martedì 29 ottobre 2024

Difficili confidenze.


            Nella camera singola dove trascorro la maggior parte del tempo di tutta la giornata, naturalmente se si escludono le ore che dedico al mio posto di lavoro, mi trovo quasi sempre a mio agio, pur nella solitudine in cui sguazzo, ed anche se spesso è difficile per me capire quale sia il momento giusto per uscire da questa stanza ed andare a piazzarmi nel piccolo soggiorno che abbiamo in comune io e Sergio, o magari andare nel cucinotto per aprire il frigorifero e scegliere qualcosa da mangiare per la cena che magari vada bene sia a me che a lui. Abitare un appartamento come il nostro, ormai all’ età di quarant’anni suonati per ciascuno di noi due, non è certo troppo facile, e fa continuamente venire a mente il paragone con due universitari fuori corso che ancora devono scegliere in che cosa impegnarsi davvero per il proprio futuro, procrastinando con costanza ogni decisione che in questo modo resta inevitabilmente in aria, sia per me che per lui, quasi ad allontanare così il momento giusto di affrontarla. Le nostre conversazioni spesso finiscono per avvolgersi attorno a cose banali e quotidiane, ed il fatto che non ci sia tra noi qualcosa di realmente comune, a parte coabitare, rende ad esempio le nostre serate casalinghe un esercizio di silenzi davanti ad un programma televisivo poco impegnativo, oppure un facile rinchiudersi ognuno nella propria stanza a leggere un buon libro o a rimuginare su qualcosa da introdurre per apportare almeno qualche variazione a tutto questo. Qualche leggera discussione tra me e Sergio ovviamente si è verificata nel corso di questo paio d’anni da quando abitiamo assieme, ma ambedue abbiamo sempre preferito non affondare troppo le parole nelle nostre reciproche opinioni e lasciar perdere le idee diverse che avrebbero potuto rendere la convivenza persino più difficile.

            <<Renato>>, dice a volte lui sorridendo quando appare più di buon umore e perciò propositivo. <<Potremmo fare qualche cambiamento in questa casa. Mettere un bel tappeto a terra, riempire le pareti con qualche stampa incorniciata, insomma rendere almeno questo soggiorno decisamente più gradevole e vissuto>>. Sorrido anche io, provo sempre piacere quando a parole  si mettono in campo delle novità, e in fondo a mio parere è sempre un buon esercizio tentare dei miglioramenti in una tana come questa, che purtroppo in molti casi, se lasciata andare al semplice uso quotidiano, sembra assomigliare da vicino ad una confortevole prigione, considerato che con i nostri rispettivi magri stipendi non riusciamo a permetterci in questa città un appartamento per ognuno, e quindi ci vediamo costretti a tenere in essere questo andamento delle cose. Personalmente mi ritengo comunque fortunato ad aver conosciuto casualmente Sergio proprio nel momento in cui cercava una persona come me per dividere questo appartamento. Anche se non avevamo, e non abbiamo peraltro neanche oggi, dei veri e propri interessi comuni, in ogni caso siamo ambedue persone rispettose delle libertà altrui, e quindi in grado di dividere con garbo le spese e gli spazi di questo appartamento. Lui viene fuori da un rapporto burrascoso con una donna che ad un certo punto lo ha mollato, ma per me tutto è derivato dalla troppo perdurata convivenza nella casa dei miei genitori, sicuramente per colpa del mio carattere remissivo e poco incline ai cambiamenti, ma che negli anni mi aveva lasciato seduto e senza capacità di prendere l’iniziativa di andare a vivere senza di loro.

