<<Mi
sento afflitto>>, confesso a Sergio dopo che lui è rientrato a casa
salutandomi con la sua solita spavalderia. <<Sono giorni che Monica non
si fa sentire, ed oggi che ho preso il coraggio a due mani, insieme ad una
pratica da protocollare pur di scarsa importanza, e sono sceso al piano dove
lei lavora per incrociare almeno il suo sguardo, mi hanno riferito i colleghi
di stanza che oggi non si era presentata in ufficio, e non aveva neppure
precedentemente spiegato il motivo della sua assenza. <<Ho annuito, non
c’era altro da fare, ho depositato le scartoffie che avevo con me, ho salutato
gli altri, poi sono risalito lentamente fino al mio ufficio, senza domandarmi
che cosa stesse realmente succedendo>>. Ho pensato che, magari, nella
tarda mattinata, probabilmente mi avrebbe chiamato, ma Monica non si è fatta
sentire, ed io sono rimasto in silenzio a rigirare ogni pensiero possibile
dentro la mente. <<Mi è presa la voglia, appena uscito dal lavoro, di
prendere la mia macchina ed arrivare fin sotto casa sua, suonarle il
campanello, domandarle se c’era qualcosa che non andasse, ma poi non ne ho
avuto lo spirito per farlo davvero, così sono rientrato in casa cercando di
farmi passare questa malinconia che mi è presa>>. Sergio gira dentro al
piccolo soggiorno, mi guarda, scuote la testa, poi dice: <<Devi imparare
a disinteressarti di più delle donne. Hanno i loro segreti, le loro piccole
cose da fare, tu non puoi stare sempre nel mezzo a cercare di interpretare la
più piccola mossa che fanno. Lascia loro la possibilità di respirare, di
svolgere qualcosa che non vogliono stare a spiegarti, e vedrai che tutto andrà
meglio>>.
Vado in
cucina, tiro fuori qualcosa dal frigorifero, chiedo al mio coinquilino se una
frittata per cena gli può andare bene, e lui annuisce, così inizio a preparare tutto
quello che serve. <<Stasera andiamo a bere una birra da qualche parte, sempre
che ti vada>>, dice lui riprendendo i suoi soliti modi allegri e
accomodanti. <<Va bene>>, faccio io, poi mi dedico alla cucina. Più
tardi entriamo in un locale dove non sono mai stato, e noto che ci sono delle
ragazze che fingono di non fare caso a nessuno, ma sicuramente sono lì anche per
farsi guardare. Rifletto che probabilmente sono io che continuo a cercare di
dipingere la realtà così come la vorrei, sbagliando completamente, visto che
tutto appare differente dai miei gusti. Ci sediamo, la musica è alta, non si
riesce quasi a parlare, Sergio spande sorrisi all’intorno, e qualcuno adesso lo
guarda. Ci prendiamo due birre medie doppio malto, poi lui si alza per fare un
giro tra i tavolini. Quando torna dice che possiamo sederci insieme a due
ragazze che stasera sembrano proprio da sole e che lui ha già rivisto là dentro,
anche se non le conosce, così ci trasferiamo dalla parte opposta del locale mentre
io sento la testa che ha già iniziato a girarmi. Urliamo, quasi, solo per fare
le presentazioni, e Sergio dice subito che possiamo farci portare una bottiglia
di vino buono, così loro ridono, ed anche a me inizia ad andarmi un po’ meglio.
Lui attacca
a parlare all’orecchio di una delle due che dice di chiamarsi Serena; perciò,
io mi avvicino all’altra e le chiedo di che cosa si occupi durante la giornata.
Lei dice con franchezza e sbuffando che fa la commessa in un grande negozio di profumeria
e affini, ed io spiego subito che anche la mia attività è piuttosto grigia e
monotona nell’ufficio dove lavoro. <<Sei fidanzato?>>, chiede
Stefania di colpo, tanto per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, ed
io, dopo qualche titubanza, rispondo di no, che non lo sono. <<E
tu?>>, le chiedo io per pura cortesia, visto che sono poco interessato a
quell’argomento; ma lei risponde che ha una storia complicata alle spalle, che
ancora non si è chiusa del tutto, ma probabilmente nei prossimi tempi troverà
la sua giusta fine. <<Come tutti, d’altronde>>, riprende a dire;
<<chi non è un po’ incasinato al giorno d’oggi>>, mi fa. Annuisco,
mi pare quasi che questa ragazza abbia già compreso più di quello che le ho
detto, e che certe volte, come sostiene Sergio, non ci sia bisogno di usare
tante parole per comprendersi bene. Lei poi aggiunge qualcosa di divertente, ed
io rido anche se non ho compreso bene le parole che ha detto. Penso che in
fondo io debba soltanto rilassarmi maggiormente, e magari evitare che i
pensieri negativi proseguano a navigarmi dentro la testa. Sono cosciente di
aver bevuto ancora, e che alla fine, quando ho provato ad alzarmi dalla sedia,
mi sono sentito girare tutto il locale attorno a me.
Stefania mi
accompagna fuori, quando vede che barcollo, <<giusto per prendere una
boccata d’aria>>, le dico, e all’improvviso provo il terrore che mi
voglia baciare o cose del genere. Niente di tutto questo invece, però mi
sorregge, ed io all’improvviso le sono grato, eternamente riconoscente.
Bruno
Magnolfi
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