lunedì 31 marzo 2025

Spicchio di vita.


Percorro il lungo tratto di strada senza riuscire neanche a vedere le case, le auto, le persone, praticamente niente di ciò che scorre come sempre attorno a me. Sono concentrato quasi al massimo cercando di immaginare quello che dovrò sentirmi dire trasportato dalla dolce voce di Monica, consapevole come sono che questo momento che ho di fronte sarà assolutamente un discrimine, un passaggio, il valico inevitabile di un muro, da cui deriverà soltanto e indubbiamente un prima e un dopo, e che in questo stesso momento non posso proprio fare niente per modificare gli avvenimenti in cui mi sento completamente immerso, perché il mio compito adesso è diventato solamente quello di subire le decisioni che sono già state prese per me, e probabilmente definite senza il mio parere. Potrei fermare il mio passo veloce, immobilizzarmi su di un marciapiede e riflettere meglio tutto quello che sto immaginando, ma non potrei mai impedire a ciò che sta o non sta per accadere che alla fine poi succeda. Rallento, anche se sono consapevole che qualsiasi ragionamento io possa inserire nella scarica elettrica che produce in me questa necessità di venire a conoscenza del mio destino, non cambierà mai di una virgola le sorti della mia relazione con questa donna per me meravigliosa, ma contemporaneamente dal carattere spesso del tutto incomprensibile al mio modo di essere.

Alla fine, non so neanche come, giungo davanti al locale dove ci dobbiamo incontrare, tiro un profondo respiro mentre sono ancora sulla soglia della larga porta vetrata, e poi entro, rendendomi conto immediatamente che Monica, come già peraltro immaginavo, non è ancora giunta. Non ha alcuna importanza, penso con un minimo di leggerezza, e dopo un cenno al cameriere vado a sedermi ad un tavolino abbastanza appartato, in un angolo della sala da tè praticamente vuota. Attendo, non ho neppure più voglia di pensare a cosa lei mi dirà, o a cosa magari dirò io, e a prepararmi con una maschera di indifferenza a qualsiasi parola mi troverò a dover ascoltare. Sto qui, resto qui, mi osservo con gli occhi di chi passa in questo caffè, e magari è insieme a degli amici, parla con loro, ride, scherza, si guarda in giro senza troppa curiosità. Potrei fuggire, penso; alzarmi da questa sedia e andarmene, come se non ci fosse niente d’importante da queste parti, come se non avessi mai avuto alcun appuntamento, alcun bisogno di una parola chiara atta a svelare questo periodo così contorto della mia vita. Invece resto, e Monica arriva, anche se ormai è in forte ritardo.

Si scusa, ma <<anch’io sono arrivato da poco>>, dico per non farla sentire troppo in colpa. La guardo, lei è tranquilla, dice subito che prima di cominciare ad uscire insieme a me ha avuto una breve storia con una persona, un uomo che conosce, e che adesso è incinta. Mi pietrifico, in una frase sola ha messo due contenuti che danno la mazzata definitiva alla nostra relazione già traballante, ma cerco di sostenere la bordata. <<Quindi, non è più neppure il caso di vedersi, io e te>>, dico sottovoce. Lei annuisce, dice che si sente confusa e dispiaciuta, ma in ogni caso la sua decisione è quella di portare avanti la gravidanza, anche se l’altro è sposato e probabilmente non potrà riconoscere come padre questo bambino. <<Non gli chiederò nemmeno un sacrificio del genere>>, aggiunge facendomi sentire ancora più al margine di ogni possibilità. Beve rapidamente il caffè che intanto le hanno servito, mi guarda, dice: <<Adesso però è meglio che vada. Scusami per tutto>>. Infine, si alza, riprende la sua borsa, va via, senza lasciarmi neppure la possibilità di dire niente. La porta a vetri del locale si chiude in un attimo dietro di lei, ed io mi sento completamente svuotato. Resto seduto, non vorrei compiere alcuna azione, perché qualsiasi cosa renderebbe più vero ciò che ho appena ascoltato, ed io sarei più solo, disperato, inutile, nella mia pretesa sentimentale.

Poi mi decido, pago i caffè, lentamente scivolo nella normalità della serata, anche se i miei movimenti sicuramente appaiono goffi, e quando mi ritrovo sopra al marciapiede non riesco neppure a concepire quale sia la direzione giusta che io possa prendere, e quindi verso dove dovrei dirigermi adesso, e soprattutto a quale scopo, per ottenere chissà che cosa da ciò che mi circonda, visto che le mie gambe sembrano non aver neppure voglia di camminare lungo una precisa traiettoria. Non so come, infine, giungo a casa, e d’improvviso spero con tutte le mie forze che il mio coinquilino non sia ancora rientrato, poi apro il portone dell’appartamento, sono solo, varco la soglia e vedo che dentro è proprio tutto uguale, come ogni giorno, come se niente di importante fosse mai accaduto, e la mia faccia dentro alla cornice elegante dello specchio appeso al muro dell’ingresso, si mostrasse la solita di sempre, immodificabile, come una fotografia scattata chissà quando, e resa così invariabile, quasi un documento di sottoscrizione alla mia incapacità di stare in mezzo agli altri, e di desiderare uno spicchio di vita come tutti.  

 

Bruno Magnolfi

giovedì 27 marzo 2025

Verrà spiegato.


            Quando ogni volta esce dall’ufficio, ormai durante il pomeriggio inoltrato, lui ha preso l’abitudine di infilarsi nella vicina biblioteca di quartiere, abbastanza ampia e poco frequentata, e rimanere là dentro a leggere dei libri di varia natura trattenendosi generalmente fino all’ora della chiusura serale delle sue due sale, e al momento in cui restituisce i volumi e ripone le proprie carte su cui annota qualche appunto, esce da lì soltanto per andare a fermarsi in una tavola calda lungo la stessa strada, a consumare una cena leggera sedendosi sempre allo stesso minuscolo tavolino, per poi infine rientrare in casa propria, ma mai prima delle dieci o anche più tardi. Il fatto è che in questa fase che sta vivendo non desidera incontrare nessuno che conosce, tantomeno Sergio, che probabilmente sarebbe subito pronto a chiedergli qualcosa del suo comportamento, e poi magari insistere nel fare domande sulla sua relazione con Monica, e sui motivi che lo stanno portando ad allontanarsi un po’ da tutto e anche dal suo coinquilino. Renato tiene il suo telefono portatile sempre ben acceso, nell’attesa della chiamata decisiva da parte di lei, convinto come si sente che debba proprio arrivare prima o dopo, e perciò, in ogni momento, si tiene pronto per rispondere, per comprendere cosa mai possa essere successo, quali siano le ragioni capaci di giustificare quella sua condotta, quella improvvisa indifferenza, quel continuo ignorarlo, come se non fosse mai accaduto niente tra di loro.

Al momento in cui invece rientra in casa, fa poi un cenno di saluto frettoloso a Sergio, sempre che lo trovi nell’appartamento, mentre si trova nel salottino magari già assonnato davanti alla televisione accesa, ma dopo il proprio convenevole lui si dirige subito verso la sua stanza, senza dare neppure il tempo all’altro di chiedergli qualcosa. Si porta dietro sempre un libro preso in prestito dalla biblioteca, e con quello trascorre l’ultima parte della sua giornata leggendo quello, prima di spengere la lampada vicino al proprio letto e addormentarsi. In quei brevi momenti, nel buio appena rischiarato da qualche fessura di luce proveniente dalla strada e che si inserisce in mezzo all’avvolgibile di plastica, Renato riflette su cosa sia la scelta migliore da fare, quale comportamento tenere nei confronti di Monica, come riuscire a sapere qualcosa delle sue giornate, ora che lei ha definitivamente lasciato il lavoro, togliendogli la possibilità di farsi incontrare anche soltanto per combinazione tra gli uffici comunali. Va a ritroso nelle giornate e nelle settimane, ripercorre con lucidità gli ultimi tempi, ancora prima di essere giunto a quella che appare una rottura ingiustificata, poi decide come comportarsi nel prossimo periodo, anche se sa già che il suo atteggiamento è definito solo dall’attesa.

