giovedì 29 novembre 2018

Distanza di affetti.



Domani dovremo fare per forza degli acquisti, dice nervosamente ma sottovoce la signora Marisa Carraresi; nel frigorifero ormai non c'è quasi più niente da mangiare. La figlia prosegue con indifferenza a sparecchiare la tavola presso la quale le due donne hanno appena finito di cenare, evitando di guardarla e sistemando piatti posate e pentole dentro la lavastoviglie aperta. Va bene, risponde lei senza smettere un attimo di occuparsi in quella sua ordinaria attività: posso passare dal negozio di Cesare, appena chiusa la merceria per la pausa del pranzo, preparami intanto una lista delle cose da acquistare, per favore.
Marisa toglie intanto la tovaglia, la scuote e quindi la piega per riporla dentro uno dei cassetti del mobile, poi rallentando i suoi movimenti mostra una specie d’inquietudine. Forse mi piacerebbe stare più tranquilla, dice quasi dando voce ai suoi pensieri; non perché non ce ne siano i presupposti, quanto perché provo costantemente dentro di me un indefinibile senso di precario, come un bisogno di arrivare da qualche parte che non so neppure io dove sia, né perché dovrei mai andare verso quel luogo. Adesso non so neppure spiegare il motivo per cui ti dico queste cose, prosegue, e forse alla fine sto soltanto invecchiando, come è giusto che sia.
No, dice Clara; queste cose mi paiono al contrario delle riflessioni importanti, che non c’entrano per niente con l’età, qualcosa che evidentemente mette subito in gioco anche il mio ruolo, almeno quello che tu credi dovrei rivestire come compito principale in questa casa e nei tuoi confronti. Probabilmente senti come tuo il processo che ultimamente mi sono accollata, e forse ti sembra che le cose che sto tentando di fare siano addirittura superiori alle mie forze, ed in questo sentirti quasi sicura della mia debolezza, vai indagando dentro di te quali possono essere le componenti del tuo modo di essere che generandomi sei riuscita a trasmettermi, magari anche durante questa frequentazione a volte esasperante tra di noi, da quando papà non c’è più.
Mi dispiace alterare così la tua sensibilità, risponde la signora Carraresi mentre prende la scopa per spazzare il pavimento della cucina. Però le sensazioni vanno sempre oltre ciò che noi si vorrebbe, per cui indipendentemente dalla mia volontà si sta manifestando qualcosa capace di farmi sentire non propriamente tranquilla, tutto qua. In fondo tu ormai sei una donna con un futuro avviato, e con una personalità che probabilmente riuscirebbe a tener testa a molte delle difficoltà che sfortunatamente potresti incontrare, e poi, alla fine, sarà la tua vita a decidere.
Non mi sembra così, dice Clara; conosco il mio lavoro e prendermi adesso delle responsabilità aggiuntive per quanto riguarda il negozio non mi spaventa. Nel tuo preoccuparti invece, c’è qualcosa fondamentalmente di egoistico da parte tua, qualcosa che mostra il bivio di fronte a cui probabilmente ti senti in questo momento: farti carico di una parte dei miei problemi come fossero tuoi, oppure abbandonare completamente il pensiero di me, lasciando che io prosegua nelle mie cose senza interessartene minimamente. Capisco il tuo punto di vista, anche pur definito da un vago malessere, come dici tu, in ogni caso non riesco a capire il motivo per sottrarmi un sostegno di cui adesso sento avrei davvero tutta la necessità.
Non so, risponde la mamma, forse non riesco a sentirmi propriamente dalla tua parte, forse le differenze tra i nostri caratteri hanno segnato un discrimine in tutti questi anni che per me sembra ormai qualcosa di insormontabile. Però non devi mai credere che manchi il mio sostegno a qualsiasi cosa deciderai del tuo futuro. Sono tua mamma, alla fine, e voglio dimostrarti fino a che punto so esserlo, anche se tu forse continuerai come sempre hai fatto nel tenermi a distanza.


Bruno Magnolfi


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