venerdì 28 novembre 2025

Almeno per adesso.


            Sicuramente lui è un uomo calmo e riflessivo, un tipo di persona di cui è certo che ti potresti fidare ad occhi chiusi, se non fosse magari per la sua indole persino troppo chiusa e taciturna che tende a non rivelare mai a nessuno il proprio vero pensiero. <<Buongiorno>>, gli dicono al mattino i suoi colleghi, quando con puntualità proverbiale arriva sul posto di lavoro, un enorme capannone in periferia adibito alla logistica ed al deposito delle merci; e mentre gli altri scherzano tra loro o si danno delle gran pacche sulle spalle, tutti davanti a lui si fermano sempre un passo indietro, visto che nessuno riesce mai a farlo sorridere, mostrando così di non accettare certe confidenze. In genere avvia per primo il proprio muletto, per iniziare subito dopo a movimentare gli innumerevoli bancali, senza mai stancarsi, senza quasi permettersi una sola sosta, però svolgendo ogni manovra sempre con calma, senza pretendere da sé stesso una fretta pericolosa e fuori luogo. Qualcuno forse pensa che lui esageri, che il suo modo di lavorare sia fuori dal tempo, che le sue invidiabili capacità non siano mai state in grado di rinnovarsi in tutti questi anni. Ma quando un collega si rovescia su di un fianco con il proprio mezzo uscendo con una ruota dal piano di carico, lui è l’unico che sa come rimettere le cose a posto, con metodo, con impegno, con forza, e con l’aiuto del suo fedele muletto.

            Ed è quella mancanza nel relazionare ai superiori su quanto è appena accaduto sia dentro gli uffici che verso i propri caposquadra, nonostante non ci siano state delle gravi conseguenze sia umane che materiali, che immediatamente lo mettono in una posizione piuttosto difficile. Gli viene notificata una lettera con nota di demerito che lui peraltro non accetta strappando il foglio in mille pezzi; perciò, interviene con forza il sindacato che però non sa aiutarlo, come i suoi colleghi che restano praticamente muti di fronte a quei fatti così come si sono svolti. Lui per la prima volta alza la voce, dice che non potrà restare in un luogo di lavoro dove la solidarietà è soltanto una parola a cui non conseguono dei fatti, e così in quel giorno rassegna con stizza le proprie dimissioni, tra la sorpresa generale. Immediatamente presenta richiesta di occupazione in altre imprese dove la sua esperienza può avere un peso determinante, ma quando vengono richieste le relative credenziali, nessun capo del personale può dar seguito alla sua domanda. <<Gino>>, gli dice un amico che lo conosce da tempo immemorabile, <<certe volte bisogna abbassare la testa e riconoscere l’opinione generale. Probabilmente sarebbero pronti a riprenderti subito nel tuo posto di lavoro, ma tu devi fare ammenda, e dichiararti pentito di aver cercato di risolvere le cose per conto tuo, senza avvertire nessuno>>.       

            Gino guarda il suo bicchiere mentre sta seduto davanti al bancone del locale dove va ogni tanto, e rimane in silenzio, pensieroso, riflettendo senza darsi pace su quel divario che forse il caso gli ha messo di fronte per renderlo impotente. Sul posto di lavoro immagina che gli altri abbiano a lungo parlato di lui e di quanto gli è accaduto, ma sa anche perfettamente che le continue attività della logistica copriranno presto tutte le opinioni, e che in poco tempo lui sarà dimenticato, ed il suo modo di comportarsi diverrà solo un grave errore di un bravo mulettista. Lascia trascorrere un’altra intera settimana lottando contro il proprio orgoglio, e infine si presenta alla direzione della vecchia società, chiedendo un colloquio con il capo del personale. Si siede di fronte a quella scrivania, toglie il berretto inseparabile dalla sua testa calva, e dice soltanto che ha necessità di tornare a lavorare. L’impiegato gli pone delle domande, lo incalza, gli chiede i motivi veri che lo hanno portato a comportarsi senza mostrare una vera fiducia verso la propria azienda, e Gino dice soltanto che ha agito d’impulso a difesa di un collega, e che adesso però è pronto a riconoscere le proprie mancanze.

            Gli dicono che lo contatteranno, la direzione prenderà in esame la sua richiesta, che gli faranno sapere che cosa verrà deciso, però tra qualche giorno, appena ne potranno parlare tutti insieme. Gino si alza dalla sedia, si sente ferito, sente che quella è l’ultima volta in cui è potuto entrare dentro quella azienda, e che probabilmente nessuno gli darà di nuovo il mestiere che ha esercitato per tanti anni. Ma il giorno seguente, nella serata, vanno a trovarlo a casa quattro o cinque dei suoi colleghi, compreso quello che aveva combinato l’incidente del muletto, e c’è anche un sindacalista, e tutti gli chiedono di sedersi, di parlare con calma, ora che è trascorso qualche tempo e che le cose sembra proprio che abbiano assunto un diverso sapore. <<Gino, sono disposti a coprire questo periodo come ferie>>, gli dicono, <<e tu se vuoi puoi riprendere da subito il tuo posto di lavoro, dopo che avrai stracciato quella tua lettera di dimissioni>>. Lui solleva lo sguardo, ringrazia, ma senza commentare. Forse è una vittoria per qualcuno, pensa; ma non per lui, che resta comunque della stessa opinione che aveva prima, anche se è la parte più debole del sistema, e deve adeguarsi, almeno per adesso.

