegue la sua passeggiata, “però mi sembra che abbiamo perduto del tutto il senso delle cose, e si cerchi solamente ciò che è proiettato al massimo possibile verso la nebulosa inestricabile del futuro”. Sulla soglia del suo negozio, il salumiere che lui conosce da tempo, gli fa subito un cenno amichevole, mostrando che c’è ancora qualcuno che forse sta in qualche maniera dalla sua parte. “Perché l’estrema proiezione dell’individuo verso il domani, qualsiasi esso possa essere, si impernia nell’inevitabile auto-isolamento”, riflette adesso il maestro quasi in risposta di quel saluto, come per interpretare positivamente anche il leggero sorriso che gli viene rivolto da quel negoziante.

            Non esistendo più un vero compositore di musica che riesce a farsi carico dei dubbi, dei tormenti, delle angosce del proprio momento storico, non c’è più una vera analisi sensibile del vissuto, capace di trasformarsi in opera d’arte nel momento in cui viene tradotta in semplici note. Manca il passaggio all’interno dell’umana coscienza, che appare adesso soltanto come un freno stupido e deteriore nei confronti dell’attività contemporanea. “Per questo sono d’accordo con quanto viene tentato da qualcuno”, pensa il maestro. Il jazz, con tutti i suoi limiti, non è un tipo di musica definita una volta per tutte. Anzi, è capace di inglobare, all’interno di sé, tantissime correnti diverse tra loro, restando fedele soltanto al principio dello stimolo reciproco e della comunicazione strumentale dei musicisti tra loro. “Questo mi piace, in quella ragazza con il suo gruppo di jazz. Il cuore, il sentimento, la passione umana, che vengono inseriti all’interno di quella musica”.

            Dopo queste riflessioni, il signor Bottai decide di rientrare nel suo appartamento, e tornando con calma sui suoi passi, ritrova poco dopo il negoziante di prima, con il proprio grembiule indossato come una vera divisa, e l’espressione di chi ci sa stare da tempo in mezzo alla gente. <<La musica è l’arte più difficile al mondo>>, gli dice quello ridendo, quasi per una sorta di semplice omaggio alla carriera del maestro che si trova di fronte; però il Bottai adesso si ferma, lo osserva meglio, poi annuisce con convinzione. <<Ha detto qualcosa di saggio>>, gli dice poi di rimando. “Siamo circondati da musiche commerciali”, pensa da solo riavviandosi; “costretti e sottoposti al loro continuo bombardamento; e ci resta impossibile chiudere le orecchie persino quando si raggiunge il massimo della sopportazione possibile”.

 

            Bruno Magnolfi     

giovedì 16 dicembre 2021

Preparazione necessaria.


            Ci sono stati, specialmente negli ultimi decenni, moltissimi sassofonisti appassionati e veri cultori del jazz; e magari proprio loro, anche più di altri strumentisti, innalzandosi quasi a simbolo della musica afro-americana, hanno spesso trascinato negli anni le tante e variegate correnti di questa musica, molte volte riuscendo a rinnovare rapidamente gli stili, oppure anche trovando delle soluzioni diverse di suonare, più aderenti ogni volta al loro periodo. Emilio qualche volta sente su di sé tutto il peso di questa selva di importanti strumentisti, certe volte anche grandi precursori dei vari modi di suonare, che proprio come lui hanno soffiato, e ben prima di lui, dentro al canneggio di questo strumento metallico ad ancia semplice, ricavandone prima o dopo tutti i suoni possibili ed estremi. Così come, in certi altri casi, lui adesso quasi sente giungere proprio da loro un efficace sostegno morale, sapendo perfettamente che tutti i problemi tecnici che per ognuno è possibile incontrare mentre suona il suo sassofono tenore o soprano, sono già stati affrontati e risolti da questi grandi personaggi animatori di concerti e di serate memorabili, organizzate spesso nello sviluppo di tanti generi diversi. Ciò non deve incoraggiare, secondo la sua opinione, il tentativo di assomigliare a quello o a quell'altro, magari sforzandosi di rifare o ricreare i medesimi assoli che qualcuno è stato capace di improvvisare quella volta oppure quell’altra. Nel jazz c'è una matrice di libertà che non può mai essere disconosciuta: è quasi una trave portante di questo genere musicale, indipendentemente da qualsiasi sonorità si decida di affrontare. Ed è addirittura, secondo Emilio, il senso profondo e la vera anima di questa musica: un materiale in continua evoluzione.

            Nessuno, nel suo gruppo, ha mai posto dei limiti ai propri suoni, ed il fatto di avere sempre cercato di comporre dei brani che fossero adeguati alle loro esigenze come dei veri vestiti da indossare, ha fatto in modo che alla fine la musica che attualmente si trovano a suonare non assomigli mai troppo a nessun’altra: è la loro, quella che aderisce meglio alla propria sensibilità collettiva. “Franca in questo ha una personalità unica”, riflette ancora Emilio; “se agli inizi le si poteva chiedere semplicemente di aderire alla nostra proposta musicale, lei in breve tempo ha fatto molto di più, inserendosi con il suo piano come elemento di snodo e di cardine per tutti i nostri suoni”. In effetti qualcuno ha iniziato a notare questo gruppo senza troppe pretese di notorietà, ed alle loro prove nella sala acustica dove si riuniscono regolarmente, alcuni hanno iniziato a venirli a sentire, stando di là dal vetro, magari con la cuffia inserita nella loro amplificazione; e in diversi, tra quegli amici e quei conoscenti, hanno mostrato grande apprezzamento per i loro risultati.

            Forse non ci sarà mai un grande futuro per quel genere musicale che loro si ostinano a portare avanti, questo lo sanno perfettamente sia Emilio che tutti gli altri componenti della formazione; ma ciò non significa assolutamente niente, considerato che la musica, per essere libera, ha sempre la necessità di non essere condizionata da nulla, tantomeno dal successo economico determinato dal mercato. E poi ciascuno di loro ha sempre pensato che una passione per qualcosa come l’arte dei suoni, debba sempre volare al di sopra di qualsiasi utile che si potrebbe ricavarne in un modo o nell’altro. Perciò vanno avanti lungo la strada intrapresa, ed Emilio, pur sapendo che forse non sarà mai una vetta indiscussa del suo strumento, ciononostante comprende che il suo apporto alla qualità musicale finale del gruppo è determinata anche da quello che lui riesce a suonare, e da come e quanto sia in grado di fare la sua parte.

            “Oggigiorno registrare la musica che facciamo, vuol anche dire fissare una volta per tutte la traccia di qualcosa che sei stato capace di mettere insieme”, pensa ancora certe volte; “e già questo è un risultato importante, anche se le dinamiche fondamentali della nostra formazione si impostano soprattutto dal vivo, in presa diretta, quando ogni stimolo può essere immediatamente tradotto in semplice suono”. Poi Emilio termina di pulire e di lubrificare le chiavi del suo prezioso strumento, scegliendo le ance migliori e sistemandole di nuovo in buon ordine: perché è evidente che la voce che passa da quel suo strumento, è esattamente il prolungamento del suo corpo, della propria personalità: e quindi non è possibile affrontare un’attività importante e generosa come quella che sostiene lui con il suo gruppo, senza aver preparato degnamente qualsiasi cosa sia necessaria.

 

            Bruno Magnolfi         

martedì 14 dicembre 2021

Veloce cambiamento.


