martedì 3 novembre 2015

Colpa grave ed indivisibile.

            
            Dopo aver sbrigato tutte le faccende di casa, quando infine riesce a ritagliarsi del tempo per sé, a lei piace mettersi seduta, da sola nella sua stanza, e riguardare delle vecchie fotografie che ha accumulato con pazienza, ripescandole alla rinfusa da una grossa scatola di cartone dove solitamente le tiene riposte. La sua vicina, quando sa che lei è in casa, va a trovarla certe volte, tanto per parlare con calma del più o del meno, e lei qualche volta le mostra proprio quelle immagini, ricostruendo i periodi e le vicende delle persone le cui facce affiorano su quei cartoncini lucidi. Poi generalmente si salutano, lei l’accompagna fino sul pianerottolo, la saluta, dice che le ha fatto piacere che sia passata, ed infine richiude la porta.
            Forse l’altra sorride di quegli struggimenti così assolutamente ordinari. Forse chiunque lo farebbe in simili circostanze. Ma non ha alcuna importanza, ognuno è costituito in una propria maniera, inutile stare a criticare o a fare ironie. Lei rientra, sistema le sue cose e mette in ordine la sua piccola stanza. Sua madre adesso è anziana, ma ancora conserva un carattere burbero, non accetta facilmente il disordine, e non le piace neppure che lei si perda in quelle sciocchezze, cosi, pur lasciandola fare, quando la vede affacciarsi alla porta della cucina, le detta subito qualche compito pratico di cui occuparsi, quasi a rompere velocemente quella sua atmosfera sognante attraverso la concretezza delle cose da fare. Certe rare volte le rinfaccia addirittura che i soldi per andare avanti vengono quasi tutti dalla sua pensione, e quelle elemosine che prende sua figlia per fare le pulizie in casa a qualche famiglia di quel quartiere, da sole non servirebbero quasi a niente; lei ovviamente soffre quando ascolta delle parole del genere, ma in ogni caso cerca di non ribattere mai a certi discorsi.
Poi, la prima coltellata che lei infligge a sua madre poco dopo avere iniziato a sbucciare delle patate sul tavolo di cucina, alzandosi dalla sedia come per un gesto normale, è di striscio su un braccio, quasi uno sbaglio di traiettoria. Il secondo colpo, al contrario, è più deciso e diretto, e va preciso di punta all'addome, anche se non è forte, soltanto una robusta punzecchiatura, quasi fosse un avvertimento. La vecchia si accascia, subito si lamenta, lei resta immobile per dei lunghi attimi, infine si porta le mani ai capelli, urla qualcosa, va immediatamente a chiamare la sua vicina di casa. Non è grave, si salverà, dice il medico mentre portano via la madre con la barella, ma io devo sporgere denuncia, il caso non è chiaro, non è proprio possibile che si sia tagliata da sola.
Sono stata io, dice lei con una certa fermezza; se lo è meritato. La vicina presente dentro la stanza è incredula, la guarda in faccia con gli occhi sbarrati, non si rende neppure conto del tutto di quanto stia effettivamente capitando. I carabinieri arrivano in fretta, fanno qualche rilievo e le dicono subito di seguirla, anche se lei sembra già pronta, nella confusione del momento è riuscita perfino a mettere qualcosa di personale dentro una borsa. E’ colpa mia, spiega la vicina ormai in lacrime. Ho dato spago ad un comportamento sentimentale, ho attizzato una brace, mi sono lasciata andare ad ambigui comportamenti. Sono colpevole, spiega, almeno quanto lei.


Bruno Magnolfi

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