Stasera invece, mentre si trova come sempre nella solita biblioteca, tanto da essere ormai guardato persino con un certo sospetto dall’impiegata di turno che probabilmente si starà domandando quale sia lo scopo finale di quest’uomo, suona all’improvviso il suo telefono portatile, e lui di scatto osserva per un attimo lo schermo, legge di colpo con sorpresa il nome di Monica scritto in evidenza, e comprende che tutto sta precipitando in questo attimo esatto. Esce quasi di corsa dall’edificio, lasciando su un tavolo tutto ciò che ha con sé, e naturalmente risponde al più presto possibile a quella chiamata. È evidente, la stava aspettando da giorni, aveva mentalmente cercato da tempo di immaginare ciò che avrebbe detto e anche ciò che presumibilmente avrebbe ascoltato, ma nonostante tutto adesso che sente quella voce che ha imparato da tanto tempo a riconoscere tra altre mille, si sente come impreparato, quasi fosse di fronte ad un esame del quale sa perfettamente di non avere gli strumenti per poter affrontare come vorrebbe la prova a cui è sottoposto.    

<<Ciao; devo parlarti>>, dice Monica con voce seria e tranquilla. <<Ma non per telefono; se vuoi possiamo vederci al tavolino di un caffè, anche subito, se a te va bene>>. Lui capisce che se cercasse di rispondere con qualche domanda probabilmente balbetterebbe, così dice semplicemente che gli va bene, che si possono incontrare nel solito posto, lui impiegherà venti minuti per essere lì. Poi riattaccano. Renato rientra nella piccola biblioteca, raccoglie i suoi libri, saluta l’impiegata dietro la propria scrivania, e infine esce. Vorrebbe correre, tanto per sciogliere l’adrenalina di cui il suo corpo gli sembra preda, ma alla fine riesce semplicemente a camminare con passo svelto, quasi con normalità. Molti pensieri si affollano nella sua mente, forse da questo incontro dipendono molte cose del suo futuro, si immagina; in ogni caso cerca di convincersi che qualsiasi cosa si trovi davanti dovrà prendere tempo, farsi vedere distaccato, come già tante volte gli ha consigliato Sergio, e soprattutto non dire niente che in seguito si trovi a dover rispettare, come una promessa dichiarata un po’ alla leggera e poi difficile se non impossibile da mantenere. Devo calmarmi, continua a dirsi, tentare di essere il più naturale possibile, come se tutto questo non cambiasse di una virgola ciò che sarà, e soprattutto comprendere bene, perfettamente, tutto ciò che forse mi verrà spiegato.

 

Bruno Magnolfi

martedì 25 marzo 2025

Senz'altro.


Arrivato ad un certo punto, nel proseguo delle riflessioni che generalmente tendo a non prendere neppure più in considerazione per quanto mi appaiono subito oltremodo odiose, devo pur abbassare i pugni ed accettarmi per come davvero io sono, anche se questo equivale a dire che sto dichiarando in questo modo la mia generale sconfitta, l'incapacità radicata nel guardare con chiarezza verso questo pur vicino orizzonte temporale. Perciò, allo stesso tempo, devo anche confessare la mia inadeguatezza nel variare o accelerare quei cambiamenti in atto su cui forse contavo prima o dopo per almeno alcuni tra i comportamenti da me invece ormai adottati in pratica da sempre. Torna normale, secondo il mio parere, pensare che le cose eseguite in un certo modo, per almeno un po’ di tempo, necessitino in seguito della medesima procedura per dimostrarsi definitivamente veri, evitando così anche la scocciatura di riaffrontare ogni volta il loro decorso ormai decisamente risaputo. Così guardo nel frigo, mentre sono in casa da solo come mi sta capitando da diverse sere di fila, e mi rendo conto che lui è ancora maledettamente vuoto, come uno stupido contenitore privo di qualsiasi senso, e che la luce della lampadina che si accende al suo interno, adesso illumina ogni volta soltanto la sua inutilità. Mi giunge sulla faccia con la forza quasi di uno schiaffo l’evidenza di qualcosa su cui mi ero facilmente appoggiato da parecchio tempo: il fatto che Renato, il mio caro coinquilino, si occupasse in prima persona e per la maggior parte delle volte sia dell’acquisto dei generi alimentari necessari in questa abitazione, sia della cottura nel forno o sui fornelli di tutti quei prodotti e quelle materie prime stipate in modo ordinato negli armadietti e dentro lo stesso frigorifero, attività ovviamente portate avanti nelle ore canoniche prima della colazione, del pranzo e della cena. 

Ritengo che sia inutile adesso chiedere a lui delle spiegazioni: non gli interessa più sentirsi utile alla casa, probabilmente non nutre più alcun interesse nel portare avanti quelle piccole attività che parevano fino a pochi giorni fa ciò che più di altre risultavano di sua particolare gradevolezza. Il suo rapporto con queste quattro mura si è modificato in modo rapido, non c’è alcun dubbio, ed io che provavo la soddisfazione di avere vicino a me una persona che si dedicava volentieri a tutte quelle attività casalinghe che a me sono sempre risultate semplicemente fastidiose, se non peggio, improvvisamente mi trovo purtroppo a dover adempiere al posto suo a tutte queste sue odierne mancanze. Questo è l’elemento che improvvisamente mi porta a riformulare totalmente il mio considerarmi inadatto a svolgere attività specificatamente casalinghe, e che mi scuote da quella inedia in cui mi sono sempre crogiolato. Mi chiedo se questa sia una svolta definitiva che io in qualche maniera debba affrontare, o se al contrario il mio coinquilino possa tornare presto sui suoi passi, rivedere con calma i compiti che si era prefissato, e riprendere tali attività come faceva brillantemente fino a ieri. In ogni caso è evidente, questo il punto, di come io debba affrancarmi alla svelta dalla necessità di avere qualcuno nel mio appartamento che si occupi regolarmente di tutte quelle cose che sono riuscito ad evitare almeno fino ad oggi. 

Forse, avrei dovuto parlare maggiormente con lui in questo periodo, o almeno considerare meglio i suoi crucci, e scambiare di più le mie opinioni ascoltando poi con interesse anche le sue, in modo che si potesse costituire un collante più forte tra di noi, lui con le sue manie, ed io con queste piccole scelte definite dalla mia personalità. Adesso che scopro tutto questo, sono disposto però a rivedere almeno in parte le mie idee, e persino ogni compito da affrontare in questa casa, sempre che Renato sia favorevole a tornare sui suoi passi e riprendere in considerazione la sua maniera di essere semplicemente il mio coinquilino. Lo so, lo comprendo, come adesso stia passando un momento un po’ difficile, ma era evidente che con quella donna con cui ha iniziato ad uscire da qualche mese non avrebbe mai avuto vita facile: troppa personalità quella della sua collega di lavoro per un individuo sempliciotto come lui, era chiaro fin da subito che le cose rapidamente si sarebbero imbrogliate tra di loro. Ho anche cercato di aiutarlo, di dargli qualche dritta, di spiegargli come sarebbe stato meglio comportarsi, ma non credo che Renato in fondo abbia davvero accettato i miei consigli.

Non credo sia così stupido da non comprendere che alla prima frattura di un rapporto serio come quello che lui desiderava instaurare insieme a questa donna, o si mette nelle condizioni di cambiare qualche elemento fondamentale su cui poggia tutta la loro storia, oppure è meglio dimenticarsi proprio di portarla ancora avanti. Ma in fondo a me interessa poco, considerato che i miei problemi restano quelli dati dal rientrare dal lavoro in una casa dove il frigorifero stesso sembra urlare il suo vuoto esistenziale: dovrò far spesa, domani, non resta da far altro.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 20 marzo 2025

Incredulità.


            <<Buongiorno. Come va?>>, le chiede il proprietario del negozio di generi alimentari in un momento in cui non ci sono altri clienti dentro all’esercizio oltre la madre di Renato che adesso gli sta proprio di fronte. Si conoscono fin dai tempi in cui suo figlio era un ragazzetto coi calzoni corti, e per questo motivo spesso si soffermano a parlare di qualche piccolo problema, anche se naturalmente in modo frettoloso e un po’ superficiale. <<Siamo un po’ preoccupati per nostro figlio>>, risponde lei mentre si fa servire una bella fetta di formaggio e mezzo chilo di pane casalingo. <<Ultimamente appare nervoso, instabile, e quando passa da noi è sempre più difficile fargli spiegare quali siano i problemi che lo angustiano. Io e mio marito desideriamo tanto che si sistemi e che componga una propria famiglia, ma questa donna che frequenta ultimamente sembra proprio gli fornisca più problemi che soluzioni>>. Il bottegaio annuisce, vorrebbe dire che da dietro al suo bancone ne sente ogni giorno dire tante tra matrimoni che si rompono e rapporti che non riescono mai ad andare avanti, ma resta in silenzio nell’attesa che la signora Nesti magari le dica di più su quel figlio che lui conosce da sempre e su cui ha un’opinione non troppo positiva. <<Pensi, che è proprio una collega di lavoro di Renato, e adesso all’improvviso ha deciso di lasciare il suo posto da impiegata comunale, come se oggi ci si potesse permettere di comportarsi così. Sembra che lei abbia delle rendite, e quindi la possibilità anche di vivere senza lavorare, ma di questi tempi appare strana una persona che si comporta in questo modo, lei non trova?>>.