            Il dottor Carlo Neri stamani si muove nervosamente dietro la grande scrivania del suo ufficio. Le segretarie nelle altre stanze stanno lavorando sodo come sempre ai loro terminali, ed operano sulle linee telefoniche fornendo il solito filtro per tutte le chiamate in arrivo, anche se quelle doverose, che si vedono costrette a passargli, oggi appaiono per lui un vero e proprio fastidio: quasi un tormento dover parlare di azioni e questioni finanziarie con certe persone estranee a tutti i suoi pensieri, almeno quelli di certe giornate come questa. Naturalmente, non è trapelato niente di quanto è accaduto alla sua famiglia la settimana scorsa, e lui non ne ha certo parlato con anima viva, imponendo persino, soprattutto alla cameriera di casa presente quella sera, ma anche agli stessi poliziotti intervenuti per occuparsi del caso, di conservare la massima segretezza. Eppure non si sente del tutto a posto, qualcosa dentro di sé pare aver lasciato come uno strascico da cui stenta lentamente a liberarsi. E’ come se la sua vita, e naturalmente quella della sua famiglia, avessero mostrato d’improvviso una fragilità a cui non aveva mai dato alcuna importanza. Una sottile angoscia si è inserita adesso in mezzo ai suoi pensieri, e sembra proprio non volersene andare facilmente. Certo, adesso, ripensando a tutto, lui si è praticamente convinto: alla fine è stato soltanto uno stupido scherzo; però il fatto ha mostrato, pur non volendo, una verità profonda.

            Lui ha già telefonato a casa due volte questa mattina, adombrando qualche scusa messa su quasi ad arte, ma in fondo soltanto per sentire una volta di più la voce comprensiva di sua moglie, ed ottenere da lei le medesime rassicurazioni di sempre, fino a rendersi conto che tutto sta andando anche oggi nella maniera più normale possibile. La stessa parola “sofferenza” però, è come divenuta quella maggiormente da evitare dentro la sua testa, e se lui ne avesse il potere, da ora in avanti, metterebbe una vera e propria campana di protezione sopra di sé e sulle sue donne di casa. Poi il signor Neri pensa a sua figlia, e gli pare d’improvviso che non esista ragazza più in gamba di lei: lei che poco per volta sta costruendo un mondo proprio, senza tener dietro alle scelte fin troppo facili, a quelle indicazioni per lei forse persino troppo ordinarie. È il suo carattere che adesso gli piace, quella sua capacità di desiderare ed avere delle cose nuotando contro corrente, quasi con testardaggine. Se la faccenda del finto rapimento è finita bene e senza strascichi, in fondo è grazie a lei e alle sue qualità, e di questo Carlo ne è ormai più che sicuro.

            Per questo vorrebbe imbastire una piccola festa proprio in suo onore, ma se decidesse di parlarne con lei è già sicuro che Franca direbbe subito di no, che non le sembra proprio il caso. Così la maniera migliore magari potrebbe essere quella di farle una sorpresa, confidando nel fatto che al momento più opportuno a sua figlia non passerebbe neppure per la mente di tirarsi indietro. La cosa più adeguata sarebbe forse quella di invitare a cena tutti i componenti del gruppo jazz con cui lei suona negli ultimi tempi, anche per omaggiare le registrazioni a cui loro stanno lavorando, e che in seguito saranno addirittura pubblicate. Sua moglie ha già dato a questo piccolo progetto il suo parere favorevole, ed adesso non resta che fissare il giorno più adatto, e poi avvertire quei ragazzi. Nessuno di loro è coinvolto naturalmente in quella faccenda del rapimento, Franca lo ha già più volte spergiurato; anzi, non ne sono neppure a conoscenza, e quindi non si capisce perché non debbano adesso essere celebrati come meritano. E poi lui vuole conoscere adesso tutte le persone che frequentano sua figlia: anche se lei è grande e responsabile di sé, ugualmente non gli pare ci sia niente di male nel comprendere appieno la grande e profonda passione di Franca per la musica.

            Così Carlo Neri chiama sua moglie Rosa per una terza volta, ma lo fa soltanto per dirle che avrebbe alla fine individuato il giorno migliore in cui invitare a cena i musicisti di quel gruppo di jazz, e considerato che al momento lui ha il numero telefonico soltanto di uno di loro, che è anche un compagno di classe nel liceo di Franca, sarà necessario preoccuparsi di rintracciare anche i numeri degli altri. La signora Neri dice subito che di questo potrà occuparsene lei senza alcun particolare problema, e poi ancora che il giorno scelto per quella festicciola tutto sommato a lei pare abbastanza adatto. Poi sorridendo riaggancia, piuttosto soddisfatta e meravigliata di questi sviluppi, visto che tutto in suo marito pare stia proprio cambiando, e persino molto velocemente.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 11 dicembre 2021

Formidabile saluto.


            A Lorenzo non è mai piaciuto troppo ritrovarsi con gli altri ragazzi del liceo su quelle consunte sedie di plastica della birreria vicino a scuola, tantomeno durante certi noiosi pomeriggi feriali, quando secondo lui si dovrebbe impiegare sicuramente meglio tutto quel tempo gettato via così. In ogni caso ha sempre riservato dentro di sé la possibilità di farsi vedere ogni tanto da quelle parti, magari di sfuggita, specialmente in quelle vuote giornate costituite da un senso di esagerata solitudine, tanto da affermare a volte, già all’uscita dalla scuola, che forse più tardi sarebbe proprio passato da lì. Adesso però è del tutto diversa la faccenda. Con Franca si sono trovati d’accordo per un appuntamento preciso, che forse poteva essere fissato in qualsiasi altro luogo, magari in un posto più intimo, ma che presso quel locale ha assunto subito, anche nelle poche parole che si sono scambiati alla fine dell’orario delle lezioni, una valenza superiore rispetto a qualsiasi altro possibile locale. Farsi vedere assieme a Franca da quelli della classe, per lui adesso è un vanto, ed aver raggiunto questo importante legame musicale di sensibilità e di intuizione che lo fa sentire così vicino e unito a lei, è qualcosa di cui prova assolutamente un grande orgoglio.

            Lei si trova bene con Lorenzo, le piace avere qualcuno con cui scambiare ogni tanto le proprie opinioni sulla musica, e poi, anche se ha imparato da sempre a tirare dritto da sola per la propria strada, in questo momento avverte dentro di sé come la loro amicizia manifesti un segno assolutamente positivo per tutt’e due. Non si sente però pronta per una relazione di tipo diverso, anche se si aspetta che Lorenzo affronti in qualche modo l’argomento uno di questi giorni. Non desidera legami, ed anche se il gruppo di jazz dove si è ritrovata a suonare con Lorenzo, è per lei quanto non avrebbe mai creduto neanche possibile, ugualmente resta sulla difensiva, pronta a non cedere a nessuno più di quanto possa essere previsto. Deve molto a Lorenzo, che sicuramente ha lavorato bene anche con gli altri ragazzi della formazione per riuscire a farla accogliere nel migliore dei modi, ma questo non significa e non implica nient’altro, oltre al suo indubbio e doveroso impegno nel suonare al meglio il pianoforte insieme a loro. 

            A Lorenzo piace la complicità che improvvisamente si è trovato ad avere con Franca persino in ambito scolastico, anche se lei come sempre si mostra un po’ distante, soprattutto per carattere. Per lui è come sentire di non essere mai solo nel confrontarsi con tutti quei ragazzi la cui conoscenza sull’arte dei suoni non va certo oltre i brani della musica di consumo. Gira lo sguardo sulla classe certe volte e sa che lei è là, con il suo bagaglio di conoscenze dei grandi autori del passato, ed anche la sua curiosità impagabile, soprattutto per quelle possibilità che le offre suonare con altri strumentisti sintonizzati esattamente sulla sua lunghezza d'onda. Il senso di appartenenza ad una stessa maniera di considerare la musica, è per lui un legante formidabile, qualcosa che calca la differenza con chiunque non riesca ad avvertire quei medesimi stimoli.

            Infine eccola, lui non si è ancora neanche seduto, limitandosi a scambiare qualche battuta spiritosa con altri tre o quattro ragazzi disposti attorno al tavolino. Franca saluta tutti sottovoce, dice in fretta, senza riferirsi a nessuno, che non può restare, deve andare in qualche posto con l'autobus, senza neppure specificare altro. <<Ti accompagno alla fermata>>, dice allora Lorenzo subito confuso, e lei non risponde niente, come se annuisse senza però manifestare alcuna risposta chiara. Infine si allontanano da quel locale, però lui si sente a disagio, comprende che qualcosa non è come avrebbe voluto, anche se non sa definire quella situazione. Poi Franca dice soltanto che quella birreria è uno schifo, e che non gli piacciono neppure i ragazzi che normalmente la frequentano. <<Hai ragione>>, dice Lorenzo; <<in effetti anch’io non ci vado quasi mai>>. Poi attraversano la strada, lui forse vorrebbe avvicinarsi a lei, avere la possibilità di guardarla per un attimo negli occhi, ma capisce che non è proprio possibile, Franca è sfuggente, non c'è niente da fare.

