lunedì 25 settembre 2017

Famiglia propria.

           

Generalmente, quando lui termina il suo orario di lavoro, gli occorre più di mezz’ora di macchina per rientrare nel suo appartamento, e in ogni caso, anche se sa benissimo di essere atteso dalla sua famiglia, qualche volta non prova dentro di sé tutta questa fretta che forse qualcuno tra i suoi colleghi al suo posto potrebbe anche ostentare. Proprio per questo certe sere si ferma in un posto, un locale non molto lontano dalla sua abitazione, un ambiente un po’ anonimo e oscuro dove si ritrovano persone proprio come lui, a giocare a carte, fare scommesse, bere una birra e magari fare quattro chiacchiere senza darsi troppa importanza. Tra quei tavolini e il bancone si raccontano soprattutto delle storielle semplici e divertenti cercando di essere sempre spiritosi, e di conseguenza spesso davanti a quei bicchieri si fanno molte risate quasi liberatorie, cosa questa che poi scompare repentinamente quando lui infine rientra a casa sua verso l’ora della cena. C'è un’amarezza evidente che sente di trascinare dentro di sé, qualcosa a cui non riesce a dare un senso vero, ma che lo lavora giorno dopo giorno e non scompare quasi mai.
Sua moglie forse non si accorge troppo di questo suo disagio, e normalmente cerca di tranquillizzarlo soprattutto con la sua presenza, con le sue maniere forse sempre uguali ma mai monotone, comportandosi in modo che le cose almeno quando stanno insieme scorrano soprattutto con il massimo di calma. Perché lui spesso è nervoso, a volte sembra agitarsi soltanto nel vederla accanto a sé, nel ritrovare in lei quella tranquillità che non riesce quasi mai a trovare dentro sé, e forse non si sente capace neppure di comprendere il motivo vero del proprio stare male, anche se comprende bene in ogni caso che le cose stanno proprio in questo modo, e che lui non potrà mai essere diverso. Suo figlio poi non conta, la maggior parte delle volte resta in un angolo in silenzio, probabilmente proprio perché non ha niente da dire, e nonostante i suoi quindici anni non riesce ancora ad avere delle vere opinioni personali. Qualche volta lui l’ha portato con sé, in qualche bar, ad assistere a qualche partita, anche in giro senza darsi neanche una meta, e in tutti quei casi il ragazzo non ha mai detto niente, come se non gli interessasse affatto essere insieme a suo padre oppure con altri e in altro luogo.
Sono a casa, dice quando rientra, ed immediatamente sente il suo spirito che cambia, come una lumaca che sta rinchiudendosi lentamente nel suo guscio. Suo figlio si trova come sempre in camera sua, ma esce subito, lo saluta a voce bassa, si mette in un angolo senza guardarlo, e se lui chiede come vadano le cose con la scuola, gli risponde in fretta che tutto va bene, che non ci sono dei problemi. Lui allora racconta qualcosa della sua giornata, sui suoi colleghi, sulle difficoltà che ha affrontato come ogni giorno svolgendo il suo lavoro. Vorrebbe forse sfogarsi di qualcosa, ma generalmente si trattiene: in fondo questa è la sua famiglia, e se ci pensa bene non vorrebbe neppure averne una diversa.


Bruno Magnolfi

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