            Adesso giunge poi questa collega di lavoro, una ragazza un po’ attempata con un matrimonio già concluso alle sue spalle, ed io improvvisamente sento che verso di lei potrei trovare uno slancio, un entusiasmo nuovo per intraprendere qualcosa di sentimentale. Mi piace, anche se ancora naturalmente conosco appena Monica, ma in ogni caso mi pare che sia possibile cercare insieme la forma più adatta per iniziare a frequentarci. Siamo impiegati negli stessi uffici, anche se in settori differenti e con le scrivanie a dei piani diversi dello stesso edificio, e forse per questo non avevamo mai neppure scambiato qualche parola tra di noi che non rimandasse direttamente ad una pratica di lavoro, oppure a qualche problema operativo. Quindi, all’improvviso, sembra quasi una vera scoperta, almeno per quanto mi riguarda, questo trovare una persona deliziosa e piacevole con la quale riuscire a dialogare con sincerità e in piena naturalezza, senza provare nei suoi confronti alcuna soggezione che al contrario ho quasi sempre avuto nel passato rispetto a quelle poche ragazze che mi sono trovato volta per volta a frequentare. Non ne ho ancora parlato con Sergio, soprattutto perché non ho trovato probabilmente il momento adatto per fare una cosa di questo genere, ma forse, a ben pensarci, non ne ho neppure avuto la reale possibilità di farlo, proprio in considerazione soprattutto della mia riservatezza, del mio perenne stare per i fatti miei, senza rivelare mai praticamente nulla dei miei pensieri, anche se adesso sento montare dentro di me la volontà sempre più forte di confidarmi una buona volta con qualcuno, o almeno con Sergio.

<<Mi sto innamorando di una donna>>, vorrei dirgli ad alta voce e all’improvviso, anche se poi ritengo che a nessuno possa davvero interessare una confidenza così sciocca.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 24 ottobre 2024

Normali preoccupazioni.


            Sono trascorsi ormai ben più di dieci anni da quando Monica ha affrontato con dolore la fine del suo matrimonio e la separazione definitiva da Giuseppe, e comunque ringrazia ancora in cuor suo i propri genitori che le sono stati vicini in quei momenti difficili, e le hanno intestato quel piccolo appartamento dove lei è andata subito dopo ad abitare, chiudendo rapidamente la fase del suo fallito matrimonio. Forse anche per questo adesso si impegna particolarmente a fondo nel rendere quelle stanze che ha avuto in regalo sempre in ordine e soprattutto pulite, al limite quasi della mania, proprio per mostrare a sé stessa ancora ogni volta la propria gratitudine verso di loro, che da qualche anno purtroppo sono venuti a mancare. Anche la loro scomparsa, peraltro a distanza di poco tempo l’uno dall’altra, ha accentuato in Monica la profonda solitudine che si è trovata improvvisamente a provare, anche se adesso il suo cruccio più grande, per lei che è stata nei loro confronti l’unica figlia, sta nell’essere rimasta la sola della propria famiglia, e di non avere più alcun parente in vita, se non dei cugini di secondo grado con cui ormai non tiene alcun rapporto. Forse per questo si ferma tante volte a guardare i bambini che vede vicino a lei, specialmente quelli più piccoli, proprio quell’infanzia che durante il pomeriggio gioca trotterellando al parco, quando lei va a sedersi su una panchina per leggere qualche pagina di un libro. Osserva quelle mamme con invidia, guarda quei paffutelli che si divertano con niente e che si sentono tranquilli e beati, insieme a quelle madri brave e attente.

            Poi, mentre è intenta al suo lavoro, si ritrova nel corridoio con dei fogli in mano a parlare con Renato, un suo collega che si occupa dei servizi sociali, al piano superiore dell’edificio comunale, e lui, parlando di un progetto per l’infanzia in corso di realizzazione, si lascia andare ad un’espressione di dolcezza parlando dei bambini, tanto che Monica ne rimane un po’ colpita. Scopre così che lui ha quasi la sua stessa età, e che non sembra sia sposato, forse anche perché mostra sempre una grande timidezza, anche con lei, che d’improvviso si sente attratta da quei suoi modi garbati, comprensivi, quasi teneri, tanto da allungare il più possibile i propri discorsi. In seguito, con una scusa data da pratiche d’ufficio, sale al piano superiore per scoprire quale sia esattamente la stanza dove lavora, e se abbia ancora voglia di mostrare, tra i suoi colleghi di lavoro, la stessa indole che ha appena scoperto. Vanno assieme a prendere un caffè, e lui appare restio a parlare di sé, anche se Monica cerca di metterlo il più possibile a suo agio. <<Che buffo>>, gli dice; <<Sono anni che lavoro al piano inferiore di questo palazzetto, e non ti avevo mai notato, forse perché pensavo che in questi uffici lavorassero soltanto impiegate un po’ pettegole e piene di pregiudizi>>. Lui la guarda con un sorriso stentato e un’espressione quasi di assenzo, come se almeno in parte fosse d’accordo con quello che ha ascoltato, poi però confessa che è stato trasferito in quel settore da poco tempo, e che pur non trovandosi benissimo, riesce comunque a sopravvivere abbastanza bene.

