mercoledì 10 dicembre 2014

Viaggio della rinuncia.

            

Ho quasi paura, fa lui sottovoce proseguendo a guidare. L'altro finge di non averlo sentito. La donna, al fianco del posto di guida, dice che secondo lei devono in ogni caso spingersi in avanti. Fuori dall'abitacolo la notte appare impenetrabile, i fari della macchina rischiarano di fronte a loro una porzione ridicola di asfalto. Perché accade tutto in questo momento, riprende a chiedersi la donna a voce alta; perché mai proprio in questo momento. Nessuno risponde, tanto appare retorica quella domanda.
Alla fine di questo viaggio sicuramente molte cose saranno diverse, dice l'altro. Lui prosegue a guidare, ma dopo pochi minuti dice che forse sarebbe meglio se si fermassero, almeno per qualche minuto. L'altro non perde neppure tempo a chiedere il motivo della sosta, si limita a sbuffare e lascia che poco dopo la loro auto si immetta nella piazzola di un distributore di benzina ormai chiuso. Accanto all’area, sottolineato da un’insegna luminosa, c'è un piccolo autogrill ancora in funzione; la donna fa cenno che potrebbero andare lì e prendersi almeno qualcosa da bere.
Scendono in silenzio, entrano ordinatamente nel piccolo locale e si siedono ad un tavolo. Bene, dice l'altro con ironia, non ci resta che fare una bella chiacchierata come dei buoni amici. Lui non risponde, si limita a guardare da qualche parte con l'aria di chi vorrebbe essere altrove. La donna ordina al cameriere del caffè per tutti, poi spiega che secondo lei non c’è motivo per farsi prendere dai nervi. L’uomo del bar porta quanto ordinato, osserva tutti con aria quasi di sospetto, ma serve le tazze ed il resto senza dire niente. Lui gli chiede quanta strada ci sia ancora prima di giungere in città, e l’uomo dice semplicemente: non molto, senza aggiungere altro.
Quando tornano a salire sull’auto lo fanno un po’ svogliatamente, quasi provando sofferenza. L’altro dice senza mezzi termini che non ha più molta voglia di spingersi ancora in avanti, ma l’autista riprende a guidare quasi non avesse sentito niente. La donna si sistema sopra al sedile come meglio può, e dopo poco chiude gli occhi, proprio mentre una fila di lampioni a bordo strada mostra le facciate delle case di una piccola frazione.
Proseguono ancora in silenzio per circa mezz’ora o poco meno, infine delle forti illuminazioni mostrano già da lontano che stanno per giungere nella città. La donna si scuote, tira fuori dalla borsa alcune cose insieme ad un piccolo foglio con su scritto l’indirizzo dove devono recarsi; l’altro, sui sedili posteriori, appoggia le braccia agli schienali davanti a sé, quasi per essere maggiormente partecipe di quella fase.
Lui rallenta la guida, le strade cittadine si aprono agli inizi nell’interno di una periferia sostanzialmente anonima, ma poi alcuni viali sfociano invece in larghe piazze, alcune anche alberate. Alla fine la strada che cercano si staglia improvvisamente di fronte a loro, quasi in modo magico, così la macchina rallenta, si accosta, e poi va a fermarsi in un parcheggio libero.
Sono arrivati, adesso devono soltanto scendere, suonare il campanello come pattuito, salire le scale e riunirsi con gli altri che probabilmente sono già tutti arrivati: ma un brivido di fatto sembra attraversarli. Il motore e i fari spenti mostrano un vuoto terribile, il silenzio che si forma sembra quasi parlare per loro. Che facciamo, chiede la donna. L’altro la guarda restando in silenzio. Lui alla fine dice soltanto: andiamocene via, riavviando il motore.

Bruno Magnolfi


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