<<Dobbiamo
essere sinceri al massimo possibile con lui>>, dice la donna verso suo
marito mentre camminano; <<Ma soprattutto dobbiamo fargli capire quanto
questa situazione ci stia facendo soffrire ogni giorno; perché oramai abbiamo
compreso benissimo che il nostro figliolo da solo non riuscirà mai ad uscire
dallo stato di depressione in cui è caduto, e sappiamo perfettamente quanto lui
abbia bisogno di essere aiutato, ma non dalle solite persone che proseguono a
girargli attorno, come noi, o qualcuno tra i suoi amici, oppure dai colleghi di
lavoro, ma da qualche specialista che sia in grado di comprendere bene le piccole
prostrazioni mentali, e sappia come prenderle, come affrontarle, come
sconfiggerle, tanto da far ritornare alla fine il nostro Renato esattamente
quello che era fino a qualche tempo fa>>. Il marito annuisce: conosce da
quasi trent’anni quel dottore con cui hanno appuntamento, è sempre stato il
loro fiduciario medico di famiglia, ed anche se è consapevole di quanto lui sia
ormai una persona anziana, e anche del fatto che non abbia più un vero e
proprio ambulatorio, sa che continua a ricevere e a dare delle prescrizioni in
casa propria verso coloro a cui si sente più affezionato. Per tutto il tempo in
cui il dottore ha svolto la sua attività, i signori Nesti hanno sempre proseguito
a fidarsi dei suoi modi, della sua saggezza, della sua capacità di mettersi
facilmente nei panni delle persone con dei problemi di salute, che ancora oggi vanno
spesso a chiedergli un parere. <<Il dottor Vanni è un amico: comprende perfettamente
cosa ci sia da fare in un caso del genere, e vedrai non ci lesinerà neppure in
questo caso la sua sapienza, la sua capacità, la sua rara sensibilità, messa
insieme a tutti i suoi anni di professione onesta e generosa>>.
Renato
è andato a casa loro appena un paio di giorni addietro, ed ha mostrato con
evidenza tutta la sua fragile maniera di affrontare le proprie giornate. Sua
madre ha provato a farlo parlare, a porgli domande persino banali sulle sue attività
attuali, sul suo lavoro, sulla sua convivenza con Sergio, quel coinquilino con
il quale divide il proprio appartamento, ma Renato è apparso sempre sfuggente,
con lo sguardo basso, le poche risposte riferite appena con qualche monosillabo,
le mani una nell’altra a tentare di darsi una forza che forse in questo periodo
non trova neppure dentro sé stesso. Suo padre allora si è messo a raccontargli
qualcosa di sé, del suo trascorrere le giornate da uomo in pensione, privo di
impegni precisi ma nonostante questo deciso ad aiutare gli altri tramite l’associazione
di gestione di un centro anziani del quartiere, dove si reca quasi ogni giorno a
cercare di dare una mano. Renato ha annuito, senza apparentemente reagire ad
alcuno stimolo, fino a quando suo padre non ha alzato leggermente la voce, affibbiandoli
la probabile colpa di essersi rinchiuso da solo in un atteggiamento assurdo e senza
uno scopo, privo di qualsiasi possibile riflesso positivo. Allora lui si è
alzato, si è sentito in dovere di ribattere, e ha detto sbottando che si
sentiva schiacciato dalla realtà, e quando suo padre gli ha parlato del dottor
Vanni, si è sentito costretto ad ammettere con semplicità che forse il suo
stato aveva davvero bisogno di un aiuto del genere.
Dopo
la loro telefonata svoltasi in modo molto amichevole, il medico, con la sua
proverbiale generosità, ha detto immediatamente ai due coniugi Nesti di passare
senz’altro da lui, nel suo piccolo studio ricavato in una stanza del proprio
appartamento, in maniera da parlargli diffusamente delle difficoltà incontrate
ultimamente dal loro figliolo, che naturalmente conosce da sempre, e che ricorda
anche piuttosto bene, ma del quale da parecchio tempo non ha più delle notizie precise,
in maniera da prepararsi al meglio, avanti di riceverlo direttamente da solo, e
poter formarsi così un’idea più precisa della sua condizione di salute. Ha
subito riconosciuto che certi momenti depressivi sono generalmente
riscontrabili in persone più giovani di Renato, ma alcune situazioni difficili
nella vita di una persona è assolutamente possibile riscontrarle a qualsiasi
età. Poi ha rimandato tutto al colloquio durante il quale chiarire alcuni
aspetti impossibili da trattare per telefono, e i due coniugi hanno immediatamente
accondisceso su quanto fosse necessario attenersi a quelle semplici regole.
<<Buongiorno
dottore>>, dicono quindi loro due all’unisono quando infine passano in
quello studio dove il Vanni li riceve con l’ordinario camice bianco, gli
occhiali sul naso e lo sguardo curioso. Dopo averli salutati con un’energica
stretta di mano, il medico torna a sedersi dietro la sua scrivania colma di
fogli e di cartelline, ed indica loro di accomodarsi e di spiegare con calma e nel
dettaglio quale sia il caso in esame. <<Vorremmo evitare un aiuto
farmacologico che forse può provocare in seguito una certa dipendenza>>,
dice svelta la madre; <<o almeno tentare di dare una spinta a nostro
figlio in maniera più naturale, provando a farlo parlare, a tirare fuori i suoi
problemi attuali, a spiegare cosa sia che lo sta realmente attanagliando>>.
Il Vanni prende appunti, li guarda un momento, poi dice soltanto:
<<dobbiamo assolutamente fare qualcosa>>, e poi basta.
Bruno
Magnolfi
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