Lei però gli sfiora un braccio, mentre camminano in silenzio, e poi alla fine va ad infilare la propria mano nella tasca della giacca dove lui per inerzia già tiene la sua ben sprofondata. È solo un attimo, un piccolo gesto dolce, un senso di vicinanza che a Lorenzo fa venire i brividi. Dura un momento, poi sopraggiunge un mezzo pubblico e lei vi sale sopra, dopo un sorriso che Franca sembra inventare solo per Lorenzo, fermo sopra al marciapiede, come un formidabile saluto.

 

Bruno Magnolfi

domenica 5 dicembre 2021

Dimensione nuova.


            Nella sala prove, a fine turno, un gruppo di giovani fracassoni, con le chitarre elettriche decisamente troppo alte, si sta dilungando nel tentativo di rifare un pezzo famoso, mentre i ragazzi della formazione di Lorenzo sono già tutti là fuori, in attesa, escluso il loro trombettista che abitualmente arriva sempre all’ultimo minuto. Sono tutti sorridenti, a parte Franca, in un angolo come sempre, insieme alla sua custodia per la tastiera, forse leggermente accigliata, quasi come ci fosse qualcosa a tormentarla. In ogni caso gli altri si confidano l'un l'altro la loro reciproca soddisfazione, e anche la contentezza evidente per il successo ottenuto qualche sera prima nel piccolo locale dove hanno suonato, tanto che Emilio, il sassofonista, addirittura sembra non voglia più neppure smetterla di riferire delle lodi ricevute da diverse parti, qualcuna anche dalla carta stampata. Arriva Andrea un po’ trafelato, insieme ad un tizio ben vestito che gli altri non conoscono. Si presenta, dice di essere un produttore, e che vorrebbe commissionare una registrazione dei brani che ha ascoltato l’altra sera nel jazz club. Tutti sono increduli, ed anche se il tizio rappresenta una casa minore indipendente, per loro quello è senz’altro il trampolino che forse attendevano. Si accordano per effettuare una prima seduta già nel corso della settimana successiva, naturalmente in uno studio adatto, decisamente più professionale di quello dove loro fanno le prove, poi il tizio guarda il suo orologio, dice di essere in ritardo per qualcosa, ma penserà lui all'organizzazione di tutto ciò che serve, poi saluta Andrea, di cui trattiene il numero di telefono, e anche gli altri ragazzi, e quindi se ne va, lasciando ognuno alle proprie considerazioni.

            <<Abbiamo di fronte una grossa responsabilità>>, fa subito il bassista. <<Bisogna affinare le cose al meglio possibile, magari riguardando tutto, eliminando di mezzo qualsiasi sbavatura>>, dice Andrea, il trombettista. Franca e Lorenzo sono i più giovani del quintetto, per loro è quasi un sogno quello che stanno vivendo, tanto che lei all'improvviso appare quasi commossa per questa piacevole sorpresa, forse un regalo che proprio non si aspettava di ricevere. Poi entrano nella sala anecoica che intanto si è liberata, così ognuno sistema il proprio strumento, si guardano tutti tra loro sorridendo, senza neppure riuscire a decidersi da dove iniziare per provare i loro pezzi. <<Ragazzi>>, fa Andrea; <<è evidente che il post-free adesso sta marcando un certo interesse, almeno in questa città. Dobbiamo essere capaci di non farci sfuggire questo momento>>. Tutti sono d'accordo, così iniziano subito modificando leggermente la frase di apertura del loro brano più riconoscibile, una corsa dei due fiati dietro ad una batteria a dir poco incalzante.

Franca comunque stasera suona in un modo quasi più intimista di altre volte. Scivola sopra le note senza appoggiarsi mai sui tempi forti, e mette in relazione dei suoni spesso lontani tra di loro, come se le occorresse tutta la tastiera per organizzare anche semplicemente un solo accordo. I pezzi sono tutti buoni, ed è sufficiente ripassarli una volta soltanto per ritrovare immediatamente lo spirito con cui sono stati ideati. Nessuna dimostrazione di tecnica strumentale, questo il loro segno distintivo; piuttosto un impasto di suoni dove ogni musicista mantiene la propria individualità, ma senza mai alcun tentativo di coprire il fraseggio di tutti gli altri.

Lei si sente quasi una privilegiata, e questo forse le pesa, anche se non può far niente per togliersi di dosso questa prerogativa. Pensa ancora a Simone, e le pare adesso soltanto uno stupido, anche se prova per lui persino un po’ di pena. L’unica cosa che Franca sente di poter fare in questo momento, è quella di suonare il pianoforte al meglio delle proprie possibilità, perché rimane questo il suo vero scopo, questa la finalità verso cui si sente proiettata. In due ore filate i ragazzi suonano quasi tutti i pezzi che hanno composto in questi ultimi tempi, si fermano soltanto qualche volta per sistemare qualcosa o per migliorare qualche passaggio, poi smettono, perché alla fine va già tutto bene anche così, non sembra proprio ci sia bisogno d’altro. Anche Franca ripone con attenzione la tastiera dentro la sua custodia, quindi osserva tutti per un attimo, e poi dice: <<volevo ringraziarvi; sono molto contenta che mi abbiate inserito nel vostro gruppo. Per me è come se avessi scoperto d’improvviso una dimensione nuova, qualcosa che non sapevo neppure potesse davvero esistere>>.

 

Bruno Magnolfi   

giovedì 2 dicembre 2021

Senso di colpa.


            La cuoca Teresa si muove tra i fornelli e le pentole con la sveltezza e la familiarità di ogni giorno, spostandosi all’interno dell’ampia cucina della Villa Neri e nell’annessa dispensa, per dare un seguito adeguato, come richiesto già nel pomeriggio dalla signora, a qualche piatto speciale per cena. Caterina naturalmente le ha raccontato ciò che è accaduto nella tarda serata precedente, quando lei, una volta terminato il suo orario abituale, era ormai andata via, per raggiungere il piccolo appartamento dove abita con il figlio Simone, e l’impressione descritta dalla giovane cameriera è stata esattamente la medesima che ha provato lei stessa di fronte a quella descrizione ascoltata. Un tentativo fallito, o uno scherzo riuscito male, quello del rapimento della signorina Franca, che non poteva avere un epilogo più rapido, se non fosse stata, come forse sembra, soltanto una messinscena magari per ridere alle spalle dei genitori di Franca o di lei. Con la differenza che loro hanno preso tutto quanto con estrema serietà, tanto da mostrarsi disperati, durante quei pochi minuti, al punto di essere pronti a pagare qualsiasi riscatto, nel caso l’azione del delinquente ubriaco, capace di far credere una cosa del genere, si fosse mostrata veritiera.    

            <<Quello che sembra incredibile, è che non sia venuto fuori neppure il nome di questo scellerato che ha messo in piedi una cosa del genere>>, commenta adesso Teresa. <<Però conoscendo la signorina Franca, si può anche immaginare che lei non abbia voluto fargli pagare un prezzo troppo salato per quello che in fondo si è rivelato soltanto uno scherzo>>. Caterina annuisce, ha già sistemato la tavola con fiori, candele, ed uno dei serviti migliori, così da evidenziare la piccola festa domestica per la ritrovata serenità che questa famiglia in fondo si merita. <<La signora stasera sembra felice come non è stata mai>>, dice ancora Caterina. <<Ma anche il padre di Franca, si vede facilmente che deve aver passato un momento difficile. Pensa che gli ho sentito dire che al prossimo concerto di quel gruppo di musica jazz, sarà in prima fila per sostenere la sua Franca, proprio lui che fino a ieri non avrebbe neanche voluto farle prendere lezioni di pianoforte>>.

