L’appartamento
non è grande, eppure in tanti anni è stato capace di nascondere ed assorbire un
mucchio di oggetti di cui adesso forse ne è stata persa addirittura la memoria.
Aprendo qualche cassetto poco usato escono facilmente fuori delle cianfrusaglie
riposte là dentro più per non gettarle via immediatamente, proprio in
considerazione del loro inutilizzo, che per la voglia sincera di concedere a
questi rimasugli un’altra possibilità. Caterina si muove per casa con la testa
persa dietro a qualche ricordo, e intanto va a riguardare gli angoli più
tralasciati, forse con la convinzione di ripescare in questa maniera qualcosa
anche di sé. Infine, entra dentro al ripostiglio, pieno di scatoloni dove anno
dopo anno sopra gli scaffali si sono andati accumulando senza troppa
razionalità gli avanzi di qualche idea mai sviluppata, e dove riordinare tutto
quanto significa anche ripensare a molte cose ormai archiviate in mezzo alle attività
più remote. Molto più facile sarebbe chiudere la porta e poi preoccuparsi d’altro,
naturalmente, ma giungono certe volte anche dei giorni in cui si fa avanti la
necessità di scavare tra i pensieri di un tempo, e qualcosa che si riesce a
trovare seppellito in mezzo a mille altre cose ormai inutili, può essere addirittura
capace di regalare ancora un’emozione.
Vecchie
riviste, vecchie fotografie, qualche capo d’abbigliamento dismesso, oggetti
usati come talismani, e poi piccole scatole e borse fuori moda piene zeppe di
altre cose ormai senza alcun significato attuale, ma che rimandano a tempi
diversi, più spensierati, meno impegnativi forse, oppure affrontati in un modo meno
preoccupato, capace di leggerezza, di aspirazione, e soprattutto di grandi entusiasmi.
Caterina si rigira tra le mani tutto ciò che riesce a trovare, e di qualcosa facilmente
sorride, ma di altri pezzi di memoria le viene da assumere subito un’espressione
intristita, quasi sorpresa per non aver dato un seguito a quei rimandi a cui
parevano tendere. Poi trova un paio di scarpine da neonato, memoria di un tempo
lontano durante il quale capitava di scambiare questo tipo di regali, quasi come
fossero un augurio, un’apertura al futuro, un desiderio di cambiamento, ed
allora le viene da piangere, perché alla fine ben poco di quello che aveva
desiderato fortemente a quell’epoca si è poi verificato. L’esistenza è
costellata spesso di amarezze e di delusioni, riflette adesso che si sente
incapace di avere ancora dei veri sogni, e poi cerca di confortarsi con quello
che ha, con quegli scarsi segnali positivi che riesce ancora ad individuare
attorno a sé.
Infine,
rimette tutti gli oggetti che ha trovato nelle stesse posizioni in cui erano, e
con un grosso sospiro richiude la porta di quel ripostiglio, lasciando
all’oblio del non risolto quello che ha appena rivisto. Quando più tardi rientra
in casa suo marito, ormai quasi all’ora di cena, trova Caterina così, con dei
lacrimoni che ancora le scorrono sopra la faccia, e un’improvvisa incapacità di
occuparsi delle semplici cose di ogni giorno, e di dedicarsi a quello che le ha
riservato questo futuro in cui aveva tanto creduto. <<Che cosa
succede?>>, le chiede lui appoggiando l’immancabile borsa e togliendosi
la giacca e la cravatta. <<Niente>>, risponde lei. <<Soltanto
un po’ di tristezza per tutto ciò che avrebbe potuto verificarsi, e che invece
non è andato a buon fine. Magari proprio per colpa mia, forse perché non ho
creduto abbastanza nelle potenzialità che tutti avevamo da giovani, diversi
anni fa, e proprio adesso che le forze e gli entusiasmi non sono più quelli di
un tempo, mi trovo soltanto capace di rammaricarmi non so neppure bene poi di
che cosa>>. Il ragionier Carletti l’abbraccia, probabilmente il suo è
solo un moto consolatorio, una maniera per allontanare quell’improvvisa
tristezza, anche se tutto questo pone improvvisamente un enorme interrogativo in
tutto ciò che anche lui è stato capace o incapace di fare, come se per chissà
quanto tempo a questa parte non ci fosse mai stato un momento favorevole per mettere
in mezzo una buona dose di autocritica, qualcosa in grado di aggiustare quella
specie di tiro al bersaglio della propria esistenza.
<<Ma tra
poco c’è il parto di Monica>>, riprende a dire Caterina assumendo poco
per volta un’espressione più consueta e sorridente. <<Noi dobbiamo essere
felici per lei e insieme a lei, e smetterla di pensare che possono ancora esserci
chissà quali sorprese dietro alle nostre giornate. Siamo così, il nostro
migliorarsi dipende soltanto da quanto riusciamo a condividere con gli altri questa
minima volontà, quest’allegria, questa spensieratezza che ancora conserviamo,
senza lasciarsi abbrutire da una realtà che forse non era per niente quella che
sognavamo>>. Suo marito si sente scosso, forse non aveva mai riflettuto a
fondo su cose di quel genere, in ogni caso è contento che ci sia Caterina al
suo fianco, capace di ricordargli che il loro è un mondo piccolo, incasellato in
mezzo a miriadi di altri mondi, capaci di tenere in scacco qualsiasi differente
aspirazione.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento