lunedì 9 novembre 2015

Tema concluso.

           
            Ammazzami, con voce strozzata dal dolore dice lui nel suo sogno ricorrente alla propria compagna. Di fatto è caduto dalle scale, probabilmente, qualcosa si è spezzato tra le fragili ossa della sua schiena, ed adesso è rimasto lì, impossibilitato a compiere qualsiasi movimento. Altre volte invece è accaduto un semplice incidente d’auto, è stato anche travolto mentre attraversava la strada, oppure qualcuno gli ha assestato una bastonata vile proprio alle spalle. In tutti questi casi lui è rimasto evidentemente a terra, fermo, paralizzato, ed il suo futuro è subito apparso irrimediabilmente compromesso.
            Insomma, ammazzami, finiscimi, le dice, piuttosto che lasciarmi soffrire ancora per chissà quanto tempo, ma lei con estrema freddezza si limita ogni volta soltanto a chiamare i soccorsi. Poi, sempre nel sogno, lui si ritrova convalescente, in un piccolo giardino fresco e silenzioso, seduto ad un tavolino, mentre la sua compagna si occupa di qualcosa, forse alle sue spalle sistema semplicemente una tazza sopra un vassoio, quindi gli va più vicino porgendogli la bevanda, gli dice ciao sottovoce, e infine se ne va, senza alcuna spiegazione.
            Non è tanto starsene solo il problema, pensa lui adesso, quanto sapere di essere stato abbandonato ad un certo punto, lasciato al proprio destino, e neppure con un atto di cattiveria o di disprezzo, quanto con un sorriso, con una parola semplice e quasi dolce, un gesto rispettoso e gentile. Non sa neanche bene chi sia la sua compagna del sogno, forse soltanto una somma del tutto incompleta di alcune tra le donne che ha conosciuto, comunque una persona senz’altro sicura di sé, qualcuna che con ogni probabilità, ad un dato momento, è riuscita a vedere in lui qualcosa di interessante, ad apprezzare almeno un aspetto di rilievo del suo carattere, una dote che magari a lui stesso è sempre sfuggita, ma che in seguito forse si è fatta anche per lei meno importante, tanto da poter essere lasciata in disparte, insieme al resto di quel suo uomo.
            Viene da ridere, lui si è come affezionato a quel sogno, fino al punto di credere che quanto accaduto sia vero, e che tutto sia davvero esistito, prima o dopo, tanto che quegli accadimenti siano proprio tutti reali, come reale sopra ogni fatto sia lei, la sua compagna di sempre. Non le ha mai dato un nome, forse non si è fermato mai a chiederlo, e probabilmente a lei è parso poco importante dirgli chi era, come si erano conosciuti, perché si trovavano lì, insieme, mescolati in quella dolorosa vicenda. Certo, non è affatto importante, pensa lui adesso. Ma quell’ombra sfumata che appare immediatamente dopo che lei si è eclissata, sembra porgere alla mente mille altre domande.
            Per questo lui perfino in questo momento nel suo sogno vorrebbe cercarla, dice, forse semplicemente vorrebbe soltanto conoscere qualcosa di più della sua storia, capire da dove lei sia venuta, e perché. Il medico lo guarda, ha preso appunti sul suo taccuino, o forse ha solo finto di prenderne. Non ha una risposta, si limita a guardare sulla sua scrivania, ad incoraggiarlo per dire ancora qualcosa, per descrivere, spiegare ogni dettaglio, fino a parlare e a parlare sempre intorno a quel medesimo argomento; fino a quando però alla fine tutto diviene troppo noioso, logorroico, antipatico con quel persistere a definire ancora qualcosa; perciò ora basta, è sufficiente così, gli dice, perché questo ormai è un tema concluso.


            Bruno Magnolfi

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