 

            Bruno Magnolfi  

mercoledì 12 novembre 2025

Semplice reliquia.


            Lei, Irma Neri, un’età che sfiora il mezzo secolo, orgogliosamente sola dopo che il suo ultimo fidanzato qualche tempo addietro si è rivelato poco per volta una persona quasi inconsistente per personalità, da qualche mese durante le nottate di sonno regolare dentro la camera da letto del piccolo appartamento dove abita, pur decisa e convinta nelle scelte della propria vita, ha iniziato ad avvertire delle voci che non riesce in nessun modo a spiegarsi. Inizialmente sono state quasi un brusio incomprensibile che nel buio del dormiveglia parevano provenire dall’appartamento accanto oppure da quello al piano superiore, ma dopo aver origliato a lungo appoggiando la testa in tutte le pareti della camera, Irma si è resa conto che non era così, e che quei tenui bisbigli provenivano esattamente dalla propria stanza. Così ne ha parlato con il suo medico, un dottorino giovane molto serio e preparato che ha cercato di rassicurarla, anche se lei, senza neppure in seguito parlargliene più, ha iniziato in quello stesso periodo ad acuire la propria attenzione, cominciando a percepire nel buio notturno anche delle parole quasi definite, pur immerse in frasi inconcepibili e confuse. <<Probabile>>, sembra che dica certe volte quella voce; oppure: <<indubbiamente>>, ed anche <<domani>>, e certe volte insiste a dire persino <<è inutile>>. Sembra proprio come se qualcuno tenga un dialogo con qualcun altro, che però non gli risponde, o magari risponde in altro modo, con dei gesti o chi sa come, evitando in certi momenti di emettere il più piccolo suono.

            Così lei ha provato ad amplificare alle sue orecchie quella voce inconcludente e per certi versi monotona, arrotolando un cartoncino in modo da farne un cono piuttosto rigido, di cui applicare ad un suo padiglione auricolare il foro piccolo, lasciando la parte più aperta libera di captare dall’aria della stanza ogni gemito ed ogni sillaba. Si è rapidamente resa conto di come la voce molto probabilmente stia leggendo qualcosa, forse un libro o anche qualche opuscolo, espressi però con una piccola enfasi, tanto da rendere anche indecifrabile a chi desideri riferirsi. Nella stessa giornata lei è passata da una farmacia ed ha acquistato dei tappi in gomma per le orecchie, sostenendo con il farmacista che i vicini di casa erano soliti provocare dei rumori molesti durante il suo sonno. Così ha cercato di disinteressarsi del tutto di quei bisbigli, di quei dialoghi, e di quella voce in gran parte incomprensibile, talmente presente però dentro alla sua camera da risultare quasi frutto di qualche magia. Per alcune notti le cose sono assai migliorate, ma la curiosità di ascoltare ancora quella strana presenza ha indotto Irma ben presto a togliere i tappi per tornare ad ascoltare la voce.

            Lei a questo punto si è resa conto immediatamente che quei suoni, quella forma verbale leggera ma diventata quasi un’abitudine, adesso sembra scomparsa. Perciò si è coricata nel proprio letto con una maggiore rilassatezza rispetto agli ultimi tempi, e in questo modo ha trovato un riposo migliore. Ma una delle sere seguenti, inizialmente quasi senza rendersene conto, ha compreso che la voce di nuovo era lì, da qualche parte, sempre con quel tono sommesso, delicato, quasi un brusio indefinito come si è sempre manifestato. Allora è tornata dal suo medico, giusto per spiegargli in ogni dettaglio di come si fosse convinta che c’era una voce nella sua mente, e che lei stesse perdendo giorno per giorno il proprio riposo e forse anche il senno. Il dottore, pur giovane ma con una certa saggezza, le ha spiegato con calma che tutto poteva dipendere dagli ossicini dentro al suo orecchio, che vibrando in maniera del tutto inconsueta avessero cominciato a proporre dei sottili rumori simili al bisbiglio di una persona. <<Ma io distinguo qua e là delle parole>>, ha detto Irma con fermezza. <<Non può derivare tutto quanto da ossa, cartilagini o flusso del sangue; dei leggerissimi rumori probabilmente è normale avvertirli all’interno della propria testa, ma non delle frasi composte, non delle parole significanti, decifrabili, del tutto simili a quelle di una qualsiasi persona che parla>>.

            Il medico si è grattato la testa, ha detto che avrebbe chiesto a degli specialisti se si fosse mai verificato nei loro pazienti un caso del genere, e poi le ha detto di usare i tappi per avere un riposo adeguato, nell’attesa di trovare un luminare della scienza in grado di sciogliere quell’enigma. Ed è stato in quel momento, fermandosi un attimo nel bagno dell’ambulatorio che Irma si è resa conto che in quel piccolo vano ricoperto da piastrelle bianche e molto silenzioso, la voce di sempre non c’era, e che quindi non era nella sua testa, e che quella non era esattamente la strada per scoprire quale fosse il suo inconsueto problema. Rientrata in casa ha spostato dei mobili, li ha allontanati dalle pareti, ed alla fine ha scoperto dietro un armadio che vi era rimasta una radiolina minuscola ancora collegata alla rete elettrica, sintonizzata su un programma di sole notizie, senza né musica né pubblicità. <<Una reliquia del mio fidanzato>>, ha subito pensato, e dopo un attimo naturalmente è scoppiata a ridere.

 

            Bruno Magnolfi