La sensazione più inevitabile è
quella in virtù della quale in determinati momenti provi la certezza che ci sia
sempre stata attorno a te qualche persona che silenziosamente, mentre ti
guardava, o parlava con te, o pur standoti vicino mostrava persino una completa
indifferenza per qualsiasi tuo comportamento, peraltro con un’espressione che si
direbbe di fatto indefinibile, si mostrava del tutto convinta che tu
nascondessi qualcosa di preciso tra i tuoi pensieri, come se tu racchiudessi un
piccolo oggetto stretto dentro al palmo della tua mano, un insignificante
minuto elemento pronto a dimostrare da un attimo all’altro le tue vere
intenzioni. Probabilmente si può parlare addirittura dell’origine di ogni
peccato, di quella piccola spina che forse c'è sempre stata dentro di te, ed è
proprio quella che tu hai costantemente saputo di possedere tra le tue cose, e
che hai nascosto con grande furbizia a chiunque, certe volte perfino a te
stesso, pur di non essere costretto a rivelarne a chicchessia la natura. Oppure
è soltanto il senso di colpa, quella piccola e dolorosa manifestazione di un
comportamento inappropriato, inadatto, che forse addirittura deriva da quello
sguardo accigliato con cui ti hanno guardato certe volte i tuoi stessi genitori
fin da quando eri piccolo, oppure per quel tuo impellente bisogno, più tardi,
di mostrarti sempre decisamente all’altezza di ogni situazione, anche quando
non riuscivi a comprendere nulla, e ti sfuggiva persino il significato dei
fatti che avvenivano proprio sotto al tuo naso. Permane qualcosa di indefinito
dentro di te, qualcosa che hai tentato di mandare in avanti fidando sul fatto
che ogni quesito prima o dopo si sarebbe certamente risolto, o che forse
sarebbe giunto qualcuno a risolverlo al posto tuo, addirittura con una grande
facilità.
Arrovellarsi adesso cercando di
comprendere dove stia la spiegazione di tutto, non ti ha certo lasciato
procedere molto: quel tuo problema è rimasto sempre costantemente lo stesso,
incastonato tra le tue sensazioni più intime, come se risultasse impossibile
darne una legittima e sospirata spiegazione, una semplice definizione della
maniera per cui tu con semplicità hai imparato a convivere con quel nodo ben
stretto, quel grumo intrigato, con evidenza incapace di essere sciolto, rimasto
per sempre addensato, coeso, ben solido, fino ad immaginare di quello un
elemento costitutivo e quindi attribuibile alla tua stessa personalità, al tuo
carattere, insomma a te stesso, forgiato una volta per tutte attorno al tuo indiscutibile
segreto. Già, perché di un segreto si tratta, di un lato nascosto di sé stessi non
svelabile agli altri, amici o parenti che siano, ed è forse questo il succo
fondamentale di te: l'incapacità manifesta di poter parlare con tutti in modo
schietto e sincero. Sei rimasto per sempre a mostrare una parte finta di te,
più per l’inesperienza ad essere vero, che per la volontà di raccontare in giro
qualcosa di presumibilmente credibile.
Però sapevi già fin dall’inizio che
prima o dopo tutto sarebbe giunto ad un punto finale, quello per cui vanno
sciolte tutte le questioni rimaste insolute, e tu ritieni adesso di avere
conservato dentro di te, più di ogni altro aspetto, una parte che d’improvviso
appare ai tuoi occhi più importante del resto. Ma qui si pone il problema
fondamentale: a chi spiegare i propri disagi, con chi parlare di cose così nascoste
e ineluttabili, a chi definire i tormenti con cui hai dovuto attraversare quasi
tutto il tempo della tua contorta esistenza; e poi, con quali parole tentare la
decifrazione di questi tuoi umori, di questi tuoi dubbi, di queste incapacità
manifeste che forse molto di te riescono a spiegare, ma soltanto a patto che
chi ti sta generosamente ascoltando riesca anche a credere a tutte le
giustificazioni che poni di colpo per scusare ogni tuo assurdo comportamento. Soltanto
una persona speciale avrebbe potuto comprendere appieno ogni aspetto, e tu esattamente
con quella avresti potuto allargare ogni remora, dichiarare tutto quanto,
spiegare per filo e per segno quanto turbamento nascondono i tuoi gesti di oggi
e le parole che usi per definire quel poco che appare di te allo sguardo degli
altri.
Ancora ci credi, ci speri, ti mostri
convinto, che esista veramente una persona del genere, anche se tutto sembra
muoverti contro e dimostrarti che stai proprio sbagliando, che non troverai mai
qualcuno che mostri il desiderio di starsene in silenzio ad ascoltare le tue ardite
spiegazioni, o che non definisca quello che adesso tu chiami come un mucchio di
sacrosante sciocchezze, degli elementi comuni in cui ti sei poco per volta attorcigliato
e invischiato, e che poi ti hanno frenato nei tuoi slanci, non tanto per la
loro conformazione, quanto per il valore esatto che sei stato capace tu stesso di
dare a quelle semplici piccolezze, fino a giungere al punto di non poterne più
fare a meno, e neanche giudicarle, nella tua intimità, come dei fondamenti.
Liberartene appare così quasi impossibile, e affondando sempre di più nelle tue
riflessioni puoi essere soltanto in grado di riconoscere un errore grande, iniziale,
essenziale, e per di più inestirpabile.
Bruno Magnolfi
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