            Monica annota mentalmente il numero telefonico interno di Renato, decisa a chiamarlo qualche volta, magari appena trova una scusa buona e plausibile, e dar corso così alla loro reciproca simpatia. Sono trascorsi molti anni, dopo il suo matrimonio, senza che lei si sia fatta avvicinare da qualcuno tra quei ragazzoni che anche senza volere si incociano spesso nei locali, oppure vengono presentati come conoscenti da qualche amica con la quale lei trascorre volentieri qualche serata. Prova una leggera repulsione, quasi una mancanza di necessità per entrare in contatto con questo tipo d’uomini. Forse sbaglia, lo ha fatto presente certe volte anche qualcuna delle sue compagne, ma Monica si sente così, bloccata, quasi che ognuno di quei maschi incarnasse in sé la delusione provata quando fu costretta a separarsi da suo marito. <<Non mi interessa>>, dice alla sua amica più vicina, <<credo di riuscire a vivere benissimo senza intrecciare nessun rapporto intimo con individui che rappresentano quell’altro sesso>>. Poi ride, come per alleggerire le sue parole, anche se dentro sé stessa prova sempre un sentimento amaro, come qualcosa di incompiuto, che qualche volta, quando resta in solitudine, si fa sentire anche maggiormente.        

            Renato parla sempre sottovoce, tratta ogni argomento con parole adatte, è sempre il primo a sorridere e a salutare ogni suo collaboratore, e poi con Monica si comporta bene, senza far correre troppo la loro conoscenza. Risponde fedelmente ai piccoli segnali di simpatia che lei gli invia, anche se non prende mai l’iniziativa, e lascia che sia la sua collega di lavoro a chiedergli alla fine di vedersi un pomeriggio, per sorseggiare qualcosa assieme dentro un locale, dopo la fine dell’orario di lavoro. <<Ma certo>>, le risponde lui con entusiasmo; <<Così possiamo parlare un po’ senza la preoccupazione che ci sia sempre qualcuno vicino ad ascoltarci>>.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 22 ottobre 2024

Idee assurde.


            <<Un figlio, cosa mai ci può essere di più importante che partorire un figlio?>>. Ogni tanto ripensa a queste parole che ha sentito dire una volta da una sua cara amica, in un momento in cui peraltro non erano neppure rivolte direttamente verso di lei, e adesso sembra quasi che questa frase le sia rimasta scolpita per sempre dentro la memoria, tanto che non riesce più a liberare la mente da una specie di ossessione che le prende ogni volta che i suoi pensieri sfiorano appena questo argomento. <<Monica>>, sembra dirle talvolta il suo stesso specchio quando sta intenta a mettere un po’ di ombretto intorno agli occhi. <<Che cosa importa se devi affrontare dei sacrifici, se devi impegnarti totalmente al servizio di questo compito, ciò che ne deriverà va ben oltre tutte le sciocchezze che ti avvolgono ogni giorno>>. Alle spalle purtroppo lei ha già un divorzio giunto forse troppo presto nella sua vita, ad appena un anno dal matrimonio con Giuseppe, quando aveva poco più di vent’anni, ed in tutto quel lungo periodo seguente, colmo di sdegno per quella storia finita in fretta e così male, le giornate sembrano essere scivolate via senza che nessun uomo abbia mai minimamente attraversato la soglia dei suoi interessi sentimentali. Fortunatamente in tutto questo periodo c’è stato anche la sua occupazione da impiegata comunale a darle da fare e riempirle un po’ la mente, e naturalmente ha sempre avuto qualche vecchia amica ogni tanto a farle un po’ di compagnia, nonostante lo starsene spesso in solitudine non sia mai stato per Monica un problema troppo eccessivo, ma anzi una maniera per acquietare almeno in parte quelle voci che certe volte sembrano mettersi ad urlare tutte assieme dentro sé stessa.