            <<Ma certo>>, fa subito lui mentre incarta dell’affettato che lei gli ha chiesto appena un attimo prima. <<Un posto di lavoro è quanto di maggiormente necessario per tutti quanti, e poi una persona che smette di andare in ufficio che cosa fa adesso per tutta la giornata, e poi per quale motivo è giunta a questa radicale soluzione, forse perché non andava d’accordo con i colleghi, oppure per interessarsi di altre cose; ma non si è riusciti a sapere qualcosa di più a questo proposito?>>. La donna prende la busta che il negoziante le sta passando sopra al bancone, poi si sofferma un attimo, e dice sottovoce: <<È proprio questo il punto: non si capisce per niente quale sia il motivo scatenante che l’ha portata a questo passo>>. I due si guardano un momento negli occhi mentre la signora Nesti conta i soldi che l’altro le chiede. <<Oggigiorno non ci si deve stupire più di niente>>, dice lui a chiusura di quell’argomento, visto che nel negozio sta entrando un  nuovo cliente. Poi si salutano e lei esce.     

            Quando la signora Nesti rientra in casa, suo marito si fa trovare intento a sistemare i cavi dell’antenna del televisore, perché da qualche tempo la sintonia di alcuni canali non è più perfetta, così si scambiano un saluto e lei entra in cucina per riporre gli acquisti dentro al frigo. <<Ha telefonato Renato>>, dice lui dopo aver lasciato trascorrere qualche momento. <<Ha detto che domenica prossima probabilmente non verrà a pranzo da noi, perché deve sistemare qualcosa che al telefono non mi ha voluto spiegare>>. La signora Nesti si affaccia all’uscio con ancora un cesto di insalata in una mano: <<Ma almeno ti ha detto se sta bene, se ci sono delle novità, se ci farà una visita magari il giorno dopo, oppure quello dopo ancora?>>. Suo marito interrompe il suo daffare, alza gli occhi un attimo, poi dice: <<Non mi ha spiegato niente, ti ripeto, ed io non sono stato capace di trattenerlo per farmi dire qualcosa in più. Pareva nervoso, agitato, ma sono sicuro che il motivo di tutto questo trambusto è ancora quella donna che lo sta trascinando verso chissà quali percorsi>>.

            Poi c’è una pausa in cui i due coniugi sembrano non aver nient’altro da confidarsi, e che tutto il tempo possibile in questo frangente possa essere lasciato esclusivamente alla riflessione individuale di ognuno dei due. <<Adesso gli telefono>>, fa lei tornando un momento sulla porta. <<A me non può rispondermi in modo troppo evanescente, senza spiegarmi esattamente le ragioni che lo stanno portando ad essere in questo modo insopportabile>>. Il marito non obietta nulla, la Nesti prende il telefono, compone il numero, e con l’espressione decisa e seria attende che suo figlio le risponda. In ufficio, dopo parecchi squilli, qualcuno alza la cornetta, si fa dire chi sia e cosa desideri, poi spiega di essere uno dei colleghi di Renato, e che lui in questo momento non c’è nella loro stanza; <<dev’essere forse andato dal capufficio per qualcosa di urgente. Quando torna lo avverto senz’altro>>, spiega quello in fretta, mentre sua madre immagina già che lui invece stia lì, accanto all’altro, e avendo visto il numero chiamante non ha trovato di meglio che negarsi all’apparecchio, prendere tempo, neutralizzare ogni possibile domanda. La donna è incredula, forse vorrebbe addirittura piangere, anche se sa perfettamente che adesso non sarebbe di nessuna utilità.      

 

            Bruno Magnolfi

martedì 18 marzo 2025

Niente di meno.


            La visita medica nello studio specialistico sembra eseguita in modo molto accurato, ed alla fine l’ecografia svolta nella zona interessata dalla gravidanza rivela con certezza quello che Monica già sapeva. <<Lei aspetta un bambino>>, dice la professoressa che ha sondato delicatamente la sua pancia e adesso si lascia andare ad un piccolo sorriso. <<Anche se è presto per poter stabilire se sia un maschio oppure una femmina>>. Lei si asciuga il gel rimasto sulla pelle, poi torna a sedersi mentre abbottona la sua camicetta. Le ha fatto un prelievo, questa dottoressa, ha messo a punto alcuni parametri, e per il momento si è limitata solo a rassicurarla, confermando che tutto sembra proprio procedere bene, e che alla prossima visita si potrà sicuramente stabilire già qualcosa in più, ed esaminare con accuratezza la naturale crescita del feto. Monica sorride senza dire niente, ma una lacrima di gioia le scorre svelta su una guancia. Nessuno le chiede altro, lei recupera tutte le sue cose, prende i fogli con gli esiti che le vengono consegnati, saluta, ringrazia, e poi esce dall’ambulatorio. <<Adesso dipende tutto da me>>, pensa mentre sale sopra la sua macchina. <<Devo iniziare a predisporre ogni piccolo dettaglio per quando avverrà il parto, ed anche se accetterò l’aiuto di chiunque intenda darmi una mano, desidero il più possibile organizzare per tempo tutto quanto, senza farmi trovare in nulla sorpresa o impreparata>>. Poi passa da una grande libreria molto ben fornita, ed acquista tutte le pubblicazioni che le paiono più utili e informative per il periodo della gestazione della donna. Su alcuni cataloghi che si è procurata in questo periodo ha già individuato gli accessori da acquistare per il benessere del bambino, o della bambina, ed anche se non ha ancora pensato seriamente al nome del nascituro, però una mezza idea crede già di averla.     

            <<Sta cambiando tutto>>, sembra ripetere lei a sé stessa come per darsi un’ulteriore spinta, un incoraggiamento, o una dose di entusiasmo, qualcosa che in certi momenti non la fa stare neppure troppo ferma, tanto è intenso e profondo il sentimento che ha iniziato a provare in questi giorni. <<È proprio vero>>, si ripete ancora mentalmente, <<E se pur ancora non riesco a crederci, ugualmente tra non molto avrò davvero un piccolo neonato da abbracciare e da curare, tutto per me>>. Poi avrebbe voglia di dirlo a tutti coloro che conosce, e spiegare in due parole quanto sia felice di quello che le va accadendo, ma su questo indietreggia, si fa più seria, sa perfettamente che è un terreno sdrucciolevole, sul quale deve camminare con grande attenzione, se non vuole che si sciupi qualcosa della magia che vive. Deve tenere duro, resistere a quel desiderio, e aspettare ancora, fino a quando tutto ormai avrà preso una china irreversibile, e ciò che si è prefissata già da molto tempo sarà oramai un dato concreto.

            Gira per casa, riflette sul futuro, certe volte si ritrova a cantare tra sé qualche aria che conosce, tanta è la gioia che prova; la governante viene da lei come ogni giorno per sistemare al meglio lo spazioso appartamento, e Monica sorridendo le dice che oggi non importa, che può andarsene dove più desidera, la giornata le verrà pagata ugualmente, e che non è necessario ripetere le operazioni che ha già compiuto ieri, perchè lei oggi ha bisogno di sentirsi libera, adesso che non va più in ufficio, e di godersi appieno le sue stanze, i suoi divani, i suoi arredi, anche se forse saranno un po’ in disordine. L’altra comprende che qualcosa sta cambiando molto rapidamente, ma non le chiede niente, rispetta quella regola che impone l’astensione riguardo a qualsiasi curiosità, anche se forse negli ultimi giorni qualcosa ha già iniziato a comprendere da sola. <<Aspetto un figlio>>, le dice semplicemente Monica prima che la governante se ne vada. <<Prossimamente dovremo predisporre parecchi cambiamenti in questa casa. L’altra si congratula, mostra tutta la felicità che serve, e infine esce.

            <<Ma certo>>, pensa subito dopo Monica, una volta da sola. <<Devo imparare anche a dirlo, a scegliere le parole giuste per suggerire agli altri questa notizia così bella, e magari evitare di commuovermi, come forse potrei fare anche troppo facilmente. Devo mostrarmi forte, risoluta, decisa, e contemporaneamente dolce ed affettuosa con gli altri e con chi sto portando in grembo>>. A fine mattinata con calma si cambia d’abito ed infine esce di casa. <<Devo premiarmi, devo festeggiare, e poi trovare la maniera per mostrare anche a dei semplici estranei la mia nuova condotta di vita, ed osservare direttamente nei loro occhi la mia felicità. C’è un ristorante elegante lungo la strada del quartiere, e lei va proprio lì, da sola, con tutto l’autocontrollo che adesso riesce ad avere, soltanto per pranzare. Si lascia assistere dai camerieri, sorride delle loro attenzioni, ordina una bottiglia di vino costoso, anche se poi ne beve solamente un sorso, e quando infine esce lascia una buona mancia a chi le ha dato assistenza, e ringrazia con un cenno tutti gli addetti della sala.    

