Penso
spesso che per qualsiasi progetto una persona si metta in mente di realizzare,
se i suoi sforzi risultano del tutto privi di sostegno da parte almeno di
qualcun altro, difficilmente l’entusiasmo di partenza di quella persona potrà
mantenersi a lungo. E senza l’entusiasmo credo che niente vada avanti per conto
proprio. Il mio intento iniziale sta mostrando da qualche tempo un certo
affaticamento, lo stesso che leggo anche negli occhi di chi mi è rimasto vicino
fino ad ora, per cui cerco di lottare quotidianamente contro quel senso di
appagamento che danno le cose realizzate con impegno, accantonando addirittura poco
per volta quelle che ancora hanno da trovare una propria strada. Nessuno sembra
disposto a darmi credito se io per primo non mostro di essere disposto a tutto per
concretizzare le fertili idee condivise, questo è evidente, e sembra proprio
che nemmeno a chi mi conosce e conosce i miei propositi neppure venga in mente
di seguire i miei pensieri e di alleggerirli di quelle piccole difficoltà che invariabilmente
si possono incontrare. Forse le mie iniziative sono solo frutto di un carattere
debole, di un’incapacità di fondo della quale non ho coscienza nel dare
continuità a tutto ciò che mi passa per la mente, però quando tento di
illustrare a qualcuno le mie risoluzioni, quasi tutti poi sembrano apprezzare le
mie qualità.
Ho
fondato questa associazione di volontariato perché mi pareva di poter dare una
mano ed una piccola prospettiva alle persone fragili, agli anziani, ai disabili,
a coloro che generalmente sono tagliati fuori da certi circuiti culturali, ma
con l’andare del tempo mi pare sempre più che anche chi ha desiderato inizialmente
darmi un aiuto, poco per volta si sia arreso, disinteressandosi della missione
che ci guida. <<Mauro>>, dice adesso qualcuno di loro che ancora mi
chiama per telefono o che si fa vivo alle riunioni sociali sempre più deserte;
<<Forse si è esaurita un po’ la spinta iniziale, ma non devi farne una
malattia, è normale che accada, magari potrà riprendere quota tra qualche
tempo>>. Però io non ci credo, non credo almeno che le cose avvengano per
propria natura, e che senza un impegno profondo da parte almeno di qualcuno, ed
una buona dose di decisione e grande volontà di tutti, non possa esserci alcun
risultato. Poi mi torna in mente Monica Moroni, una dei nostri ultimi associati,
una persona di carattere, intelligente, con la lodevole capacità di mostrarsi molto
determinata, almeno in certe cose, ed anche con la dote altrettanto
apprezzabile di dire sempre con sincerità ciò che non le pare del tutto
attuabile, ed allora, in considerazione del suo stato di gravidanza che l’ha
tenuta ultimamente lontana dalla nostra associazione, che non vuol dire affatto
essersene disinteressata, provo così improvvisamente la voglia di parlarle e di
chiedere a lei un parere leale. Le telefono, mi accordo per farle una visita il
giorno seguente, poi cerco di pensare a cosa dirle, e soprattutto a come dire
le cose più spinose che mi stanno logorando.
Mi
riceve la sua governante, dopo che ho preso l’ascensore di un palazzo molto
elegante, e mentre mi fa passare attraverso un appartamento vasto ed arredato
con molta cura, mi accenna al fatto che oggi la signora si sente stanca, e che
forse è meglio non affaticarla troppo. <<Buongiorno Monica>>, le
dico evitando di farla spostare dalla postazione che lei si è ricavata tra i
cuscini nel salone zeppo di poltrone e di divani. <<Credo che non manchi
molto>>, mi dice subito tenendosi il pancione con la mano; <<ormai
avverto quasi continuamente il mio bambino che si sta muovendo, come avesse la voglia
di farsi vedere finalmente da tutti quanti. Sono contenta di tutto questo, non
c’è dubbio, però adesso sono anche stufa di essere quasi costretta
all’immobilità>>. Sorrido, mi fa piacere di essere passato da lei appena
pochi giorni prima della sua gravidanza, trovo che questo sia un momento
fantastico per una donna, e la preparazione psicologica che avviene prima del
parto sia una vera spinta alla vita, un approntamento sia fisico che mentale di
natura complessiva, qualcosa di impensabile ed allo stesso tempo necessario.
<<Sei bellissima>>, le dico; <<si vede che hai già fatto un
grande lavoro dentro di te per affrontare al meglio questo momento>>.
Mentre
la cameriera con gentilezza prepara una tazza di tè da servirmi insieme a
qualche pasticcino, io faccio un accenno a Monica sulle ultime vicissitudini
dell’associazione “Oltretutto”, e vedo che lei ascolta con interesse, anche se
tralascio molti discorsi sulle difficoltà. <<Credo molto nelle
prospettive del volontariato>>, mi dice lei alla fine; <<e penso
che sia rimasta quasi l’unica forma di resistenza all’individualismo sfrenato
che sta imperando. Io credo ci sia qualcosa di importante dietro queste
attività, qualcosa che giustifica qualsiasi sacrificio>>. Torno a
sorridere, sorseggio la mia bevanda, penso che queste parole siano esattamente
ciò che ci vuole per combattere l’abbattimento e la sfiducia. Quando mi alzo,
saluto Monica con gioia e con trasporto, augurandole naturalmente le migliori
cose, e infine mi avvio per tornare a salire sul comodo ascensore, e sento all’improvviso
di essere piuttosto sollevato, quasi migliore rispetto a poco fa.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento