giovedì 16 novembre 2017

Spie.

            

Avrei bisogno di parlarti nel mio ufficio; anche adesso se non hai cose particolarmente importanti da sbrigare, dice al Torrini mentre gli passa distrattamente accanto, appoggiando una mano sul piano della scrivania e osservandolo appena per un attimo negli occhi. La mattinata è una di quelle solite, fotocopia esatta di mille altre, gli impiegati dicono qualcosa tra di loro sorridendo quando si incrociano lungo i corridoi, e per il resto ognuno se ne rimane piegato sopra al proprio piano di lavoro oppure al telefono, a sistemare le pratiche a lui affidate ed a contribuire alla gestione di tutta la clientela assicurativa del gruppo societario. Il capufficio non è il tipo di persona che parla molto con gli altri, però sicuramente è un astuto osservatore, uno che scruta le persone con attenzione dietro ai suoi occhiali, cercando di comprendere anche da piccoli particolari le cose che non vanno. Non capita di frequente che inviti qualcuno a raggiungerlo dentro al suo ufficio, perciò il Torrini si mette subito sulla difensiva, pronto ad affrontare una nuova grana, a questo punto praticamente quasi sicura.
Vorrei chiederti qualcosa di Corrado Renai, dice lui senza giraci attorno. Per me è solo un collega, fa il Torrini, peraltro neanche uno di quelli con cui ho più confidenza; non so che cosa devo dire, ma a parte qualche piccola incomprensione che viene fuori ogni tanto tra me e lui, per il resto mi sembra uno come gli altri. Vuoi dire che con il Renai non hai rapporti privati fuori dall’orario di lavoro, e che magari non lo conosci neppure oltre questi uffici, mi pare di capire. Esatto, dice il Torrini, niente di niente. Credo che tu non mi dica la verità, fa il capufficio: in ogni caso non ho elementi per smentirti, anche perché quello che accade fuori da queste mura non sono certo affari miei. E’ esatto anche questo, fa il Torrini, comunque se c’è bisogno di qualche spiegazione sui miei compiti sono pronto a darli, però sugli altri impiegati del palazzo non mi piace proprio parlarne troppo.
Va bene, dice l’altro alzandosi dalla scrivania, è chiaro il concetto, in ogni caso se ci fosse bisogno di cambiare in meglio le mansioni ad un impiegato del piano, o magari affidare un portafoglio clienti un po’ più corposo a qualcuno dei nostri, tu non indicheresti certo lui. Torrini sorride, annusa il trabocchetto, pensa che non ci sia niente di vero in tutte quelle parole, e che sia soltanto uno stratagemma per tirargli fuori degli elementi che probabilmente il capufficio già conosce, o che subodora, ed immagina oltretutto che qualcuno in quei corridoi, incapace di badare ai fatti propri, lo abbia subito avvertito del recente scambio di soldi che c’è stato.
Fondamentale è negare, negare sempre, lasciando che almeno un dubbio prosegua a girare nella testa di tutte le persone. Va bene Torrini, dice il suo capo, vedremo in seguito. Durante la giornata Torrini fa avere un biglietto a Corrado, e all’uscita dal lavoro loro due si incontrano sul retro di un caffè poco distante. Devi rendermi i quattrini che ti ho prestato, gli dice quello, la faccenda si è fatta troppo pericolosa. Il capo pensa che ci sia tra noi una compravendita di clienti o anche di polizze, così è capace di metterci alla porta tutt’e due. I patti sono chiari, risponde secco Corrado; ti renderò tutto nei tempi stabiliti. Torrini evita di alzare la voce, lascia correre, non ha strumenti per arrivare a pretendere quello che ha appena chiesto, quindi se ne va e basta. Quando escono comunque lo fanno uno per volta, a distanza di diversi minuti, soprattutto perché oramai ambedue non si sentono tranquilli affatto: chiunque intorno sembra che continui come ad osservarli di nascosto, e gli pare d’essere tenuti d’occhio da chissà quanti passanti anonimi, come se il capo nello spazio di un solo pomeriggio avesse assoldato delle spie per dare loro una spietata caccia. Forse non succederà un bel niente, pensa Corrado mentre se ne va verso casa sua; in ogni caso occorre adottare una gran cautela, e lasciare che le cose si sgonfino, come è normale in casi come questi: poco alla volta. 


Bruno Magnolfi

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