            <<Così dev’essere>>, pensa poi Monica mentre sale sopra un taxi che lentamente la riporta a casa sua. <<Niente di meno>>.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 16 marzo 2025

Congetture.


Il cruccio, che si è via via installato nella mente di Renato, sembra non voler più abbandonare i suoi pensieri, qualsiasi altra faccenda lui abbia da sbrigare. È ormai un malessere, un’incapacità dolorosa a comprendere che cosa stia effettivamente succedendo, e quale sia per lui la maniera migliore di comportarsi per reagire a tutto questo. Vorrebbe tanto in cuor suo trattare quell’argomento che lo assilla, con una maggiore leggerezza, quasi una certa superficialità, ma il suo carattere non gli concede alcuna tregua, e lo tiene imprigionato in un corto circuito riflessivo che peraltro non propone in sé nessuna accettabile risposta. Per tutta la mattina in ufficio ha proseguito a lambiccarsi il cervello, a darsi risposte strampalate a domande ripetitive e inutili, ma infine, raggiunto l’orario della pausa per il pranzo, quando i suoi colleghi di lavoro erano già tutti usciti e Renato si trovava praticamente da solo tra le stanze e i corridoi, ha preso il suo telefono, e con coraggio ha chiamato Monica.

<<Ciao Renato>>, fa subito lei con tono neutrale. <<Lo so che ti stai già chiedendo che cosa mi sia accaduto. Purtroppo, ho deciso almeno per il momento di non riprendere a lavorare. Tu sai che ho una rendita economica che mi concede la possibilità di questa scelta, ed io credo proprio di aver deciso di lasciare il mio posto di lavoro a qualcuno che ne abbia più bisogno. D’altra parte, non mi sento certo realizzata nel ruolo che rivesto in ufficio come semplice passacarte o poco più, e quindi credo proprio che in queste condizioni sia necessario per me stessa fare con forza e decisione un passo indietro>>. Renato ascolta, già immaginava una risoluzione di quel genere, ma la cosa che più gli interessa in questo momento è capire quale sia il futuro per loro due. <<Ed io e te?>>, chiede alla fine con un leggero filo di voce. Monica fa una pausa, parla con qualcuno che probabilmente è lì con lei, forse la sua governante, poi gli dice secca: <<Per questo tema è meglio vedersi di persona, ed affrontarlo in maniera corretta e sincera, e adesso al telefono non è proprio il caso di farlo>>.

<<Ma certo>>, dice lui, <<è proprio quello che desideravo proporti, incontrarci cioè, e cercare di mettere a fuoco le cose che non vanno, e magari quello che troviamo giusto da salvare tra di noi>>. Lei fa un’altra pausa, poi dice soltanto: <<Se ti andasse, potremmo vederci al caffè letterario, anche domani pomeriggio se non hai altro da fare, dove ci sono diversi ambienti per starsene in piena pace a parlare seduti davanti a un tavolino>>. Renato resta perplesso, poi si mostra d’accordo, pur senza entusiasmo, così la saluta in fretta e poi chiude la comunicazione. Insieme non hanno mai frequentato quel locale, e forse a lei lo ha fatto conoscere ultimamente quel Mauro Anselmi con cui si è messa ad uscire qualche volta, e questo ovviamente non gli piace. Non è tanto che provi della gelosia per la presenza di questa ambigua amicizia nelle giornate della sua Monica, quanto il fatto certo che la presenza di questo tizio tra i pensieri di lei abbia modificato velocemente il suo modo di pensare, i suoi stessi comportamenti, tanto da renderla più dura, più distante, più convinta di sé. 

Comunque, mentre scende le scale del vecchio palazzetto nel quale sono stati ricavati gli uffici comunali, lui resta consapevole adesso di sentirsi addirittura più leggero e rilassato, avendo in mano almeno un appuntamento chiarificatore. Suo padre direbbe subito che questa non è una donna adatta a lui, incapace come sembra di prendere delle decisioni nette, e di perseguire addirittura una strada che non appaia confusa e tortuosa. <<Domani saprò tutto>>, sembra ripetersi lui mentre raggiunge gli altri impiegati in una tavola calda dove vanno spesso, ed anche se a tutto quanto seguiranno forse delle risposte negative, così come già cerca di disporsi con il proprio atteggiamento, capace come si sente di accettare anche una improvvisa e bruciante delusione, almeno saprà di avere finalmente delle certezze sulle quali poter fare affidamento. <<Magari è soltanto un periodo burrascoso, per Monica>>, pensa mentre attraversa la strada su un passaggio pedonale; <<Potrò accondiscendere sull’immediato alle sue prese di posizione, se si pone il caso, e in seguito forse, tra un mese o due o anche di più, magari potremo riprendere a frequentarci di nuovo>>.

<<È vero quel che si dice, che la Moroni non tornerà più a lavorare con noi?>>, gli chiede subito un suo collega dentro al ristorante mentre resta seduto masticando delle polpette con patate. Renato prova per un attimo una profonda indecisione, ma infine risponde con fermezza che ancora non sa neppure lei che cosa sia più conveniente fare. L’altro non insiste con le domande, forse rendendosi conto di metterlo troppo a disagio, ma lui sa per certo che tutte le congetture possibili verranno fatte alle sue spalle appena lui si allontanerà da loro.

 

Bruno Magnolfi

sabato 15 marzo 2025

Nessun problema.


            <<Tu non ti rendi mai conto di come stiano davvero le cose>>, dice Carletti a sua moglie per rispondere in qualche modo alle sue richieste di spiegazione, cercando comunque di conservare il più possibile la calma. <<Credi di essere sveglia, ma sei sempre l’ultima a comprendere la realtà dei fatti. Lo studio sta andando male da quasi un anno, e poco per volta i clienti, non so come, si sono passati la voce, e quindi si sono rivolti ad altri commercialisti, tanto che per un semplice effetto domino ci siamo ritrovati io e te con una manciata di affezionati che oramai ci lasciano compilare giusto le dichiarazioni dei redditi per l’agenzia delle entrate, e poco più>>. Caterina inizialmente avrebbe voluto alzare la voce, ma si è subito resa conto che non avrebbe avuto alcun significato comportarsi così con suo marito. In fondo lui ha sempre tenuto molto al suo lavoro, e se il giro d’affari dello studio si è ridotto drasticamente, così come lei viene effettivamente a sapere solo adesso, svolgendo una mansione marginale e non essendosi mai interessata dei conti e delle fatture, non è certo una colpa di suo marito. <<Ho cercato di sistemare le cose al meglio possibile>>, prosegue lui; <<di fatto ho cercato di fare in modo che tu non ti accorgessi di niente per quanto ho potuto, anche perché speravo che da un giorno all’altro gli affari si rimettessero in sesto, ma così non è stato, purtroppo. E adesso le banche purtroppo ci chiudono i conti, ed ecco il risultato finale>>.

            <<Ma con un prestito forse riusciremo a rilanciare l’attività>>, dice Caterina senza credere neanche lei stessa a ciò che afferma. Il marito la guarda, scuote la testa, prende aria con un sospiro prolungato, poi spiega sottovoce che nessuno fornirà mai alcun soldo, esclusi gli strozzini, naturalmente. <<Dobbiamo abbassare le tariffe>>, riprende poi a dire, <<e cercare di allargare il giro dei professionisti che potrebbero affidarsi a noi, magari andando anche a visitarli uno per uno per prendere contatti e mettere la faccia in ciò che desideriamo portare avanti. Forse potrebbe essere utile fare una campagna pubblicitaria dei nostri servizi. Stringere la cinghia delle spese, comunque, è ciò che più di ogni altra cosa ci permetterà di restare a galla>>. Lei allora si siede, prende in mano un vecchio numero di una rivista che sfoglia volentieri qualche volta, come per cambiare l’argomento dei suoi pensieri, ed infine si alza, va nella cucina, inizia a preoccuparsi su qualcosa da mettere al fuoco per la cena. Lui attende qualche minuto, poi la raggiunge, le va accanto con dolcezza: <<Mi dispiace>>, le dice come vinto dai fatti, senza trovare altro da dire. Lei gli sorride: <<Supereremo questo momento>>, gli risponde, poi inizia a sminuzzare qualcosa da mettere in pentola. Suona il telefono, lui va a rispondere, poi torna dalla moglie con l’apparecchio ancora in mano: <<È Monica>>, dice sottovoce, e poi le passa il telefono.

            <<Ciao>>, fa l’amica; <<sono diversi giorni che non ti fai più sentire, va tutto bene?>>. Caterina prende un attimo di tempo, risponde sottotono e lentamente che lo studio ha qualche difficoltà economica in questo periodo, poi le viene in mente di fare la sfacciata e provare una strada a cui non aveva pensato fino a quel momento. <<Senti Monica>>, le dice riacquistando il suo modo brillante; <<Tu non potresti farci un prestito? Non di una grossa cifra, si tratta di un aiuto solo per pubblicizzare la nostra attività e trovare qualche nuovo cliente, tutto qua. In ogni caso potremmo renderti tutto quanto nel giro di due o tre mesi, al massimo sei, perché si tratta soltanto di riuscire a superare questo frangente negativo, in seguito siamo convinti che le cose riprenderanno il proprio corso normale>>. Suo marito, intanto, rimasto nella stanza ad ascoltare la conversazione anche se pur inizialmente senza alcun interesse, all’improvviso fissa Caterina con lo sguardo quasi ipnotizzato per la facilità con cui lei sembra snocciolare gli affari di famiglia e dello studio, ma subito dopo la vede sorridere, mentre l’altra al telefono le dà in modo rapido l’assenzo, forse addirittura felice di poter aiutare la sua amica. <<Ma certo>>, spiega difatti al telefono Monica con poche parole; <<Tu dimmi la cifra che serve, ed io ti faccio un bonifico domani stesso, e poi magari tuo marito può preparare una ricevuta tanto per fare le cose un po' più in regola>>.

              Quindi si salutano, Caterina si sente rallegrata, suo marito prova la voglia intensa di abbracciarla, ma si trattiene; quindi, riprendono in silenzio la preparazione della cena. Quando si siedono a tavola, lui scrive sulla pagina di un taccuino la cifra che ha pensato, e sua moglie raccoglie il foglietto, lo piega in due, poi lo ripone nella sua borsetta, in mezzo ai documenti. <<Domani invierò un semplice messaggio a Monica. Lei è talmente piena di soldi che sta addirittura per licenziarsi>>, dice al marito; <<Non ci sarà proprio alcun problema nel ricevere al più presto quella cifra>>.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 13 marzo 2025

Nuvola di fumo.


            Gli acquerelli incorniciati ed esposti lungo le pareti, sono esclusivamente composti da facce in primo piano di uomini e di donne che hanno assunto varie espressioni, a volte serie e a volte sorridenti, con differenti età e anche tagli di capelli, e tutta la lunga serie di ritratti, eseguiti con evidenza da autori diversi, mostrano la maniera di intendere qualche sentimento da cui quei disegni sembrano animati, e che trapela dagli occhi, dalla bocca, dal modo di osservare qualcosa fuori dalla tela, in certi casi in una maniera del tutto leggera e quasi distratta. Sono stati composti cercando di catturare il senso del personaggio di una poesia, di un racconto breve, di una pagina di diario, ma almeno nella metà dei casi sono stati direttamente loro, quei ritratti, ad essersi mostrati ispiratori di una storia oppure di un racconto. Si è cercata la relazione, in questa carrellata della mostra, tra una descrizione ed un’immagine, ed il fatto che ogni pomeriggio per ben due settimane si siano resi disponibili ad essere presenti sul posto alcuni autori degli scritti, per leggere puntualmente a voce alta i propri lavori, rende l’allestimento un continuo evento che a detta di molti dovrebbe risultare piuttosto apprezzato. Mauro Anselmi, insieme al curatore della mostra, un certo Restori, si sentono comunque piuttosto soddisfatti del loro lavoro svolto, essendo riusciti in un breve lasso di tempo a raccogliere così tante produzioni, e poi per avere scelto con convinzione di esporre a fianco di ogni ritratto una o due frasi significative del racconto o della poesia abbinata, al punto che quella scelta sembra abbia reso all’improvviso la piccola galleria d’arte qualcosa di decisamente particolare.

            Monica, recandosi alla mostra, sa già di riuscire nella serata ad incontrarsi con Mauro, si sono dati un appuntamento abbastanza preciso, ed in sostanza se pur da un lato si sente curiosa di assistere a qualche rappresentazione dei testi nella piccola galleria d’arte, dall’altro ancora non sa decidersi se iniziare a spiegare a Mauro almeno in parte ciò che le sta accadendo, oppure no. Lei si sente preda di una eccitazione forte e quasi incontrollabile da quando ha avuto la certezza di portare avanti la propria gravidanza, anche se soltanto agli inizi, ed anche se è consapevole di aver scelto lei di essere da sola ad affrontarla, ugualmente le piacerebbe poterne parlare liberamente con chiunque, o almeno con le persone che di solito frequenta maggiormente e di cui si fida di più. Indubbiamente è consapevole che non saranno facili per lei le prossime settimane e poi i mesi a seguire, anche perché appare evidente che avrà sempre più necessità del supporto di tutti, ma in ogni caso aver deciso di non recarsi più in ufficio, magari usufruendo di tutte quelle possibilità che il suo contratto di lavoro le offre, le pare già un discreto passo avanti. <<Buonasera>>, dice allegra a Mauro e alla ragazza che all’ingresso sta sorvegliando con attenzione che tutto si svolga con ordine e nel pieno rispetto delle regole, poi scorre lentamente i ritratti nell’attesa che il presidente dell’associazione si liberi e la raggiunga.

            <<Sono molto contento di questa mostra>>, dice lui mentre la incoraggia ad osservare tutto quanto è esposto con calma ed attenzione. Monica sorride, lo guarda un attimo negli occhi, poi gli chiede se gli vada di andare a prendere un caffè nel locale a fianco della galleria. Si siedono, in silenzio, ad un tavolino libero: Mauro ha già compreso che lei deve rivelargli qualcosa di importante. <<Sto per abbandonare il mio lavoro>>, dice in fretta. <<Credo ci siano cose più importanti da fare per me in questo momento>>. Lui prosegue ad osservarla, forse riesce a comprendere almeno in parte lo stato d’animo che lei sta evidenziando, quella sensazione, cioè, di non avere ancora fatto nulla, a quasi quarant’anni d’età, di ciò che probabilmente avremmo tanto desiderato. <<Mi piacerebbe aiutarti>>, le dice, <<magari soltanto per trovare la tua strada, per facilitare in qualche modo il tuo percorso, ma non so come questo sia possibile>>. Intanto servono i caffè, Monica ne beve un sorso, osserva qualcosa vicino agli altri tavoli, poi risponde sottovoce: <<Tu hai già fatto molto per me, anche se probabilmente ne sei addirittura inconsapevole, però hai ragione, forse sto per imboccare la mia strada, e comunque è un percorso che ho deciso di compiere da sola, senza che qualcuno si renda indispensabile nell’accompagnarmi in alcune importanti decisioni>>.   

            Mauro annuisce, magari non ha compreso del tutto ciò che vuole spingersi a dire questa donna dal comportamento vagamente misterioso, però sente di dover rispettare appieno i suoi desideri, e così annuisce, senza porre domande, lasciando che quel discorso svanisca nell’aria come una piccola nuvola di fumo. <<Puoi contare su di me>>, le dice alla fine mentre già stanno per alzarsi, per tornare nella galleria d’arte, per riprendere ognuno i propri compiti. <<Hai il mio telefono>>, le dice ancora; <<Mettimi pure al corrente delle tue prossime scelte se ti va, e in ogni caso ti prometto che saprò ascoltare anche in silenzio, senza neppure darti un mio parere, se non vorrai conoscerlo>>.  

 

            Bruno Magnolfi

martedì 11 marzo 2025

Suo marito, ragioniere.


            La scelta dei colori di uno scialletto, pur apparentemente solo un elemento marginale nell’ambito dell’acquisto di un capo di vestiario assolutamente accessorio all’interno di ciò che si decide di indossare, proprio per il suo non essere essenziale, diventa immediatamente il dettaglio più vistoso ed importante quando si decide di farne sfoggio, e per questo motivo una volta presa la decisione giusta, diventa irritante scoprire alla cassa del negozio nel quale ci stiamo servendo che la proprio carta di credito non è più abilitata agli acquisti. Caterina si sente mancare, è esterrefatta, non comprende cosa mai possa essere accaduto, ma alla fine trova una scusa plausibile, lascia il capo nelle mani della commessa ed infine esce dall’esercizio, decisa a recarsi immediatamente allo studio di suo marito per chiedere spiegazioni. È la metà di un pomeriggio qualsiasi, lei si trova da sola, ed è proprio quella la neutrale fascia oraria che da sempre dedica a sé stessa, tanto da permettersi di girellare per qualche negozio, pur non compiendo mai, specialmente negli ultimi tempi, delle spese minimamente rilevanti. Ma suo marito non c’è nello studio, che anzi appare chiuso e sprangato, come se fosse ormai sopravvenuto l’orario prefissato per il termine delle attività giornaliere. Caterina si sofferma un momento a riflettere, poi, senza scomporsi, e cercando di ritrovare il più possibile la calma, si incammina senza troppa fretta verso la sua utilitaria, sale sopra, avvia il motore, e si dirige verso l’abitazione di Monica, al fine di sfogarsi, possibilmente, almeno con lei.

            Ancora prima di giungere davanti al suo palazzo, però, le telefona, soprattutto per non essere troppo invadente, e l’altra le risponde immediatamente, anche con una certa allegria nella voce, dicendole che può tranquillamente passare, che si trova in casa, che non la disturba affatto, ed è anzi molto contenta di vederla. Caterina parcheggia, si lascia aprire il portone dall'usciere solerte di quell’edificio che peraltro la conosce da tempo, ed entra infine nell’ascensore schiacciando il pulsante dell’ultimo piano. <<C’è qualcosa che mi sta sfuggendo completamente>>, riflette. <<Per la carta di credito può essere una qualsiasi sciocchezza elettronica, pur antipatica, risolvibile rapidamente; ma per quanto riguarda l’atteggiamento di Monica al telefono, tale che non ricordo di averla mai sentita così espansiva e gioviale né con me né con altri, probabilmente mi manca qualche dettaglio che forse adesso riesco a sapere direttamente da lei, con un po’ di fortuna>>. Quando si aprono le porte dell’ascensore l’altra è lì che l’attende, abbracciandola ed invitandola ad entrare e subito dopo a mettersi comoda, offrendole del tè con dei pasticcini -deliziosissimi-, che l’altra naturalmente accetta con grande piacere. <<Dobbiamo festeggiare>>, le dice. <<Ho deciso di lasciare il mio posto di lavoro, o perlomeno di prendermi subito un periodo di aspettativa durante il quale riflettere bene su questa decisione che però mi sembra sempre più irrimandabile. E da quando ho messo a punto questa idea mi sento bene, leggera, senza l’ansia noiosa che ho provato in questi ultimi anni>>.

            Caterina non sa che dire, ovviamente le torna difficile mettersi nei panni dell’amica, che al contrario di lei può contare su un discreto patrimonio lasciatole in eredità dai genitori, tale da permetterle un’esistenza senza preoccupazioni economiche, ma in questo caso vorrebbe argomentare qualcosa attorno alla giornata vuota, alla mancanza di uno scopo, all’inedia, almeno in certi casi, soprattutto se privata di un’occupazione stabile, di un fine determinato, anche se in fondo riesce solo a restare in silenzio, per metà sbalordita nell’aver ascoltato quelle parole, e per metà quasi invidiosa di quanto deciso da Monica. Così sorride, si complimenta per la scelta, e pur comprendendo che il divario tra loro due si può mostrare anche più ampio nel periodo prossimo, decide di condividere senza riserve, almeno in apparenza, quella sua scelta. <<Così potremo vederci anche più spesso>>, dice di colpo, alla ricerca almeno di un tratto positivo anche per sé stessa in tutto ciò. <<Con chi ne hai parlato?>>, le chiede dopo una breve riflessione. L’altra la guarda, comprende che quello sia un campo minato, e che d’ora in avanti dovrà stare molto attenta alle proprie parole. <<Con nessuno>>, le risponde; <<Anche se da un po’ di tempo avevo iniziato a recarmi sempre più malvolentieri in ufficio, e quindi i colleghi forse non rimarranno troppo sorpresi>>.

            A Caterina torna inverosimile avere degli stupidi problemi con la carta di credito, al cospetto di decisioni importanti come quella della sua amica, ma deglutisce cercando di farsi passare quel lieve malumore, alla stessa maniera di quando da piccola era capace di sentirsi diversa da tutte le bambine, solo per non avere la stessa bambola che tutte loro sembravano possedere. Poi si alza, decide di uscire, di trovare la soluzione ai propri problemi, ed anche se non ha avuto la possibilità di sfogarsi per avere fatto la figura della stracciona in un negozio dove è conosciuta, ugualmente ritiene che per oggi tutto sia ormai stato definito, e che dovrà soltanto parlare un po’ con suo marito, il ragioniere. 

 

            Bruno Magnolfi

sabato 8 marzo 2025

Eternamente riconoscente.


            <<Mi sento afflitto>>, confesso a Sergio dopo che lui è rientrato a casa salutandomi con la sua solita spavalderia. <<Sono giorni che Monica non si fa sentire, ed oggi che ho preso il coraggio a due mani, insieme ad una pratica da protocollare pur di scarsa importanza, e sono sceso al piano dove lei lavora per incrociare almeno il suo sguardo, mi hanno riferito i colleghi di stanza che oggi non si era presentata in ufficio, e non aveva neppure precedentemente spiegato il motivo della sua assenza. <<Ho annuito, non c’era altro da fare, ho depositato le scartoffie che avevo con me, ho salutato gli altri, poi sono risalito lentamente fino al mio ufficio, senza domandarmi che cosa stesse realmente succedendo>>. Ho pensato che, magari, nella tarda mattinata, probabilmente mi avrebbe chiamato, ma Monica non si è fatta sentire, ed io sono rimasto in silenzio a rigirare ogni pensiero possibile dentro la mente. <<Mi è presa la voglia, appena uscito dal lavoro, di prendere la mia macchina ed arrivare fin sotto casa sua, suonarle il campanello, domandarle se c’era qualcosa che non andasse, ma poi non ne ho avuto lo spirito per farlo davvero, così sono rientrato in casa cercando di farmi passare questa malinconia che mi è presa>>. Sergio gira dentro al piccolo soggiorno, mi guarda, scuote la testa, poi dice: <<Devi imparare a disinteressarti di più delle donne. Hanno i loro segreti, le loro piccole cose da fare, tu non puoi stare sempre nel mezzo a cercare di interpretare la più piccola mossa che fanno. Lascia loro la possibilità di respirare, di svolgere qualcosa che non vogliono stare a spiegarti, e vedrai che tutto andrà meglio>>.

            Vado in cucina, tiro fuori qualcosa dal frigorifero, chiedo al mio coinquilino se una frittata per cena gli può andare bene, e lui annuisce, così inizio a preparare tutto quello che serve. <<Stasera andiamo a bere una birra da qualche parte, sempre che ti vada>>, dice lui riprendendo i suoi soliti modi allegri e accomodanti. <<Va bene>>, faccio io, poi mi dedico alla cucina. Più tardi entriamo in un locale dove non sono mai stato, e noto che ci sono delle ragazze che fingono di non fare caso a nessuno, ma sicuramente sono lì anche per farsi guardare. Rifletto che probabilmente sono io che continuo a cercare di dipingere la realtà così come la vorrei, sbagliando completamente, visto che tutto appare differente dai miei gusti. Ci sediamo, la musica è alta, non si riesce quasi a parlare, Sergio spande sorrisi all’intorno, e qualcuno adesso lo guarda. Ci prendiamo due birre medie doppio malto, poi lui si alza per fare un giro tra i tavolini. Quando torna dice che possiamo sederci insieme a due ragazze che stasera sembrano proprio da sole e che lui ha già rivisto là dentro, anche se non le conosce, così ci trasferiamo dalla parte opposta del locale mentre io sento la testa che ha già iniziato a girarmi. Urliamo, quasi, solo per fare le presentazioni, e Sergio dice subito che possiamo farci portare una bottiglia di vino buono, così loro ridono, ed anche a me inizia ad andarmi un po’ meglio.

