lunedì 19 maggio 2025

Verità manifesta.


            Giacomo cresce, e dato che sono trascorsi oramai alcuni mesi da quando è venuto alla luce, forse sta già formandosi un’idea abbastanza precisa su queste persone grandi che lo circondano e che appaiono tanto sicure di sé quando vengono certe volte a fargli dei larghi sorrisi e a toccargli i piedini o le mani. Se potesse già parlare direbbe sicuramente che è buffo vedere intorno una corte così colorata di persone che sembrano nuotare come dei pesci tropicali dentro un acquario; certi individui generalmente monotoni nei loro gesti, che imitano sempre una specie di vocina sgraziata e innaturale quando si riferiscono a lui. Verso la mamma, e quando è con lei, il suo pensiero invece è del tutto diverso: lei lo ha tenuto con sé quando ancora si muoveva solo leggermente nel buio, e Giacomo adesso però ne riconosce immediatamente la voce, i modi di fare, l’odore, ed ogni espressione della sua faccia, che resta quella più rassicurante di qualsiasi altra cosa, in un mondo dove probabilmente non c’è mai da stare troppo tranquilli. Non c’è da avere paura, si sta bene quando siamo circondati da affetto e da attenzioni, anche se probabilmente da qualche parte sembra già annidarsi maliziosa qualche piccola fregatura che prima o dopo sortirà sicuramente fuori a rompere almeno una parte di questo fantastico ma momentaneo incantesimo.

            Renato da tempo è tornato ad abitare nella casa dei propri genitori, e in seguito ha anche ripreso il suo solito mestiere di impiegato comunale; i colleghi lo hanno abbracciato, o meglio hanno sbattuto con attenzione una mano sulla sua spalla, come nel tentativo di congratularsi con lui per essere stato capace di uscire da una situazione sicuramente difficile, che con tutta evidenza lo ha messo alla prova, lo ha spinto quasi con cattiveria verso i limiti più estremi delle proprie certezze. Nessuno gli chiede niente di troppo preciso, almeno per adesso, e lo accolgono semplicemente come se il suo fosse un ritorno che tutti attendevano, e con grande interesse rivolgono a lui qualche domanda, pur con estrema semplicità: <<Come stai? Come va? Hai bisogno di qualcosa?>>, e Renato risponde cercando di sminuire la sua importanza, tirando fuori la sua solita timidezza, senza mai usare molte parole, anche se le domande che gli altri impiegati gli pongono servono soltanto a farlo parlare e a vedere come reagisce al cospetto dei colleghi e del suo luogo di lavoro dove dovrà ricominciare a trascorrere parecchie ore di ogni santa giornata. <<Mi sento bene, adesso>>, dice Renato alla fine; <<Non so neanche spiegare che cosa mi sia successo in tutto questo periodo, però sono sicuro di sentirmi bene in questo momento, ed è la cosa per me più importante di tutte>>.

            Trascorrono diversi giorni e tutto sembra riprendere l’andamento di sempre, tanto che a Renato, durante un giorno qualsiasi, una volta terminato il suo orario lavorativo e dopo essere uscito dal suo ufficio, viene voglia di fare una semplice telefonata a Monica. <<Ciao, non voglio disturbarti>>, le dice subito con voce bassa, <<però vorrei chiederti scusa, con il profondo del mio cuore. So di avere compiuto qualcosa di assurdo e di riprovevole, anche se mi trovavo al momento in una condizione di completa irrazionalità>>. Monica annuisce, lo lascia parlare, lo ascolta, comprende che forse non c’è alcun bisogno di conservare contro di lui un risentimento che forse non ha neppure mai provato del tutto. Ed alla fine restano quasi senza parole, ascoltando per un attimo il flebile ronzio della linea telefonica. <<Se vuoi, puoi venire a vedere mio figlio>>, gli dice lei all’improvviso, in uno slancio improvviso di generosità che anche lei non si sarebbe aspettata mai di proporre fino ad un attimo prima. Renato accetta, salirà sopra l’ascensore che porta fino all’appartamento di Monica nel pomeriggio del giorno seguente, le assicura, e poi la ringrazia, più volte, e infine aggiunge soltanto, misurando con un lieve tremore ogni parola, che ne sarà assolutamente felice.     

Poi, ognuno dei due riaggancia l’apparecchio. Anche Monica adesso si sente bene; le pare persino che il suo gesto di generosità sia qualcosa che lei prima o dopo doveva pur avanzare, e in ogni caso sente di non provare alcun timore adesso da parte di Renato, che le sembra anzi abbia assolutamente compreso e addirittura accettato in pieno la situazione attuale. Però in fondo lui resta il padre naturale di Giacomo, anche se non ne è consapevole, e quindi è assolutamente giusto che lui veda con i propri occhi ciò che in fondo è parte di sé. Prima o dopo qualcuno forse noterà anche una certa somiglianza nei tratti somatici di Renato con questo bambino, ma sarà solamente un caso, la combinazione fortuita di geni e di ormoni, niente di concreto da considerare o smentire da parte di Monica. L’umanità alla fine è composta da strane coincidenze, e qualcuno forse può leggere all’interno della propria fantasia ciò più gli appare con maggiore evidenza che ad altri, ma non sarà certo questa lettura delle cose a cambiare neppure di una virgola ciò che è stato già definito. Giacomo è un bambino nato da sua madre, e non si può certo contraddire una verità così manifesta.

 

Bruno Magnolfi  

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