            Poi Teresa resta da sola davanti ai fornelli, e mentre controlla l’arrosto nel forno, riflette con calma a quella vicenda rimasta secondo lei un po’ troppo oscura. “Non è quasi ammissibile che possa esserci tra gli amici di una brava ragazza com’è la signorina Franca, qualcuno che riesce a mettere in piedi una specie di rapimento”, riflette. “Anche soltanto pensare una cosa del genere, pare del tutto fuori da qualsiasi logica. Va bene che i soldi di questa famiglia possono far gola a qualcuno, ma ci vuole una mente da stupidi per dare un seguito a un’idea di quel genere”. Poi sistema qualcosa sul suo tavolo di lavoro, e con maggiore preoccupazione pensa al fatto che suo figlio Simone non è rientrato a casa ieri sera, e che forse era andato proprio ad ascoltare quel concerto al jazz club. Le viene un tremito, e per uno scatto nervoso fa cadere a terra qualcosa, poi cerca subito di riprendersi. “Devo conoscere la verità, in qualche maniera”, pensa in un lampo. “Non posso resistere a lungo con un dubbio del genere”. Inizia a preparare i vassoi, sistemando le cose al meglio possibile, anche se adesso le viene quasi da piangere, perché già sembra conoscere in cuor suo cosa sia accaduto davvero, anche se ancora tenta di trovare delle spiegazioni diverse. Torna Caterina, e lei per non mostrarle il disagio che prova, finge di essersi scottata una mano.

            Infine i componenti della famiglia Neri si siedono a tavola: Caterina serve rapidamente i signori con le portate pronte nei piatti e nei vassoi che trova nella cucina, e Teresa si affaccia un momento sulla porta del salone dove loro stanno comodamente seduti, per osservare nascosta la scena che le si offre davanti. “Non è possibile”, pensa adesso forse per riuscire a sentirsi un po’ meglio. “Mio figlio non farebbe mai una cosa del genere. Penserebbe almeno a me, a sua madre, e alla situazione assurda in cui potrebbe coinvolgermi con un gesto del genere”. Poi torna nella cucina, con le mani si passa dell’acqua fredda sopra la faccia, quindi riprende a svolgere le sue mansioni, visto che in questo momento, neppure volendo, potrebbe proprio far altro.

 

            Bruno Magnolfi     

              

lunedì 29 novembre 2021

Nessun seguito.


            Quando suona la prima campanella, tutti i ragazzi entrano nel loro liceo senza troppa fretta, scorrendo il vasto corridoio fino ad infilarsi in piccoli gruppi nella propria classe. Qualcuno ha già battuto una mano sulla spalla di Lorenzo: si è saputo in giro del suo acclamato concerto tenuto al jazz club quel fine settimana, e in diversi hanno anche scoperto che di quella formazione, di cui lui è il batterista, fa parte persino Franca Neri, quella ragazza della loro classe, di poche parole, sempre un po’ per conto proprio, che fino ad oggi non ha mai rivelato a nessuno di suonare il pianoforte. Ancora qualche frase di compiacimento, poi ognuno raggiunge il proprio banco, appoggia i libri, si siede, in attesa dell’insegnante della prima ora. Franca non c’è oggi in classe: forse è ancora lì a godersi il successo della musica suonata nel locale, oppure le è venuta un po’ di febbre per l’intensità delle emozioni che ha provato. Lorenzo ne è dispiaciuto, desiderava molto parlare con lei questa mattina, magari durante la pausa tra una lezione e l'altra, e dirle così che era felice dei risultati della loro musica, che gli piaceva molto stare insieme a lei, che non riusciva a stancarsi mai di quei suoi modi. "Più tardi le farò una telefonata", pensa adesso istintivamente, ma come per alleggerire quell'assenza inaspettata; "o magari le invierò un messaggio con il cellulare".

            Poi arriva l’insegnante di letteratura italiana, la signora Sarti, ed osserva per un attimo tutti i ragazzi della classe; quindi sorridendo si rivolge subito a Lorenzo, con maniere e parole semplici, per annunciargli, casomai non lo sapesse, che è appena uscito sul quotidiano cittadino un articolo sulla loro recente esecuzione musicale: <<molto incoraggiante>>, gli dice; <<sembra quasi, per il giornalista, che in giro ultimamente non si trovasse più nessuno disposto a suonare della musica come quella che riuscite a portare avanti voi col vostro gruppo>>. Lorenzo la ringrazia, in parte si sente intimidito dai tanti complimenti, così osserva di sfuggita gli altri ragazzi che lo guardano, e gli pare di poter raccogliere improvvisamente i frutti dei suoi diciotto anni dedicati a quella musica. I complimenti naturalmente sono rivolti adesso anche alla pianista, oggi sfortunatamente assente, visto che il giornale riporta in calce i nomi di tutti i componenti del quintetto. Lorenzo si sente maggiormente dispiaciuto, adesso che la mattinata poteva rivelarsi il giusto coronamento del sacrificio, suo e di Franca, di suonare e credere in quella loro musica, quasi da non sentirsi degno di quelle parole che comunque apprezza. Poi si passa subito ad esaminare i temi scolastici, ma lui, nel chiuso del suo banco, scrive immediatamente un messaggio a Franca: <<Come stai? Qui stanno tutti dalla nostra parte. Ed io sto dalla tua. Fammi sapere presto come va>>.

            Lontano da lì Simone invece si sente disperato, anche se non può far altro che aspettare l’arrivo di qualche notizia su di sé. Ha telefonato a sua madre, che non chiedendogli niente di particolare, ha dimostrato subito di non essere al corrente del suo maldestro tentativo di sequestrare Franca. Quindi la ragazza non ha fatto il suo nome, almeno per adesso. In ogni caso, più trascorre del tempo e più le sue speranze di appianare tutto quanto si fanno probabili. Però lui comunque si sente male nei confronti della ragazza, che non avrebbe proprio voluto spaventare, come invece è successo, e che gli era stupidamente parso potesse addirittura stare al suo gioco, almeno per una serata, e fargli avere, tramite suo padre, qualche soldo di cui sente forte la necessità. “Idee da idiota”, pensa adesso, “che non avrebbero mai potuto avere un seguito positivo, neppure se avessi preparato le cose con una maggiore cura”. La sua fortuna, comunque, è stata soltanto quella di avere avuto, con estrema rapidità, un ripensamento totale, e poi l’abbandono di quel suo progetto.

            <<Sto bene>>, risponde subito Franca a Lorenzo; <<ho avuto solo un piccolo problema, per questo oggi non sono venuta a scuola. Però mi fa molto piacere tutto quello che mi hai scritto. Domani ci sarò>>. “Forse dovrei dirgli tutto quello che è successo”, pensa però un attimo dopo; “anche per mettermi al riparo da ulteriori problemi che forse potrebbero anche insorgere. Ma è difficile, e poi devo riuscire a ripensare tutto quanto senza l’appannamento che mi provoca la paura che ho provato”. Quindi scende dall’auto di sua madre, e camminando insieme a lei entra dentro la Stazione della Polizia, per rispondere ad alcune domande generiche sui fatti, nella maniera esatta come si sono svolti, e per firmare una regolare denuncia contro ignoti, che probabilmente, così almeno le è stato detto, non avrà comunque alcun seguito.

 

            Bruno Magnolfi

             

mercoledì 24 novembre 2021

Evidente sofferenza.


Come un improvviso flusso d'aria, che forma una debole corrente tra due aperture opposte di un appartamento, qualcosa trascina le giornate quasi non fossero costituite da tanti piccoli, diversi, spesso insignificanti avvenimenti, e mostrassero invece un'unica natura, quasi un vincolo di collegamento tra di loro, più o meno un medesimo procedere. Non ci sono fratture, nessuna interruzione, ogni elemento costituisce nell’insieme un plasma omogeneo che sembra disegnare tutto il percorso, come una lumaca mentre striscia lungo il muro. Tanti elementi che si saldano, perdendo, nel procedere, la propria unicità. Poi, in tutto questo muoversi e agitarsi quasi senza uno scopo concreto, e questo ridere sguaiatamente, come si fossero comprese d’improvviso delle ragioni nascoste per comportarsi in questo modo, giunge qualcuno che sostiene di aver individuato l’errore di base del sistema, per cui nulla, di ciò che è stato accolto fino adesso come vero, si possa ora considerare effettivamente come la realtà; piuttosto, sembra d’improvviso come una foto ritoccata, un’immagine falsa, anche se realistica; un disegno ben fatto, ecco tutto; una finta prospettiva, insomma, una facciata che copre una natura differente.