            Lui attacca a parlare all’orecchio di una delle due che dice di chiamarsi Serena; perciò, io mi avvicino all’altra e le chiedo di che cosa si occupi durante la giornata. Lei dice con franchezza e sbuffando che fa la commessa in un grande negozio di profumeria e affini, ed io spiego subito che anche la mia attività è piuttosto grigia e monotona nell’ufficio dove lavoro. <<Sei fidanzato?>>, chiede Stefania di colpo, tanto per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, ed io, dopo qualche titubanza, rispondo di no, che non lo sono. <<E tu?>>, le chiedo io per pura cortesia, visto che sono poco interessato a quell’argomento; ma lei risponde che ha una storia complicata alle spalle, che ancora non si è chiusa del tutto, ma probabilmente nei prossimi tempi troverà la sua giusta fine. <<Come tutti, d’altronde>>, riprende a dire; <<chi non è un po’ incasinato al giorno d’oggi>>, mi fa. Annuisco, mi pare quasi che questa ragazza abbia già compreso più di quello che le ho detto, e che certe volte, come sostiene Sergio, non ci sia bisogno di usare tante parole per comprendersi bene. Lei poi aggiunge qualcosa di divertente, ed io rido anche se non ho compreso bene le parole che ha detto. Penso che in fondo io debba soltanto rilassarmi maggiormente, e magari evitare che i pensieri negativi proseguano a navigarmi dentro la testa. Sono cosciente di aver bevuto ancora, e che alla fine, quando ho provato ad alzarmi dalla sedia, mi sono sentito girare tutto il locale attorno a me.

            Stefania mi accompagna fuori, quando vede che barcollo, <<giusto per prendere una boccata d’aria>>, le dico, e all’improvviso provo il terrore che mi voglia baciare o cose del genere. Niente di tutto questo invece, però mi sorregge, ed io all’improvviso le sono grato, eternamente riconoscente.  

 

            Bruno Magnolfi

giovedì 6 marzo 2025

Andamento naturale.


            Una strana calma la rende all’improvviso seria e riflessiva. Lei oggi ha preso un giorno di permesso per non recarsi a lavorare, e nello svolgere quelle piccole cose di cui deve occuparsi, ha riconosciuto in sé stessa un comportamento molto adatto alla propria attuale situazione. Ha ripetuto per ben due volte la prova di gravidanza, da sola in casa propria: la prima già la sera avanti, e la seconda la mattina presto, appena alzata in piedi, e in ambedue i casi la risposta è risultata, fuori da ogni dubbio, positiva. Allora si è seduta, ha sistemato qualcosa dentro al suo appartamento, ancora prima che giungesse la domestica che svolge le attività di pulizia e di riordino, oltre a prepararle talvolta qualcosa da mangiare, ed alla fine ha indossato uno dei suoi abiti migliori, si è pettinata con cura, si è osservata a lungo in uno specchio, e poi è uscita, senza avere in mente un piano preciso per la giornata, ma provando il forte desiderio di visitare subito un luogo molto adatto alla sua nuova situazione, poco distante dalla sua casa. Fuori, tutto le è apparso subito identico a sempre, anche se, immersa in un largo spazio di vegetazione, là in mezzo all’erba verdissima e a qualche albero, si è subito aperta magicamente ai suoi occhi la scuola materna, e lei ha costeggiato la ringhiera colorata di giallo, ed ha osservato con una certa attenzione le finestre dell’edificio ad un solo piano dai vetri coperti di carta colorata e di disegni, con alcune scritte divertenti e chiassose. Si è soffermata senza farsi notare, ha atteso a lungo fingendo di controllare qualcosa nella sua agenda, poi ha compiuto l’intero giro dello spiazzo, fino a ritrovarsi di nuovo nel medesimo punto. La bella giornata di sole invogliava sicuramente le maestre e i maestri di quei bambini a permettere loro di uscire all’aria aperta, in quello stupendo giardino, e difatti è accaduto così, tanto che qualche piccolo scalmanato tra quegli alunni ha anche cominciato subito a correre e a lanciare dei brevi e simpatici urletti.

            Lei ha fantasticato immediatamente nel proiettarsi in certe giornate future durante le quali accompagnare suo figlio o sua figlia in quella medesima scuola, oppure in un’altra simile, e lo scambiare qualche parola con gli insegnanti, e prima però attendere con impazienza nei pressi del largo cancello l’ora prevista per l’uscita degli alunni da scuola, e poi ritrovare quel senso di pienezza che l’abbraccio con un bambino o con una bambina infonde in tutti i genitori, anche se in questo caso si sarebbe trovata da sola a compiere tutte queste operazioni. <<Solo per me>>, sembra già suggerire adesso ai maestri e alle maestre della scuola; <<Senza alcuna necessità di dividere con altri un affetto così importante e completo>>. Poi un maschietto si è avvicinato alla ringhiera, e lei, senza farsi vedere troppo interessata, gli ha sorriso, chiedendogli il nome. Il bambino l’ha osservata per un momento, incuriosito, poi ha abbassato lo sguardo senza rispondere niente, ma senza andarsene via e raggiungere gli altri compagni come sarebbe stato naturale. <<Non vuoi dirlo?>>, ha insistito lei, tanto per misurare la sua reazione. <<Carlo>>, ha detto alla fine quel piccolino, e lei gli ha sorriso ancora di più, congratulandosi per il bellissimo nome. Si è immaginata subito mille cose diverse e piacevolissime, poi ha lasciato che quel bambino tornasse finalmente dai suoi compagni.

            <<Devo prendere decisioni, variare molte cose, prepararmi in tutto e per tutto>>, ha pensato lei con decisione staccandosi da quel recinto scolastico. Poi si è ritrovata a riflettere seriamente sulla possibilità di cambiare città, ed andare ad abitare in qualche piccolo centro magari non molto distante da lì, ma dove le persone forse mantengono ancora un comportamento maggiormente comprensivo ed altruista, immaginando già fin da adesso le battaglie da affrontare nei confronti di parenti ed amici, ma ha scartato quasi subito l’idea, impaurendosi di una possibile improvvisa solitudine, così privata anche di un pur minimo sostegno. <<Troppo pesante<<, ha subito deciso; <<Eppoi avrò bisogno di un pediatra, di essere seguita nella gravidanza da un medico, e di mettere a punto giorno per giorno tutto quello che serve per facilitare le cose, e infine questo bambino o bambina che sia, deve nascere qui, nella mia città, dove anche io sono nata e dove ho sempre vissuto>>.   

            Una volta a casa avrebbe voluto subito telefonare a qualcuno, dare ad almeno una persona la buona notizia, ed investire così della sua gioia chiunque in grado di comprendere il proprio stato d’animo, ma poi si è frenata, doveva essere forte, ha riflettuto, doveva tenere tutto per sé, adesso, senza lasciarsi sfuggire neppure un accenno. Da domani avrebbe preso un lungo periodo di aspettativa dal lavoro, e in seguito si sarebbe licenziata definitivamente, ne era già certa. Tra poco sarebbero sicuramente iniziate le domande di tutti sul suo comportamento, ma lei si sarebbe sentita tranquilla a quel punto, e tutto avrebbe preso un andamento naturale, senza sobbalzi.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 4 marzo 2025

Possesso svanito.


            Mentre cammino non metto mai le mani dentro le tasche, mi sembrerebbe una forma inaccettabile di disimpegno, una vera incapacità nel trovare qualcosa di utile in cui occuparle, così come non rientro mai a casa prima di un certo orario, proprio per evitare, agli occhi di chi mi nota, che si supponessero i miei compiti ormai terminati, quasi che la mia giornata avesse avuto un banale andamento quasi da sfaccendati. Il mio passo è abbastanza svelto, ed il mio comportamento tipico di chi ha mille cose a cui pensare ed altrettanti impegni a cui applicarsi, tanto da non avere mai il tempo utile per dedicarsi ad altro, o a permettersi delle soste di usuale rilassamento. Molti oggi vanno di corsa in quest’epoca senza intervalli, e chi riesce a dimostrare un’indole portata a svolgere un numero di attività più alto della media, è proprio il tipo di persona che con evidenza è anche capace di vivere maggiormente degli altri, mostrandosi in grado di tradurre ogni momento di vita che trascorre in qualcosa di utile e di fruttuoso. Certe volte mi sono fermato a pensare se tutto questo mio radicato parere si possa basare solo sulla convinzione di dover esibire semplicemente un’apparenza, addirittura spesso senza sostanza, ma naturalmente ho sempre allontanato da me idee di questo genere, confinando questa opinione attorno ad individui che scelgono soltanto di mostrarsi in una certa maniera, dimenticando i reali compiti verso cui sono chiamati ad affaccendarsi.

