venerdì 11 dicembre 2015

Sfida insensata.

            

            Dentro a questo salotto i mobili e gli oggetti della stanza risultano adesso perfettamente in ordine, come raramente succede, anche se lei, purtroppo anche stasera, sembra proprio desideri soltanto rimanersene nervosamente in piedi, stando lì accanto ad uno dei finestroni, come per osservare con attenzione chissà mai cosa fuori dai vetri, visto poi che la panoramica sulla strada che corre di fronte è sempre la stessa da sempre. Siediti, le dice lui perentorio con quei suoi modi da persona che tende normalmente a mostrarsi superiore, mentre intanto continua a gingillarsi con qualcosa di apparentemente prezioso che tiene tra le mani.
            Ho male allo stomaco, è meglio se evito di piegarmi, e scongiurare così che mi riprenda da vomitare come poc’anzi, dice lei mentre intanto prosegue ad osservare ancora qualcosa lungo quella strada da cui sembra costantemente attratta. Bene, fa lui, in ogni caso non c’è oramai molto da dire, i fatti mi sembra siano chiari a sufficienza.Tu che cosa ne dici? Seguono alle sue parole alcuni attimi di ordinario silenzio in cui l’uomo parrebbe provare come il desiderio di una conferma da parte di lei, magari di un semplice assenso, o forse soltanto di una semplice parola di accettazione circa la dichiarazione che ha appena pronunciato, ma in mancanza di tutto ciò riprende subito a dire: in ogni caso io sono stufo, ed ora mi tiro fuori da tutta questa faccenda.
            Lei si volta, sembra quasi punta sul vivo, lo squadra con grande determinazione, poi, dopo aver scelto con cura ogni parola per esprimersi, dice soltanto: non c’è affatto da meravigliarsi. Lui si muove di qualche passo senza neanche guardarla, sembra quasi prendere tempo, scegliere a sua volta le parole più adatte per difendere in qualche modo la sua posizione, ma infine si ferma, appoggia il posacenere di radica che teneva tra le mani sopra un ripiano davanti a sé, e poi resta lì, come immerso in chissà quali pensieri.
Vorrei soltanto che si fosse stati così lungimiranti da prevedere con anticipo una cosa del genere, fa lei sottovoce senza muoversi minimamente; adesso invece siamo tutti perdenti, ma forse proprio per questo non dovremmo apparire anche dei codardi. Non si tratta di questo, fa lui mentre si gira forse per dare maggiore risalto alle sue parole. La faccenda a me pare chiusa, inutile cercare di andare avanti ulteriormente. I due adesso sono a pochi metri di distanza, ma la forte lontananza tra loro si percepisce perfettamente, anche soltanto nelle espressioni degli occhi. E agli altri soci ora cosa dovremmo dire, fa lei: che sapevamo perfettamente prima o dopo di arrivare a questo finale, ma che nonostante ciò abbiamo cercato di tenerci su una linea di cauto ottimismo solo per fare ancora dei tentativi alle loro spalle, ed insomma per prenderli in giro?
No, certo, fa lui; alla riunione dovremo sostenere di aver fatto il possibile per tenere in piedi le nostre attività, ma poi è intervenuto un elemento improvviso che ci ha tolto ogni possibile tentativo. Lei si volta, come per osservare bene la faccia di lui, poi chiede:  e quale sarebbe, questo elemento, avanti, sentiamo. Non so, dice lui, potremmo sostenere che dai nostri clienti non ci sono più stati richiesti servizi, che anche noi non abbiamo avuto idee nuove, o che la banca ci ha messo delle condizioni piuttosto difficoltose. Lei torna a guardare fuori dai vetri, in silenzio. Lui riprende in mano il pezzo di radica. Va bene, pensa lei guardando ancora la strada; in fondo mi chiedo quale significato può esserci in questa sfida portata avanti ancora soltanto da te e da me.


Bruno Magnolfi

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