Non è possibile, si dice in certi ambienti; non voglio neppure crederlo. Eppure qualcosa si è strappato, e l’apertura ha mostrato subito a tutti la carne viva, tanto che ricomporre adesso quella struttura per cercare di ripararla, non sembra neppure più fattibile. Si mostrano espressioni serie, facce tirate sopra a dei pensieri tetri, quelli di chi deve progettare di nuovo tutto il percorso, perché la strada seguita fino ad ora, purtroppo, sembra proprio non portasse in nessun luogo. Che importa, tirare avanti senza avere un vero senso che muove ogni nostra azione, dice qualcuno; ci possiamo abituare, si vive alla giornata, forse è persino sufficiente dare la colpa di tutto a qualche tizio molto in vista, ed abbracciare così una causa semplice, che intenda attaccare finalmente il nostro grande nemico, qualsiasi esso sia, per sentirsi in questo modo realizzati, delle vittime costrette a soccombere sotto al tallone del potere, individuato in qualche modo con i nostri semplici mezzi. Importante adesso è reagire, indipendentemente dalle motivazioni. Così dimentichiamo tutto e diamo addosso al primo che ci capita, perché già soltanto una riflessione più profonda pare immediatamente una qualsiasi debolezza, e così è bene evitarla.

Questo pensa Franca, ormai da sola dentro la sua stanza; e ad un comportamento ordinario, che in condizioni più normali le sarebbe stato direttamente suggerito dalla situazione stessa che si è creata attorno a lei, lei si è opposta, appena pochi minuti fa: prendendo tempo, minimizzando quanto è accaduto, descrivendolo, ai propri spaventati genitori, come uno scherzo venuto male e basta. Nessun nome, almeno non adesso, soltanto un gran bisogno di dimenticare in fretta tutto quanto. Ma dentro se stessa, lei riflette meglio e bene su come Simone abbia voluto amareggiare la sua bellissima serata. C’era la necessità, dentro quel ragazzo, come di sporcare ai propri occhi qualcosa quasi di perfetto, pensa Franca ora. Quindi il restringere tutto quanto dentro un gesto solo, per mostrare così tutta la sua forte sofferenza e il proprio folle disagio, nello stridore, tra quel se stesso spettatore di un successo e quel successo stesso, di un ragazzo in evidente difficoltà, messo di fronte ad una ragazza che suona il pianoforte in un meraviglioso gruppo jazz, esprimendo se stessa con i suoni, in faccia a lui che, tutto al contrario, non riesce ad esprimere assolutamente niente.

“Non posso condannarlo”, pensa ancora Franca, “anche se non desidero certo rivederlo. Si tratta adesso di non dire niente a mio padre di quanto è accaduto, e soprattutto di non fargli capire chi sia stato a fare quella deprecabile telefonata minatoria, anche se lui tornerà ogni giorno a chiedere quel nome ed una spiegazione più esauriente di quei fatti”. Le cose poi, fortunatamente, sono rientrate in fretta a casa sua, e anche le forze dell’ordine, immediatamente intervenute, non hanno più insistito, accogliendo la spiegazione dell’amico ubriaco e dello scherzo. Ma adesso è dentro di lei il problema, all’interno di Franca e della sua coscienza: perché non è certo troppo facile restare del tutto distanti e indifferenti, di fronte alla dimostrazione di una simile evidente sofferenza.

 

Bruno Magnolfi           


sabato 20 novembre 2021

Nessun'altra possibilità.


            I ragazzi sono contenti. Adesso hanno mille idee che continuano a girare nelle loro teste, anche se la preoccupazione più importante rimane quella di non farsi prendere stupidamente dal piccolo successo riscontrato in questa serata fortunata, di fronte ad un pubblico particolare, composto persino da qualche giornalista, e poi da molte persone attente e competenti, e magari scordare in fretta così i propri veri scopi. Gli elementi giusti per questo piccolo concerto si sono allineati bene proprio da subito, ancora prima di iniziare a suonare dentro al locale, forse per una serie di combinazioni favorevoli, forse per il nuovo assetto della loro formazione, ma essenzialmente perché il calore della gente, stipata in questa piccola sala, si è mostrata come la molla più efficace, capace di spingere fin dall’inizio il loro jazz difficile proprio verso i territori che tutti sembravano desiderosi di ascoltare. Adesso che ormai è tardi, e quasi tutti sono andati via, loro rimangono piacevolmente in silenzio, mentre continuano a riavvolgere i cavi dell’amplificazione e a rimettere al loro posto gli strumenti; anche perché sarà soltanto la riflessione attenta di ogni dettaglio sonoro che hanno proposto sulla piccola pedana di questo club, che potrà permettere loro di spingersi in avanti, di maturare i suoni giusti, di trovare i fraseggi più adeguati, ed elaborare i pezzi ancora meglio di come li hanno suonati questa sera.

            In diversi tra i presenti, una volta terminato di esibirsi, hanno sentito il dovere di complimentarsi con questi ragazzi per la buona qualità della musica che hanno fatto ascoltare, e tutto è sembrato comunque piuttosto spontaneo e naturale, proprio come il loro genere, che in fondo tenta di coniugare in modo semplice due realtà distanti come il free jazz e il funcky. Alcuni hanno poi apprezzato particolarmente la pianista, una ragazza giovane ma già determinata e tecnicamente molto forte, assolutamente affiatata e in linea con i suoi compagni. “Un tempo continuo e uniforme di percussioni, una linea di basso con pochi fronzoli, degli interventi di tastiere su scale minori, e poi fraseggi delicati di suoni tra i due fiati”, questo verrà scritto domani in una recensione. “Una musica semplice e anche complessa, che mescola tante cose diverse, conservando però una matrice propria, un’idea di fondo personale, insomma un proprio stile”.

            Lorenzo non è rimasto molto contento quando Franca se n’è andata in fretta con quel Simone, subito offerto di accompagnarla a casa. Avrebbe voluto forse che rimanesse qualche altro minuto, magari per poter parlare ancora un po’ di tutto: della musica, del futuro, dei ragazzi del gruppo, forse anche di loro due. In fondo è lei che pur giungendo solo adesso a far parte del quintetto, ha dimostrato di riuscire ad essere subito il baricentro di tutti i loro suoni. Lui è molto soddisfatto di averla presentata agli altri, anche se non sa bene come gestire questi sentimenti che gli nascono dentro all’improvviso, riconoscendo che non si era quasi accorto di Franca al liceo, prima di sapere che suonava il pianoforte. Solo ora si rende conto che lei possiede delle capacità notevoli, non ultima quella di saper ascoltare gli altri. ed intervenire nei momenti più adeguati.

            Sembra che si sia aperta ormai una nuova fase per il loro gruppo: tutti gli altri ragazzi parlano apertamente di come strutturare i nuovi pezzi basandosi sugli accordi del pianoforte, ed anche i momenti più estemporanei, nelle loro parole, sembra che debbano essere sempre sorretti dalle sonorità della tastiera. Fare musica non è una cosa semplice, pensa certe volte Lorenzo mentre è solo. Bisogna sentire dentro di sé la spinta per elaborare ogni dettaglio, e poi metterla a disposizione di tutti gli altri, in maniera che si crei quel tessuto capace di favorire qualsiasi scambio. Suonare il proprio strumento in solitudine è assurdo, riflette ancora. Viene a mancare il senso delle cose, come se qualcuno parlasse a voce alta di se stesso, ma senza riferirsi a niente e a nessuno. Mi manca, pensa ancora Lorenzo. Vorrei sapere tutto di lei; e poi le sue opinioni, i suoi piccoli segreti, la sua maniera di affrontare ogni giornata. Dovrò parlarle, decide d’improvviso; indipendentemente dalla musica e dal nostro gruppo. Devo stare con lei, vicino a lei, anche solo per guardarla respirare. Non vedo per me proprio nessun’altra possibilità.