            Invece, certe volte, pur non tralasciando i miei comportamenti abituali, sono portato ad immaginare un percorso che non preveda mai un vero scopo, e che l’evidenza di una stessa sorte che alla fine accomuna uomini e donne, sia il vero effetto etico di un’esistenza spesso quasi del tutto priva di un’anima propria, in grado però di sostenere il senso del nostro correre in avanti senza mai alcuna reale sosta di stazionamento. Ma subito cancello dalla mente riflessioni del genere, e mi osservo muovere, attraverso gli occhi degli altri, tutti i miei arti di fretta, nella ricerca spasmodica di formare nelle loro menti l’immagine di un individuo perennemente indaffarato, tormentato da impegni e da attività di cui occuparsi rapidamente e in maniera adeguata. Non c’è per me una vera occupazione ormai conclusa, ce ne sono moltissime altre a cui dedicarsi da qui all’immediato futuro, che terranno senz’altro impegnata la mente e anche tutti gli altri possibili organi che si possono introdurre nel gioco, per dichiararsi degnamente degli individui attuali, in grado di stare al passo coi tempi. Sorrido, quando incontro qualcuno che conosco, e saluto con apparente spensieratezza coloro che mi salutano a loro volta, evidenziando di non avere né il tempo e né la possibilità di poter arrestare questa specie di moto perpetuo, almeno per una persona impegnata in mille cose da compiere come io mi ritengo, e di non poter essere comunque maggiormente esaustiva nelle superficiali dimostrazioni di socialità.    

            Rispondo al telefono, annoto alcuni appunti su un taccuino, scrivo in un’agenda un orario e una data, mentre nello stesso momento sbocconcello qualcosa ad un tavolo dentro un caffè, e intanto rifletto su quale sarà il mio prossimo impegno, ed anche se mi trovo un po’ a corto di faccende così impellenti, fingo talvolta persino con me stesso di averne più d’una, e di essere perennemente costretto perciò ad operare delle scelte, dando la priorità ad una incombenza piuttosto che all’altra. <<Dottor Carletti>>, dice qualcuno che mi conosce, anche se è consapevole che sono soltanto un ragioniere. Alzo per un attimo la testa, lo guardo, annuisco per mostrare solidarietà con chi sta vedendo di fronte a sé una persona oberata di lavoro, di incarichi, di cose da sbrigare, perché è esattamente così che tutti mi vedono, proprio come io ho sempre cercato di costruire, giorno dopo giorno, il personaggio che mostro di essere. Non posso fermarmi, non ci riesco, sono costretto a proseguire la marcia sul binario che mi sono scelto una volta per tutte, ed anche se la mole di lavoro di un tempo ormai è soltanto un ricordo, e la clientela del mio studio si sia ridotta di parecchio, tanto da lasciarmi molto tempo della giornata privo di reali cose da fare, mi reputo prigioniero di un’immagine che dice tutto di me, e che bene o male prosegue a farmi galleggiare in un microcosmo economico dove allo stesso tempo si elegge un campione, oppure un altro viene subito decapitato.

            Non è facile per me misurarmi con questa piccola disfatta, ed ogni giorno che inizia innalzo tutta la mia fiducia in una ripresa solerte del ruolo che bene o male rivesto, fino ad arrivare a rendermi conto che forse non potrà essere proprio quest’oggi il momento che auspico, ma magari domani, e nel frattempo però devo senz’altro mantenere lo stesso ritmo, il medesimo modo di affrontare tutto quanto, tentando di non farmi mai scoprire in questo piccolo gioco. Saluto gli altri di corsa, mi congratulo di qualcosa che non so neppure io cosa sia, ed affronto con coraggio il futuro, anche se sono consapevole che sta fuggendo dalle mie mani ciò che credevo ormai in mio possesso.

 

            Bruno Magnolfi    

domenica 2 marzo 2025

Capace di infliggere il male.


            I gradini sono esattamente quarantotto, più altri due presenti prima di varcare l’ingresso rialzato del condominio, ed anche se le prime volte che viene affrontata quella scala appaiono antipatici e numerosi, specialmente se chi sta salendo è costretto a portare con sé dei pesi o dei colli ingombranti, con il tempo chiunque abiti ad un terzo piano ci fa presto l’abitudine, fino a non accorgersi più del piccolo sforzo che viene richiesto al fiato e alle gambe della persona per riuscire a raggiungere il proprio appartamento. Diverso, invece, è il caso di chi si trova a scendere proprio i medesimi scalini, che sotto ai piedi sembrano adesso come scorrere facilmente e con rapidità, quasi come una cascata d’acqua che rovina giù da alcune rocce. Renato difatti si è rapidamente abituato, dopo le prime volte, ad andare senza sforzo su e giù per la scalinata della casa dove abita con Sergio, ed anche se certe volte rientrando si sente un po' stanco, ugualmente non trova difficoltà nel raggiungere il pianerottolo su cui si apre il portone del proprio appartamento. Diverso è il caso del palazzo dove abita Monica, naturalmente, dove è previsto un comodo servizio ascensore che con rapidità ed in piena sicurezza trasporta gli abitanti al piano che desiderano, anche al superattico dove si apre il vasto appartamento dove lei risiede da sola. Per questo motivo, e conoscendo la scomodità delle scale, Renato difficilmente si è trovato ad invitare la collega a casa sua, proprio per evitare a lei quel piccolo sforzo, e a sé stesso la piccola vergogna di non potersi permettere un appartamento migliore, magari anche da non dover dividere con un coinquilino come Sergio.  

            Lei ha suonato il campanello, lui ha risposto al citofono per assicurarsi fosse davvero Monica, e poi ha subito chiesto di attenderlo al portone, in quanto l’avrebbe raggiunta immediatamente. Apprezza lo slancio con cui Sergio si era già proposto per scendere insieme a lui, giusto per fare la conoscenza di questa sua ragazza, se si vuol chiamare ancora così una donna ormai matura, ma con indifferenza, come se stesse uscendo per i fatti propri, e formarsi così un’idea più precisa della persona di cui Renato sembra proprio innamorato. Perciò scendono assieme, mostrando una calma che sembra quasi artificiale, tanto in apparenza riescono a dare poca importanza a quel momento, e quando giungono alla soglia del portone, lei è lì, tranquilla, pronta a salutare sia Renato che questo nuovo personaggio che le viene presentato e con cui scambia qualche convenevole, apprezzando piacevolmente una battuta di spirito da parte sua. Poi si salutano, Monica e Renato andando verso la macchina di lei parcheggiata all’angolo della strada, e Sergio spiegando di avere un appuntamento di lavoro dalla parte opposta, cosa non vera ma che funziona bene come scusa per non essere d’impaccio. Renato è sicuro che Monica abbia fatto un’ottima impressione su Sergio, ed anche se questa non è la cosa più importante in assoluto, ugualmente si sente soddisfatto della buona presenza di Monica.

            Sergio poco dopo torna indietro e risale i gradini di casa, tornando quasi furtivamente nel proprio appartamento, con la testa sicuramente confusa e alcune idee forse da incasellare al giusto posto. Gli pare stravagante che una bella donna elegante come questa Monica, libera in tutto e per tutto, sveglia e brillante come si dimostra, e poi piena di soldi e di proprietà immobiliari, almeno per come racconta Renato, si vada a mettere proprio con uno come lui, ancora attaccato ai propri genitori, incapace di affrontare con fermezza le cose della vita, spesso impacciato e senz’altro poco adatto ad affiancare una donna del genere. In ogni caso tutto può capitare, e persino un tipo piuttosto scaltro come Sergio deve riconoscere che qualcosa di positivo deve pur aver visto questa Monica in un individuo decisamente mediocre in tutto e per tutto come appare Renato. <<Piacevole il tuo coinquilino>>, dice invece di lui la Moroni; <<deve essere un tipo con cui si riesce ad andare facilmente d’accordo, e verso il quale ci si sente subito in amicizia>>. Renato sorride annuendo, anche se un briciolo di gelosia gli sale immediatamente. In fondo non ha ancora compreso troppo bene neppure quali siano i suoi rapporti con quel Mauro che certe volte lei frequenta, e già questa facilità con cui la sua fidanzata riesce ad allacciare nuove amicizie e nuovi rapporti lo mette subito in ansia, come se si aspettasse da un attimo all’altro qualche scherzo che al momento non è neanche capace di valutare, ma che lo pone in una condizione di scarsa tranquillità. Forse è persino consapevole dei propri limiti, in ogni caso è convinto che adoperandosi in modo da mostrarsi sempre vicino ed attento nei confronti di Monica, tutto possa scorrere facilmente nei loro rapporti.

            <<Sono contenta di averlo conosciuto; sembra proprio un bel tipo>>, dice lei senza rendersi conto di affondare la lama nelle carni del suo compagno. O forse, pur sapendolo e mantenendosi fredda, cercando di evidenziare in questa maniera una completa indifferenza verso le piccole sofferenze che si dimostra facilmente capace di infliggere.

 

            Bruno Magnolfi