lunedì 2 ottobre 2017

Osservatorio.

            

Non ha poi molta importanza per Francesco che i suoi compagni di classe si mettano a fare tanto gli spiritosi, e che continuino magari a dirsi a voce alta momento dopo momento tutto quello che passa loro per la testa; al punto che poi ridendo spesso si ritrovano a darsi dei grandi spintoni proprio durante quei pochi minuti caotici al termine di tutte le lezioni, quando ogni studente ha solo voglia di uscire dalla scuola e di sentirsi finalmente libero. In quell’enorme corridoio che porta all’uscita dall’edificio, quando i ragazzi quasi corrono con i loro zaini già indossati, anche in quei momenti lui resta normalmente indietro e sulle sue, solo e da una parte, come fa quasi sempre durante tutta la mattinata scolastica, tanto che persino se qualcuno gli pone una domanda anche generica ecco che lui la maggior parte delle volte risponde soltanto a monosillabi, senza incoraggiare mai in chiunque alcuna conversazione.
Non è che lui si trovi troppo male con gli altri compagni, anche se gli danno un certo fastidio i tipi troppo esuberanti, soltanto si sente almeno in parte uno spirito solitario, un semplice osservatore della realtà ecco, un tipo a cui piacerebbe certe volte poter diventare addirittura trasparente pur di proseguire a stare con tutti, ma limitandosi a guardare e a prendere nota dei comportamenti di chi riesce ad osservare. In classe sua lo sanno, anche gli insegnanti hanno imparato bene a conoscere quel suo carattere, e generalmente lo lasciano in pace quasi tutti, anche se quando è l’ora dell’uscita può capitare che lui rimanga indietro a guardare gli altri andarsene rapidamente. Forse a lui interessa meno quella specie di evasione quotidiana, oppure non sente di avere come gli altri studenti tutta questa fretta di tornarsene a casa sua.
Francesco disegna quando è da solo, e da qualche parte ha avuto modo di leggere come secondo alcuni la forma è sempre superiore al colore, e che sopra la carta con una semplice matita si può fermare l’espressione più spontanea, quella che generalmente sta sopra la maschera. Così lui tratteggia delle facce, quei semplici visi che più spesso si ritrova attorno, le loro espressioni, i profili di chi conosce maggiormente, cercando di sviluppare il massimo della rappresentazione con il minimo dei segni utilizzati. Prende appunti certe volte, pochi rapidi fregi in chiaroscuro, ma poi sviluppa le sue idee soltanto quando infine è a casa, nel chiuso della sua cameretta, dove il silenzio e la tranquillità gli permettono di essere davvero a proprio agio.
Il momento esatto in cui si ferma e mette via tutti i lavori dentro una grossa scatola tenuta ben nascosta, è quando sta per rientrare in casa anche suo padre: con sua madre naturalmente è un po’ diverso, comunque non vorrebbe mai farsi trovare da nessuno dei due mentre sta lavorando ad un ritratto, perché il suo è come un segreto da tenere celato dentro di sé, considerando oltretutto che non riuscirebbe mai in nessun caso a tenere in mano neppure la matita in loro presenza. È un blocco quello che prova, una sensazione di ostilità profonda che è sicuro verrebbe fuori immediatamente da parte loro, se solo fosse scoperto a svolgere un’attività di questo genere. Così sua madre non soltanto non lo disturba mai, ma lo avverte, quando sa che il suo piccolo segreto sta per essere messo in pericolo da suo padre. Velocemente Francesco mette via tutto, ed è contento di farlo, di custodire in questo modo qualcosa che è soltanto suo, che gli appartiene: un osservatorio privilegiato quasi inespugnabile.


Bruno Magnolfi

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