            Le appare ormai completamente inutile pensare ancora una volta a come potrebbero essere andate le cose se solo si fosse comportata in altro modo, se avesse avuto più pazienza, se le sue idee di fondo non avessero sempre richiesto qualcosa di più dai propri comportamenti. <<Devo pensare al mio futuro>>, dice sempre meno spesso al suo specchio, <<magari cercando di correggermi in quel che ho sbagliato, eliminando almeno gli errori più smaccati, ma senza colpevolizzarmi troppo, perché in fondo la mia personalità e il mio carattere non hanno mai permesso un comportamento troppo diverso da quello che ho sempre realmente condotto>>. Nel tempo libero lei tiene estremamente in ordine il suo piccolo appartamento, certe volte impegnando delle intere giornate del sabato o della domenica, oppure anche di qualche giorno festivo, per svolgere delle pulizie di fondo dentro casa sua di tutto quanto quello che le appare davanti agli occhi nelle proprie stanze, certe volte dedicandosi in maniera quasi maniacale in alcune operazioni. Poi le telefona una delle sue amiche, la più costante nel farsi sentire, e le chiede di vedersi, di uscire assieme per andarsene in un cinema o a fare una passeggiata, se il tempo lo permette, e Monica ha sempre quell’immediato scatto negativo, come se fosse stata interrotta durante il compito fondamentale di tutto un periodo, anche se poi riesce a mediare con sé stessa e persino ad accettare l’offerta che le viene riservata.

            <<Perché no>>, finisce col dire dopo aver allungato la conversazione quasi per prendere del tempo, ed alla fine riesce anche ad essere riconoscente con chi è capace di tirarla fuori dagli impegni che spesso avverte come improrogabili, tanto da non essere capace di classificarli come delle semplici fissazioni mentali. Quando poi si trova in compagnia, però, appare subito serena, spiritosa, capace di tenere una conversazione con chiunque, senza rinchiudersi in momenti ombrosi e di silenzio, tanto che nessuno riesce a sostenere che soffra di qualcosa di preciso nei momenti in cui resta da sola. Invece la sua presunta incapacità ad aver messo su una sua famiglia le pesa più di quanto possa sembrare anche a chi la conosce bene, pur restando sempre in grado di mascherare la sua sofferenza persino quando viene intavolato quello stesso argomento, oppure nel momento in cui qualcuno le porge una domanda diretta su quel tema. Monica sorride, poi cerca magari una battuta spiritosa dentro di sé, e così fa scivolare via qualsiasi allusione alla sua solitudine e al suo segreto tormento interiore, quello di non aver mai potuto portare avanti una propria gravidanza. Quello che le manca davvero, rivela solo a sé stessa, non è un rapporto sentimentale con un uomo, di cui potrebbe tranquillamente fare a meno, piuttosto quel figlio che certe volte le appare in sogno come un regalo ai propri desideri.

            Sarebbe disposta ad affrontare persino una gravidanza da sola, se questo fosse davvero possibile, anche se comprende benissimo quanto difficile sia tirare su un bambino in completa solitudine. Certe volte ha pensato persino di avere dei rapporti sessuali con qualcuno proprio a tale scopo, e in seguito, una volta confermato l’inizio della maternità, azzerare ogni contatto con il padre del nascituro, evitando persino di fargli sapere quale sia di fatto la vera situazione, oppure accampando nello stesso periodo di tempo anche una ulteriore relazione. L’argomento però appare complicato, lo sa benissimo, e forse la soluzione giusta non è esattamente quella che ha cercato di mettere assieme fino adesso.

 

            Bruno Magnolfi