 

            Bruno Magnolfi    

giovedì 11 novembre 2021

Enormi verità.


            Simone è un bravo ragazzo. La sua mamma da quando è nato lo ha tirato su, anno dopo anno, completamente da sola, con tante rinunce e parecchi sacrifici, e lui soltanto quando ha raggiunto la maggiore età ha iniziato a rendersene conto davvero. Per questo oggi si trova talvolta a disprezzarla, lei e il suo mestiere di cuoca, perché sa di doverle molto, di essere stato per lei anche il motivo principale per cui tirare avanti, in certe giornate. Non vorrebbe sentirsi così, però non ne può fare a meno, tanto che adesso cerca sempre di darle un aiuto, proprio per coprire il suo sentimento nascosto. Ed è anche consapevole di assomigliarle in moltissime cose, e che il tratto di esistenza che lui si trova davanti, ad iniziare da subito, probabilmente non sarà molto diverso da quello compiuto da sua madre fino a questo momento. Simone comunque coltiva dentro di sé un modello di donna molto diverso da lei, anche se riconosce che sua mamma non ha potuto scegliere mai, ed è sempre stata costretta a percorrere le strade che si è trovata di fronte. Così lui prova spesso un'insofferenza a cui non si sente di trovare una motivazione diversa da questo generico e innato malessere che lo accompagna, quasi un dolore esistenziale, ed anche i lavoretti precari che si trova ad accettare come cameriere, secondo il suo parere, sono semplicemente la conseguenza logica di tutti gli aspetti irrisolti che oramai trascina con sé. Si reputa una persona sensibile, sotto quella scorza che cerca di mostrare durissima, e forse per questo non si fa troppe illusioni sul proprio futuro.

            Frequenta qualche altro ragazzo scombinato come lui qualche volta, anche se spesso trascorre delle serate in giro da solo, quando risulta libero da impegni di lavoro, anche per non avere mai degli obblighi con nessuno. In certe occasioni intravede Franca, la figlia dei signori Neri, almeno quelle volte in cui lui va a prendere con l’utilitaria la sua mamma, che lavora nella cucina di quella villa, e gli sembra una ragazza invidiabile e fortunata, ma non tanto per essere nata in una famiglia di ricchi, quanto perché vede in lei una persona con la possibilità di scegliere davvero cosa farne della propria vita. Frequenta il liceo con ottimi voti, suona il pianoforte, studia al Conservatorio, adesso sta persino in un gruppo di jazz, tutto quello che per lui semplicemente sarebbe sempre apparso del tutto impossibile. Per questo stasera Simone si è spinto fino in questo piccolo locale da solo, perché là dentro c’è Franca con il suo gruppo di suonatori intellettuali che si esibiscono proprio stasera, e lui vuole ascoltarla, vuole sapere tutto quello che fa, desidera rendersi conto di quali siano i suoi scopi, cosa le passi dentro la testa, quali siano i suoi orizzonti, quali le sue necessità. È difficile per Simone avere chiari i propri intenti, e di fronte ad una domanda di questo genere non saprebbe proprio che dire; però sa che adesso vuole capire, conoscere, immaginare, sentirsi vicino a quello che Franca cerca di essere.

            Resta quasi immobile per tutto il tempo, nel buio in fondo alla sala, ed ascolta con un certo impegno quella musica così difficile; poi, quando loro hanno finito e Franca sembra abbia smesso di ridere e di parlare con tutti, lui l’avvicina con timidezza, le fa i complimenti, e quindi si offre di accompagnarla a casa con la propria utilitaria, lei e la sua custodia rigida con dentro il pianoforte elettronico. Lei adesso sta accanto a Lorenzo, anche perché è la persona che conosce meglio là dentro, ma lui ha soltanto un vecchio motorino, non può accompagnarla. E’ arrivata fino al locale con un tassì, e naturalmente pensava di tornare indietro nella stessa maniera, ma l’offerta di Simone non le dispiace, così può anche sentire da lui un parere obiettivo su ciò che ha ascoltato. Lorenzo appare impacciato, forse non vorrebbe vederla andar via con un tizio più grande, ma non può fare niente, non gli è neppure possibile opporsi, lui è soltanto un amico di Franca, nient’altro. Si offre di portarle la tastiera fino alla macchina, che fortunatamente non è molto distante, poi la saluta, ed infine torna indietro, ad aiutare gli altri del gruppo a rimettere a posto le cose dentro al locale.

            Franca è contenta, tutto sta andando nella maniera migliore per lei: le dispiace vedere Simone sempre con quell’espressione abbattuta, quindi gli spiega il solito concetto che lui conosce a memoria, per cui se le cose si desiderano veramente, a volte è possibile persino vederle realizzate. Lui annuisce, non sopporta le frasi ad effetto, in ogni caso sa che per quanto riguarda la ragazza che gli siede accanto, in questo momento tutto ciò sembra proprio una grande verità.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 9 novembre 2021

Attesa risposta positiva.


            “Iniziano quasi ogni brano con dei suoni distesi, pacati, mescolando piccole frasi strumentali in un’atmosfera completamente atonale, organizzando piccole tensioni che tendono in seguito a distendersi. Poi alcune volte si riconosce una linea di basso che richiama gli altri verso un nucleo armonico, ed alla fine giungono una serie di accordi del pianoforte che tendono come a completare tutti i valori sospesi. Gli altri a quel punto iniziano a muoversi, generalmente senza fretta, su una delle scale modali, ed anche le percussioni strutturano comunque un ritmo più o meno cadenzato. Non dura molto, i fiati sono i primi a rompere il gioco, e tutto confluisce nuovamente nell’alveo dei suoni liberi, ma sempre su dei toni piuttosto smorzati.” Difficile rendere il senso di un’esperienza complessa come quella di ascoltare della musica di chiara provenienza free jazz, però ripensata con maniere gentili, senza urla, senza alcuna ricerca del grido tirato. Pare quasi, in certi momenti, di trovarsi davanti ad un quintetto da camera, una combo gentile e garbata, capace di mescolare con strumenti tradizionali tanti linguaggi diversi, fondendo facilmente tra loro culture e reminiscenze lontane, quasi un elenco completo e disordinato di idee.

            “Il locale è il solito jazz club, come ce ne sono tanti ormai in ogni città; piccolo, disadorno, mal illuminato, dove le prime sedie per il pubblico sono accostate alla pedana dei musicisti, quasi nel tentativo di mescolare quei ruoli. La musica si tocca davvero in luoghi del genere, letteralmente, ed anche se spesso vi si possono incontrare solamente i soliti appassionati, ugualmente stasera si respira un’aria diversa, che non sa di risaputo, e che si inoltra per nuovi sentieri, seppure riconoscibili.” Come spiegare quando qualcosa ti prende, ti stuzzica, ti colpisce, anche se non ne vedi nell’immediato una ragione precisa? Perché chi sta suonando non si permette di fare il virtuoso del proprio strumento, piuttosto sa lasciare continuamente all’altro la possibilità di introdursi, di fraseggiare, di esprimersi, nella ricerca continua di un vero dialogo sonoro. Non si avverte alcuna necessità di primeggiare in una musica del genere, e in questa maniera si apprezzano gli spunti, gli accenni, addirittura le piccole citazioni.

            “La bravura di questi ragazzi sta proprio nel cercare di non scavalcarsi mai l’uno con l’altro, e di evitare continuamente gli assolo sparati a cui qualcuno forse è più abituato, lasciando la contemplazione, per un pubblico attento come questo, di un’atmosfera dipanata, senza sforzi, quasi rarefatta in certi momenti.” La difficoltà di chi suona non sta nello spremere lo strumento per cavarne fuori mille sonorità complesse, ma di lasciare al contrario che la semplicità di ogni suono avvolga una struttura composta da tanti piccoli tasselli, di eguale importanza l’un l’altro, lasciati come un mosaico a galleggiare su una musica spesso libera da ingombranti strutture. “Qui si attinge ad un archivio mentale di elementi diversi, e si elabora in senso creativo strutture melodiche e armoniche in tempo reale, nell’interazione e nel rispetto di ognuno, all’interno di un gioco strumentale  continuo di tutti quanti i componenti del gruppo”.

