mercoledì 30 dicembre 2020

Mancanze terribili.

 

         

 

            “Devi inserire tutti i risultati estrapolati dagli elementi che ti abbiamo fornito”, dice LUI già irritato al telefono; “e devi farlo in fretta se vogliamo davvero raggiungere gli obiettivi prefissati”. Il terminale sul tavolo è acceso come sempre, ma LEI oggi non si sente particolarmente in forma, forse avrebbe bisogno di riposarsi, di svagare la mente, di prendersi una pausa da quel lavoro che sta svolgendo al suo domicilio, una trovata che le sembrava così meravigliosa quando le era stata preannunciata, ma che adesso, nel giro di pochi mesi, le è già diventata, per dirlo in una sola parola, semplicemente ossessiva. “Va bene, va bene”, risponde all'apparecchio cercando di dare l'impressione di stare davvero bene, di essere tranquilla, e anche assolutamente d'accordo con il suo capo. Riaggancia la telefonata, riprende la lista dei dati a cui stava già lavorando ed inserisce in fretta qualcosa rimasto ancora insoluto, perché sa benissimo che il suo terminale è sotto controllo, e non può certo permettersi di dire una cosa e poi evitare di farla.

La sua abitazione sembra diventata quasi un luogo di autotortura, pensa ogni tanto, e l'angolo che si è dovuta ritagliare per operare all’elaboratore, accumulando lì attorno i faldoni e tutte le carte che le forniscono per posta elettronica dall’ufficio, quasi un luogo dove soffrire e poi basta, da sola ed anche in silenzio, senza più possibilità di una pausa caffè o di un semplice scambio di qualche parola con i colleghi. Una solitudine massacrante, le viene spesso da pensare, ed un orario da rispettare che scorre lentissimo, quasi un perfetto tormento. Agli inizi aveva pensato che si sarebbe potuta occupare ogni tanto della sua abitazione, prepararsi il pranzo, riassettare le cose, fingere di essere in casa e non al lavoro, ed invece tutte queste si sono dimostrate attività assolutamente impossibili, e dopo pochi minuti durante i quali il suo terminale si ferma, qualcuno dall'ufficio le telefona con voce irritata per chiedere il motivo di quella pausa non richiesta. Quasi dei lavori forzati, pensa LEI assoggettandosi sempre di più a quanto le viene imposto ogni giorno.

Oggi ad esempio, le hanno prefissato delle piccole pause, "tanto per venirti incontro", le hanno detto, soltanto tre minuti ogni due ore, magari per andare in bagno oppure prendersi un sorso d'acqua da bere, e LEI ha iniziato a rendersi conto che è del tutto impossibile sfuggire comunque a quell'occhio remoto e infernale che la guarda, e qualunque cosa le venga in mente di fare, come appuntare un lapis, cambiare posizione sopra la sedia, dare un'occhiata fuori dalla finestra vicino a LEI, è proprio come se LUI lo venisse immediatamente a sapere, certe volte intuendo perfino ciò che è soltanto una sua semplice idea, quasi la tenesse sotto osservazione, la misurasse continuamente. E poi quelle telefonate di richiamo all'ordine che sembrano approntate da un torturatore psicologico, che non manca mai di sottolineare la gran fortuna che ha un’impiegata di terzo livello come può essere LEI, di poter stare a casa e ricevere puntualmente il proprio stipendio.

Naturalmente sono state già decurtate alcune indennità tra le voci che compongono la sua busta paga, come se fosse stata una sua libera scelta quella di lavorare al proprio domicilio, e così niente più buoni pranzo, nessuna ora di straordinario pagata bene, niente scrivania con cassettiera e telefono aziendale, niente di niente, nonostante LEI prosegua spesso ad inserire quei dati maledetti e infiniti anche oltre l'orario pattuito, "per il raggiungimento degli obiettivi", naturalmente, fino ad arrivare al punto, quando infine può chiudere davvero la propria giornata lavorativa, di odiare tutta casa sua, il suo terminale diventato strumento insopportabile, quel telefono a dir poco ossessivo, pronto a squillare per intimarle qualcosa di cui occuparsi immediatamente, e tutto il resto di quel suo stramaledettissimo mestiere. Le cose però dovranno pur cambiare per LEI, pensa qualche volta; si tratta di resistere in questa maniera solamente per periodo di tempo, magari più lungo di quanto era previsto, ma dopo basta. Tornerà come prima dentro al suo ufficio, vestendosi con gusto ogni mattina ed indossando scarpe vere ai suoi piedi, non rimanendo con le pantofole per tutta la giornata come fa adesso. E soprattutto sarà insieme ai suoi colleghi, che qualche volta le erano parsi addirittura insopportabili durante gli anni precedenti, ma che adesso le mancano terribilmente.

 

Bruno Magnolfi

 

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