venerdì 21 settembre 2018

Dettagli da nulla.


           

            Eravamo compagne di scuola, dice la signora Martini. Lei amava sedersi nel primo banco, ogni anno scolastico, io invece non ci tenevo affatto ad essere sempre sotto gli occhi della maestra di turno. Però mi piaceva quella bambina, aveva sempre qualcosa nei suoi comportamenti che le altre non si sognavano neanche. Marisa, le dicevo certe volte: raccontami una piccola storia che nessuno mi hai mai letto. E lei lentamente iniziava un racconto che mi faceva subito fantasticare, tanto che alla fine mi chiedevo dove mai avesse imparato quelle favole così belle e intriganti. Soltanto più tardi sono riuscita a capire che era capace anche con un certa facilità e naturalezza di inventarsi ogni vicenda che raccontava, così, su due piedi, senza preparazione.
            Poi ci siamo perse per tanti lunghissimi anni, forse tutti quelli che sono intercorsi tra la fine del periodo scolastico e la morte di suo marito. Non lo so per quale motivo, o che cosa sia successo a lei in tutto quel tempo, però ogni tanto la incontravo per strada, e più tardi, quando rilevai il negozio di merceria sulla strada principale del paese, ecco che veniva qualche volta ad acquistare da me ciò che le serviva. Martini, mi diceva con il suo modo un po’ duro; vorrei questo articolo. Ed il suo fare mi teneva a distanza, come sempre, tanto che non ho mai trovato la possibilità di ricordarle in maniera adeguata i tempi spensierati della nostra infanzia. Ma io non ho mai dimenticato niente degli anni scolastici, e quando lei in tempi recenti venne a chiedermi se avessi per caso bisogno di un aiuto al negozio proponendomi sua figlia Clara, dissi subito di si, perché sapevo che con lei non ci sarebbe più stata un’altra occasione per riavvicinarsi.
Le dissi che era naturalmente necessario un periodo di prova, e che non doveva credere che facessi questo per amicizia o per ragioni di cuore, visto che il funerale di Ernesto si era svolto soltanto qualche mese più addietro. Mi serve una persona nel negozio, le spiegai senza sorridere, e Clara mi piace, ma deve impegnarsi e dimostrare di essere all’altezza del compito. Va bene, disse Marisa, perché forse era proprio quello che mi voleva sentir dire, e così mi mandò sua figlia da sola, il giorno seguente, senza accompagnarla né in quella occasione e neppure un’altra volta qualsiasi in tutto questo periodo da quando Clara lavora da me. Così sono trascorsi già cinque anni, dice la signora Martini, e a me farebbe tanto piacere che il clima lentamente cambiasse tra me e la Marisa, anche perché ormai abbiamo ambedue i nostri anni, e per quanto mi riguarda non mi dispiacerebbe un giorno di questi lasciare il negozio interamente nelle mani di Clara, visto che io non ho avuto figli, in modo da mettermi finalmente a riposo.
Continuo a rimandare, lo so, forse dovrei essere più decisa, ma so pure che prima o dopo dovrò affrontare questo argomento con ambedue le Carraresi, e so già perfettamente che a Marisa non piacerà per niente l’idea di dare così tanta importanza a sua figlia anche se invece, secondo me, la merita tutta. Perché Clara è brava, silenziosa quanto basta, e con la nostra clientela al negozio ci sa fare davvero, perché ha pazienza e garbo, tanto che gli affari della merceria vanno piuttosto bene. Forse inizierò col sentirmi indisposta uno di questi giorni, ed anche se mi dispiace la lascerò sempre più in solitudine a gestire il negozio, dice la signora Martini; fino a quando l’argomento sarà già bello pronto per essere discusso nei suoi dettagli.

Bruno Magnolfi

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