martedì 4 settembre 2018

Memoria persa.

            

            Lucio confida al medico di provare un forte senso di oppressione ogni volta che si corica nel letto e chiude gli occhi per addormentarsi, come se il suo corpo cercasse quasi di sfuggire in qualche modo a quel necessario stato di riposo.  Si tratta di alcune sensazioni un po’ particolari, spiega meglio, come se tutte le preoccupazioni della giornata ed anche del periodo si concentrassero nella mia mente proprio in quegli attimi, spaventandomi e rendendomi spesso irrigidito. In pochi minuti però la stanchezza e l’abitudine prendono naturalmente il sopravvento, ed infine riesco come tutti ad addormentarmi, tanto che alla fine sono in grado in genere di riposare bene per tutta la notte senza dover affrontare altri problemi, conservando pur tuttavia una parte di quel forte turbamento provato subito prima del sonno, restandomi impresso nella mente come una brutta esperienza, al punto che riesco a sentirne ancora il sapore amaro per tutto il mattino seguente dopo il risveglio.
Il medico chiede allora a Lucio se questa sua presunta oppressione non sia data per esempio dalla monotonia o dalla pesantezza del suo lavoro, oppure da alcuni comportamenti assunti da qualche suo collega o da qualche conoscente, o anche dai rapporti che intrattiene con i suoi affetti più vicini magari, che in certi casi forse riescono a deluderlo; o magari semplicemente da qualcosa che lui stesso vorrebbe fare e che invece proprio non affronta, ma mentre lo ascolta Lucio comunque si limita a disegnare un gesto in aria con la mano, presentando un mezzo sorriso sopra la sua faccia, come a mostrare l’infondatezza di tutte quelle ipotesi. No, dice subito dopo. Non è questo. Si tratta di una parte di me, di un elemento della mia personalità che sento nel profondo, dove nessun altro ha un ruolo, se non solamente me stesso e la mia sensibilità.
Forse è soltanto un ricordo, prosegue Lucio, qualcosa che senza averne precisa coscienza cerco di far riaffiorare ogni volta alla mia mente, qualcosa che con ogni probabilità adesso non ho più dentro di me, forse perché semplicemente l’ho rimosso: praticamente ci sono certe zone del mio passato di cui sono sicuro una volta essere stato custode geloso dentro di me, ma che poco per volta sono uscite dalla mia memoria. Non so, magari tra un po’ di tempo probabilmente riuscirò a mettere a fuoco nuovamente quel particolare ricordo o tutti quegli altri di chissà quanto tempo fa, però sono sicuro che la mia mente ne ripescherà soltanto la parte che maggiormente sceglie di desiderare, tralasciando furbamente tutte le altre. Sarà così semplicemente un’altra cosa, anche se sono sicuro fingerò che siano stati proprio quelli i miei ricordi che avevo come perduto, ed in questo modo tutto verrà brutalmente riplasmato, come fosse un materiale duttile a cui si può cambiare la forma ogni volta che si vuole. L’oppressione che provo insomma è data forse proprio da questa debolezza che sento nel mio animo, da questa mancanza sistematica di qualche elemento nella mia memoria, e dalla incapacità che provo alla fine di avere in me dei ricordi veri, concreti, obiettivi.
Tutti siamo fatti più o meno così, dice il medico, la nostra memoria produce un continuo lavorio di miglioramento e di sostituzione dei particolari di ogni ricordo, fino a rendere la memoria di ogni fatto del passato spesso quasi un’altra cosa, forse più piacevole, più congeniale alla nostra voglia di tenerne a mente fedelmente dei dettagli. Va bene, dice Lucio, in ogni caso l’oppressione che provo non è certo qualcosa di così comune, e non può essere curata banalmente con qualche pillola o degli ordinari ritrovati medici. Ci vorrebbe un cambio di programma nella mia mentalità, qualcosa che mi provocasse una certa indifferenza verso tutto il mio passato, piuttosto che cercare di ricostruirlo. Come se improvvisamente mi ritrovassi a vivere soltanto di presente, senza bisogno alcuno di avere ancora dei ricordi.


Bruno Magnolfi 

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