Chissà, in tutto questo periodo,
quanto è cambiata, mi chiedo. Probabilmente già in precedenza aveva iniziato ad
essere sempre più distante da me, anche se io non mi ero accorto praticamente
di nulla, almeno fino a quel confuso momento in cui aveva cominciato a non
considerarmi quasi per niente. Un periodo incerto, per me. Per lei invece un
periodo di scelte importanti, di desideri nascosti fino ad allora, ed
improvvisamente affiorati di colpo alla superficie della sua volontà. Forse non
la riconosco neppure quando la vedo, o magari è talmente freddo il suo
comportamento nei miei confronti da lasciarmi la sensazione di una persona che
io non abbia mai neppure conosciuto. Certo, un figlio cambia completamente
qualsiasi prospettiva. Forse è proprio questo il divario più forte che si è
stabilito adesso tra me e lei. In ogni caso, sono curioso di vedere questo
bambino, e di osservare Monica mentre lo accudisce, lo culla, si prende cura di
lui, insomma fa la sua mamma. In clinica mi hanno tolto anche i pensieri che mi
potevano essere rimasti impigliati nella mente durante l’ultima volta che sono
stato nel suo appartamento. Mi hanno spinto lontano, opacizzando nella mia testa
tutta quella zona che ancora si occupava di lei. Adesso ho soltanto dei ricordi
lontani nei suoi confronti, qualcosa che forse non è più neppure in relazione
con Monica.
Credo mi piacerebbe comunque restare
in buoni rapporti, farle una telefonata ogni tanto, parlarle del lavoro, dei
colleghi, delle mie giornate, e poi chiederle della crescita del bambino, dei
suoi progressi, delle piccole soddisfazioni che offre. Ma forse è meglio
lasciare direttamente a Monica la scelta su quali vecchie conoscenze conservare
oppure no, anche se io nei suoi confronti sarò sempre disponibile, non
foss’altro in memoria di ciò che avrebbe potuto essere, e purtroppo non è
stato. Non mi sento rassegnato a perseguire un’esistenza piatta e senza interessi,
però sono pronto a non sacrificare niente di quel poco che mi è riuscito di
coltivare nei periodi trascorsi. Ai miei genitori non ho detto che sarei andato
a casa di Monica a far visita a lei e al suo bambino; forse non avrebbero compreso
affatto il mio stato d’animo attuale, il mio bisogno di aggiornare i miei
sentimenti, di dare uno sbocco a ciò che, pur lievemente, resta ancora acceso
dentro di me. No, loro no; forse Monica potrebbe riuscire a capire qualcosa in
questo momento di quello che provo, ma io non le parlerei mai di tutto questo,
e di fronte a lei cercherei sempre e in ogni caso di sminuire qualsiasi riferimento
ai miei sentimenti trascorsi, pur residuali.
Poi giungo alla base dell’elegante
palazzo, parlo un attimo con il portiere che mi guarda con un certo sospetto, infine
attendo immobile e in silenzio che lui citofoni alla governante di Monica, e
che alla fine mi faccia segno di passare, e di usare l’ascensore di destra,
quello che sale direttamente fino al vasto attico dove abita lei. Le porte
automatiche si chiudono con un fruscio rilassante, e lo specchio di lato dentro
la cabina metallica, impreziosita da qualche cornice in legno scuro, rimanda
un’immagine di me che forse non sembra neppure del tutto autentica, come se
stessi cercando di impersonare qualcuno che sicuramente non sono, anche se,
subito dopo aver pensato una cosa del genere, mi giro di fianco, nel tentativo
di superare un’idea così fuorviante. Sono quello che sono, cerco di riflettere,
provando a convincermi che niente mi farà mai cambiare. Le porte automatiche,
infine, si aprono con lo stesso identico fruscio, ed io esco dalla cabina,
anche se all’improvviso non sono del tutto sicuro di aver fatto la cosa
migliore possibile arrivando fin lì.
La governante mi accoglie, prende
dalle mie mani il mazzo di fiori che ho portato per Monica e per l’occasione,
ma la sua espressione non è rilassata, e forse prova sicuramente ancora qualche
sospetto nei miei confronti. Poi mi fa strada verso l’ambiente che già conosco,
dove Monica si mostra adesso presa nel ruolo di madre e di donna forse ferita, però
capace di superare qualsiasi incidente. <<Buongiorno>>, dico quasi per
automatismo, e lei si volta verso di me, si alza, prende la confezione di fiori
dalle mani della governante, e li apprezza aspirandone il profumo con un
sorriso. Poi torna a voltarsi verso Giacomo, dimostrando perfettamente che non
c’è niente che possa distogliere ogni sua attenzione da quel bambino bello e
sorridente, posizionato in mezzo ai tanti cuscini. <<Si vede, che è tuo
figlio>>, le dico in un soffio. Lei si fa seria, mi ringrazia, mi dice
qualcosa di quel bambino, me lo presenta, mi mostra tutto il suo amore che
riesce a provare per quel suo figlio.
Quando, alla fine, dopo aver
considerato ormai tutto quanto, decido che è meglio se vado, Monica fa un cenno
alla sua governante, e mi accompagna fino alla porta: <<Puoi tornare, se
ne avrai voglia>>, mi dice. <<In fondo, questo bambino, possiede
sicuramente qualcosa anche di te>>.
Bruno Magnolfi