            <<Mi è proprio piaciuto>>, dice G.M. ad un conoscente che ha incontrato davanti al bancone di legno del jazz club per un’ultima bevuta, prima di andarsene via, per scappare a riscrivere rapidamente gli appunti sul pezzo in pubblicazione domani. <<Forse non siamo neppure più abituati ad ascoltare una musica del genere, anche se è l’alternativa più forte al prodotto di largo consumo>>. L’altro sorride, e quando si volta ci sono proprio due dei ragazzi del gruppo di jazz, quelli che per primi hanno finito di riporre i propri strumenti, ed adesso si sono fermati lì accanto, forse per bere qualcosa anche loro. <<Ci fa molto piacere>>, dicono sottovoce sorridendo la pianista ed il batterista, inarcando la testa in mezzo alle spalle, come a mostrare quasi un infantile moto di timidezza. <<Eppure non ci voleva molto ad inventare una musica così>>, dice ancora il giornalista; <<era sufficiente pensarci>>. Il tono è molto cordiale, i ragazzi spiegano in due parole le loro recenti esperienze fino a stasera; G. M. naturalmente prende appunti, e sembra molto contento di essersi imbattuto in due strumentisti così giovani e freschi per una musica talmente fuori dalle mode come quella che hanno proposto stasera, perciò chiede ancora qualcosa sui ruoli all’interno della loro formazione, ed infine rinnova con enfasi i suoi complimenti.

            <<Se qualcuno ci aiuta, addirittura vorremmo fare a breve una registrazione seria del materiale che abbiamo suonato stasera. Magari per riversarlo poi su un vinile>>, dice Lorenzo, il batterista. G.M. allora si volta mentre sta uscendo: <<Stiamo a vedere che cosa succede dopo la pubblicazione del mio articolo sul giornale di questa città; magari la risposta positiva che adesso cercate potrà giungere proprio da lì>>.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 7 novembre 2021

Altrimenti nulla.


<<In fondo sono quasi contenta>>, dice la prima ragazza alla sua amica mentre si stanno accomodando dentro al locale. Si sono date appuntamento proprio là dentro, di sicuro anche per incontrarsi con certi amici che naturalmente adesso sono già in ritardo, ma soprattutto per venire ad ascoltare un nuovo gruppo che suona musica free jazz, del quale negli ultimi giorni si parla molto in giro, in questa specie di buco adibito a club dove comunque si beve, si ascoltano delle sonorità dal vivo, si trascorre forse una serata un po’ diversa da qualsiasi altro posto di tutta la città. <<Certo>>, fa l'altra; <<soltanto in questo modo potevi comprendere>>. Scelgono un tavolino libero, si siedono, si guardano in giro. Per il momento vengono diffuse certe datate registrazioni di Miles Davis tratte dal suo periodo acustico, ma non è detto che la musica rimanga la medesima ancora per molto. Arrivano altri nel locale, e in mezzo a tutti anche gli amici delle due ragazze, così per un attimo si sprecano sorrisi, baci e saluti, fino a quando tutti decidono finalmente di sedersi. <<Difatti, adesso ho capito>>, fa la tizia di prima senza alzare troppo la voce. <<Voi avete sempre dei segreti>>, dice uno dei ragazzi appena giunti, magari soltanto per mostrare che lui sta sempre attento a ciò che gli succede attorno. Le ragazze lo guardano, sorridono, trattengono i loro pensieri dietro a delle maschere di ordinaria socialità, anche se è evidente quanto abbiano in profondo disprezzo i ficcanaso.

La musica per il momento non è ad un volume troppo alto, si può parlare, anche se al loro tavolo, escluse le ordinazioni rivolte ad un giovanotto vestito strano che si occupa di servire quella ventina di clienti già presenti, nessuno sembra abbia troppa voglia di parlare. <<Noi stiamo bene>>, fa dopo un attimo una delle due ragazze di prima, come se qualcuno avesse nutrito dei dubbi in quel senso; ma l'altra le riserva un’occhiataccia con espressione seria, come se quella avesse iniziato a svelare qualcosa di sé o di loro due. <<Se continui in questo modo me ne vado>>, le afferma in un orecchio dopo un attimo, quasi l’avesse offesa. Uno dei ragazzi dice di conoscere il bassista del gruppo che suonerà fra poco, ma questa informazione non sembra interessare molto nessuno dei presenti al tavolo. <<Vado a telefonare>>, dice poi la ragazza senza riferirsi a qualcuno in particolare, e quindi si alza preoccupandosi soltanto del suo cellulare. Dopo un attimo l’altra la segue, quasi ci fosse la necessità di un sostegno morale in ciò che sta facendo la sua amica. Dopo pochissimo però tornano a sedersi tutt’e due, probabilmente senza essere riuscite a parlare con nessuno, anche se adesso sembrano quasi più tranquille.

<<Sono curiosa però>>, dice la ragazza di prima mentre mette via il telefono. Nessuno comprende esattamente a cosa si stia riferendo, e lei aggiunge subito ridendo: <<della musica, è evidente>>, mentre prende un sorso della birra che intanto le hanno portato. Gli altri sembrano leggermente in imbarazzo, a qualcuno piacerebbe addirittura che, chi deve farlo, adesso iniziasse proprio a suonare sopra quella piccola pedana accostata alla parete di fondo, ma giusto per rompere quest’aria un po’ pesante attorno al loro tavolino. <<No, ragazzi, non ci credo; sembra che stasera arrivi anche un importante giornalista proprio qua dentro, un critico musicale, inviato qui per scrivere un articolo su questi che devono suonare>>. Gli altri si guardano attorno come per individuare tra quei due o tre che stanno ancora in piedi, il soggetto in questione, mentre la ragazza prosegue a consultare lo schermo del suo cellulare.

Parte in quell’attimo la suoneria proprio del suo telefono, e lei di colpo si alza, risponde rapidamente mentre sembra scappare via da qualche parte, nello stesso momento in cui i musicisti della formazione in cartellone, giungono infine con gli strumenti sopra al piccolo palco, e le luci si attenuano, lasciando accesi soltanto dei faretti sopra le loro figure. Torna la ragazza: <<scusate>>, dice con un certo imbarazzo. <<Purtroppo le cose non sono mai come vorremmo>>. Gli altri la guardano, anche la sua amica attende la conclusione di quella frase, ma sembra invece non ci sia alcun seguito. <<Non è un momento facile>>, dice l’altra ragazza, quasi per giustificare gli strani atteggiamenti di quella sua amica. Quindi il gruppo sopra la pedana inizia a suonare con una certa decisione. Tutti ascoltano, anche perché non è proprio possibile fare altrimenti.

 

Bruno Magnolfi       


sabato 30 ottobre 2021

Occasioni.


            Giungono, dopo circa un’ora di macchina, presso il grande agriturismo “la Pietraia”, durante la tarda mattinata di quel giorno festivo. Insolita una gita in campagna per loro tre, in ogni caso la benvenuta, anche grazie alla stupenda giornata di sole. Il signor Carlo mostra subito di avere qualcosa a che fare con il proprietario del luogo, un certo Pasquale, che si dimostra cortese e accogliente quasi oltre il dovuto, e ciò non toglie che tutto comunque sembra procedere bene. Anche la moglie di Carlo sembra sentirsi immediatamente a suo agio, divertita e curiosa anche durante la breve visita agli scorci caratteristici dello splendido agriturismo, mentre Franca come suo solito sta in disparte e in silenzio, anche se sembra osservare con una certa attenzione tutto ciò da cui è circondata. In giro naturalmente ci sono parecchi altri clienti della struttura, ma loro tre sembrano proprio meritarsi un trattamento di assoluto favore. Si allestisce subito un tavolo di aperitivi e stuzzichini a bordo piscina, si aprono bottiglie di vini pregiati, e si cerca di evidenziare comunque l’aspetto ancora rustico dell’antico borgo collinare. La mattinata procede così, fino all’ora di pranzo, al momento in cui loro tre vengono sistemati dai camerieri, insieme al sempre presente Pasquale, ad un tavolo all’esterno, proprio sotto ad un enorme loggiato.

