domenica 13 gennaio 2019

Differenti pose.


     

            Non ce ne frega niente. Si sta bene nella nostra piazza, mezzi sdraiati sopra le panchine. Normalmente ci guardano tutti quanti nel momento in cui transitano da qui, ma noi non ci muoviamo mai, siamo sempre fermi nella nostra posizione. Ci fumiamo qualche cicca, si parla, si ride spesso, quasi di ogni cosa che ci viene detta, e come sempre si lascia passare lenta tutta la serata, esattamente come fa il ponte di pietra, nel mezzo del paese, con il fiumiciattolo che gli scorre sotto. Cosa importa il resto, questa è la nostra casa, il luogo in cui ci sentiamo meglio e più al sicuro, dove possiamo pensare e dire tutto quello che ci passa per la mente, senza frenare mai nessuna sillaba delle nostre parole.
Il tempo subisce a volte delle forti accelerazioni, lo sappiamo. Ma in altri casi rallenta fino a fermarsi, e lascia che tutto attorno si depositi, tanto da chiamare noi alla calma e alla riflessione su ogni semplice dettaglio, proprio come si fa con la sabbia bagnata in sospensione nell’acqua che decanta piano, dopo una tempesta sopra il mare. Accadono certe volte delle cose senza che si sia riusciti minimamente a prevederle, e magari ci colgono completamente di sorpresa, ci meraviglia la loro così improbabile comparsa, e in un solo momento capovolgono tutto quello che sembrava stabilito appena un attimo più indietro. I risultati spesso sono addirittura difformi e poco comprensibili, forse pretendono prese di coscienza particolarmente precise, decisioni che magari in piena tranquillità non si sarebbero nemmeno prese in considerazione. 
Ma sono soltanto dei pensieri senza lacci tutti questi, dei semplici retaggi della mente, possibilità mentali che forse non si realizzeranno mai, mostrandosi come sono senza alcun aggancio con la materia più realistica, anche se in ogni caso noi dobbiamo essere pronti anche per queste remote eventualità, in guardia però contro qualcosa che può sempre accadere da un momento all’altro, ed è proprio questo il senso più profondo che stilliamo in ogni momento dal nostro apparente sentirci indifferenti a quanto normalmente ci circonda.
Ci sentiamo annoiati, è evidente, di tutta questa terribile monotonia, ma ciò non significa che i nostri sensi siano ormai ovattati, o che non siamo in grado di reagire al momento in cui ce ne sia davvero il bisogno. Brace sotto la cenere, nervi tesi sotto alla calma apparente che pervade. Salutiamo chiunque senza mostrare enfasi, giudichiamo qualsiasi cosa si possa guardare usando una logica estremamente elastica, che forse manca a volte di definizione, ma che in generale non ha neppure per noi molta importanza. Cosa interessa prendere adesso delle vere decisioni: è sufficiente sentirsi distanti dai problemi, lontani da quanto sembra attanagliare tutti gli altri.
Sottolineiamo una diversità che spesso non sappiamo neanche noi quanto sia vera: eppure il nostro più profondo desiderio di non assomigliare mai a nessuno, ci fa sentire esattamente in questo modo, differenti dal giudizio che viene emesso su di noi, proprio perché ci sentiamo pronti a disconoscere ogni volta chi, in quel preciso istante, ce lo sta assegnando, limitandoci a mostrare il volto inespressivo e ambiguo del pensiero divergente, del tutto incomprensibile a chi non lo frequenta. Poi però richiudiamo rapidamente tutti quegli emblemi di cui abbiamo fatto gran mostra, e senza darne alcuna spiegazione, torniamo a riprendere le nostre esistenze normalizzate in fretta, lasciando indietro quanto saremo capaci di evidenziare ancora tra pochissimo, appena il tempo di tornare durante la prossima serata in questa stessa piazza, e di sedersi come sempre  in pose improponibili, con la testa sgombra dai pensieri che per qualsiasi altro sono tutto, e per noi niente.

Bruno Magnolfi

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