lunedì 2 dicembre 2019

Grave.


          
            In piazza ci sono tutti, i conoscenti e le facce amiche di sempre, naturalmente; ma anche tante persone curiose, che nessuno si attenderebbe di vedere in occasioni di questo tipo. Sul palco suonano i ragazzi per allietare la giornata, ed intanto si distribuiscono in giro le copie del nuovo giornale, accettando qualche offerta da parte di chi sta apprezzando questo grosso sforzo. Quelli che non si fanno vedere sono coloro a cui il semplice richiamo di un’occasione del genere non è affatto arrivato, e forse non arriverà mai, perché non credono più, o non hanno mai creduto, in queste mobilitazioni, in queste feste, in questi segnali.
            Sonja stringe le tante mani e sorride a chi le fa i complimenti, ma dentro di sé prosegue ad interrogarsi su coloro che non ci saranno quest’oggi, e rimarranno disinteressati per sempre a farsi vedere per strada, a mostrare la loro idea, a schierarsi in qualche maniera. Forse non ha neanche molta importanza adesso tutto questo: il giornale sembra riscuota un buon successo, e tutti coloro che lo prendono tra le mani paiono proprio apprezzarlo, sia nei titoli, che per come è impaginato, tanto che alcuni fanno qualche donazione, altri si informano su come abbonarsi.
            I ragazzi continuano a suonare, poi lei sale sul palco, loro si interrompono, lei sorride a chiunque, e prende il microfono. “Deve essere il giornale di tutti, anche di quelli che oggi non sono qui, per una ragione o per l’altra”, dice. La gente applaude, è d’accordo, non è certo il momento di rappresentare una parte soltanto della cittadinanza. “Dobbiamo intercettare in qualche modo anche il loro pensiero”, prosegue, “e mostrare che nella nostra idea, gli articoli che formano queste pagine non devono essere solamente quelli relativi ad un solo modo di essere, ma anche di quello riguardante tutti gli altri, persino di coloro che non credono, o magari non hanno mai creduto possibile, di poter essere in qualche modo rappresentati”.
            Le persone applaudono con entusiasmo, forse sono parole anche facili da condividere, più complicato magari è mettere in pratica delle idee di questo genere, ma Sonja lo sa, e conosce benissimo le difficoltà che ci sono per arrivare ad interloquire con certe fette di popolazione, ma non si lascia abbattere per questo, e con uno sguardo gettato fino ai margini della piazza del suo paese, abbraccia tutti quanti, forse apparentemente in maniera anche troppo simbolica, però avendo abbastanza chiaro dentro se stessa lo sforzo a cui è chiamata nei prossimi tempi.
            Poi scende dal palco, tutti le stringono la mano e molti l’abbracciano per mostrarle il proprio affetto e la loro vicinanza, e qualcuno dice con convinzione che dovrebbe presentarsi come candidata a sindaco per le prossime elezioni comunali, ma lei si schernisce, non è questo che vuole, la politica la lascia volentieri in mano ad altri. A Sonja basterebbe che qualche persona in più si interessasse finalmente delle faccende del loro borgo abitato, mostrasse interesse alle vicende che vi accadono, alle possibilità che forse vi si offrono, e magari che qualcuno si sentisse davvero immerso in questa piccola comunità, dove spartire le preoccupazioni, i malesseri, certe volte le tristezze, ma anche le gioie, e forse persino le cose comuni più leggere e divertenti. 
            “Una cittadina composta da persone che si sentono uguali, e che si danno una mano l’una all’altra”, pensa ancora Sonja mentre cammina tra la gente. Poi, in mezzo a tutti, sente un dolore acuto ad un fianco, si tocca velocemente con la mano lungo la schiena, e scopre subito una piccola ferita sanguinolenta. Qualcuno l’ha colpita, forse con un coltello o qualcosa del genere. Si piega, la sorreggono, la portano al margine della confusione, la soccorrono: niente di particolarmente grave, dirà un medico presente; ma forse anche qualcosa di gravissimo.

            Bruno Magnolfi

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