mercoledì 11 marzo 2020

Riunione ovina.



"Non ho niente di nuovo da dirvi", fa il moderatore a voce alta dentro al microfono, mentre i presenti dell'assemblea auto-convocata proseguono nel parlottare sul tema di oggi a gruppetti di tre o quattro attivisti per volta, come cercando nel brusio generale che si è velocemente creato, la parola più giusta da proporre con determinazione a tutti gli altri. "Nessuna novità, nessuna presa di distanza dagli errori fatti in questi ultimi giorni; niente di niente, se non quello che già conoscevamo". Qualcuno a voce alta dice qualcosa, ma senza troppa convinzione, tanto che ogni rimostranza si spegne nell'aria con rapidità, lasciando praticamente a tutti quanti soltanto il compito di uscire dalla sala ed andarsene ognuno per i fatti propri.
Ma è a questo punto, quando nessuno si sta già più interessando di chi sia rimasto o meno sopra al piccolo palco, proprio dietro al tavolino che fino a poco fa era occupato dai soliti esponenti, praticamente quelli conosciuti da tutti e da tutti giudicati gli unici a potersi permettere di prendere la parola, che una donna mai vista a quelle riunioni e fino adesso ignorata, si mette con determinazione dietro a quel microfono sfortunatamente rimasto ancora acceso, e dice qualcosa che obbliga necessariamente a far voltare tutti i presenti verso di lei: "siete soltanto delle pecore", dice senza dare neppure dare troppa enfasi a queste poche parole. "Provo vergogna nel dover rendermi conto di far parte della vostra categoria". Qualcuno subito si sente offeso, altri pensano che quella donna stia solo scherzando, ed altri ancora forse vorrebbero risponderle immediatamente per le rime, ma il suo tono pacato fa in modo di ottenere un silenzio quasi completo, irreale dato il momento, utile per ascoltare il seguito di un tale attacco così diretto.
Ma per tutta risposta la donna piega la testa, guarda qualcosa sul piano del tavolo davanti a sé, ed infine si alza, pur restando lì accanto, senza interessarsi più di niente, tantomeno cercare di spiegare in qualche modo le proprie affermazioni. Ad alcuni sembra addirittura che stia lasciandosi andare ad uno sbadiglio, come a sottolineare la noia terribile che prende soltanto ad intrattenersi con delle persone quali quelle che le rimangono di fronte. Nessuno prende il coraggio di chiederle a che cosa mai si riferisse, e per stemperare il senso di ciò che è stato detto qualcuno inizia a ridere, quasi che la sua sortita fosse stata una battuta di solo e puro spirito.
Lei allora si volta, osserva qualcuno che le rimane più vicino, poi riprende ancora il microfono, e dice senza mezzi termini che è stato un errore venire a perdere del tempo in questa stupida assemblea. “Non mi interessa”, dice con determinazione, “chi sia stato ad avere per primo un’idea del genere; so per certo che non ci sarà alcun seguito a questa specie di dibattito, e che tutto questo in fondo era probabilmente già piuttosto chiaro agli organizzatori di questa sciocca pantomima”. Adesso alcuni applaudono ed altri paiono indignarsi, mentre alcuni tra le solite facce note si precipitano sopra al palco cercando di fermare questa donna, mentre lei, con ferma decisione, scende i due gradini che la separano dalla platea e si avvia con passo fermo verso l’uscita, proprio mentre tutti i presenti si aprono in due gruppi ben distinti per lasciarla passare comodamente fino alla porta. Infine, giunta sulla soglia, lei se ne va, come non ci fosse proprio altro da dire, e se qualcuno ad un certo punto avesse pensato tra sé di fare un gesto per fermarla, alla maggior parte delle persone invece pare non sia neppure passato per la mente.
“Meno male che va via”, dice subito qualcuno; “una persona assurda, una testa matta, incapace di comprendere e rispettare qualsiasi regola della comunità, una che non ha proprio alcuna cultura assembleare, mancando persino anche del minimo senso delle cose che è possibile enunciare o meno in un luogo come questo”.


Bruno Magnolfi



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