giovedì 3 marzo 2016

Nessuna parola.

           

            Improvvisamente tu muovi il piede in avanti, appoggi lentamente a terra la suola della scarpa sinistra, fletti leggermente la gamba, lasci avanzare il tuo corpo quel tanto che serve per riequilibrare l’insieme, però poi ti fermi, come colto d’un tratto da un forte indicibile dubbio. Lei ti osserva invece con una certa immobile serietà, ma dopo l’attimo in cui ha calcolato ogni estensione dei gesti che ormai tu hai compiuto, distoglie leggermente il suo sguardo, come se avesse già chiaro che probabilmente non avrai mai il coraggio di fare una mossa ulteriore. Forse intorno a voi due, nell’ampia sala in cui vi trovate, qualcuno vi sta guardando con curiosità, e questa componente in tutto l’insieme ti crea senza dubbio un disagio ulteriore, anche se non è in ogni caso l’elemento essenziale che determina ogni tua futura possibile azione.
            Sembra d’improvviso non ci sia alcuna necessità di parlare, ed il leggero brusio che riempie la sala d’attesa fa soltanto da colonna sonora ad un incontro che avviene in questo momento quasi per un puro caso. Lei vicino ha un'amica, che adesso le chiede qualcosa, le mette a disposizione una sponda, per esempio anche la possibilità di prendere e andarsene. Tu invece stai solo, ed adesso sei fermo, non riesci neppure a calcolare la mossa ulteriore da compiere, così ti limiti ad attendere che qualcosa succeda, magari soltanto per combinazione, oppure che l'intuito ti aiuti.
Ci saranno a malapena quattro metri e cinquanta tra voi, ed ogni tanto qualche sbadato passa in mezzo proprio tra te e lei. Tu allora ti volti su un fianco, osservi distratto il monitor alto sulla parete, fai perdere persino d'importanza almeno per un attimo la possibilità di un saluto come si deve. Lei prosegue a non osservarti, anche se rimani costantemente all’interno del suo campo visivo, ed è evidente come si aspetti qualcosa da te, qualcosa che facilmente forse lei saprebbe indicarti, ma che tu molto probabilmente non vorresti in nessun caso seguire.
Accade qualcosa, annunciano un aereo, ed anche se non è proprio il tuo, guardi comunque l’orologio da polso, fingi impazienza, controlli la borsa e pensi ai tuoi documenti, come se tutto stesse rovinosamente andando verso una conclusione al disopra di qualsiasi volontà. Lei ride, improvvisamente, parlando con la sua amica, forse cerca di assumere una maschera per mostrare che sta ormai da tutt’altra parte, ed è ben superiore a ciò che in questo momento si sta consumando. Allora tu muovi l’altro piede in avanti, tutto il tuo corpo si posiziona di conseguenza in un nuovo assetto, e quasi staresti per dire una qualche parola, una frase pur breve, forse il suo nome soltanto, ma la paura di rompere l’equilibrio incantato che gira attorno a voi due ti fa desistere.
Infine sorridi anche tu, quasi a mostrare a lei che hai capito perfettamente il suo gioco, e ne sei divertito, in fondo i luoghi pubblici hanno sempre qualcosa di magico quando riescono a contenere delle cose private e tanto contorte. Lei porta una mano alla bocca, tu riconosci quel gesto e all’improvviso la senti vicina, così alzi un braccio, indichi vagamente con la mano qualcosa, ma lei di scatto si è già voltata, è altrove, forse non vuole più seguire il tuo gioco. Non è più il momento di dire qualcosa, e neppure quello di avvicinarti ancora; finisce qui questo incontro, una nebulosa indistinta che sembra ad un tratto avvolgere qualsiasi emozione, lasciando semplicemente una lieve amarezza che forse si stemprerà soltanto durante il tuo volo.
Ti volti, stringi la borsa da viaggio, ti incammini lentamente verso il gate, fino a quando ti fermi, torni a girarti, la cerchi, e lei è lì, dietro di te, senza parole.


Bruno Magnolfi

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