            Si scopre, ascoltando alcuni discorsi, mentre vengono serviti vari vassoi di specialità, che Carlo è il vero proprietario di maggioranza tra i soci della struttura ricettiva, e che questo Pasquale alla fine è soltanto il gestore, niente di più. Il pranzo va avanti, la signora Rosa sembra sostanzialmente molto tranquilla, mentre Franca pare non sopportare poi molto tutti quei sorrisini e i quei complimenti che dalla servitù vengono rivolti a lei e alla propria famiglia. C’è un pianoforte verticale all’interno, e questo tutto sommato è forse l’unico elemento di vera attrattiva per i suoi gusti. Si servono naturalmente delle carni arrostite e delle verdure grigliate, e Franca scusandosi si alza da tavola, come per andarsene in bagno. Si sofferma invece nell'ampio salone principale, poi senza chiedere il permesso a nessuno, si siede ed inizia a suonare quel pianoforte di legno chiaro, forse solo leggermente scordato, mentre all'interno dell'ampio locale al momento non c'è proprio nessuno. Attacca con un blues lento e accattivante che le pare molto adatto a quel luogo, poi qualcuno si avvicina in silenzio, insieme a due o tre bambini curiosi.

Si aggiungono altri, poi molte persone, ed una ragazza chiede di poter cantare una canzone, ovviamente accompagnata dal piano. Franca sorride, gli accordi giusti si trovano in fretta, così tutto quanto procede con gran divertimento di tutti. Infine lei sostiene timidamente che adesso deve proprio tornare al suo tavolo, tra gli applausi e i complimenti di chi era presente. In fondo ci vuole ben poco a fare contente delle persone a caccia di semplicità, ed anche se forse avrebbe desiderato suonare ancora, Franca sa perfettamente quando è il momento di smettere. Così torna a sedersi al tavolo imbandito insieme alla sua famiglia, a cui adesso si sono aggiunti anche altri individui che parlano di margini, di utili, di spese vive. A lei forse disgustano un po’ questi argomenti, ma sua madre la guarda in maniera piuttosto ammiccante, come per dire che è doveroso sopportare: in fondo sono gli affari di papà, per cui assolutamente non ci si può opporre. Poi accanto a Franca passa qualche persona tra quelle che prima si erano fermate per ascoltarla, ed adesso la ringraziano sottovoce, le dicono che è brava, che è stato un grande piacere sentire la sua musica. Pasquale coglie subito la situazione: <<non sarebbe male poter avere ogni tanto qualcuno che suona il pianoforte, almeno in certe serate; fino adesso quello strumento è stato solo un mobile inusato>>.

              Franca dice che lei ha un gruppo di jazz, che per pochi soldi quella sua formazione potrebbe anche venire fin lì qualche volta a suonare. Segue una specie di pausa leggera, Pasquale dice immediatamente che l'idea gli pare magnifica, Carlo e sua moglie non capiscono neppure esattamente di che cosa gli altri stiano parlando, però restano in silenzio, come per cercare di comprendere meglio la situazione. <<È grande tua figlia>>, dirà più tardi la moglie di Carlo a suo marito. <<Non puoi certo pensare di poter controllare tutto di lei>>.

 

            Bruno Magnolfi

          

martedì 26 ottobre 2021

Musica in testa.

            

            La batteria sembra quasi smuovere il mondo con le sue cascate di suoni, che pur mostrandosi consueti, contemporaneamente sono sempre anche un po' nuovi, mentre i due fiati, che sembrano voler a tratti imitare, nei loro lamenti intonati, la sofferenza di qualche essere umano, appaiono meravigliosi persino mentre scaldano semplicemente la voce e anche il metallo, subito vicino alle imboccature. Franca è entusiasta di quel trovarsi finalmente in sala prove. Ha acceso quel pianoforte elettrico quasi con la mano tremante, poi l'amplificatore di marca le ha rinviato i suoni forti e colorati della tastiera, quasi inusuali per lei, ma appena un attimo dopo però già abbastanza familiari. I ragazzi sembrano tutti alla mano, si sono mostrati subito seri e simpatici, andando immediatamente diritti allo scopo per cui si trovano lì. Hanno messo insieme un sacco di appunti, hanno tutti nella testa la musica buona da riprodurre e provare, però devono anche ottenere rapidamente il giusto affiatamento con lei, ed il perfetto coordinamento dei suoni e della volontà di ognuno là dentro, nei suoi confronti. Si parte con un pezzo semplice, in cui Franca è chiamata a trovare la migliore maniera per introdurre i suoi accordi, e lei ci riesce, dopo qualche incertezza, mostrando di avere senz’altro una notevole capacità, e di conoscere bene la scala modale su cui si stanno muovendo i suoni di base del basso. Quindi tutti improvvisano qualcosa con molta scioltezza, e lei naturalmente propone il suo apporto all’insieme.

            Appare persino divertente suonare così: si prova un grande senso di libertà mentre si respira l’aria creativa di una musica fresca, estemporanea, rispettosa dei fraseggi di ogni strumento. Quindi si cambia: si tirano fuori dei pentagrammi, si parla di accordi senza la tonica e di dissonanze, e più avanti anche di un tempo dispari che poi si perde nell’aria, rompendo ogni schema e accompagnando l’insieme in maniera del tutto fuori sincronia. Franca prende poco per volta una maggiore sicurezza di sé, quando è possibile interviene con suoni ed accordi decisi, e prosegue a sostenere con il suo pianoforte tutto ciò che gli altri propongono. Va via più di un’ora in questa maniera, senza che nessuno si senta al di fuori da ciò che viene eseguito, e quando si chiede una pausa, è soltanto per prendere rapidamente gli appunti che servono per rifare in seguito il brano così come è stato appena realizzato.

            “E’ musica viva”, pensa Franca, “in sintonia con la realtà, con il desiderio di spingersi oltre, di lasciare alle spalle qualsiasi materiale semplice e di facile consumo”. Si introduce il concetto di tensione e di distensione nelle varie fasi del loro suonare, e tutti concordano sulla sua applicazione, restando il linea con un sentire comune, come una matrice superiore che lasci avvertire ad ognuno l’importanza di tutto quello che stanno facendo. Infine giunge l’orario in cui termina purtroppo il noleggio della sala e della strumentazione, e i cinque ragazzi riprendono le loro cose, uscendo rapidamente dallo spazio insonorizzato. Lorenzo si era portato solo le bacchette e il rullante; gli altri i propri strumenti; l’unica è Franca a tenere con sé soltanto l’uso sapiente delle proprie dita. Sembrano tutti soddisfatti: il bassista finalmente ha scoperto nella tastiera il giusto prolungamento delle sue linee di suoni, gli altri hanno provato il senso di una musica maggiormente corposa e completa, quasi un insieme tanto profondo quanto esauriente. Ognuno vuole parlare della prossima volta, di che cosa proporre, di quali variazioni apportare; Franca si sente quasi commossa di quell’entusiasmo che tutti i ragazzi adesso desiderano mostrare. Quindi si salutano, lei resta insieme a Lorenzo, che è colui che ha creduto di più nelle sue doti, e così rimangono soltanto loro due a mangiarsi un panino nella birreria di fronte alla strada, a parlare di musica, di futuro, di ciò che magari potrà essere imbastito nei prossimi giorni. Qualcosa si è sciolto, serate così possono fare miracoli. Ed anche se ci sarà ancora molto da lavorare, volendo fare le cose sul serio, sicuramente i risultati sperati meriteranno senz'altro tutta la pena che sarà necessaria in questo percorso, nello sforzo concreto di riuscire adeguatamente a raggiungerli.

 

            Bruno Magnolfi